Le guide di Roma
Ludwig Schudt e la sua bibliografia. Lettura critica e catalogo ragionato di Alberto Caldana
page pageA Luigi, mio fratello
Palombi Editori page pageLe guide di Roma
Ludwig Schudt e la sua bibliografia. Lettura critica e catalogo ragionato di Alberto Caldana
Palombi Editori
pageQuesto volume è stato pubblicato con il contributo del Consiglio Nazionale delle Ricerche
© 2003
Tutti i diritti spettano a Palombi Editori Via Germanico, 107 00192 Roma
Traduzione dal tedesco di Johann Herczog Collaborazione di Silvia Caldana
ISBN 88-7621-427-5
Finito di stampare nel mese di dicembre 2003
page 5Sommario
Presentazione 9
Ludwig Schudt e la sua bibliografia 13
di Alberto Caldana
Un palazzo predestinato 15
La Biblioteca Hertziana 21
Ludwig Schudt e la Hertziana 24
Giulio Mancini, più che una tesi di laurea 31
La genesi: Pastor, Pollale, Frey 34
I criteri, le schede, le novità, i limiti 37
Le edizioni più antiche 42
Fonti di storia dell’arte nel ’600 49
Un manuale artistico lungo 90 anni 58
Due opere «di divulgazione» ...64
... e un’edizione "di lusso» 75
I Vasi padre c figlio, c le cinquanta edizioni del Nibby 81
L’introduzione come storia delle Guide di Roma 95
di Ludwig Schudt
Proemio
Argomento e metodo di lavoro 97
Le precedenti bibliografie 99
I. Le Guide 105
Dalle Indulgenze al Felini 107
Mirabilia, Stazioni, Indulgenze; Andrea Palladio (1554); Girolamo Franzini (1558); Pietro Martire Felini (1558); Le Cose Maravigliose: edizioni tarde e traduzioni
Guide con finalità scientifica 120
Gaspare Celio (1638); Giovanni Baglione (1639); Pompilio Totti (1638); Roma antica e moderna; Filippo Titi (1674); Ritratto/Descrizione di Roma moderna; Gregorio Roisecco (1745); Roma sacra antica e moderna (1687-1700); Francesco Posterla (1707) e Gio. Francesco Cecconi (1725); Amidei e Barbiellini, editori (1741)
page 6Guide di divulgazione 134
Fioravante Martinelli: Roma ricercata; Roma ampliata e rinnovata (1725); Nuova descrizione di Roma antica e moderna (1775); La Nota delli Musei (1664) e Pietro de’Sebastiani (1683); Pietro Rossini: le prime cinque edizioni (1693-1732)..;.. Dalla sesta alla nona edizione (1739-1771)..;.. La decima edizione (1776); Girolamo Pinaroli (1700); Francesco Eschinardi (1696, 1750); Altri scritti
L’ultimo Settecento e l’Ottocento 143
Giuseppe e Mariano Vasi; Antonio Nibby e le guide da lui dipendenti; Giovan Battista Cipriani (1835 e 1838); Erasmo Pistolesi (1841); Filippo Mercuri (1855); Carlo Fea (1820); Giuseppe Melchiorri (1834); Alessandro Rufini (1857); Dominique Magnan e altri minori
II. Topografia scientifica 153
Dall’Opusculum di un fiorentino alle Sette Chiese romane 155
Francesco Albertini (1510); Onofrio Panvinio (1570); Pompeo Ugonio (1588); Ottavio Panciroli (1600, 1625); Giovanni Severano (1630)
Tre autori fra Seicento e Settecento 161
Ancora il Martinelli (1653); Gasparo Alveri (1664); Ridolfino Venuti (1766-67)
Le grandi opere dell’Ottocento 164
Antonio Nibby (1838-41); Jeremiah Donovan (1842-44); Platner-Bunsen (1829-42)
III. Libri devoti, in versi e in lingua straniera 169
Manuali per i pellegrini 171
Fra Santi e le Guide angeliche; Carlo Bartolomeo Piazza; Giuseppe M. Mazzolari e Giuseppe Vasi; Le guide degli Anni santi; Altre edizioni devozionali
Descrizioni in forma di poesia 176
Il XVII secolo; Il XVIII secolo
Forestieri a Roma e guide europee 178
I primi manuali originali; Nicolas de Bralion (1655-59); François Deseine (1690); Qualche altro titolo straniero
IV. A proposito di Roma antica 183
I secoli XV e XVI 185
Ancora sui Mirabilia; Le Antichità del Palladio e non solo; Flavio Biondo e la generazione più antica; La seconda generazione degli «antiquari»
Dal XVII al XIX secolo 191
Il Donati (1638) e il Nardini (1665); Il Ficoroni (1744) e il Venuti (1763); Alcuni scritti ottocenteschi; Pubblicazioni minori e raccolte di testi
V. Monumenti di Roma: Le Monografie 195
Dal 1600 al 1750 197
Le chiese; Palazzi, ville e altri monumenti
Dal 1750 al 1840 201
Le chiese; Palazzi e ville; musei e cataloghi
page 7VI. Considerazioni conclusive 205
Il significato delle guide 207
I primi diari di viaggio; L’immaginario del visitatore colto; Verso una nuova interpretazione di Roma
Catalogo ragionato & Note 219
di Alberto Caldana
Premessa 221
Abbreviazioni 223
Le schede 224
Indice dei nomi 261
Presentazione
A più di settant’anni dalla pubblicazione il repertorio di Ludwig Schudt sulle guide di Roma ha mantenuto inalterate la sua attualità e la sua autorevolezza ed è tuttora il più citato anche rispetto a quelli usciti dopo, sempre in tema di topografia romana. Cominciò a parlarne nel 1936 Leo S. Olschki, famoso libraio antiquario fiorentino, nella prefazione del suo Choix de livres anciens rares et curieux: «C’est le seul ouvrage bibliographique existant qui traite métodiquement et avec critique le sujet vaste et complexe des guides de Rome. ... C’est un précieux instrument de travail et de consultation dont on doit souhaiter une seconde édition corrigée et augmentée». Non ci sarebbe stata la seconda edizione, soltanto un’anastatica apparsa nel 1971 in Inghilterra, anch’essa esauritissima e introvabile. Intanto un altro libraio antiquario, Antonio Pescarzoli, aveva dato alle stampe nel 1957 il primo volume del suo monumentale catalogo della raccolta di libri di viaggio che Luigi Vittorio Fossati Bellani aveva destinato alla Biblioteca Ambrosiana di Milano. La sezione riguardante Roma, che occupava quasi due terzi del volume, era significativamente suddivisa in due parti, Libri che figurano nello Schudt e Libri che non figurano nello Schudt: i capitoli della prima parte seguivano «scrupolosamente l’ordine stabilito dallo Schudt», anche quelli dal titolo più singolare come Poetiche didattiche descrizioni dei monumenti. E di recente un’importante bibliografia su Roma, forse (e comprensibilmente) per segnalare l’accuratezza della propria ricerca sull’argomento, indicava quasi ad ogni scheda la presenza oppure, anche più puntualmente, l’assenza nello Schudt dell’opera catalogata; come un insostituibile punto di riferimento.
Tuttavia, accanto alla generale fruizione del lavoro in senso strettamente bibliografico, cioè per la consultazione delle schede, rimarrebbe assai difficile — per non dire impossibile — rintracciare citazioni dello scritto che lo Schudt ha premesso al suo repertorio e che ne costituisce l’assoluta novità, malgrado l’Autore attribuisse il valore principale alla bibliografia. Si tratta della prima, e finora unica, storia delle guide di Roma dai Mirabilia a stampa al 1870 circa, con caratteristiche soltanto in parte condizionate — come si vedrà — dall’idea-base della collana sulle fonti dell’arte barocca a Roma che ospitava il libro dello Schudt, idea che non poteva certo adeguarsi del tutto alla ricerca su una produzione letteraria comprendente un arco di tempo ben superiore al periodo del Barocco. Ne risultò un testo storicamente valido e scientificamente attendibile, non privo di omis page 10 sioni e inesattezze già segnalate dall’Olschki, ma che rivelava una sicura padronanza della materia e un grandissimo amore per Roma dove l’Autore visse da quand’era studente fino a pochi giorni prima della morte; lavoro che procedeva di pari passo con la schedatura ed era frutto di un’indagine approfondita protrattasi per molti anni e condotta in varie città d’Europa. Purtroppo la difficoltà d’accesso (per l’Italia, ma non solo) di un’opera d’argomento romano redatta in lingua tedesca e con una scrittura non facile, e soprattutto l’uso costante e parziale che se ne è fatto, hanno portato a far passare in secondo piano le 180 pagine preliminari dello Schudt. La traduzione italiana che viene ora presentata ha lo scopo di sopperire almeno in parte — e dopo troppo tempo — a queste circostanze, ed è peraltro accompagnata da un mio saggio introduttivo e da apparati critici e filologici volti a illustrare gli aspetti positivi ma anche le carenze di un lavoro che l’Autore ha semplicemente sottotitolato Materiali per una storia della topografia romana.
Il libro è formato da tre parti. La prima, che ho definito Lettura critica, è anzitutto la storia dell’opera dello Schudt, che prende le mosse da lontano, addirittura dall’origine del palazzo di via Gregoriana a Roma dov’è attualmente la Biblioteca Hertziana. Un palazzo eretto dal grande Federico Zuccari e destinato dopo secoli a ospitare la prestigiosa istituzione culturale tedesca dove Ludwig Schudt lavorò per oltre quarant’anni trovandovi — e spesso occupandosi in prima persona del reperimento — buona parte del materiale occorrente alla sua bibliografia. Il palazzo e la biblioteca sono dunque, in un certo senso, protagonisti con lo Schudt dell’impresa. La ricerca delle fonti che hanno favorito l’elaborazione del catalogo rappresenta un mio contributo alla genesi dell’opera. La lettura critica vera e propria si limita a una parte dell’introduzione dello Schudt, quella relativa alle guide «moderne», che comunque l’Autore considerava la più importante e che effettivamente comprende in bibliografia il numero più cospicuo di schede. L’analisi si è dunque soffermata su alcuni autori o editori e sulle guide più interessanti o che presentavano problemi particolari; e sempre ho avuto uno speciale riguardo all’aspetto iconografico delle opere trattate. Per concludere su questo punto, mi sono accorto che, continuando la lettura critica dell’introduzione dello Schudt, avrei finito per fare una storia parallela alla sua, cosa che non m’era consentita sia dai limiti di spazio che dalla mia inadeguatezza e in parte anche dalla constatazione che alcuni capitoli, come ad esempio quello sulle monografie dei page 11 monumenti, si presentavano largamente quanto programmaticamente incompleti. Il loro completamento o una critica in proposito non erano fra i presupposti del mio lavoro.
La seconda parte del libro è il saggio introduttivo dello Schudt. Esso viene dato nella sua integrità, rispettandone in generale la suddivisione in capitoli, paragrafi e periodi; anche le note sono come nell’originale, con l’unica differenza che la numerazione dei richiami è continuata anziché per pagina. I rimandi sono di due tipi: l’esponenziale in tondo piccolo è per le note a piè di pagina, quello in corsivo neretto rinvia al Catalogo ragionato e alle note in fondo al volume, così come i numeri in neretto nel corpo del mio studio iniziale. Qualche cambiamento «estetico» è avvenuto soltanto nei titoli dei capitoli o dei paragrafi; sono invece rimasti invariati quelli delle opere citate nel testo dello Schudt o nelle sue note (correzioni o rettifiche eventualmente necessarie sono state operate nelle schede finali compilate secondo i criteri premessi al Catalogo ragionato). Talora sono stati emendati nel testo alcuni nomi di autori o artisti citati in modo errato, mentre i passi riportati in lingue diverse sono stati trascritti come nell’originale. La terza parte contiene, oltre a qualche nota riguardante il testo dello Schudt, le schede di tutte le opere da lui citate e l’elenco delle abbreviazioni. Per i criteri di compilazione relativi a questa parte si rimanda alla premessa.
Al termine del lavoro desidero rivolgere un particolare ringraziamento al prof. Antonello Biagini, ordinario di Storia dell’Europa orientale all’Università «La Sapienza» di Roma e componente del Comitato 08 del C. N. R., per la sua convinta disponibilità a favorire la ricerca sul contributo tedesco agli studi di topografia romana e per aver patrocinato il finanziamento per la stampa del libro. Un sentito grazie alla prof. Giovanna Motta, ordinario di Storia economica alla stessa Università, che con la sua intelligente e fattiva competenza ha voluto inserire l’opera nel più ampio progetto da lei ideato sul recente Anno giubilare. Se questo lavoro è giunto a compimento lo devo all’amica prof. Rita Tolomeo che l’ha seguito con sollecitudine e grande professionalità in tutte le sue fasi. Un grazie speciale alla direzione e al personale delle biblioteche romane cui mi sono rivolto per le fasi iniziali di una più ampia ricerca in tema di topografia romana, in primis la Biblioteca Hertziana che mi ha molto aiutato malgrado le difficoltà causate dalla ristruttura page 12 zione edilizia in corso. Inoltre le Biblioteche Angelica, della Fondazione Marco Besso, della Camera dei Deputati, la Casanatense, la Romana dell’Archivio Storico Capitolino, del Senato della Repubblica, la Vallicelliana. Mi sento anche in dovere di ringraziare amici, bibliofili e librai romani per la loro collaborazione, i suggerimenti e i consigli: Carlo Beccarini, Fabio Massimo Bertolo di «Christie’s» (Roma), Claudio Cascianelli e Giovanni Sicari, Stefano Di Maggio, Paolo di Raimondo e Giuseppe Vitale, Tiziana Esecuzione, Antonello Franceschi, Fabrizio Ghezzi, Filippo Lotti di «Sotheby’s» (Milano), Gunther Kluge, Sonia Natale, Giangi Poli, Francesco Ponti, Amedeo Raucci (libreria «Visconti»), Giovanni Riccioli, Mario Sciarra, Andrea Sciolari, Ugo Severi, Gianni Spagnoli (libreria Offidani), Roberto Ubaldini, Elfriede Valand Schödl.
A. C.
page pagePalazzo Zuccari su piazza della Trinità dei Monti in un'incisione di Domenico Amici (1839)
page 15Ludwig Schudt e la Sua Bibliografia
Un palazzo predestinato
Via Gregoriana a Roma è una strada riservata e silenziosa che sale diritta verso piazza della Trinità dei Monti lasciandosi dietro il traffico del Tritone, fino a congiungersi in alto con via Sistina con cui forma un triangolo che ha al vertice l’obelisco Sallustiano. Ma quando questa storia comincia l’obelisco non c’era ancora, sarebbe stato innalzato da Pio VI quasi due secoli più tardi. Si era all’inizio degli anni Novanta del ’500 e un altro papa, Sisto V famoso per i suoi interventi urbanistici, aveva da poco drizzato la sua strada da quella piazza sul Pincio verso S. Maria Maggiore. Nell’aprile 1590 Federico Zuccari, pittore marchigiano di nascita ma romano di educazione, acquistava quel triangolo di terreno incolto, ma in ottima posizione panoramica⁑, per costruirvi una casa e uno Studio che nelle sue intenzioni avrebbero dovuto immortalare la sua figura di artista geniale e di ambizioso teorico.
Federico, nato attorno al 1540, aveva perso nel 1566 il fratello Taddeo di 14 anni più anziano che gli era stato maestro e l’aveva avviato alla pittura, e si era subito distinto portandone a termine le commissioni rimaste incompiute. Ben presto divenne un affermato affrescatore di chiese, ville e palazzi, ebbe importanti incarichi, cominciarono i viaggi all’estero (Francia, Olanda, Inghilterra) e nel 1575 si stabilì a Firenze dovendo completare l’affresco del Giudizio Universale nella cupola di S. Maria del Fiore rimasto interrotto per la morte del Vasari. Due anni dopo egli comprò lì una casa già appartenuta ad Andrea del Sarto, la rimaneggiò e vi aggiunse uno studio, iniziando quel tormentato rapporto tra la casa come necessità di lavoro e di vita⁑ e la nobilitazione sociale che egli pensava di ricavarne, rapporto che sarebbe proseguito in parallelo con la sua pittura e le elaborazioni teoriche che andava formulando, fino alla morte.
page 16Sul finire del 1588 Federico Zuccari rientrava definitivamente a Roma dopo una laboriosa ma non soddisfacente esperienza spagnola alla corte di Filippo II. Per pria cosa gli sarebbe occorso cercar di riguadagnare la posizione artistica compromessa, ma invece di immegersi nel lavoro preferì tornare alle analisi teoriche sull’arte e sul ruolo del pittore nella società (in seguito gli fu rimproverato che le elucubrazioni non avevano «nessuna relazione diretta con l’attività concreta del dipingere»). L’acquisto del terreno sul Pincio e i progetti per il nuovo palazzo gli dovettero probabilmente sembrare l’occasione ideale per uscire dall’«impasse» in cui si era venuto a trovare. Il ricordo della casa fiorentina e delle modifiche che vi aveva apportato, specialmente nella facciata⁑, ritornava nel prospetto sulla piazza della Trinità dei Monti, meno quel certo sovraccarico di rilievi simbolici, cornici ed elementi «alla rustica» aggettanti rispetto al muro di fondo. Una facciata a torre — questo il nuovo progetto — con il portone d’ingresso al centro affiancato da due aperture quasi quadrate, più tardi coperte da paraste, motivi architettonici e agli angoli due colonne tuscaniche culminanti in un ricco cornicione ornato con l’emblema del proprietario. Di sopra, due finestre simmetriche separate da uno spazio cieco (forse destinato ad ospitare un affresco), ciascuna con a lato una nicchia alta e stretta⁑; in alto un altro piano corrispondente a quello sottostante, con finestrone arcuato al centro. Doveva essere una dimora ad uso di studio e di abitazione, per sé e la famiglia, come quella di Firenze, ma accentuandone per page 17 page 18 complessità e imponenza il ruolo di «status symbol» come conveniva a un letterato-trattatista oltre che maestro dell’arte pittorica.
C’è l’impietosa testimonianza di un contemporaneo che descrive l’impatto tra l’artista in crisi e l’attuazione del suo magniloquente progetto: «Il Federico Zuccaro... si è imbarcato in un suo capriccio poetico, il quale sarà facilmente la rovina de suoi figlioli, essendosi posto a fabricare un Palazzotto senza un proposito al mondo, in un sito strauagantissimo, che... gli asorbisce facilmente quanto in qua ha fatto di capitale, oltre l’hauerlo disuiato quasi in tutto dalla sua professione, perche adesso non lavora se non qualche cosa in casa sua solo per necessità de danari»⁑. Testimonianza profetica: Zuccari si trovò effettivamente a lottare con difficoltà economiche sempre maggiori e sempre affrontate con la caparbietà del suo carattere di artista polemico, controverso e inquieto, forse anche in preda a un’esagerata considerazione di sé. La costruzione del palazzo procedeva lentamente fino a che nel 1603 fu giocoforza sospenderla del tutto quand’egli partì da Roma per intraprendere viaggi di lavoro in varie città con la speranza di risollevare le esauste finanze; ma nel frattempo aveva dovuto vendere tutte le sue proprietà in Firenze, da ultimo anche la sua amata casa-studio⁑, e non era bastato. Zuccari non fece più ritorno a Roma: morì ad Ancona nel 1609.
Non dev’essere vero tuttavia che alla sua partenza da Roma il palazzo — come è stato scritto — fosse terminato soltanto per un quarto e addirittura che mancasse ancora del tetto: lo dimostrano i grandi soffitti affrescati tornati pienamente fruibili dopo un recente accurato restauro, e se qualche guasto presentavano era dovuto al tempo o alle ridipinture e non a infiltrazioni d’acqua o a intemperie. Gli affreschi: ecco il migliore testamento che Federico Zuccari abbia lasciato nella sua casa romana. La loro descrizione richiederebbe uno spazio e un impegno che esulano com’è ovvio dall’assunto del presente lavoro; qualche parola è tuttavia necessaria non solo per intendere il significato del programma figurativo dell’artista, ma anche perché tale programma è in qualche modo una prefigurazione del destino che il futuro avrebbe riservato a questo palazzo.⁑.
Sono cinque gli ambienti decorati da Federico Zuccari e aiuti, tutti al piano terra partendo dal livello dell’ingresso principale; forse dovevano esserlo anche altre stanze minori, rimaste peraltro non dipinte. Sono complessivamente oltre 160 metri quadrati di affreschi (contando solo le volte) a fronte dei 53 metri della casa fiorentina. La prima di queste sale che s’incontra venendo dalla piazza, detta Sala di Ganimede, è anche quella che presenta l’affresco maggiore, tutto incentrato sulla figura del giovinetto rapito in cielo da Zeus sotto forma d’aquila, simboleggiante l’ispirazione artistica che si realizza col page 19 disegno⁑. Una selva di colonne in forte prospettiva punta e indirizza lo sguardo a quello che l’autore considerava il fulcro dell’invenzione pittorica. Proseguendo nell’ideale itinerario verso il giardino, il cosiddetto Vestibolo con la volta a botte reca nel riquadro principale l’immagine dell’artista-eroe esortato da un genio alato a guardare in alto verso la sommità del Monte della Virtù, dell’Onore e della Fama dove l’attende il premio; tutt’attorno i riquadri con le fatiche d’Ercole alludono alla lotta per l’affermazione della virtù nella vita e nell’arte.
Il Vestibolo immette al fondo nella cosiddetta Sala Terrena che ne corona l’iconografia: l’affresco centrale infatti rappresenta l’Apoteosi del virtuoso seduto su un trono celeste impugnando il pennello del pittore e lo stilo del letterato, affiancato da Apollo e da Minerva e con i simboli del tempo impassibile ma vendicatore e dell’immortalità, mentre figure alate zittiscono la Calunnia e l’Invidia col suono delle loro trombe. Certamente una risposta in allegoria di Zuccari ai suoi detrattori e insieme un’autoesaltazione come artista e come teorico. Dopo la parentesi della Sala degli Sposi, con l’idealizzazione del matrimonio — anche in chiave personale — e dei suoi valori più tradizionali, nella decorazione dell’adiacente Sala del Disegno il pittore porta a coronamento il suo programma figurativo e concettuale. Riallacciandosi al motivo della Sala di Ganimede e richiamando il suo insegnamento accademico, egli pone al centro il Disegno raffigurato come un dio assiso tra le nubi, l’aureola trilobata e in mano i simboli della pittura, scultura e architettura impersonate nelle tre figure femminili che gli siedono attorno; in basso la scritta «Scintilla divinitatis». Conclusione emblematica di una visione estetizzante e piuttosto astratta dell’arte, che negli stessi anni in cui dipingeva la sua casa, Federico — «principe» dell’Accademia di San Luca — aveva posto alla base dei suoi interventi volti alla formazione dei giovani artisti (e accolti per la verità senza grande successo). Non del tutto estranei comunque, sia pure in diverso contesto e tre secoli più tardi, ai principi che dovevano portare alla costituzione nello stesso palazzo di un Istituto consacrato al culto delle arti.
Rimarrebbe da parlare degli altri affreschi alle pareti e in particolare delle lunette della Sala Terrena, momento quest’ultimo autobiografico che ci restituisce le immagini della famiglia del pittore, e del pittore stesso che si ritrae ancora ragazzino mentre guarda ammirato Taddeo, fratello maggiore e maestro, e poi adulto, barbuto e con un libro in mano (non il pennello), a fianco della moglie timida e schiva. Il soffitto di questa sala, come già del Vestibolo, è decorato «à grillage» con fitti pergolati tra i riquadri e le lunette, uccelli e tante rose — forse un ricordo della volta verdeggiante del portico di Villa Giulia a Roma dove aveva lavorato Taddeo — ideale introduzione al giardino situato sul lato opposto rispetto all’ingresso principale e tutto circondato da un alto muro, che completava il palazzo e ne era parte integrante come a Firenze. Un «hortus conclusus» paradigmatico della complessa e non facile personalità del proprietario. Si ignora com’egli avrebbe voluto realizzare il giardino, soltanto si sa che questa parte della casa rimase fra quelle non page 20 page 21 portate a termine.⁑ Ma proprio la facciatella su via Gregoriana, con la sua caratteristica decorazione architettonica, suggerì ai contemporanei quella definizione malevola di «capriccio poetico», che rimase poi appiccicata all’intero edificio.
Su via Gregoriana il giardino aveva un’entrata destinata ad essere giudicata dai moderni sí un «capriccio», ma stavolta in senso positivo e con ammirato stupore⁑. Zuccari ideò un portale arcuato a tutto tondo fiancheggiato da due pilastri bugnati: ma il vano d’ingresso altro non era che la bocca spalancata di un mostruoso mascherone con le sopracciglia aggrottate, gli occhi minacciosi, il naso alterato nella smorfia, le orecchie stilizzate. Ai lati le due solite finestre simmetriche e quasi quadrate, con la stessa decorazione ma il ghigno ancora più deformato per via dei quattro angoli; una di esse era aperta nel muro del giardino, l’altra si allineava — pur nella diversità dello stile — alle finestre della costruzione soprastante. Un’invenzione che può avere dei precedenti nel «Parco dei mostri» di Bomarzo o in certe architetture civili del Palladio come i grandi camini di palazzo Thiene a Vicenza, ma assolutamente inedita per Roma e che senza dubbio all’epoca richiese una certa dose di coraggio e anche di spregiudicatezza. Ma, si può credere, nessuna volontà di spaventare, né l’ennesima presa di posizione contro i denigratori, bensì probabilmente solo un po’ di ironia e forse di ripicca da parte di un artista geniale che non si sentiva abbastanza apprezzato. Oggi questo straordinario portale molto ben conservato è murato, non conduce da nessuna parte.
La Biblioteca Hertziana
La storia di palazzo Zuccari — per quanto concerne il presente lavoro — riprende esattamente trecento anni dopo che nel 1603 l’antico proprietario-progettista-costruttore aveva lasciato interrotti i lavori per cercare fuori Roma con la pittura di risollevarsi dal disastro economico in cui l’impresa lo aveva precipitato. Nel 1904, infatti, una signorina tedesca sulla sessantina acquistava il palazzo (che in tre secoli aveva avuto varie vicissitudini ma era comunque appetibile anche se in condizioni alquanto compromesse⁑), aiutata finanziariamente dal marito della sua migliore amica. La signorina si chiamava Henriette Hertz, era di Colonia e dagli anni Novanta dell’Ottocento era solita svernare in Italia, a Firenze prima e page 22 finalmente a Roma. La sua amica e coetanea era Frida Löwenthal, pure di Colonia, sposata all’industriale Ludwig Mond che si era arricchito con la chimica e che, aiutando la Hertz nell’importante acquisto, si era sdebitato con lei che gli aveva dato una mano quand’era agli inizi. Con questo intervento Mond e la moglie escono dal seguito della storia. Non cosí la Hertz che, per il primo soggiorno invernale a Roma, aveva affittato un appartamento proprio nel palazzo di Federico Zuccari tra via Gregoriana e via Sistina e se n’era invaghita a tal punto che, dopo averlo comprato, per quattro anni ne aveva curato un completo restauro trasferendovi alla fine la sua preziosa raccolta di quadri e la sua biblioteca.
A questo punto entra in scena un altro personaggio di rilievo, anch’egli tedesco, di vent’anni più giovane della Hertz, anch’egli innamorato dell’arte italiana e di Roma, il quale dal 1894 (la prima volta con una borsa di studio) trascorreva qui lunghi periodi di soggiorno e di ricerca. Si chiamava Ernst Steinmann ed era figlio di un pastore protestante; nei primi anni del secolo aveva pubblicato un’opera monumentale e assai apprezzata sulla Cappella Sistina e coltivava il progetto di promuovere un Istituto di storia dell’arte per lo studio del Rinascimento italiano e in specie romano. Nessun proposito di concorrenza con gli altri prestigiosi istituti culturali tedeschi di storia e archeologia da anni operanti a Roma; quella che Steinmann aveva in mente era un’istituzione agile e moderna, che servisse d’appoggio agli studiosi in particolare giovani, tedeschi ma non solo, che avesse come punto di forza una biblioteca tematica formata da libri d’arte in tutte le lingue ma specialmente italiana e tedesca. L’idea non era del tutto nuova, già nel 1878 il cancelliere tedesco Bismarck e alcuni suoi consiglieri, sullo sfondo di un riavvicinamento politico tra Italia e Germania, aveva inutilmente sollecitato il Parlamento di Berlino all’acquisto proprio di palazzo Zuccari per farne un’accademia d’arte tedesca in Roma. E page 23 nel 1903 c’era stato un altro simile tentativo da parte dell’allora direttore dell’Istituto storico prussiano per costituire nel suo ambito, su interessamento dell’imperatore Guglielmo II, una sezione di storia dell’arte. Erano tuttavia entrambe iniziative dettate da motivazioni politiche e di prestigio.
Il progetto di Steinmann era più disinteressato e al tempo stesso più ambizioso; e quando a Roma egli ritrovò Henriette Hertz che aveva conosciuto a Firenze, capì subito che era la persona giusta per cercare insieme con lei di realizzarlo. E non dovette neppure faticare molto perché la Hertz già pensava alla sua morte di donare alla città di Roma il palazzo e la sua raccolta d’arte per farne un museo in cui peraltro una componente importante avrebbe dovuto essere la musica. Steinmann invece era più amante dei libri e riuscì a convogliare in questa direzione le munifiche intenzioni della Hertz, la quale divenne poi sua fermissima sostenitrice. Quando la proposta che inoltrò nell’aprile 1910 al cancelliere tedesco Bethmann-Hollweg di fondare un «Römisches Institut für Kunstgeschichte» sotto la direzione di Steinmann non venne accolta per l’opposizione di un autorevole consigliere e del direttore dell’Istituto storico prussiano di Roma, lei preferì ritirare l’offerta⁑. Ma non rinunciò al progetto della fondazione e due anni più tardi cambiò testamento lasciando alla Kaiser-Wilhelm-Gesellschaft, società tedesca di recente istituzione, non soltanto il palazzo Zuccari ma anche quella che aveva ormai battezzato Bibliotheca Hertziana, con un capitale di 50.000 lire. Le disposizioni testamentarie della Hertz erano molto precise: avendo ottenuto le richieste garanzie di patrocinio e di indipendenza per la sua istituzione, stabiliva che la biblioteca non avrebbe mai dovuto lasciare Roma salvo il caso di assoluta forza maggiore e che Ernst Steinmann ne sarebbe stato direttore a vita con potere di nomina del successore. Con un codicillo stabiliva inoltre che la sua importante raccolta di quadri andasse, alla sua morte, allo Stato italiano⁑.
Il 1° gennaio 1913 la biblioteca fu ufficialmente aperta come luogo di ricerca e di formazione secondo il dettato istituzionale. Disponeva inizialmente di 3.200 volumi della biblioteca privata della Hertz (oltre a 12.000 fotografie), più 1.300 di quella di Steinmann che dovevano restare in sua proprietà nominale fino alla sua morte. Ma questo primo fondo sarebbe stato presto arricchito da donazioni e da una sagace politica di acquisti: a questo scopo furono messe a disposizione, per il 1911 e il 1912, quindicimila lire annue più un contributo straordinario di 25.000⁑. I volumi di Steinmann sono ancor oggi contrassegnati dai page 24 suoi ex-libris, due dei quali dedicati alla memoria della moglie Olga von Gerstfeldt, morta giovane nel 1910 e sepolta nel cimitero acattolico di Porta S. Paolo; raffigurano con qualche Variante la Piramide di Caio Cestio e un motivo di cipressi. Ce n’è poi un terzo con tre corone d’alloro intrecciate, probabilmente ispirato alla triplice aureola della figura principale affrescata nella Sala del Disegno. Steinmann provvide anche a ideare il primo marchio della biblioteca: un ovale con lo stemma nobiliare di Federico Zuccari (uno zucchetto a forma di cono⁑ contornato da sette gigli stilizzati), il monogramma «B. H.» e la scritta «Roma». Esso sarebbe stato poi ripreso più volte anche con Ludwig Schudt, con l’aggiunta in ovale «Bibliotheca Hertziana». Henriette Hertz ebbe appena il tempo di vedere realizzato il suo sogno di mecenate: morì il 9 aprile 1913. Come molti stranieri innamorati dell’Italia, anch’ella riteneva che un’istituzione culturale sul modello di quella che aveva fortemente voluto avrebbe contribuito a rinsaldare i legami tra il nostro paese e, nella fattispecie, la Germania. Non poteva immaginare che, con il clamoroso capovolgimento delle alleanze avvenuto alla vigilia del nostro intervento nella prima guerra mondiale, l’Italia e la Germania sarebbero diventate nemiche. Questo duro colpo le fu risparmiato; la biblioteca dovette chiudere e nel 1915 il palazzo fu sequestrato dallo Stato italiano.
Ludwig Schudt e la Hertziana
Ufficialmente il dissequestro di palazzo Zuccari dopo la guerra fu sancito dal governo italiano soltanto nel 1927, ma già alla fine del 1919 Ernst Steinmann tornava a Roma nel suo ruolo di direttore, e pochi mesi più tardi la Bibliotheca Hertziana riprendeva l’attività, primo tra gli istituti germanici in Roma. Le difficoltà erano grandissime: all’inizio Steinmann poteva contare soltanto sulla collaborazione di un custode; numerose stanze del palazzo erano affittate a italiani e stranieri che non si potevano mandar via perché le loro pigioni — quando le pagavano — erano l’unica fonte di reddito dell’Istituto. Ma proprio in quel 1920 accadde un fatto che per quarant’anni avrebbe segnato la storia della biblioteca.
Ludwig Schudt era nato nel 1893 a Friedberg, piccola città tedesca dell’Assia⁑. Di famiglia medio-borghese, fu avviato agli studi superiori seguendo i corsi di archeolo page 25 gia e storia dell’arte in particolare all’università di Berlino. La guerra interruppe i suoi studi, che ripresero subito dopo; e intanto si era andato precisando in lui l’ambito della ricerca su cui intendeva lavorare, l’arte barocca italiana e in particolare le sue fonti. Questo indirizzo lo doveva portare naturalmente a Roma, e fu appunto in occasione di questo suo primo soggiorno nel 1920 che, su segnalazione di un suo insegnante berlinese, Schudt fu chiamato da Steinmann a collaborare nella riaperta biblioteca. Non era ancora un preciso incarico di assistente del direttore, per il quale era necessaria la laurea: ma da un lato il giovane studioso aveva trovato l’ambiente ideale per approfondire il campo dei suoi interessi, e dall’altro Steinmann aveva subito riconosciuto in lui, oltre alla passione del ricercatore, anche notevoli qualità di organizzatore. Chi ama i libri può facilmente immaginare la gioia che si potrebbe provare avendo a propria completa disposizione un’intera biblioteca, anche se non ancora fornitissima, e con pochi frequentatori com’era allora la Hertziana; d’altra parte Steinmann, e i direttori dopo di lui, incontrando un collaboratore come Schudt si sarebbero ben guardati dal lasciarselo scappare. Iniziava così un sodalizio con l’istituto che sarebbe stato interrotto solo dalla morte.
Il primo soggiorno dello Schudt a Roma durò un anno e mezzo; durante questo periodo egli si trovò subito coinvolto nella riorganizzazione della biblioteca e nella sua amministrazione, ma ebbe anche il tempo di prepararsi per la laurea che conseguì a Berlino nell’estate 1922 discutendo una tesi su Giulio Mancini e la sua opera di carattere topo page 26 grafico su Roma scritta verso il 1625 e rimasta inedita, di cui si parlerà più avanti⁑. Subito dopo, naturalmente, Steinmann lo richiamò a Roma dapprima come assistente e in seguito come bibliotecario, ma nel primo contratto di lavoro del ’23 era specificato che la sua validità era subordinata al fatto che «la Biblioteca possa continuare a vivere indisturbata». Per avere il posto in organico Schudt avrebbe dovuto attendere qualche anno ancora, cioè fino al dissequestro ufficiale dell’istituto da parte del governo italiano. La crisi del dopoguerra era finalmente passata e la Kaiser-Wilhelm-Gesellschaft aveva ripreso le sovvenzioni, ma nel frattempo direttore e bibliotecario, coadiuvati da un paio di nuovi collaboratori, avevano portato avanti il lavoro organizzativo e di incremento delle raccolte librarie, senza tuttavia trascurare l’attività scientifica. Proprio con la pubblicazione del saggio appena citato dello Schudt riprendeva nel 1923 la collana delle «Römische Forschungen der Bibliotheca Hertziana» le cui prime uscite — seconda e terza nell’ordine — risalivano agli anni 1912-13 con l’importante opera di Paul Gustav Hübner Le statue di Roma. Grundlagen für eine Geschichte der antiken Monumente in der Renaissance, e con un lavoro dello stesso Steinmann Die Portraitdarstellungen des Michelangelo, entrambi stampati a Lipsia⁑.
Henriette Hertz aveva visto giusto puntando su Ernst Steinmann nell’affidargli il futuro della sua istituzione e rifiutando ostinatamente ogni alternativa davanti agli ostacoli che il suo nome incontrava in Germania e a Roma. Fu Ludwig Schudt a pubblicare un promemoria trovato tra le carte del direttore dopo la sua morte, relativo ai primi anni di vita della biblioteca e ai criteri scientifici e metodologici che egli intendeva porre alla base della sua attività⁑. «La raccolta dei libri — scriveva Steinmann — deve andare oltre il proprio ambito originario, cioè allargarsi in due direzioni. La ragione sta nel fatto che da un lato non è possibile prescindere, per quanto riguarda la comprensione di un determinato periodo artistico, dalla conoscenza del periodo che precede e di quello che segue, e dall’altro è necessario, per lo studio dell’evolversi di un artista e dell’origine e influenza di un’opera d’arte, uno sguardo complessivo sull’intera vita spirituale di una particolare epoca. Ne consegue che la biblioteca, accanto al nucleo centrale della storia dell’arte italiana dal 14° al 18° secolo, deve offrire anche un panorama più ampio sull’evoluzione dell’arte in generale e sulla storia della civiltà italiana».
Steinmann faceva poi seguire a questa premessa di fondo uno schema riassuntivo dei criteri di massima per l’incremento della biblioteca e la sua struttura avvenire. Il piano dettagliato fissava alcuni punti, ciascuno poi suddiviso in più soggetti, orientativi per le future acquisizioni e per l’articolazione in settori della biblioteca: Generalità; Storia siste page 27 matica dell’arte; Topografia artistica; Roma; Collezioni e mostre. Il capitolo Roma si suddivideva in: Riviste; Topografia generale; Piante e guide della città; Storia; Storia della civiltà; Categorie di monumenti; Monumenti singoli; Musei e collezioni; Campagna di Roma. Se Steinmann fu, per cosí dire, la mente della Hertziana, Schudt fu il fedele e illuminato esecutore delle sue idee; in particolare si vedrà come i soggetti riguardanti Roma costituiranno la base sostanziale della sua opera principale. Sulle linee-guida del suo primo direttore, in quarant’anni Ludwig Schudt fece di questa biblioteca — come è stato detto — «l’opera della sua vita, non chiusa e immobile, ma un’opera viva e aperta a sempre nuovi sviluppi, uno strumento scientifico valido anche per gli anni a venire».
Il lavoro di «bibliotecario-capo», particolarmente intenso nei primi anni, procedette di pari passo con lo studio e la ricerca scientifica (è del 1930 la pubblicazione di Le Guide di Roma), sempre nella più piena collaborazione con Steinmann; quindi non è difficile immaginare lo sgomento dello Schudt quando nel 1933 vide il suo direttore affiancato d’autorità da un vecchio nazista con l’incarico di costituire, accanto alla Hertziana, un «Istituto per la dottrina della civiltà» avente ben precise finalità politiche⁑. E l’anno dopo Steinmann fu collocato a riposo per raggiunti limiti d’età: morì pochi mesi più tardi dopo aver lasciato alla Biblioteca Vaticana, forse per dispetto, la sua preziosa collezione di libri e documenti rari su Michelangelo di cui era uno dei massimi specialisti⁑. Con il nuovo direttore, che doveva fare i conti con il regime al potere in Germania e con il personaggio che già era stato posto a fianco del suo predecessore e che intensificava l’attività di propaganda «per la dottrina della civiltà», Ludwig Schudt nel suo ruolo per natura poco appariscente ma di grande responsabilità si trovò a rappresentare in certo modo la continuità della biblioteca. I problemi non mancavano, c’era l’eterna carenza di spazio cui si tentò di porre provvisorio rimedio con la creazione di alcuni nuovi ambienti, c’erano serie difficoltà di ordine economico, e la questione del catalogo sempre in arretrato e il normale lavoro di acquisizione di libri e riviste per non rimanere indietro nelle collezioni. E intanto egli non tralasciava le sue ricerche scientifiche: sono quelli gli anni della maggiore attività pubblicistica e nel 1942 uscì il suo terzo lavoro importante, una monografia sul Caravaggio⁑.
Il 1943 segnò il punto di massima crisi per l’Istituto. Lo sbarco e l’avanzata delle armate alleate lungo la Penisola fecero capire che la guerra si avvicinava all’epilogo e che page 28 nemmeno Roma era sicura; alla fine dell’anno giunse l’ordine di trasferire l’intera biblioteca al nord, fuori d’Italia. Il direttore tentò in ogni modo di opporsi, appellandosi alla volontà manifestata dalla Hertz secondo cui i libri non avrebbero mai dovuto uscire da palazzo Zuccari; ma dovette cedere perché il testamento della fondatrice non escludeva, come si è visto, il caso di assoluta forza maggiore. Analoga sorte toccava nello stesso periodo alla biblioteca dell’Istituto archeologico germanico di Roma, al quale sembra che l’ordine fosse giunto direttamente da Hitler⁑. La località scelta fu una miniera di salgemma presso Hallein, piccola città austriaca in collina non lontana da Salzburg, al confine con la Germania. La miniera di salgemma, che scende anche a grande profondità con ampie gallerie scintillanti di cristalli, si caratterizza per la totale assenza di polvere e per essere assolutamente priva di umidità. Schudt fu incaricato di provvedere all imballaggio dei libri e ad organizzare il trasporto delle centinaia di casse che giunsero a destinazione senza il minimo inconveniente. C’è una fotografia che lo ritrae all’imboccatura della miniera su cui è scolpita la scritta «Wolfdietrichstellen»; e l’inizio del 1944 ed egli sta tra Otto Lehmann-Brockhaus, che lo avrebbe sostituito alla Hertziana dopo la sua morte, e la moglie di questi Elisabeth. Con loro c’e un operaio del luogo che reca una lampada ad acetilene e i tre indossano la tuta bianca da minatore di salgemma con il curioso copricapo pure bianco.
A Roma il ritorno alla normalità sarebbe stato ancora più lungo che non dopo la prima guerra mondiale, con la differenza che allora il sequestro e il conseguente dissequestro erano sanciti dal governo italiano, mentre ora dipendevano dalle autorità militari alleate. Per accelerare la ripresa, nel 1946 «i rappresentanti delle istituzioni umanistiche a Roma... si associavano costituendo l’Unione Internazionale degli Istituti di Archeologia, Storia e Storia dell’Arte, inizialmente intesa a offrire ai Governi alleati una base di ufficialità per la gestione dei beni culturali tedeschi riportati o riattivati a Roma... Tali amministrazioni fiduciarie, non senza difficoltà finanziarie e tecniche, durarono fino al 1953, page 29 quando i beni germanici furono riconsegnati all’Italia e da questa alla Repubblica Federale Tedesca...»⁑. I libri intanto erano rientrati a palazzo Zuccari nel settembre 1947 mentre Schudt, con la Hertziana ancora chiusa, aveva accettato l’incarico di bibliotecario presso il museo di Norimberga, che ricoperse dal 1950 al ’53, anno in cui riprese servizio a Roma, tra i suoi libri che tanto aveva contribuito a proteggere. La vecchia Kaiser-Wilhelm-Gesellschaft non c’era più e a fianco della Bibliotheca Hertziana figurava ora il Max-Planck-Institut; il nuovo direttore Franz Wolff Metternich, entrato in carica alla riapertura nel 1953, così disse del suo principale collaboratore di quegli anni: «La grande esperienza che lo Schudt aveva della letteratura antica fu assai vantaggiosa per la biblioteca; fu così possibile portare a un alto grado di completezza la raccolta di antiche pubblicazioni, specialmente di preziose opere incise. L’ultima grande gioia della sua attività di bibliotecario la visse nel 1957, quando... fu possibile acquisire una collezione di 287 guide romane in 325 volumi»⁑. Oggi la Hertziana possiede il più cospicuo gruppo di guide di Roma tra tutte le biblioteche romane.
Neppure in quest’ultimo periodo Ludwig Schudt interrompeva il suo lavoro scientifico. Uno dei suoi primi campi di indagine (lo si vedrà pure nel repertorio bibliografico del 1930) era rappresentato dai libri e dalle memorie dei viaggiatori dei secoli passati che venivano nel nostro paese da tutta Europa attratti dall’arte, dalla storia, dalle bellezze del paesaggio, e per arricchire la propria cultura. Anch’egli era un gran viaggiatore: senza dubbio questo suo specifico interesse era un modo per manifestare l’amore che portava all’Italia e a Roma. Più volte s’incontrano suoi scritti sull’argomento⁑; ma l’opera che costituì per lui il coronamento degli studi in materia apparve nel 1959 come quindicesimo volume della collana pubblicata dalla Hertziana, Italienreisen im 17. und 18. Jahrhundert ⁑. Schudt aveva anche altri progetti, come quello di un’edizione critica della celebre page 30 opera di Filippo Titi Studio di Pittura, Scoltura, et Architettura, Nelle Chiese di Roma pubblicata più volte tra il 1674 e il 1763 anche con qualche Variante nel titolo⁑, o come una monografia su Pietro da Cortona «in tre volumi rilegati in pelle verde»⁑, ma neppure questa trovò compimento. Forse egli si proponeva di rimandare questi progetti a dopo il pensionamento, quando avrebbe avuto più tempo. Gli mancavano pochi mesi (si era nel 1961), e anche quell’anno come al solito volle trascorrere qualche settimana di vacanza in Germania. La morte lo colse d’improvviso a Wiesbaden il 12 agosto.
Quanti conobbero o lavorarono con Ludwig Schudt non hanno mancato di tesserne un elogio convinto e affettuoso, cosa piuttosto rara nel mondo accademico tedesco (come in quello italiano), non trattandosi di un personaggio carismatico o di potere. Nel corso degli anni — disse Adolf Butenandt presidente del Max-Planck-Institut — «le competenze della Biblioteca si sono sviluppate ben oltre il programma originario, tanto da attrarre studiosi e letterati di tutte le provenienze e culture. Negli ultimi tempi si erano contati tra i frequentatori studiosi provenienti da venti nazioni. A questo successo lo Schudt ha dato un contributo decisivo»⁑. E Franz Wolff Metternich, direttore della Hertziana dal 1953 al 1963, sottolineando il suo coraggio di vivere, l’interesse ai problemi della scienza, l’amore per il bello e la sua voglia di viaggiare, aggiungeva: «Grazie a un’ininterrotta attività egli fece della Biblioteca un incomparabile strumento scientifico che non ha eguali neppure nella Città eterna che pure è così ricca di istituzioni d’alto livello»⁑. E ancora Ernst Guldan, anch’egli bibliotecario alla Hertziana: «A lui si deve l’esemplare costituzione di quel patrimonio librario su cui è fondato il richiamo internazionale dell’Istituto come centro di ricerca. Il programma di acquisizioni già previsto nel promemoria di Steinmann fu attuato silenziosamente da Ludwig Schudt con un senso infallibile dell’essenziale e con l’intuito dell’antiquario appassionato: nel 1960 il patrimonio iniziale si era già moltiplicato per dieci»⁑. Non erano neppure mancati in vita i riconoscimenti uffi page 31 ciali⁑, ma è soprattutto rimasta a perpetuarne la memoria l’opera sulle guide di Roma che a più di settant’anni è tuttora citata come il più autorevole repertorio bibliografico sulla topografia romana.
Le Guide di Roma Giulio Mancini, più che una tesi di laurea
Nell’indice dei nomi posto alla fine del libro di Ludwig Schudt Le Guide di Roma il nome di Giovanni Baglione è tra quelli che ricorrono più spesso, non tanto come pittore o come autore della guida Le nove chiese di Roma... [V. sch. 41] ricca di notizie ma limitata ai principali edifici sacri della città, quanto per la sua fondamentale opera sulle vite degli artisti operanti a Roma fra il 1572 e il 1642⁑. Libro scritto per completare i lavori del Vasari e del Borghini, con stile distaccato e senza pretese letterarie, ma con molte informazioni di prima mano sugli artisti contemporanei al Baglione: gli anni indicati nel titolo corrispondono infatti quasi esattamente alla vita dell’Autore, cioè al periodo del tardo Rinascimento e dell’affermarsi del Barocco che programmaticamente interessava allo Schudt. Questi raccontò di aver fatto, in uno degli ultimi semestri all’Università, uno studio critico-filologico sulle Vite del Baglione e che questo l’aveva portato da una parte a considerare l’importanza delle guide per una ricerca storico-artistica sulla città di Roma, e dall’altra l’aveva posto sulle tracce di uno scrittore quasi coetaneo del Baglione, Giulio Mancini, autore appunto di una guida di Roma. Questo sarebbe poi diventato argomento della tesi che Schudt, come si è visto, preparò nel primo periodo trascorso alla Hertziana e che poi, una volta laureato a Berlino e ritornato a Roma, venne pubblicata nella collana delle «Römische Forschungen»⁑.
Giulio Mancini (1558-1630) era medico personale di papa Urbano VIII, conoscitore e scrittore d’arte; attorno al 1625 egli volle suggerire una specie di itinerario pittorico romano «Per gusto dei studiosi, e per intelligenza del contenuto in questo trattato, m’è parso bene propor questo viaggio, notando le pitture degne d’esser viste». Intitolò il suo lavoro Viaggio per Roma per vedere le pitture che si trovano in essa, ma l’opera rimase inedita e si trova manoscritta alla Biblioteca Vaticana e alla Chigiana di Roma, e a Venezia. page 32 Per la trascrizione integrale (che nel suo libro occupa le pp. 47-106) Schudt scelse il codice generalmente giudicato il migliore, quello della Biblioteca Marciana di Venezia, Ms. it. 5571; in calce ad ogni pagina sono due ordini di note del curatore, cioè le varianti rispetto al testo di altri codici manciniani e le sue osservazioni per ciascun monumento descritto, con l’indicazione degli artefici, lo stato attuale e i relativi riferimenti bibliografici. L’originale del Mancini, naturalmente riportato in italiano, è preceduto da un’introduzione in due parti. La prima contiene una storia critica sull’Autore, la sua vita e una rassegna degli scritti; la seconda un’indagine sull’opera, a cominciare dai manoscritti, la datazione, la collocazione dello scrittore e i suoi predecessori, il suo significato e i successori. Tra questi ultimi Schudt si sofferma sulla Memoria del Celio e sul Ritratto di Roma moderna del Totti, entrambi del 1638; sul Baglione delle Nove chiese (1639); sulle Descrizioni di Roma di G. D. Franzini (1643 sgg.); e ancora sulle prime edizioni del Martinelli (1644-1658), fino all’opera dell’abate Filippo Titi (1674 sgg.) che egli giudica la più importante tra tutte quelle citate.
Tuttavia, ai fini del presente lavoro, sono più interessanti i due allegati che seguono il testo del Viaggio, cioè il catalogo completo dei codici del Mancini e, in particolare, una bibliografia delle guide romane dal 1541 al 1674. Da segnalare anche, prima di parlare di quest’ultima, l’indice delle opere consultate che l’Autore suddivide in testi sulle fonti, piante della città di Roma e opere recenti; tranne la prima, queste appendici sono da considerare come altrettante premesse all’opera principale sulle guide di Roma cui lo Schudt già pensava mentre dava alle stampe il manoscritto manciniano.
Le schede sono complessivamente 76 (più la 68a. e la 68b.) e nel libro occupano le pp. 114-130; ciascuna ha in testa la data e alla fine il numero d’ordine oltre, quasi sempre, all’indicazione del luogo dove l’esemplare è conservato⁑. Le biblioteche citate sono la Vittorio Emanuele (oggi Nazionale Centrale), l’Apostolica Vaticana, l’Angelica, la Casanatense e la Hertziana di Roma, la Staatsbibliothek München e la Staatsbibliothek di page 33 Berlino. La prima guida registrata ha per titolo Le Cose Maravigliose, stampata a Venezia da Guglielmo da Fontaneto nel 1541 [V. sch. 10]; Schudt la conosceva perché l’esemplare faceva parte della collezione fiorentina di Leo S. Olschki e il proprietario l’aveva inserita nel quinto volume del suo catalogo Choix des livres rares (1923, n. 4857). Motivo della scelta il fatto che l’Olschki la registrava come prima guida recante il titolo italiano, traduzione del latino Mirabilia, titolo questo che era ormai giunto alle sue ultime apparizioni. L’edizione fu poi riportata al n. 17116 dell’undicesimo volume dello Choix ⁑ con la stessa annotazione per il titolo e l’aggiunta «d’une rareté extrème»; da questo sarebbe poi passata in proprietà della Hertziana per iniziativa dello Schudt, che nel frattempo l’aveva inserita al n. 53 del suo repertorio maggiore. C’è da aggiungere, per amor del vero, che la prima guida recante questo titolo in italiano era in realtà apparsa nel 1539 a Roma «per Valerio Dorico & Luigi fratelli»: edizione sconosciuta a tutte le bibliografie fino all’asta della collezione Kissner a Londra nell’ottobre 1990 (cat. 297). Un’altra poi era stata pubblicata nel 1540 a Milano presso Vincentio da Medda, ora pure conservata alla Hertziana che l’acquisì dopo il 1930⁑.
L’ultima opera schedata in questo mini-catalogo, come si è visto, è lo Studio di Pittura, Scoltura, et Architettura, nelle Chiese di Roma del Titi stampato a Roma nel 1674, e se ne comprendono i motivi. Lo Schudt giudicava questo libro la prima vera compilazione, la più completa e attendibile, delle opere pittoriche e di scultura presenti nelle chiese romane, e insieme il coronamento dell’evoluzione di un tipo di guida iniziato molto tempo prima: «fonte primaria per la storia dell’arte barocca nella seconda metà del XVII secolo». Certo, le edizioni successive avrebbero migliorato la prima, con aggiunte e rielaborazioni anche sostanziali, il numero delle chiese descritte sarebbe passato da 269 a 315 con in più una quantità di palazzi e ville, e con l’Indice del museo Capitolino; ma la prima edizione era quella che chiudeva un ciclo e apriva le porte alle guide del futuro. Non si sapranno mai con esattezza i criteri con cui Schudt scelse le opere da schedare: esse sono 43 Cose Maravigliose (di cui una in latino, due in spagnolo e tre in francese), due degli Anni santi, due del Palladio, cinque del Felini Trattato nuovo, tre Descrizioni del Franzini, una guida del Facciotto, cinque del Bavinck in tedesco, una del Panciroli, due del Totti più altre due edite da Filippo de’ Rossi, sei del Martinelli (più i n. 68a. e 68b.), una rispettivamente dell’Alveri, Baglione e Celio. Quanto alla completezza, non fu questo il criterio perseguito: per esempio alle prime 29 Cose Maravigliose registrate dal 1541 al 1600, nel repertorio del 1930 solo in lingua italiana ne sarebbero state aggiunte per lo stesso periodo altre 15. È certo però che questo mini-repertorio fu, per cosí dire, la prova generale di quello maggiore che nel 1923 lo Schudt già cominciava a preparare.
page 34Le Guide di Roma La genesi: Pastor, Pollak, Frey
Nei primi anni di lavoro del giovane assistente bibliotecario di Steinmann era a Roma Ludwig von Pastor, famoso storico tedesco ma austriaco di adozione, il quale stava completando la sua monumentale opera Geschichte der Päpste seit dem Ausgang des Mittelalters (Storia dei Papi dalla fine del Medioevo); proprio nel 1921 egli era stato nominato ambasciatore d’Austria presso la Santa Sede. Ma negli anni precedenti la prima guerra mondiale, nella sua qualità di direttore dell’Istituto Storico austriaco di Roma, il Pastor aveva avuto modo di conoscere Oskar Pollak, giovane studioso che occupa un posto poco noto, ma di qualche rilievo nella genesi del libro di Ludwig Schudt sulle guide di Roma. Il Pollak, nato a Praga nel 1883 e laureatosi a 23 anni nell’università di lingua tedesca della sua città⁑, venne a Roma la prima volta nel 1907 con una borsa di studio. Fu poi assistente di Max Dvořák, noto professore di storia dell’arte all’università di Vienna, specializzandosi nel Barocco e scrivendo un testo sulla storia della scultura barocca austriaca e un altro sull’architettura a Praga dal 1520 al 1600, entrambi pubblicati nel 1910. Ma il richiamo del Barocco italiano doveva prevalere: egli tornò infatti a Roma e si immerse in questi studi diventando nel 1913 assistente di ruolo per la storia dell’arte all’Istituto Storico austriaco.
Colpisce la mole di lavoro che Oskar Pollak riuscì a compiere in pochi anni a Roma, pur senza giungere a pubblicare nulla a causa del suo straordinario rigore scientifico e della sua meticolosità, ma anche per la sua morte prematura. Roma è una città dalle ricche biblioteche antiche e dai numerosi archivi pubblici e di grandi famiglie, quindi il campo che si apriva agli occhi del giovane ricercatore era vastissimo e poco esplorato. Pollak cominciò subito con gli studi sul Barocco romano puntando sui due massimi suoi esponenti quasi tra loro coetanei, Francesco Borromini e Pietro da Cortona, e raccogliendo una grande quantità di materiale bibliografico e d’archivio che avrebbe potuto condurre a un’importante pubblicazione se l’autore ne avesse avuto la possibilità. Andò a finire che la parte sul Borromini fu portata a termine anni dopo da Eberhard Hempels, mentre la monografia su Pietro da Cortona restò incompiuta. Le moltissime note manoscritte rimaste poterono forse tentare lo Schudt a utilizzarle (lo aveva fatto come si vedrà con gli appunti del Pollak sulle guide di Roma) quando, già avanti negli anni, pensava a un’opera in tre volumi sul grande pittore barocco cui si è già accennato. Ma è una semplice ipotesi.
Mettendo a punto il suo progetto Pollak aveva teorizzato un personale metodo secondo cui le fonti andavano impiegate suddividendole in tre sezioni: d’archivio, biografiche e topografiche, ciascuna poi da sviluppare a sé. Il lavoro sui due grandi artisti del Barocco prevedeva dunque anzitutto indagini storiche sui pontificati del periodo (Urbano VIII, Innocenzo X e Alessandro VII), quindi ricerche sulle opere dei principali bio page 35 grafi del tempo (come il Baglione, il Bellori e altri), infine una bibliografia di opere di topografia. Questa terza parte era il manoscritto predisposto a completamento dell’opera, anch’esso rimasto incompiuto e, come altre cose del Pollak, di non facile utilizzazione. Chi ebbe la possibilità di visionarlo lo descrisse come composto di tre schedari concernenti vari materiali sulle guide di Roma: un elenco alfabetico per nomi e titoli, un indice cronologico e il terzo che catalogava monografie su singoli monumenti. C’erano poi dei fogli con estratti da lavori di topografia romana pubblicati da studiosi tedeschi, note sulla disposizione del materiale raccolto e altri appunti vari. Tra le mani dell’Autore questo studio preliminare era cresciuto assumendo un’importanza autonoma tale da poter diventare una vera e propria bibliografia e non soltanto l’appendice di una monografia d’arte. Sarebbero tuttavia occorse altre approfondite ricerche per supplire alla carenza di opere precedenti concepite secondo i nuovi criteri, e ancora lavoro per non venir meno al necessario rigore scientifico che Pollak si era imposto.
Un altro esempio può aiutare a capire il suo modo di procedere, e riguarda un nuovo progetto da lui avviato in quello stesso periodo sull’operato artistico al tempo di Urbano VIII. Una gran parte del lavoro preparatorio è oggi conservata manoscritta nella biblioteca dell’Istituto Austriaco di cultura a Roma in due voluminose cartelle, pronta per essere elaborata in maniera organica e quindi pubblicata. L’Autore aveva raccolto il materiale, con infinita pazienza e grande impegno, in ben 26 biblioteche e archivi romani, fondi, codici e memorie: per la prima parte sono 1862 schede sull’attività artistica ed edilizia in genere promossa da papa Barberini in Roma e fuori, e per la seconda 2474 schede riguardanti esclusivamente i lavori per San Pietro in Vaticano. Dagobert Frey, che alcuni anni più tardi avrebbe comunque pubblicato integralmente quel materiale limitandosi a scriverne la prefazione, lo riteneva — diversamente dallo schema di bibliografia sulle guide di Roma, valido solo come premessa per una successiva elaborazione — «una versione già pronta per la stampa, seppure non compiutamente rifinita». Ma Pollak non ebbe il tempo di completare l’opera. Allo scoppio della prima guerra mondiale, malgrado il suo amore per l’Italia, tornò in Austria e si arruolò volontario nell’esercito di Francesco Giuseppe andando a morire nel giugno 1915, a 32 anni, sul fronte dell’Isonzo⁑.
Tornando al manoscritto topografico del Pollak, lo Schudt ricordava che nei primi tempi della sua attività alla Hertziana, quando ancora lavorava al testo del Mancini, incontrando una volta Ludwig von Pastor, che evidentemente era a conoscenza del suo interesse per le guide di Roma, questi lo mise al corrente dell’esistenza di quel materiale invitandolo a utilizzarlo. Prima di arruolarsi, Oskar Pollak aveva lasciato per testamento page 36 l’amministrazione delle proprie opere edite o inedite al suo professore di Vienna Max Dvořák; l’incarico più tardi era passato a Dagobert Frey, altro personaggio-chiave nella genesi del libro di Ludwig Schudt. Nato a Vienna e coetaneo del Pollak, Frey dopo la laurea si era specializzato in architettura rinascimentale e barocca austriaca diventando nel 1918 professore di storia dell’arte all’università viennese e nel 1925 direttore dell’Istituto storico d’arte presso la Soprintendenza ai monumenti⁑. È anche conosciuto come autore di varie pubblicazioni e curatore delle opere del Pollak e dello Schudt. Nel 1922 la vedova dello studioso, signora Hedwig Pollak, consegnava allo Schudt il manoscritto grazie all’autorevole mediazione del Pastor e all’interessamento diretto di Dagobert Frey. Il quale in seguito annotava che «per quanto esso potesse essere pregevole... nella forma lasciata (dall’Autore) non si presentava utilizzabile per una pubblicazione... Il catalogo era ancora incompleto, doveva essere effettuato proprio il difficile lavoro dell’individuazione dell’edizione rara e poco nota. Avendo Pollak in sostanza condotto le sue indagini soltanto nelle biblioteche romane, restavano ancora da consultare le altre grandi biblioteche europee per una necessaria integrazione».
Ludwig Schudt si assunse questo compito, ma dovevano passare parecchi anni con ricerche e viaggi in tutta Europa perché l’opera vedesse la luce. Egli osservò che il materiale pervenutogli era stato raccolto solo consultando le bibliografie accessibili prima del 1915, di cui riportò anche un elenco nell’introduzione del suo repertorio maggiore; ma già con il Mancini egli aveva seguito un altro metodo, che poi è l’unico scientificamente valido, quello di effettuare le ricerche nei cataloghi delle biblioteche per avere poi direttamente tra le mani le guide da schedare. Riconobbe tuttavia che il lavoro del Pollak gli era stato molto utile e che grazie ad esso la sua visione d’insieme sull’argomento ne era risultata «straordinariamente allargata». Questo per la parte bibliografica; quanto al testo invece — che costituisce la novità dell’opera, mai più ritentata da allora — egli affermò senza falsa modestia che ne aveva potuto trarre «soltanto alcuni suggerimenti di massima». Nella prefazione al libro lo Schudt ringraziava, com’e consuetudine, quanti gli erano stati vicini con il consiglio e con l’aiuto, facendo tra gli altri i nomi di Thomas Ashby, Luigi de Gregori, Luigi Vittorio Fossati Bellani, Christian Hülsen, Max Husung, Giulio Cesare Olschki, Carlo Evaldo Rappaport, Julius Schlosser, Eugénie Strong. Bibliotecari, grandi collezionisti, autori di sussidi bibliografici, librai antiquari, tutte figure quasi mitiche agli occhi di un bibliofilo d’oggi, con cui egli ebbe invece frequentazione, dimestichezza quando non vera amicizia. Ringraziava anche, naturalmente, la Hertziana e il suo direttore Steinmann; infine Dagobert Frey: «Si deve alla sua straordinaria energia se si è potuto, nonostante l’avversità dei tempi, rendere accessibili alla scienza gli ottimi risultati della ricerca disinteressata che Oskar Pollak ci lasciò».
Frey, dal canto suo, in una nota introduttiva ricambiava ringraziando lo Schudt per essersi sottoposto «a tale lavoro faticoso ed estremamente complesso, portando a termine il progetto iniziato e tracciato da Pollak. È tutta sua l’opera di ordinamento e suddivisione dell’ampio materiale e soprattutto l’elaborazione scientifica del modo di disporre la de page 37 scrizione topografica, dei fondamenti filologici e del rapporto di filiazione tra le singole edizioni. Da questo punto di vista il libro deve essere considerato un suo lavoro originale». Ma nello schedario della biblioteca dell’Istituto Austriaco di cultura in Roma l’opera dello Schudt, registrata con la collocazione A. 20. II, 3, figura al nome di Oskar Pollack.
Le Guide di Roma I criteri, le schede, le novità, i limiti
Il libro uscì a Vienna nel 1930 nella collana delle Fonti per la storia dell’arte barocca a Roma⁑, non dunque nelle «Römische Forschungen» della Hertziana. Nel doppio frontespizio — quello per il titolo e quello a lato per la collana — sono presenti tutti e cinque i personaggi che avevano contribuito alla sua realizzazione e dei quali si è parlato nel capitolo precedente: Oskar Pollak per la prima idea, Ludwig Schudt per la pratica compilazione e il testo, Max Dvořák e Ludwig von Pastor per il recupero del manoscritto originale e infine Dagobert Frey per la pubblicazione. Ma la parte più lunga e difficile fu certamente quella svolta dallo Schudt, che a tutti gli effetti deve essere considerato l’autore. Viene in mente una frase della prefazione di Choix de livres anciens rares et curieux (1936) dove l’Olschki, a proposito del lavoro preparatorio che aveva dovuto fare, lo definiva «bien plus long qu’on ne peut l’imaginer»: e si trattava di un catalogo di vendita di una collezione privata, quella dello stesso librario antiquario, senza particolari problemi di completezza e di scrupolosità. Stando alle date indicate dallo Schudt, la stesura durò dai sette agli otto anni, una fatica oscura e solitaria — quando invece sarebbe necessaria un’équipe di collaboratori — e per di più complicata dai contemporanei doveri del bibliotecario-capo di una struttura in rapido sviluppo come la Hertziana. Una fatica che porta anche con sé, come sempre in questo tipo di pubblicazioni, non lievi responsabilità legate all’attendibilità e alla completezza delle informazioni fornite.
L’opera, priva di illustrazioni, è divisa in due parti, la prima di 180 pagine è un saggio storico-critico, la seconda da p. 181 a 518 la vera e propria bibliografia; precede l’indice generale molto dettagliato mentre le ultime pagine contengono l’elenco delle abbreviazioni usate per citare le biblioteche, l’indice per nomi e per titoli che reca in corsivo e in tondo i rimandi rispettivamente alla prima parte e alle schede, infine un indice per anno di pubblicazione allo scopo di «consentire un orientamento cronologico rapido». È in page 38 teressante ricordare a questo punto quale sia stato il criterio adottato dallo Schudt per l’ordinamento di massima del materiale (egli ne parla nel primo capitolo sul metodo di lavoro). Anziché per data di pubblicazione o per ordine alfabetico — criteri seguiti da tutte le bibliografie d’argomento romano fino a quel momento, ma anche dopo — egli scelse di suddividere la materia per generi in grandi gruppi, organizzando quindi entro ciascuno di questi la successione delle opere e degli autori per data ma anche secondo il susseguirsi delle edizioni di uno stesso autore o di analoga tipologia, quello che Frey chiamava «rapporto di filiazione». Esaminando gli indici delle due parti appare subito evidente il loro sostanziale parallelismo, con la sola differenza che i tre gruppi della prima parte — dove il terzo è a sua volta diviso in tre paragrafi-, più due appendici, diventano nella seconda tout court sette sezioni. Le due parti sono dunque interdipendenti, ma è anche chiaro che l’Autore non avrebbe potuto redigere il saggio storico-critico senza prima avere sotto mano il catalogo quanto più completo delle opere di topografia. Nell’ordinamento generale del lavoro si riconosce il vecchio schema che Ernst Steinmann aveva elaborato già agli inizi della sua direzione per la fisionomia da dare alla biblioteca, con i vari settori verso i quali indirizzare le ricerche per gli acquisti dei libri. I capitoli o «sezioni» sulle guide nelle loro varie suddivisioni, la topografia scientifica, le categorie dei monumenti, i monumenti singoli come chiese, palazzi, musei e collezioni ecc., corrispondono infatti alle voci che Steinmann aveva indicato nel suo progetto al paragrafo «Roma» e si ritrovano, più o meno sviluppati, nell’opera.
«La sostanza e, come spero, il valore principali del presente lavoro — scrisse lo Schudt — sono costituiti dalla bibliografia». Le schede redatte sono 1159 (più 1282-1286 di aggiunta) e riguardano opere che egli poté materialmente consultare; da 1160 a 1281 sono elencati testi non reperiti ma registrati in precedenti cataloghi, particolarmente in Calvi, Hoepli 111, Lozzi, Corvisieri, Ranghiasci, Cicognara e Cerroti⁑; ed è singolare il fatto che questa appendice sia stata nel libro indicata come composta da «edizioni dubbie, incerte» («zweifelhafte Ausgaben»), trattandosi di opere sicuramente esistenti o esistite, solo non rintracciate. Quanto alla struttura delle schede, Schudt aveva già avuto modo di sperimentare un suo prototipo nel mini-catalogo annesso al Viaggio per Roma di Giulio Mancini⁑. Un semplice confronto permette di stabilire che le differenze tra le schede delle due opere, salvo il loro ben diverso numero complessivo, sono di poco conto: sono stati corretti alcuni errori minori, aggiunto talora il nome dell’autore o qualche altro dato come il formato delle guide che nella prima opera mancava quasi sempre, registrati certi allegati come le Antichità del Palladio in precedenza ignorati, talora semplificata la stesura per evitare ripetizioni nel succedersi di titoli simili. Altri dati al contrario non sono presenti, come si vedrà, mentre sarebbero necessari. Questo ad ogni modo non impedisce di affermare che il tipo di schedatura introdotto dallo Schudt è chiaro ed esaustivo, quello che meglio corrisponde alle esigenze anche del bibliofilo d’oggi. Prima di lui solo qualche repertorio di incunaboli, o il Fumagalli per le edizioni Blado, o il Perali per le guide degli Anni santi o ancora lo Spezi per alcune monografie di chiese riportano elementi specifici di norma mancanti nei vecchi cataloghi, ma si tratta sempre di bibliografie settoriali; e sono elementi regolarmente presenti invece nello Schudt.
La prima novità che si riscontra nelle schede è la completezza del titolo così come riportato nei frontespizi, comprendente anche l’eventuale ripetizione del nome dell’autore già posto in testa alla scheda, la forma originale con cui sono indicati l’editore e/o lo stampatore e la data di pubblicazione. Di solito nei cataloghi quest’ultima è trascritta in numeri arabi, ma è senz’altro più appropriato registrarla, nel caso, in numeri romani, come ha fatto lo Schudt, dando ovviamente per scontato che un bibliofilo li sappia leggere⁑. I titoli delle guide antiche sono spesso molto lunghi; per questo quando le edizioni si succedono con uguale titolo, nelle schede che seguono la prima certe parole sono per brevità supplite con puntini, conservando però l’inizio delle parti più significative, e riportan page 40 do naturalmente le eventuali modifiche⁑. Sull’indicazione del luogo dove l’esemplare schedato era stato esaminato e si conserva già si è detto (V. nota 36); questa particolare informazione avrebbe anche potuto essere più ampia ed estendersi alla segnalazione di altre biblioteche, essendo indubbia la sua utilità per lo studioso. Da notare ancora in coda a parecchie schede alcune osservazioni, in carattere tipografico più piccolo, sulla struttura della guida, la composizione dell’esemplare schedato, eventuali mancanze, dati tipografici, note di possesso, qualche rara citazione bibliografica, segnalazione di passi rilevanti, notizie di ristampe, varianti, allegati o sulla rarità o reperibilità di certe opere.
È tuttavia necessario a questo punto accennare ad alcuni aspetti negativi che si riscontrano nel catalogo dello Schudt, probabilmente dovuti sia al terreno in gran parte nuovo sul quale egli si era mosso, sia al fatto che allora alcuni fenomeni non si erano ancora manifestati nella misura che avrebbero assunto in tempi più recenti. Il primo — la sistematica assenza nelle schede di una descrizione dell’apparato illustrativo che fin dall’inizio ha sempre più spesso accompagnato le guide di Roma e in generale le opere di topografia — rivela che l’Autore non ha evidentemente tenuto conto da una parte delle crescenti richieste della moderna bibliografia e del mercato antiquario connesso con il collezionismo, e dall’altra della sempre più frequente constatazione di mancanze nel corredo iconografico di queste opere, dovute a furti o a cattiva conservazione⁑. È fin troppo ovvio sottolineare che le illustrazioni non sono solo un elemento decorativo, ma piuttosto un complemento essenziale del testo che restituisce con il passare del tempo l’immagine di una città in costante divenire come Roma. Sulle 1286 schede del catalogo, meno di dieci hanno osservazioni relative all’iconografia e soltanto due o tre contengono in merito giudizi di carattere estetico.
Altro elemento negativo è l’assenza nelle schede di un’adeguata bibliografia critica. La citazione di precedenti cataloghi, che è diventata norma nelle opere più recenti di questo tipo, è sempre utile perchè spesso in autori come Ranghiasci, Cicognara, Brunet, Graesse, Lozzi, Hülsen e altri, più vicini cronologicamente alla pubblicazione di particolari libri o perché specialisti in peculiari materie, è dato di incontrare una notizia di prima mano, un’annotazione pertinente, un giudizio attendibile. Le rare citazioni bibliografiche rintracciabili nell’opera dello Schudt riguardano invece quasi soltanto incunaboli e postincunaboli⁑.
page 41Un’ultima annotazione, del tutto marginale, per concludere con il lato tecnico di questo lavoro. Si è detto più sopra del pregio costituito dalla completezza dei titoli. La loro trascrizione tuttavia non si può definire assolutamente rigorosa. Ciò potrebbe essere stato determinato da motivi editoriali o tipografici, trattandosi di schede redatte da un tedesco su testi il più delle volte in latino o italiano e impresse a Vienna. Questo rilievo è forse un eccesso di pedanteria ma, a parte qualche non grave errore di stampa, sarebbe stato preferibile riportare regolarmente (e non solo in qualche caso) i modi degli stampatori antichi, ad esempio la «v» in luogo della «u» o la «t» in luogo della «z», le contrazioni e simili; e seguire l’uso originale, anche se a volte improprio, delle maiuscole o della punteggiatura.
Fino al 1930 mancava uno studio organico sulla letteratura topografica romana che ne seguisse l’evoluzione dai primi Mirabilia a stampa tardomedievali fino almeno alle impegnative opere scientifiche di pieno Ottocento. Ludwig Schudt fu il primo a cimentarsi in questa non facile impresa, non solo elaborando un repertorio bibliografico tuttora valido, ma facendolo precedere da un ampio saggio introduttivo che costituisce una vera e propria storia delle guide di Roma. Tuttavia, consapevole della vastità del compito e al tempo stesso tenuto ad adeguarsi al postulato della collana entro cui il libro vedeva la luce («Fonti per la storia dell’arte barocca a Roma»), egli pose al proprio lavoro dei limiti: anzitutto solo le opere a stampa e soltanto quelle «che si occupano di Roma moderna», con «l’attenzione maggiore agli anni dal 1640 al 1760», periodo all’incirca coincidente con il Barocco⁑. Schudt non fece comunque un catalogo di guide «barocche» — inutilmente nelle sue schede si cercherebbe questa parola — proponendosi piuttosto «una bibliografia generale delle guide romane». Cadde così in una prima contraddizione, che cioè non si può fare per Roma un repertorio «generale» escludendo la parte antica che è sostanza di questa città. Se ne accorse lui stesso e nel primo capitolo dedicato all’argomento del suo libro si corresse subito ammettendo, per la descrizione della città moderna, l’utilità dei testi che trattano dell’antica, che poco prima aveva dichiarato di voler escludere. Ne tratterà dunque in una sezione, la sesta, dove parlerà degli «antiquari» (termine con cui vengono indicati gli scrittori di cose romane antiche), ma rimarrà sempre quella sua riserva di fondo che porterà con sé una sottovalutazione delle guide antiche, dai Mirabilia al Palladio fino a molto più tardi.
Un altro limite temporale, specie di terminus ante quem, Schudt l’ha posto per la parte conclusiva del lavoro, usando un’espressione non del tutto chiara: «fino alle ultime edizioni delle guide ormai divenute storiche». Dove non si comprende se con questo agget page 42 tivo egli abbia voluto sottolineare l’importanza delle opere da lui menzionate (e conseguentemente l’irrilevanza di tutte le altre, specie se venute dopo) oppure «storiche» solo perché facenti parte della sua storia. Sta di fatto che questo limite si può verosimilmente porre al 1870, cioè sessant’anni avanti l’uscita del libro. Tra questa data e la fine dell’Ottocento egli registra soltanto dieci opere, di cui otto sono ultime edizioni di guide, una del Rufini e sette di Nibby-Porena; che Schudt abbia deliberatamente escluso dal suo catalogo in pratica tutti i lavori almeno degli ultimi trent’anni del secolo è fuor di dubbio. Basti pensare che il più recente repertorio importante pubblicato a Roma, quello del Rossetti, riporta dal 1871 al 1899 quasi 450 schede⁑.
In questo trentennio uscirono moltissime opere di topografia su Roma, lavori più o meno importanti ma sicuramente meritevoli di figurare in un repertorio, e non si capisce perché Schudt li abbia omessi: forse solo per essersi posto un limite al 1870? Si tenga presente che l’ultima opera da lui schedata porta la data del 1899. Certo, il 1870 rappresentò una svolta storica, ma i primi anni di Roma capitale furono contrassegnati da radicali cambiamenti per la città moderna e per la conoscenza di quella antica, puntualmente registrati da pubblicazioni di ogni genere tali da non dover sfuggire a un raccoglitore di «materiali per la storia della topografia romana».
Le Guide di Roma Le edizioni più antiche
Il libro dello Schudt, come si è detto, è suddiviso in grandi gruppi, sia per il testo introduttivo che per il catalogo. Di quest’ultimo si è già brevemente parlato; resta ora da trattare della prima parte che cammina in parallelo con la bibliografia, ne spiega lo sviluppo e le correlazioni e ne illustra le principali tipologie e gli autori. Il primo gruppo Le guide occupa più del doppio delle pagine del secondo e terzo messi insieme (in catalogo sono 429 schede a fronte delle 133 degli altri due gruppi che qui corrispondono a quat page 43 tro sezioni). Si comincia con le Indulgentiae ecclesiarum urbis Romae che effettivamente furono le primissime edizioni del tipo considerato nel presente lavoro. Lo Schudt al n. l di repertorio ne registra una del 1475 [V. sch. 4] segnalandone in nota quattro precedenti che tuttavia non scheda, e per le quali rimanda al Catalogue of Books Printed in the XVth Century... Part IV. Italy ⁑. Seguono altre Indulgentiae fino al n. 48, con i n. 3 e da 45 a 48 unite ai Mirabilia: l’ultima uscì per l’Anno santo del 1550 e concluse la serie di queste prime edizioni in latino. Il n. 49, schedato di seguito, in realtà è a parte, si tratta infatti di un Mirabilia con le Indulgentiae datato 1618, autore Giovanni Lupardi, frutto di un’operazione culturale fuori tempo perché traduzione in latino da un originale che l’A. definisce «recente» senza specificare meglio, ma sicuramente in italiano [V. sch. 37].
Dunque i Mirabilia da soli non figurano in questo inizio di catalogo, sono schedati molto più avanti con le Antichità e sono solamente tre (n. 563, 565 e 566). Occorre appena far notare che i più autorevoli repertori recenti⁑ descrivono ciascuno, per le edizioni latine nelo stesso arco di tempo, tra le 55 e le 60 Indulgentiae, 55 Mirabilia e una quindicina delle due pubblicazioni insieme, senza farne elenchi distinti. In questi numeri non sono considerate le Stationes ecclesiarum urbis Romae e altri libretti più specificamente devozionali i che citati repertori registrano, intramezzati ai due tipi più frequenti, e che lo Schudt ignora.
Lo stesso Schlosser-Magnino⁑, cui egli rimanda alla nota 33 del suo testo introduttivo come alla «fonte più accessibile per l’ampia letteratura sui Mirabilia», ne tratta illustrandone la genesi e le caratteristiche di «guide per il romeo ai luoghi di culto» le quali riportano «anche le cose notevoli profane, le meraviglie della Roma pagana», senza distinguere fra Mirabilia e Indulgentiae; e quando ne cita qualcuna per data non specifica se si tratta dell’una o dell’altra pubblicazione. Le quali invece, dichiara lo Schudt, sono «assolutamente da distinguere» e, distinguendo, riduce i Mirabilia schedati a una per cosí dire ristretta campionatura: un’edizione-tipo del 1475 pubblicata a Treviso da uno stampatore fiammingo [V. sch. 160], scelta forse perché giudicata dal Cicognara 3794 «il più bello dei nostri esemplari» e perché presente alla Hertziana; un’altra del 1491 di C. G. Solino (l’unica firmata tra tutti gli incunaboli e post-incunaboli di questo tipo), legata peraltro a un’Indulgenza; infine una più tarda del 1504, che è schedata da sola ma in origine era anch’essa legata a un’Indulgenza.
Il motivo del modesto interesse dello Schudt per i Mirabilia è da individuare nella sua dichiarata preclusione per le opere riguardanti Roma antica. Quando si legge che in questi opuscoli egli si limita a cercare elementi che li accomunino alle guide del Cinquecento, o quando si afferma che essi «hanno poco valore per il nostro assunto», è chiaro che nel suo lavoro non c’e posto per i Mirabilia, non c’e considerazione non tanto per la loro grande rarità bibliografica, quanto per la semplicità della loro struttura, per l’incanto della prosa tardo-latina ingenua e fantastica, mista di storia e di leggenda, per la descrizione di una Roma ancora disseminata di rovine che sta uscendo dai tempi bui e che comincia a riconoscersi in una rinnovata dimensione universale. Non si deve cercare in essi quello che, legati ancora ai prototipi medievali, non possono dare. D’altronde Schudt non è l’unico a sminuirne l’importanza: prima di lui, Schlosser-Magnino scriveva che «il reale valore di queste antichissime guide di Roma è dunque per noi relativamente scarso», e più tardi gli facevano eco Roberto Valentini e Giuseppe Zucchetti⁑ quasi con le stesse parole. I Mirabilia però non sono un primordiale tentativo di ricostruire la topografia di Roma antica, ma vanno letti come la scoperta di quanto di essa è sopravvissuto, una sorta di itinerario tra le rovine attorno alle quali, o sopra, o addirittura dentro le quali stava prendendo forma la Roma dei tempi nuovi. E la narrazione storica, sempre presente anche se confusa e favolistica, era la voce che saliva dai gloriosi vestigi e parlava dell’antica grandezza per indicare la strada alla prossima auspicata palingenesi. Anche questo spirito sta alla base dell’immensa fortuna che arrise all’opuscolo, primo vero fenomeno editoriale nella storia della stampa.
Parallelamente ai Mirabilia cominciarono ad apparire le Indulgentiae, e come i primi non erano soltanto descrizioni di Roma, così queste non si limitavano a fornire ai pelle page 45 grini notizie di carattere devozionale. Infatti, dopo le prime edizioni di poche carte contenenti elenchi delle principali chiese e istruzioni per lucrare i benefici spirituali, le Indulgentiae si ampliarono con l’inserimento di più chiese e pratiche di culto ma anche allargando la parte storica e periegetica⁑ dapprima con la materiale aggregazione dei Mirabilia, quindi assorbendoli e accrescendone il contenuto fino ad avere opuscoli di 52-60 carte e anche più. Come si è visto, Schudt ne registra parecchie e inaugura lodevolmente con esse — mancando nella quasi totalità il nome dell’autore — l’uso di indicarle semplicemente Indulgentiae [ecclesiarum urbis Romae] correggendo così un altro modo di intitolarle, adoperato ad esempio nel citato Catalogo del British Museum, ma recentemente anche da Miedema, cioè Historia et descriptio urbis Romae che non trova riscontro in alcun esemplare conosciuto. Tra l’edizione al n. 1 di catalogo (di 8 carte, 1475) e la n. 2 (di 52 cc. ma altrove registrata con 60 cc. per l’aggiunta di un Mirabilia [V. sch. 5] si avverte un salto di 14 anni, durante i quali altri repertori schedano sei Mirabilia e cinque Indulgentiae. Questo rilievo permette di evidenziare un fatto certamente non casuale: che lo Schudt, almeno in questa prima parte del suo lavoro, scheda soltanto edizioni recanti l’anno di pubblicazione, e ciò per motivi che si possono solo ipotizzare. Ad esempio la scheda n. 2 del suo catalogo è la prima Indulgentia in latino datata (1489) del tedesco Stephan Plannck, «il più prolifico degli stampatori di Roma nel sec. XV»⁑, attivo dal 1480. Impossibile pensare che in nove anni egli non abbia pubblicato alcun’altra delle edizioni più popolari e più richieste del momento; e infatti Miedema segnala del Plannck per quegli anni, quasi sempre senza incertezze, cinque Mirabilia e tre Indulgentiae non datate. Quanto alle impressioni precedenti non schedate — che tuttavia toccano la questione della completezza — lo Schudt vi dedica solo un cenno in nota⁑.
La nota 36 del suo testo rivela un’omissione più grave che è difficile spiegare con la sola assenza di una data certa. Riguarda un edizione tedesca di grande importanza e rarità che, pur mancando allo Schudt, è stata ugualmente inserita nel Catalogo ragionato al termine del presente lavoro [V. sch. 7]. Si tratta di un libro silografico⁑ contenente Mirabilia e Indulgentiae insieme in 92 carte non numerate, equivalenti a 184 pagine stampate da matrici in legno interamente intagliate a mano. Per più di un secolo famosi bibliografi hanno discusso in particolare sull’anno di pubblicazione, a cominciare dal Cicognara che inizialmente propendeva per una data anteriore all’invenzione della stampa page 46 ma poi, trovatosi di fronte all’esemplare della Staatsbibliothek München, dovette «ammettere l’esistenza di parecchi Xilografi anche molti anni dopo l’uso divulgatissimo delle stampe in torchio coi metodi in uso al presente»⁑. La datazione più attendibile fu in seguito proposta al 1480 circa, e l’opera riconosciuta come la prima edizione in assoluto che riunisca Mirabilia e Indulgentiae. Ne esistono al mondo solamente cinque esemplari completi e Ludwig Schudt, che era di casa alla biblioteca di Monaco, molto probabilmente ebbe tra le mani quello ivi conservato ma non lo schedò limitandosi a citare, alla nota 36, il facsimile stampato a Berlino nel 1904 a cura di R. Ehwald.
Con l’edizione latina delle Indulgentiae Plannck 1489 [V. sch. 5] comincia la descrizione di alcuni tipi di guida che caratterizza il saggio dello Schudt. In questo caso particolare egli trascrive anche testualmente un lungo brano iniziale in latino a carattere storico riguardante Roma antica; ma è più interessante l’illustrazione della seconda parte dell’opuscolo con l’elenco delle chiese menzionate (nella fattispecie 87) e l’itinerario suggerito al pellegrino per la visita di esse. Procedendo nell’esame delle guide questo elenco diventerà sempre più ricco, si allargherà ai palazzi e ad altri monumenti, e sarà sempre più puntigliosa da parte dell’Autore la ricerca degli elementi utili per il suo discorso sul Barocco. Tuttavia inizialmente ci si deve accontentare di qualche informazione aggiuntiva sulle reliquie, le indulgenze, sulla fondazione di una chiesa o particolari minori. Alla nota 38 sempre del testo introduttivo ne viene data una lunga lista esemplificativa e lo Schudt si trova a dover mestamente concludere che «il valore delle Indulgentiae per la storia dell’arte non è particolarmente alto»: ma neppure in questo tipo di guide, come già nei Mirabilia, si può trovare quello che non possono dare.
page 47Al termine del paragrafo sulle edizioni più antiche l’Autore spende alcune parole per le illustrazioni, tutte silografiche, inserite fino a questo punto negli esemplari esaminati. Un’esigenza di decorazione si avverte fin dal principio con quegli spazi bianchi lasciati molte volte dallo stampatore a lato delle prime righe di testo per collocarvi le iniziali. Queste si possono, raramente, trovare anche miniate sull’esempio dei manoscritti medievali, ma più di frequente gli spazi ospitano al centro le cosiddette lettere-guida dello stesso carattere del testo. Successivamente quei vuoti cominciano ad essere riempiti con l'iniziale in carattere tipografico maggiore che può essere usata in altri punti del testo (come capiterà regolarmente fino ai tempi moderni), ma che spesso cederà il posto a un’iniziale silografica sempre più grande ed elegante. E presto, già nelle edizioni antiche, apparirà pure silografato lo stemma del pontefice regnante di solito affiancato a quello di un imperatore, e per le guide stampate a Roma anche allo scudo della città con la fatidica scritta S. P. Q. R. Questi stemmi saranno preziosi per la datazione degli esemplari privi dell’anno di stampa e dureranno per molto tempo; poi sopravvivrà a Roma, impresso da solo nei frontespizi, quello del papa che a sua volta lascerà il posto all’arme di qualche cardinale o dignitario e finalmente alla marca tipografica. È un processo che riguarda un po’ tutta l’editoria, e non solamente la romana.
Quanto alle vere illustrazioni — alle quali, pur nelle poche righe del capoverso, lo Schudt ha dedicato più spazio che in tutte le sue schede — sembra accertato che il primo page 48 ad esserne ornato sia stato proprio il libro silografico tedesco di cui si è appena parlato, databile al 1480 circa. Al verso della carta (1) — ma, in un altro esemplare, al recto dell’ultima carta — sono raffigurati due angeli che reggono il Sudario con il volto di Cristo detto «Veronica» e sotto tre stemmi: a sinistra chiavi incrociate, al centro l’arme di Sisto IV e a destra della città di Roma. Al verso della seconda carta non num. si vede Rea Silvia effigiata come una regina che prega inginocchiata dentro un tempietto, con accanto la lupa che allatta Romolo e Remo sullo sfondo di una città turrita, che simboleggia Roma, e di una selva. Al recto della carta (3) inizia il testo con una grande «R» entro un tralcio fiorito sotto un nuovo triplice stemma sormontato da una tiara. Un’altra silografia è al verso della carta (27) con l’ostensione del sacro Volto a una folla di pellegrini oranti. Sono queste, con le opportune varianti dovute all’anno di pubblicazione, alcune delle immagini che vengono puntualmente riprese nelle successive guide figurate, in particolare l’ostensione della Veronica e ancor più Rea Silvia⁑. Nell’originale la madre dei leggendari gemelli è rivolta verso destra, quindi le silografie che la ritraggono rivolta a sinistra sono copie in controparte. Un caso a sé sono le illustrazioni di Martino d’Amsterdam collaboratore di Johann Besicken per molte delle sue posteriori Indulgentiae. Entro le sue ricche cornici incise Martino riprende il tema di Rea Silvia orante, ma il suo prototipo la vede rivolta a sinistra — quindi rovesciata rispetto all’originale — e agli angoli della cornice si leggono correttamente S. P. Q. R. e il monogramma I. M. I. S. (sciolto da Max Joseph Husung⁑ così: le prime due lettere sarebbero le iniziali di Ioannes e Martinus, le seconde due ancora di Ioannes e di Sigismund Mayr, altro collaboratore del Besicken). Di conseguenza le copie in controparte di queste Indulgentiae, spesso molto modeste, vedono Rea Silvia rivolta a destra e le scritte nelle cornici riprodotte addirittura all’incontrario.
Sarebbe interessante fare la storia delle illustrazioni che ornano le più antiche guide di Roma. Un altro episodio — che dimostra quanto si potrebbe scrivere sull’argomento — è quello che prende il nome dal Maestro dell’Esopo di Napoli. Era questi un silografo forse di origine nordica che illustrò la vita e le favole di Esopo in una famosa rara edizione uscita a Napoli per Francesco del Tuppo nel 1485. Egli passò poi a Roma in seguito alla crisi dell’editoria partenopea che si aperse nel 1492 e culminò con la morte di re Ferdinando I nel gennaio 1494. Trovando in un Mirabilia del 1494 di Johann Besicken copie «libere e rozze» di silografie del Maestro, il bibliografo Lamberto Donati⁑ ipotizzò che le sue incisioni fossero «uscite a Roma prima del 1494 in un Mirabilia perdutosi». Non si era invece perduto: chi scrive le ha riconosciute nell’edizione latina del 31 ottobre 1492 e in quella italiana molto probabilmente dello stesso anno [V. sch. 8] entrambe stampate a Roma da Stephan Plannck che ne fece un’altra ristampa il 14 marzo 1496. Le tre Indulgentiae sono registrate dallo Schudt ai numeri 7, 11 e 50 di catalogo ma senza alcun page 49 commento né sulle illustrazioni né sul loro autore. Sono tra le silografie più belle di tutte le guide dell’epoca e con esse appariva per la prima volta quel gruppo di immagini che si sarebbe ripetuto per decenni — con legni di autori diversi e piccole varianti, ma quasi sempre nella stessa sequenza — nelle Indulgentiae di tutti gli stampatori operanti a Roma. Raffiguravano S. Giovanni, S. Pietro, S. Paolo, la Madonna, S. Lorenzo, S. Sebastiano e Cristo con gli strumenti della Passione (o Cristo crocifisso), corrispondenti nell’ordine alle sette chiese principali che il romeo doveva visitare per ottenere la remissione dei peccati.
Le Guide di Roma Fonti di storia dell’arte nel ’600
Con la Descritione de le Chiese del Palladio [V. sch. 18], oltre alle anticipazioni topografiche che sarebbero state recepite nelle guide posteriori, comincia anche la citazione delle cose d’arte rintracciabili nel nuovo itinerario⁑. Schudt non manca di metterle in rilievo, soffermandosi poi, in alcune Cose Maravigliose in italiano e spagnolo degli anni 1557-1562, sui curiosi interventi di un «Schakerlay Inglese» con la sua Guida romana che resterà poi a lungo nelle successive edizioni. Altrettanto singolare è a questo punto il modo in cui viene in page 50 tradotto un personaggio di riguardo nel panorama delle guide di Roma. «In primo luogo l’editore: si tratta di un certo Girolamo Franzini di Venezia...»⁑. Secondo Il grande Dizionario Garzanti della lingua italiana questa forma seguita «da un nome proprio, designa una persona poco o per nulla conosciuta». Ma nel 1588 — data delle sue prime guide romane — il Franzini o Francino (1537-1596), nativo di Brescia, era tutt’altro che uno sconosciuto. Editore e libraio, già attivo a Venezia, dal 1570 è documentato a Roma dove continuò nell’impresa in parallelo con la città lagunare, collaborando anche con lo stampatore Giovanni Varisco e suo figlio Giorgio. Il 1588, anno del Giubileo straordinario indetto da Sisto V, segnò il suo exploit editoriale. Oltre alle Cose Maravigliose pubblicò, sempre nella bottega di Venezia ma pensando alla sua libreria di Roma, una pregiata edizione delle Stationi, L’Antichità di Roma del Palladio (unite alle Cose), una riedizione della Urbis Romae topographia del Marliano importante per le aggiunte di Girolamo Ferrucci, e infine L’Antichità di Roma di Andrea Fulvio: le ultime due opere sono schedate nella sezione del libro sugli «antiquari».
Lo Schudt non risparmia elogi a questa impressione del Franzini [V. sch. 24] «per la sua grande rilevanza sull’evoluzione ulteriore delle guide», ma non nomina qui la persona alla quale probabilmente dovrebbe andare il merito principale, quel frate eremita di S. Agostino e professore di teologia Santi (o Sante) Solinori da Monte S. Savino autore altresì, lo stesso anno, del più ampio lavoro sulle Stazioni di Roma apparso fino a quel momento [V. sch. 120], e che avrebbe continuato a lavorare per l’editore alcuni anni ancora⁑. Si diffonde anche un po’ sulle illustrazioni silografiche — cosa, come si è visto, piuttosto insolita per lui — ma più che per la qualità, per la quantità (sono complessivamente 93, non 91) e per il fatto che si tratta del primo esempio di guida figurata dopo le poche immagini devozionali incontrate nelle Indulgentiae. Non dice tuttavia che sono state incise dallo stesso Franzini e che rappresentano soltanto chiese, né che 47 di esse finirono poi nelle Stationi, e neppure che per le edizioni 1588 del Marliano e del Fulvio l’editore ne intagliò altre 89 di antichità varie. Quanto alla qualità, è stato detto che queste piccole silografie non hanno un grande pregio dal punto di vista artistico; hanno però senza dubbio il merito di restituire l'aspetto di molte chiese di Roma prima degli interventi di epoca barocca. Inoltre non tutti sono d’accordo sul loro valore; ad esempio il Cicognara ne scrisse così: «In questa edizione le fabbriche intagliate in legno sono elegantemente eseguite, e le meglio disegnate d’ogni altra Guida»⁑. I legni del Franzini illustrarono le guide di Roma per più di un secolo, passando da uno stampatore all’altro, ma ne page 51 approfittò per primo l’Autore stesso raccogliendole già nel 1589 in ben quattro volumetti senza testo, a sé stanti⁑.
Con Pietro Martire Felini iniziano le opere nelle quali, dice Schudt, «l’interesse per i monumenti, che nelle guide del 1588 e anche del 1600⁑ era ancora assai scarso, diventa prevalente». Anzitutto un’osservazione preliminare di carattere bibliografico. Alla nota 44 del suo page 52 testo introduttivo, relativa all’edizione Zannetti 1610 con meno pagine, l’Autore afferma che il Felini avrebbe pubblicato per prima questa guida, e lo ribadisce nel commento alla scheda 173 del suo repertorio dove annota: «Prima edizione del Trattato Nuovo senza illustrazioni, di grande rarità». È un errore: prima edizione è quella riccamente figurata (Schudt 174) uscita sempre nel 1610 per lo stesso stampatore. Fu proprio quest’ultimo a volerne una ristampa più «economica». «È parso bene — scrisse infatti Zannetti nella prefazione — di nuouo mandare in luce la detta opera senza figure... acciò chi non hà comodità di comperare la detta opera figurata, possi applicarsi per minor spesa à questa». E il Felini, nella prefazione alle Antichità, confermava: «Essendo hora finito di porre in luce il Trattato nuouo... & ornato tutto de belle & honorate figure... ». Non è neppur vero che l’edizione «economica» sia del tutto priva di figure; lo è alle Antichità, tranne la vignetta «Alma Roma», ma nella prima parte dopo la stessa vignetta al frontespizio e un’altra raffigurante la Chiesa trionfante vengono nel testo altre dieci silografie, non grandi ma piuttosto belle, poste all’inizio della descrizione di ognuna delle nove chiese principali; la decima è per S. Maria del Popolo, già aggiunta da Sisto V per favorire i pellegrini in alternativa alla chiesa di S. Sebastiano troppo fuori città.
Era comunque logico che nella sua trattazione lo Schudt seguisse l’edizione maggiore [V. sch. 27], che conta 436 pagine numerate con 232 figure piuttosto che l’«economica» con sole 245 pagine e poche figure. Egli ha così modo, ad esempio, di evidenziare un nuovo capitolo sulle statue antiche di Roma illustrato da 23 silografie, due delle quali tuttavia raffigurano Sisto V e il Mosè di Michelangelo. Quanto al resto, si diffonde sulle «modifiche sostanziali» all’itinerario suggerito per la visita alle chiese, che diventerà regola per le guide successive, e per i monumenti non trova da segnalare altre «novità» se non quelle registrate in alcuni sacri edifici. D’altronde Pietro Martire Felini, cremonese (1565 ca.-1613), era un religioso appartenente all’ordine dei Servi di Maria e per quattro anni, dal 1606 al 1610, era stato priore di S. Maria in Via a Roma. Oltre alle numerose edizioni in più lingue del suo Trattato, di lui sono citate soltanto due opere di carattere devozionale che confermano i suoi essenziali interessi, una Guida spirituale per le più principali & frequentate devotioni dell’alma città di Roma (1608), schedata anche dallo Schudt al n. 506, e Le Nove Chiese privilegiate, e principali della città di Roma (1610), registrata in poche bibliografie. Singolare in ogni caso la sua page 53 personalità, come giustamente fa notare lo Schudt introducendone il capitolo. Nella dedica dell’opera si riscontra infatti un misto di spirito caustico e di forte stima di sé. Avendo avuto fra le mani un esemplare delle Cose Maravigliose (non dice di quale edizione) Felini lo trovò subito «assai imperfetto, sì per le molte scorrettioni, come perché mancauano più della metà del soggetto stesso, à talche è stato necessario rinouarlo quasi tutto...», a cominciare naturalmente dal titolo, Trattato nuovo..., che non è privo di una certa punta polemica.
Proseguendo nella sua ricerca volta a individuare nelle guide romane qualche contributo per la storia dell’arte, Schudt incontra nel ‘600 ormai inoltrato due autori — Gaspare Celio e Giovanni Baglione — che lo interessano in modo particolare (di un terzo all’incirca dello stesso periodo, Giulio Mancini, si era occupato precedentemente come si è visto, pubblicando il suo manoscritto inedito e perciò non registrato in catalogo). Quello del Celio è uno dei nomi più citati nel testo introduttivo alle Guide di Roma. In vari punti lo Schudt ne parla come di uno che aveva contribuito a iniziare un processo di sviluppo nello studio di Roma durato oltre un secolo; e ancora come un protagonista della fase caratterizzata dall’«accendersi del vivace interesse per gli avvenimenti artistici». Ma quando poi si arriva al capitolo che riguarda la Memoria... Delli nomi dell’Artefici delle Pitture, che sono in alcune Chiese, Facciate, e Palazzi di Roma [V. sch. 40] si rimane sconcertati e anche un po’ delusi per la severità dei giudizi, qualcuno anche ingiusto, con cui Schudt commenta l’opera. Questa uscì nel 1638 per i tipi dello stampatore Scipione Bonino di Napoli che la pubblicò senza il beneplacito dell’Autore e forse con qualche aggiunta d’altra mano. Probabilmente per farsi perdonare, il Bonino antepose alla Memoria la dedica del Celio all’amico Giovan Vittorio de Rossi, autorevole prelato romano e buon latinista, con cui il libro circolava manoscritto dal 1620 (la data è riportata nella stessa dedica)⁑.
L’opera era stata dunque composta più di vent’anni prima delle Vite del Baglione, che ne erano in certo qual modo un seguito, e precedeva di un lustro anche il Viaggio per Roma del Mancini, quindi aveva senza dubbio il pregio della novità. Ma lo Schudt trova che le sue indicazioni «sono generalmente carenti», in realtà soltanto «brevi cenni», che «le sue osservazioni... sono spesso sbagliate», tanto da concordare con la critica del Baglione di essere un lavoro «pieno di errori». Che abbia degli errori non solo di attribuzione ma soprattutto di stampa è un fatto, ma si deve tener presente che il manoscritto non era stato più rivisto dall’autore⁑ e che è nota la scarsa cura tipografica talora riscontrabile nelle edizioni napoletane seicentesche; e anche gli errori di stampa furono a lui rimproverati. Il Celio stesso preveniva queste critiche nella sua dedica al de Rossi: «Lasciando io di avvisare quello, che più bello sia tenuto nelle opere, darò solo notitia delli artefici, li quali con il nome portano seco il proprio valore...». Si proponeva cioè di elencare le page 54 opere di pittura esistenti in un certo numero di monumenti di Roma (soprattutto chiese, ma anche alcuni palazzi e facciate) senza aggiungere giudizi critici. Essendo anch’egli pittore — e buon pittore, malgrado poche opere sue siano rimaste — esprimere giudizi sugli artisti avrebbe potuto nuocergli, talché per lui più che le opinioni valevano le esclusioni: e il Baglione, che non si vide citato, non glielo perdonò. La guida del Celio ebbe dei meriti che lo Schudt alla fine non sembra riconoscere. Carlo Lozzi nella sua bibliografia⁑ annotava: «Molto interessante, perché la più parte delle pitture, segnatamente esterne, qui accennate, non esistono più». E recentemente Emma Zocca (vedi nota 69): «È importante... perché costituisce la prima guida propriamente artistica di Roma dopo i Mirabilia». Notevole, tra gli altri meriti, la posizione che il Celio assumeva nei confronti di certi restauri pittorici del suo tempo, che giudicava una violenza fatta agli autori delle opere «ritoccate».
Le nove Chiese di Roma di Giovanni Baglione [1639, V. sch. 41] sono senza dubbio una risposta alla Memoria di Gaspare Celio, suo rivale in pittura e ora anche come scrittore d’arte. Non si deve aspettare molto per rendersene conto, perché già nelle prime righe della dedica al card. Francesco Barberini egli motiva il suo lavoro «per cagione di molti errori, che da malintendenti fin’hora sono stati scritti...»: e non c’è nessuno che non vi abbia letto un preciso riferimento al Celio. Sorprende invece che il Baglione, più anziano di lui di qualche anno, abbia atteso tanto tempo per rispondere al libretto dell’avversario uscito sì nel 1638, ma che come si è visto circolava manoscritto fin dal 1620. C’è comunque da esser grati a questa polemica che ha consentito alla letteratura topografica romana di arricchirsi di un’opera che rispondeva non solo ai desideri di un pubblico colto, i cui interessi oltrepassavano ormai quelli più strettamente devozionali, ma anche alla necessità di page 55 una maggiore conoscenza di un particolare capitolo della storia artistica di Roma. «Per la ricchezza e la completezza delle notizie il volumetto... entra a pieno diritto nel campo della letteratura artistica, confermandosi tuttora un testo insostituibile tra le fonti seicentesche per la storia dell’arte». Rispetto alla Memoria del Celio esso è «non solo incomparabilmente più ricco e completo — non un semplice elenco di nomi e di dati, bensì un’opera di interesse letterario, oltre che storiografico — ma soprattutto assai più documentato, attendibile ed obbiettivo»⁑. Lo Schudt dedica invece al Baglione solo poche righe, pur citandolo in vari punti del suo testo introduttivo, e altrettante ne assegna al lavoro principale e più famoso di questo Autore, Le vite de’pittori, scultori et architetti dal Pontificato di Gregorio XIII del 1572 in fino a’ tempi di Papa Urbano VIII nel 1642, pubblicato a Roma in quello stesso anno. Quasi una guida, stesa «in forma di itinerario che copre l’arco di cinque giorni», dice Schudt: ma le Vite non trovano posto nel suo catalogo.
Il Viaggio per Roma rimasto inedito e le guide del Celio e del Baglione non più pubblicate dopo la prima edizione dimostrano, secondo Schudt, che il grande pubblico dell’epoca non mostrava soverchio interesse per quelle opere. Probabilmente i comuni lettori, da sempre abituati a un tipo di pubblicazione più tradizionale, non erano ancora preparati a recepire in questo campo il nuovo. Ma in poco più di trent’anni tale atteggiamento si sarebbe capovolto, con la piena accettazione del lavoro di Filippo Tiri e delle sue molteplici edizioni, vere e proprie guide quasi esclusivamente artistiche. Occorreva intanto una certa dose di coraggio per proporre un’opera originale che avesse però l’aspetto di un qualcosa già visto e accettato. È quello che fece «un compilatore che risponde al nome di un non meglio identificato Pompilio Totti» come ama scrivere Ludwig Schudt, il quale inizia a parlare di lui sottolineandone appunto il coraggio, come appare dalla prefazione al Ritratto di Roma moderna [V. sch. 43] laddove il Totti — spiegando di aver voluto completare la descrizione della città dopo due edizioni dedicate a Roma antica — dichiara: «Hò pigliato dunque quest’ardire...».
Sono vari i motivi che permettono di dissentire dall’approccio al Totti da parte dello Schudt. Anzitutto la definizione di «compilatore». Chiamarlo così significa aver sottovalutato la sua esplicita dichiarazione di «mia Opera» fatta per la parte antica alla dedica e per la moderna alla prefazione. E quando Totti si riferisce alle fonti consultate o all’«aiuto particolare di Persona intendente, & erudita»⁑, manifesta lo scrupolo di un autore se page 56 rio che si documenta e chiede consiglio, non di un «redattore» che mette insieme le opinioni altrui. In secondo luogo quella qualifica di «un non meglio identificato». Pompilio Totti non era uno qualsiasi nel panorama culturale e dell’editoria romana del tempo. Nato a Cerreto nell’Umbria attorno al 1590, si era trasferito giovane a Roma mettendosi presto in luce come libraio («in Nauona») e incisore, e collaborando con alcuni dei più noti stampatori del momento, dapprima Andrea Fei, in seguito Giacomo e Vitale Mascardi, i Facciotti, Bernardino Tani, Francesco Cavalli. Come editore egli aveva pubblicato testi ecclesiastici, poetici, di teatro e monografie di buoni autori, tra cui un Marliano del 1622 e le due prime rare edizioni della vita di Cola di Rienzo (1624 e 1631). Come scrittore sembra che abbia trattato soltanto di Roma antica e moderna, e lo fece così bene da meritare di essere citato da Ludwig von Pastor come «topografo»⁑. Terzo motivo di dissenso, l’avere lo Schudt iniziato a parlare di lui dall’edizione di Roma moderna del 1638 anziché dal Ritratto di Roma antica uscito undici anni prima e appena citato nella sezione sugli scrittori di cose antiche; pur senza dimenticare che, alla continua ricerca di tracce utili alla storia dell’arte più recente, Schudt privilegiava la parte moderna delle guide.
Dal Palladio in poi furono poche le guide di Roma in cui una parte non fosse dedicata alle antichità, anche se queste pagine spesso avevano una propria numerazione, formando però sempre volume unico⁑. Pompilio Totti fu il primo a ideare un’edizione in due volumi distinti, ma che si completavano a vicenda, malgrado avesse lasciato passare tra l’uno e l’altro tanto tempo, durante il quale aveva pubblicato una nuova edizione della Roma antica e un saggio della moderna dal titolo Ristretto delle Grandezze di Roma [V. sch. 42]. Ma le novità stavano già nel primo volume, a cominciare dall’apparato illustrativo in rame. Le incisioni calcografiche erano da tempo in uso nell’editoria romana, ma più per i libri di storia o d’architettura che per quelli topografici, e in formato maggiore rispetto a quello ridotto delle guide. Per il ’500 basterà ricordare le edizioni del Labacco, le vedute dello Scamozzi, la raccolta in-4° di Louis de Montjoseu (Demontiosus) o le molte tavole del Boissard a cavallo dei due secoli; e per il primo ’600 l’opera di Giacomo Lauro, il piccolo album del Custos o quello di Giacomo Crulli Marcucci. Ma anche tra le guide il rame si era affacciato nella seconda metà del XVI secolo con vignette incise ai frontespizi come nel Pientini del 1577 o nelle Stazioni dell’Ugonio del 1588 con uno stemma al titolo più un ritratto fuori testo. Uso che proseguì nel XVII con il Rycquius (1617), il Torrigio (Le Cose Maravigliose del 1618), il Marliano del 1622 edito come si è visto proprio dal Totti con una piccola pianta di Roma e Andrea Mariani con una bella antiporta nel 1625.
Pompilio Totti ebbe dunque anche il pregio di utilizzare per primo sistematicamente le incisioni nelle sue guide, e lo fece nel 1627, poi di nuovo nel 1633 e nel 1638, ma non nel Ristretto del 1637 dove si limitò al frontespizio in rame. Lo Schudt invece, sotto page 57 questo aspetto, ignora le due prime edizioni e lascia quasi intendere che la «felice idea dell’Autore... quella di sostituire le vecchie silografie» gli fosse venuta solo con il Ritratto di Roma moderna. Corre quindi l’obbligo di segnalare che probabilmente il Totti non ebbe nemmeno la soddisfazione di vedere pubblicata questa guida. Non è noto l’anno della sua scomparsa, ma la dedica datata 18 novembre 1638 e firmata dal figlio Lodovico, il quale dichiara di aver voluto «(ancorché giouinetto)» far stampare l’opera — forse ancora non del tutto rifinita — dà ragionevole motivo di ritenere che a quella data il padre fosse già morto. Restano le sue guide innovative pienamente meritevoli dell’elogio dello Schudt che non si può non sottoscrivere, e le incisioni che le illustrano, probabilmente non di sua mano ma certo ispirate da lui. L’originale antiporta della Roma antica con il titolo abbreviato reca tuttavia la sua sottoscrizione «P. T. fe.»; seguono ben 129 figure in rame numerate soltanto fino alla 101. Alquanto singolare il corpus illustrativo della Roma moderna che presenta, senza contare le molte silografie, il frontespizio e 81 tavole in rame nel testo, in gran parte provenienti dall’edizione 1627 e quindi con immagini dell’antichità. A completare la parte figurata venne in aiuto il celebre Luca Ciamberlano il quale lasciò il proprio monogramma al frontespizio inciso, che qui sostituì quello a stampa, e a qualche altra tavola; le sue illustrazioni — statue, ville e vedute — sono piuttosto belle e, anche quando non siglate, riconoscibili. Il calcografo della Roma antica aggiunse alcuni palazzi e chiese. Le guide del Totti continuarono ad uscire per sessant anni senza più il suo nome ma con uguale titolo e le stesse figure raramente variate, dapprima a cura di Filippo page 58 de’ Rossi (che nell’edizione 1654 ebbe l’impudenza di trascrivere tale e quale, come propria, la prefazione del 1627, già ripresa legittimamente dal Totti nel 1633), poi di Michelangelo de’ Rossi, la cui prima impressione è del 1688 per entrambi i volumi, mentre Schudt e altre bibliografie danno a questa data solo il Ritratto di Roma antica. All’apparenza, benché a volte pubblicate lo stesso anno, potevano sembrare edizioni separate: solamente dal 1707 l’opera figurerà unica, con l’indicazione di Tomo I. e II. al frontespizio dei due volumi.
Le Guide di Roma Un manuale artistico lungo 90 anni
Già nella ripresa del Totti operata nel 1688 da Michelangelo de’ Rossi lo Schudt rilevava l’influenza di un altro protagonista delle guide romane del Seicento, importante per le fonti della storia dell’arte barocca. Si chiamava Filippo Titi ed era nativo di Città di Castello. Marco Lattanzi, in un recente saggio bio-bibliografico apparso nell’edizione comparata dello Stvdio di Pittvra, Scoltvra, et Architettvra... ⁑, rilevando la scarsità di notizie sull’Autore, cita in nota «l’unico repertorio» che fino ad oggi ne abbia parlato, cioè l’Indice del Dizionario di Gaetano Moroni⁑, ene riporta le scarne informazioni. Ma queste erano tratte di peso, e per giunta ridotte, dalla prefazione all’ultima edizione (1763) dell’opera, pubblicata quando il Titi era già morto da sessant’anni. «L’Abate Filippo Titi — scriveva infatti lo stampatore — gentiluomo, e canonico di Città di Castello, e protonotario Apostolico, benché avesse atteso alli studj della Legge, pure da giovane s’era dilettato del disegno... Perloché gli rimase sempre un forte genio a questa bell’arte, e qualche intelligenza della medesima. Onde stando in Roma, pensò di far cosa grata e ai Romani, e ai forestieri, col fare quasi un Indice, o Inventario di tutte le produzioni delle tre belle arti, che in Roma si trovano sparse, con indicarne i nomi degli artefici...». Lo stampatore proseguiva con la storia del libro nelle sue varie impressioni, cominciando però da quella del 1686. Non è molto, ma ora le ricerche condotte dal Lattanzi nell’Archivio Vescovile tifernate hanno consentito di «ricostruire quasi completamente la biografia dell’autore». Una delle risultanze più importanti dell’indagine è senza dubbio relativa all’anno di nascita (1639), ma soprattutto di morte del Titi (1702), mentre già nel Moroni e fino a repertori anche recenti quest’ultima data era ipotizzata attorno al 1720, vigilia cioè della penultima edizione dello Stvdio. Altro interessante dato biografico emerso — che peraltro riguarda me page 59 no da vicino il presente lavoro — è la perizia dell’abate come disegnatore e talvolta incisore di piante, mappe e vedute del territorio castellano, attività di cui egli si servì per mettersi in luce presso l’establishment locale, ma in particolare presso il cardinale Gasparo di Carpegna che sarebbe diventato suo protettore e al quale avrebbe dedicato le prime edizioni.
Di fronte all’opera innovativa di Filippo Titi [V. sch. 50] lo Schudt non si pone problemi di carattere biografico, né filologico. Secondo il solito, egli anzitutto prende in esame l’itinerario che l’Autore suggerisce per la visita, senza però segnalare sufficientemente che non si tratta più di una guida di tipo tradizionale, ma di un vero e proprio catalogo sistematico delle opere d’arte esistenti principalmente nelle chiese romane, quasi un servizio reso al cardinale Carpegna — come dice la dedica del 1674 — preposto da Clemente X alla tutela dei beni artistici dello Stato pontificio. Dopo aver posto in rilievo un elemento ormai acquisito dalla critica, vale a dire il carattere laico e non più devozionale del lavoro del Titi, segno dei tempi nuovi e del nuovo interesse del pubblico colto per l’arte, Schudt accenna alle sue fonti, anzitutto il Celio del quale l’abate condivide il distacco cri page 60 tico con cui registra le opere, quindi le Vite del Baglione quasi rimproverandogli di averlo spesso riportato «letteralmente fin nei minimi dettagli». Si può non essere d’accordo con lui quando afferma che il Titi «non aveva inteso scrivere un trattato scientifico» (lo contraddicono le dichiarazioni contenute nelle dediche e nelle prefazioni, l’indice dettagliato degli artisti citati, posto per la prima volta al termine dell’edizione 1686, e lo scrupolo con cui l’Autore tese alla completezza del suo catalogo, che gli costò «lunga fatiga», «lo studio di molti Autori» e nessun «risparmio à diligenze ben grandi»); ma si deve convenire con lo Schudt nel riconoscergli il merito singolare di aver voluto restringere la sua attenzione alle opere del tardo Rinascimento e del Barocco, diventando così un testimone eccezionale dell’arte del suo tempo.
Non altrettanto purtroppo si può dire riguardo alla descrizione che egli fa della storia di quest’opera che — per la sua importanza e per il successo incontrato, quasi un secolo di ristampe! — è possibile definire un vero e proprio caso editoriale. Certamente le notizie emerse di recente e di cui si è parlato più sopra permettono di chiarire meglio l’intera vicenda; ma è un fatto che lo Schudt, pure molto vago sulla biografia del Titi, sembra incline a riconoscere il suo diretto intervento in tutte le edizioni, tranne ovviamente l’ultima. Adesso invece si sa che egli ne curò personalmente soltanto due, quelle del 1674 e del 1686, dovendosi considerare una contraffazione quella uscita a Macerata nel 1675. Si è detto della laicità di questa pubblicazione: non sembri comunque né strano né contraddittorio che l’occasione per la prima uscita sia stato proprio l’approssimarsi dell’Anno santo 1675, com’è esplicitamente dichiarato nella dedica. Ma è subito evidente che l’itinerario proposto dall’Autore non è quello di tante precedenti guide giubilari; le quattro principali basiliche non vengono trattate di seguito ma sono collocate in punti diversi del libro, e non è nemmeno vero, come dice lo Schudt, che la descrizione delle sette chiese (neppure indicate come oggetto del pio esercizio della «Visita») sia migliore e più ampia rispetto a tutte le altre. Se infatti le pagine dedicate a S. Pietro, con cui naturalmente l’opera comincia, sono 26, e altrettante per S. Maria Maggiore (dove però le cappelle di Sisto V e Paolo V sono descritte a sé come fossero chiese), per S. Giovanni in Laterano scendono a 12, e solo a cinque per S. Paolo fuori le Mura, mentre per le tre rimanenti chiese della «Visita» le pagine non arrivano complessivamente a dieci. Dall’altra parte chiese di recente costruzione o da poco rinnovate sono trattate diffusamente: dieci pagine per il Gesù, altrettante per S. Maria in Vallicella, nove per S. Andrea della Valle, sedici per S. Maria sopra Minerva, e l’elenco potrebbe continuare. In realtà il Titi si propone soltanto di suggerire l’itinerario migliore per la più funzionale ricerca delle chiese nella città, e in esse di descrivere le opere d’arte esistenti, con particolare attenzione per quelle più vicine al suo tempo e alla sua «virtuosa curiosità».
La ristampa contraffatta apparsa l’anno seguente a Macerata per approfittare della concomitanza con il Giubileo procurò all’Autore un forte disappunto che si rese manifesto nella successiva edizione del 1686 [V. sch. 51] da un lato con la protesta per averla pubblicata «senza correttione di stampa, e con mancanza di periodi interi», dall’altro inserendo nelle pagine preliminari, oltre al nulla-osta di stampa, il fitto Privilegio pontificio — richiesto dal Titi a tutela dell’opera — concesso per la durata di dieci anni e che comminava severe pene pecuniarie per chi ne avesse contravvenuto le disposizioni in tutto il page 61 territorio dello Stato della Chiesa. Il frontespizio, che inizia con le parole Ammaestramento Vtile, e curioso di Pittvra, Scoltvra et Architettvra..., è più complesso rispetto al primo del 1674 perché vi sono citate le aggiunte («Palazzi Vaticano, di Monte Cauallo, & altri...») e le novità, come il già ricordato indice «de’ Virtuosi» e un capitolo sul duomo di Città di Castello, ulteriore omaggio al card. Carpegna oltre che alla città natale dell’Autore. Effettivamente questa edizione è più ricca e articolata dell’originale, vi sono più chiese (302 invece di 269), la descrizione di parecchie è più dettagliata, ma l’itinerario da una all’altra è rimasto sostanzialmente invariato. Tanta materia in più a fronte di una paginazione quasi uguale per uno stesso formato: si spiega con l’uso di un carattere tipografico più piccolo e con 32 anziché 25 righe per pagina. Come di consueto, Schudt non parla di illustrazioni; peraltro gli esemplari completi devono avere l’antiporta allegorica in rame con l’arme dei Carpegna e, a fronte di p. l, il ritratto del Titi con il suo stemma nobiliare («Vin. Mariotti sculp. Romae.»).
Le ultime tre edizioni assumono un significato particolare ora che è stata rinvenuta la data di morte dell’abate. Nel 1708 l’editore-libraio Pietro Leone e lo stampatore Gaetano Zenobi rimisero mano all’opera e ne affidarono la cura al letterato romano Francesco Posteria che l’anno prima aveva pubblicato Roma Sacra, e Moderna [V. sch. 62], corposa guida che riprendeva modelli passati e persino tutte le vecchie silografie del Franzini (in parte rifatte), aggiungendovi un’antiporta incisa e otto buone tavole in rame fuori testo. Il Posteria conosceva bene il lavoro del Titi: nelle sue descrizioni delle chiese, giunto a parlare delle opere d’arte, aveva regolarmente parafrasato il testo dell’Ammaestramento arrivando a volte a una pressoché identica trascrizione. Ripubblicandolo ora a sei anni dalla scomparsa dell’Autore, ne rimodificò il titolo in Nuovo Studio di Pittura, Scoltura, et Architettura..., tolse otto delle 24 pagine preliminari lasciando il ritratto inciso, fece ristampare integralmente il testo e la Tavola del 1686 e alla fine unì una sua Nuova aggiunta di 42 pagine con propria numerazione più altre sei di relativo indice, per le opere realizzate nei primi anni del pontifi page 62 cato di Clemente XI. Rimarrebbe da chiarire il problema della variante al frontespizio di questa guida intervenuta nel corso dell’edizione. Mentre lo Schudt registra soltanto la versione che reca il nome del Posterla come autore dell’aggiunta, ne esiste un’altra senza il suo nome, e questa appare tipograficamente ricomposta, pur nell’identità del titolo; varianti anche alle pagine preliminari. Per un tentativo di spiegazione si vedano le ipotesi avanzate da Marco Lattanzi alla citata edizione comparata⁑. L’impressione del 1721, a spese dello stesso editore, riprende l’impianto generale e il frontespizio del 1708 (senza il nome del Posterla), salvo l’inserimento fuori-itinerario di una quindicina di chiese in due gruppi segnalati dallo Schudt, che si distinguono per la mancanza di ogni descrizione di opere d’arte. Per il resto le aggiunte e i miglioramenti del 1708 risultano collocati al loro posto, si notano alcune integrazioni come quella per S. Maria in Vallicella ed è stato eliminato il capitolo sul duomo di Città di Castello. L’interpretazione che il Lattanzi dà dell’antiporta allegorica⁑ è complicata dalla presenza di un titolo parzialmente abraso che affiora sul panno che copre il tavolo della discussione, in basso a sinistra: il segretario...
La storia dell’ultima edizione ancora con il nome del Titi è complessa e non del tutto chiarita [V. sch. 52]. Essa apparve nel 1763 per i tipi di Marco Pagliarini, intitolata Descrizione delle Pitture, Sculture e Architetture esposte al pubblico in Roma. Opera cominciata dall’Abate Filippo Titi.... Già il titolo sottraeva in parte al Titi la paternità del lavoro, che lo stampatore presentava in dedica come «notabilmente mutato da quel che era ai tempi dell’Autore», senza peraltro rivelare chi fosse la «persona intendente, e pratica di queste cose, quanto altri mai» cui era stata affidata la nuova redazione. Questa persona fu il fiorentino Giovanni Gaetano Bottari, illustre letterato e filosofo, cattedratico di storia ecclesiastica a Roma, esperto d’arte, prelato della corte pontificia e bibliotecario vaticano, autore di opere importanti. Il suo nome figura all’ultima pagina solo come firmatario del nullaosta per la stampa, documento che presenta un’anomalia: in alcuni esemplari è datato «primo Gennajo 1747», in altri «primo Novemb. 1763». Si può partire da qui per ipotizzare in sintesi l’iter della riedizione, raccontato per sommi capi dal Pagliarini nell’avviso ai lettori e alle pagine 447 e 448 che precedono le Aggiunte e correzioni (prefazione e nota finale — Nachwort, come la chiama lo Schudt — non attribuibili al Bottari che non avrebbe mai commesso l’errore di definire prima edizione quella del 1686). Una parziale stesura fino a pagina 120, cioè alla segnatura K 4, dovette poi rimanere interrotta per anni, ed è quella cui probabilmente si riferisce l’Approvazione datata 1747, non corretta sedici anni più tardi in una parte degli esemplari. Quando venne ripresa, forse con ulteriori pause (la ristampa «nel corso di circa vent’anni... è stata interrotta più volte per lungo tempo», scriveva lo stampatore), fu a sua volta ricorretta, come dimostrano le pagine composte in diverso ca page 63 rattere tipografico e intervallate in più punti, quindi continuata con questo secondo carattere di stampa e con altro tipo di carta fino a p. 446. Ancora una presumibile interruzione e finalmente l’Aggiunta per le opere d’arte degli ultimi anni (pagine 447-487) pubblicata in fondo al libro allo scopo di non dover ricominciare tutto da capo, per dirla col Pagliarini. Da ultimo l’aggiunta più importante, l’Indice Capitolino, un testo di 55 pagine con propria numerazione, certamente del Bottari che in quegli anni dava in luce i primi volumi in-folio, pieni di tavole in rame, Del Museo Capitolino (1741, 1748 e 1755; il quarto sarebbe uscito postumo nel 1782)⁑, probabile concausa di tanti ritardi. Ma questa è un’appendice autonoma rispetto alla guida in questione.
Malgrado tutte queste vicissitudini e senza parlare del costo dell’impresa («... ci è riuscita di molto maggior fatica, e spesa, che ci saremmo potuti mai immaginare»), l’opera ha conservato la struttura originaria, l’itinerario e l ordine delle chiese sono rimasti in sostanza gli stessi ed è stato ampiamente ripreso il testo del Titi, arricchendolo e talora correggendolo. Programmaticamente tuttavia — com’è detto nella prefazione — sono stati tolti i vecchi apprezzamenti ad opere d’arte e artisti e «molt’altre notizie» contenute nelle edizioni precedenti «come non importanti», in realtà forse per fare spazio alle novità. Sono state qui introdotte infatti alcune nuove chiese e quelle che nel 1721 erano state raggruppate senza ordine in due punti risultano ora collocate al proprio posto; ma soprattutto è stata aggiunta la descrizione — in qualche caso poco più che una citazione — di ben 72 palazzi e una quindicina di ville, materia che prima era stata quasi del tutto trascurata. Inutilmente però si cercherebbe l’illustrazione dei palazzi pontifici, che l’ultima volta occupava una trentina di pagine: a p. 432 lo stampatore, per evitare di dover «aggiungere un altro tomo a parte» solo per es page 64 si, rimanda alla Descrizione del Palazzo Apostolico Vaticano del senese Agostino Taja, da lui stesso pubblicato nel 1750 [V. sch. 214]. Una particolarità della rielaborazione del Bottari è costituita dalle note a piè di pagina che spesso contengono riferimenti a incisori e incisioni raffiguranti opere d’arte citate nel testo. Ricorrono così nomi come Aquila, Bloemaert, Dorigny, Farjat, Frei, Frezza e altri, specie di prontuario calcografico di qualche interesse e utilità. Da segnalare infine, accanto all’elenco alfabetico degli edifici sacri e profani, il doppio indice per nomi e per cognomi, in precedenza unico e reso difficoltoso dall’uso antico di citare per nome gli artisti figurativi.
L’ultima edizione Titi-Bottari non è priva di difetti, che risentono del lungo lavoro di revisione e di aggiornamento, con le numerose interruzioni e i problemi editoriali connessi. Essa comunque rappresenta il coronamento dei propositi iniziali dell’abate di Città di Castello di elaborare per la prima volta un repertorio per quanto possibile completo delle opere d’arte, specie le più recenti, reperibili a Roma — nelle chiese, e alla fine anche nei palazzi e nelle ville — che si è andato man mano arricchendo, ora sistematicamente ora in modo meno ordinato, fino a costituire nelle sue molteplici impressioni un autentico manuale di storia dell’arte lungo novant’anni. «La prima vera grande guida di Roma», così lo Schlosser-Magnino definì l’opera del Titi nel suo complesso⁑; e lo Schudt «insostituibile breviario per i nostri studi».
Le Guide di Roma Due opere «di divulgazione»...
Un altro caso editoriale del Sei-Settecento che in certo modo si avvicina a quello del Titi, ma è più eclatante per dimensioni, se non per qualità, è quello di Fioravante Martinelli. Lo Schudt lo colloca nel capitolo delle guide di divulgazione senza l’intenzione di sminuirlo, al contrario giudicando la sua produzione, con quella di Pietro Rossini, rivolta ai viaggiatori colti ma con poco tempo per la visita della città. Ed effettivamente questi piccoli libri, in particolare alcuni tra i primi e gli ultimi pubblicati a sé e con belle incisioni, si sfogliano e si leggono piacevolmente ancor oggi. Si è detto "dimensioni» non soltanto come ampiezza del fenomeno ma anche, in senso più stretto, come misura dei volumetti che recano il nome del Martinelli, caso unico pure per la varietà del formato delle sue guide che nei quasi 130 anni di vita e almeno 34 impressioni passò dal 24° al 16° al 12° e verso la fine anche all’8°. Più che su questo aspetto senz’altro minore, lo Schudt giustamente si sofferma a lungo sulla novità dell’opera, cioè la suddivisione del «giro» in dieci giornate, il nuovo itinerario suggerito «al Lettore forastiero», con ampia citazione di un passo della prefazione dove l’Autore dichiara le proprie intenzioni e i criteri seguiti nella compilazione. Alla quale si potrebbe aggiungere la seguente, per comprendere la serietà del suo approccio alla materia: «... son certo di non esporre cosa, ch’io non abbia letto appresso scrittori, o vista con li miei occhi, ò sentita da persone degne di fede, o stabilita nella più commun’opinione del pubblico».
page 65Ci sono però alcuni altri punti non sufficientemente illustrati dallo Schudt che meritano di essere approfonditi, in particolare l’apparato iconografico, quando è presente, e l’inclusione della guida in altra opera che allora andava per la maggiore, oltre naturalmente a un po’ di storia dell’edizione. Ma occorre anzitutto dare qualche notizia sul Martinelli. Anche per lui, come già per Filippo Titi, recenti ricerche d’archivio hanno condotto a importanti risultati. Cesare D’Onofrio⁑ ha potuto infatti appurare che la sua morte avvenne nel 1667 all’età di 68 anni (dunque era nato nel 1599) e che era sacerdote, dato biografico conosciuto soltanto perché scritto nell’atto di morte (Gaetano Moroni, che pur di cose ne sapeva, nell’indice⁑ lo cita come «numismatico e archeologo romano»! ). Le notizie sulla sua vita non abbondano, ma si sa che sui trent anni conobbe Orazio Giustiniani della celebre famiglia di banchieri-collezionisti, allora semplice sacerdote e più tardi cardinale, con cui entrò in familiarità e che lo portò con l’incarico di «scrittore» alla Biblioteca Vaticana quando ne divenne primo custode e successivamente bibliotecario capo. Di quei primi anni alla Vaticana sono note alcune sue pubblicazioni sulle chiese romane come S. Lorenzo in Fonte, S. Sisto — con una violenta polemica contro Francesco M. Torrigio -, S. Agata de Subura o dei Goti, mentre altre rimasero manoscritte. Collaborò anche con osservazioni e aggiunte alle Vitae, & res gestae Pontificum Romanorum del Ciacconio. Naturalmente il Martinelli scrisse, in parallelo alla guida, altre opere, parte pubblicate parte rimaste allo stato di manoscritto, come si vedrà più avanti.
Roma ricercata nel suo sito, e nella scuola di tutti gli Antiquarij uscì le prime due volte a Roma presso i Tani nel 1644 [V. sch. 65] e nel 1650 in formato veramente minuscolo, appena cm. 10,5 x 5,2. Alla visita della città suddivisa in dieci giornate, dove le antichità erano descritte insieme con le cose moderne, seguiva una breve Notitia di topografia generale che dava anche informazioni pratiche utili al forestiero; nella prefazione c’era persino una piccola bibliografia (la prima in assoluto per Roma) con l’indicazione delle migliori guide allora reperibili sul mercato: pochi titoli, ma molto ben scelti. Visti i rapporti dell’Autore con il card. Orazio, non poteva mancare la citazione della Galleria Giustiniana, famosa raccolta di statue incise «in doi grossi volumi», né delle opere del Celio e del Baglione da cui egli aveva tratto molte notizie. Una curiosità è costituita dall’unica illustrazione in rame, bianca al verso, che raffigura un’antica seggetta in porfido, forata al centro, tuttora esistente nel chiostro di S. Giovanni in Laterano, un tempo falsamente collegata dal volgo alla leggenda della papessa Giovanna. Il Martinelli dedica alcune pagine, con dotte citazioni, per confutare che quella specie di trono servisse ad accertare il page 66 sesso del pontefice. La «seconda impressione» del 1650 contiene in fine il Racconto dell’Anno Santo, della sua istituzione e cerimonie..., con propria numerazione: sono 48 pagine, non registrate dallo Schudt.
Proprio l’occasione giubilare indusse l’anno stesso lo stampatore padovano Paolo Frambotto a ripubblicare la Relatione della Corte di Roma — che aveva già dato in luce nel 1635 in-4° e poi ristampato nel 1640 in piccolo formato — unendovi per la prima volta un trattato sul cerimoniale pontificio e in fine la guida del Martinelli [V. sch. 66]. Ne sortì una raccolta che prese il nome dal Lunadoro, autore del primo lavoro, cui seguivano Il maestro di Camera di Francesco Sestini e la Roma ricercata nel suo sito, tutt’e tre con proprio frontespizio, numerazione e indice, e senza illustrazioni. Quest’opera composita incontrò grande favore e fu in seguito più volte ripubblicata da vari editori unicamente romani o veneziani, fino all’Ottocento inoltrato; talvolta senza il Martinelli e alla fine con notevoli modifiche dovute al gesuita Francescantonio Zaccaria. Il Frambotto nel 1650 e i successivi editori nel 1660, 1662, 1664, 1671 e 1677 stamparono il Martinelli anche da solo, e questi ultimi con le aggiunte e correzioni introdotte dall’Autore nel 1658. Da notare ancora in queste ristampe il grande disordine nella specifica dell’impressione (l’indicazione ai frontespizi di «quarta» e «quinta» si ritrova più volte per anni diversi). Senza dubbio l’inserimento del Martinelli nel Lunadoro, a parte la sua collocazione quasi in ap page 67 pendice, contribuì alla sua diffusione e longevità; ma si devono anche lamentare la scarsa cura tipografica, con numerosi errori di trascrizione, e la pedissequa ripetitività con cui la guida veniva riproposta. Un’unica variante, che riguarda solo il Lunadoro, fu quella del 1664. Mentre a Venezia ad iniziativa di Gio. Pietro Brigonci usciva una nuova impressione nelle solite tre parti (col Martinelli stampato anche a sé), a Roma i librai-editori Biagio Diversino e Felice Cesaretti pubblicavano presso Fabio de Falco il Lunadoro con il Sestini e al terzo posto, in luogo del Martinelli, un’importante anche se breve Nota delli Musei, Librerie, Galerie... [V. sch. 76] che per molto tempo fece discutere i bibliografi su chi ne fosse l’autore. Fino a che nel 1952 il card. Giovanni Mercati in un suo libro dimostrava definitivamente che l’operina era da attribuire a Giovan Pietro Bellori, il maggior conoscitore, teorico e scrittore d’arte del Seicento romano.
Tornando al solo Martinelli, la reale terza edizione uscì nel 1658 [V. sch. 67], di formato un po’ più grande rispetto alle prime due e con aggiunte e miglioramenti nel testo. In prefazione la piccola bibliografia venne sostituita dal rimando a una più importante che l’Autore aveva inserito nel 1653 in altro lavoro, come si vedrà più avanti. Ma la novità principale consisteva nel corpus illustrativo costituito da un’antiporta allegorica e da sette belle tavole in rame, in maggioranza ripiegate (l’ottava era ancora la vecchia seggetta), opera del valente disegnatore e incisore francese Dominique Barrière che visse a lungo a Roma dove morì nel 1678. Le pagine 421-453 con le preghiere in latino da recitarsi per ogni gradino della Scala Santa non furono più ristampate⁑. Dal 1687 in poi quasi tutte le guide — che anche dopo la morte del Martinelli continuarono a portarne il nome — assunsero il formato in-8° ed ebbero figure silografiche più o meno buone; un caso a parte fu quello dell’edizione 1702 in-12° degli eredi Corbelletti di Roma, ristampata l’anno seguente e, con meno tavole, per l’Anno santo 1725. Fu promossa da un colto libraio, Giusep page 68 pe San-Germano Corvo, e si distingue per una maggiore ricchezza di informazioni di carattere artistico e con aggiunte relative alle nuove opere realizzate o in corso — in quel periodo Roma era tutta un cantiere — dovute presumibilmente alla sua penna. La descrizione di S. Giovanni dei Fiorentini che Schudt sottolinea come lodevole è un esempio un po’ particolare in quanto dell’altar maggiore del Borromini, illustrato per primo nella chiesa, era committente uno dei Falconieri protettori di San-Germano Corvo. In questa edizione la parte iconografica è di prim’ordine: si tratta di 38 incisioni in rame a bulino, fuori testo e in parte ripiegate, del fiammingo Pietro van Siekeleers che alla ristampa del 1703 aggiunse una bella antiporta firmata.
L’opera del 1653 cui si è accennato più sopra è la Roma ex ethnica Sacra... [V. sch. 114] che il Martinelli pubblicò a Roma presso Ignazio de Lazzari editore di guide giubilari. Ma questa, che lo Schudt sembra apprezzare quasi esclusivamente per le iscrizioni chiesastiche che l’Autore riporta, è tutt’altro che un manuale devozionale. La descrizione della città «pagana» occupa soltanto le prime 46 pagine; il resto è una preziosa rassegna storica e documentaria delle chiese di Roma (comprese quelle non più esistenti od officiate), elencate in ordine alfabetico⁑. Le fonti del materiale per il libro erano senz’altro alla Biblioteca Vaticana dove il Martinelli ricopriva, come si è visto, l’incarico di scrittore, e altrettanto si può dire per le 40 pagine che egli riserva in fine agli Auctores, qui de antiquitatibus Urbis scripserunt, prima bibliografia di Roma antica di una certa consistenza contenente perfino un elenco di piante della città in rame o silografiche. page 69 Resta in ultimo da parlare del manoscritto pubblicato da Cesare D’Onofrio⁑ e intitolato Roma ornata dall'Architettura, Pittura, e Scoltura Dimostrata Da Fioravante Martinelli Romano... L’opera è suddivisa in due parti e illustra in ordine alfabetico — come già in Roma ex ethnica Sacra — e separatamente chiese, palazzi, ponti, fontane, ville e ogni altro edificio sacro e profano della città, entrandovi per descrivere le opere d’arte che vi si conservavano e indicando i loro autori. Criteri dunque diversi da quelli usati dal Martinelli per le guide. Per far questo egli si servì ampiamente degli scritti del Celio, del Baglione e del Totti, oltre che delle Vite di Giorgio Vasari; poi sottopose il lavoro all’amico e coetaneo Francesco Borromini il quale fece a margine molte annotazioni che l’Autore riprese e ora il D’Onofrio ha riportato in luce. L’opera rappresenta così uno straordinario documento sul Barocco romano e contribuisce a chiarirne numerose questioni, non ultima quella della rivalità fra il Bernini e il Borromini; ma restò inedita e sconosciuta. Lo Schudt l’avrebbe certamente utilizzata se ne avesse avuto notizia: riemerse tuttavia sul mercato antiquario solo nel 1933 e fu acquistata dalla Biblioteca Casanatense che la conserva.
Un altro autore di guide che lo Schudt definiva «di divulgazione» fu Pietro Rossini da Pesaro, che al frontespizio della prima edizione [1693, V. sch. 79] si dichiarava «Antiquario di diverse Nationi, e Professore di Medaglie antiche in Roma». Su di lui fece nel 1882 delle ricerche Enrico Narducci, bibliotecario della Alessandrina a Roma e autore di apprezzate bibliografie, a proposito di un antico obelisco che si diceva essere ancora sepolto presso S. Luigi dei Francesi e che il Rossini affermava di aver visto personalmente in occasione di uno scavo per lavori idraulici davanti alla chiesa⁑. Le ricerche tuttavia approdarono a ben poco. Solo da altre dediche delle sue edizioni si è potuto sapere che egli viveva facendo da cicerone a viaggiatori stranieri, specie tedeschi, e che ciò gli aveva permesso di conoscere già nel 1675 un principe del Sacro Romano Impero, Giovanni Filippo cardinale di Lambergh da Passau che gli aveva battezzato un bambino, presumibilmente suo figlio. Da questo è possibile ritenere che il Rossini fosse nato attorno alla metà del secolo, mentre la morte dovrebbe essere avvenuta prima del 1715, quando all’intestazione del Mercurio di quell’anno si legge che era stato «rivisto, e corretto» da Gio. Pietro Rossini, il figliolo. Per rimanere un momento ancora con il Narducci, che dà l’esatta collazione di ben 14 edizioni⁑ (ne vennero in seguito segnalate altre due, peraltro mai page 70 rintracciate), può interessare l’esito di un censimento degli esemplari di questa guida che egli fece per le prime edizioni — dal 1693 al 1725 — allora esistenti nelle biblioteche pubbliche di Roma: ne trovò soltanto tre. Delle impressioni 1700, 1715 e 1725 nemmeno un esemplare. La situazione, visto il tempo passato e le nuove biblioteche, oggi non è molto cambiata: appena nove esemplari, di cui cinque solo alla Hertziana, uno per ciascuna edizione⁑.
Ludwig Schudt dedica tre paragrafi alle guide del Rossini (rispettivamente per le impressioni 1693-1732; 1739-1771; 1776) mettendo così ancor meglio in evidenza la loro longevità, di poco inferiore ai cent’anni. La sua esposizione è puntuale e approfondita e segue lo sviluppo, con le aggiunte e i miglioramenti, dalla prima edizione in due libri — con il primo diviso in due parti [V. ancora sch. 79] — a quella del 1715 rivista dal figlio che divise l’opera in tre libri. Tale poi rimase fino all’impressione del 1732 che fu l’ultima curata da Giovampietro sempre a spese di Gaetano Capranica editore del Rossini dal 1704, il quale diede alla luce anche l’edizione 1739 [V. sch. 80], particolarmente elogiata dallo Schudt per la novità costituita dalla suddivisione in due parti e quattro libri, di cui il secondo interamente dedicato alle chiese di Roma e l’ultimo alle antichità. L’opera avrebbe in seguito mantenuto questa struttura per quasi quarant’anni senonché, reiterandosi le modifiche e gli aggiornamenti con il conseguente aumento della mole del libro, dall’edizione 1776 in poi si rese necessario suddividere la guida in due volumi e il numero delle pagine ne venne più che raddoppiato. Ma la spinta propulsiva si andava ormai esaurendo ed erano già apparse sul mercato altre iniziative editoriali più competitive. L’ultima impressione nota apparve nel 1788, con una ristampa l’anno seguente e poche varianti rispetto al 1776. Tuttavia lo Schudt al n. 1179, tra le edizioni incerte, ne segnalava ancora un’altra con data 1791, riprendendo la notizia dal catalogo del prof. Costantino Corvisieri al n. 2019⁑. Né la Borroni né Rossetti registrano questa edizione per la quale il Narducci ricorreva, in termini dubitativi, al Ranghiasci 610, nota b, citando: «Più volte fu stampato, ed il Mercurio errante ultimamente impresso, non è che il Rosini (sic) accresciuto, ma insieme deformato». E concludeva il Narducci chiedendosi se il Ranghiasci — la cui bibliografia era uscita nel 1792⁑ — alludesse «alla edizione del 1788 o 1789 o ad altra posteriore, come lascerebbe supporre la parola «ultimamente». Io propendo per altra edizione tra il 1789 e il 1792...». Restando nel campo delle ipotesi, nulla vieta di ritenere che con «ultimamente», pur non dicendo la data, il Ranghiasci sottintendesse proprio «1791»; questo anche in considerazione dell’attendibilità del Corvisieri.
Nella lunga storia del Mercurio vari editori si succedettero nel promuoverne in anni diversi la pubblicazione; ed è necessario riandare al loro avvicendarsi per parlare di un altro aspetto della guida totalmente ignorato dallo Schudt e al quale si deve il grande interesse che ancor oggi essa riscuote presso i bibliofili, vale a dire la componente iconografi page 71 ca. Fino al 1715 compreso l’opera del Rossini uscì senza alcuna illustrazione; ma nel 1725, forse per la ricorrenza dell’Anno santo, Gaetano Capranica giunto alla sua terza edizione pensò di ornarla di una bella antiporta in rame con l’allegoria di Roma che indica a una giovane musicante il frontone di un tempio recante la scritta «Disce ubi sit Prudentia». Ma solo nel 1732 venne aggiunto un vero apparato illustrativo, in modo tuttavia quantomeno singolare. In questa edizione figurano infatti 21 tavole in rame ripiegate fuori testo di cui 13 recano inciso un numero non corrispondente a quello delle pagine dove si trovano collocate; ci sono inoltre 50 piccole incisioni che risultano applicate a fogli di carta diversa inseriti pure fuori testo. Otto delle tavole ripiegate, in parte siglate P. C. s. e con didascalie a grandi lettere, furono forse incise appositamente; tutte le altre provengono in blocco dalle guide Martinelli 1702-1703, con l’aggiunta di qualche didascalia e di parecchi errori alle restanti tredici ripiegate. Le piccole tavole in origine erano 25, con due figure per foglio in senso verticale: l’editore le fece ritagliare una per una e applicare su fogli a loro volta incollati alle pagine stabilite. Questa operazione editoriale, piuttosto sconcertante, fu ripetuta integralmente dal Capranica anche per l’edizione 1739, la sua quinta e ultima, con la differenza che talora in alcuni fogli le vedutine furono applicate al recto e al verso, cosa che ha provocato nelle bibliografie qualche disparità nel computo delle tavole fuori testo.
A Gaetano Capranica seguì Fausto Amidei «Mercante di Libri al Corso» che proprio nel 1739 aveva in pratica rilevato l’ultima edizione della Descrizione di Roma Antica e Moderna pubblicata in due tomi dai fratelli Michelangelo e Pier Vincenzo de Rossi, che avevano la libreria «presso al Banco di S. Spirito» all’insegna della Salamandra, lasciandovi al secondo volume il proemio ancora sottoscritto da loro. Altrettanto fece nel 1741 ristampando con la propria firma il Mercurio errante pubblicato dal Capranica due anni prima, senza nemmeno curarsi di sostituire la precedente dedica ancora firmata da quest’ultimo. Si preoccupò invece, oltre alla data, di cambiare le illustrazioni con altre, sempre in rame, page 72 di due buoni incisori francesi, F. Pierre Duflos e Jean-Laurent Le Geay, vincitore nel 1732 del Premio Roma. Un tipo di operazione evidentemente usuale per l’Amidei, tanto è vero che la mise di nuovo a segno nel 1741 con la Roma Antica e la Moderna, opera in due volumi pubblicata da Lorenzo Barbiellini «Libraro a Pasquino» [V. sch. 64], che egli ristampò tale e quale lo stesso anno e ancora una volta lasciandovi la dedica precedente, ma che sottoscrisse al frontespizio con il suo nome. Proprio quest’ultima guida consente di introdurre il discorso sulle edizioni del Rossini più controverse, ma anche più rare e ricercate, che sono quelle del 1750 e del 1760.
Nell’annosa discussione su quale fosse stata la prima opera incisa dal celebre Giambattista Piranesi, destò nel 1965 un certo rumore «la scoperta della presenza di cinque Vedutine in una guida di Roma edita nel 1741 da Giovan Lorenzo Barbiellini»⁑, firmate dall’artista. Non era una scoperta, il fatto era già stato segnalato trent’anni prima da Olschki nel suo repertorio⁑, e avrebbe anticipato appunto al 1741 l’inizio dell’attività incisoria del Piranesi. Ma le cose forse non andarono esattamente così. Quelle tavole provenivano da un album intitolato Varie vedute di Roma Antica e Moderna pubblicato nel 1745 da Fausto Amidei e contenente, tra le altre, 27 piccole stampe di un Piranesi giovanissimo. L’editore (è solo un’ipotesi, ma più che verosimile), il quale come si è visto non aveva molti scrupoli, ne prese alcune e le collocò al posto di altre dello stesso soggetto, anonime, già inserite nel Barbiellini 1741 di cui probabilmente egli aveva acquisito un fondo all’atto del cambiamento di paternità editoriale, o che ristampò col suo nome senza cambiare la data. Operazione tipicamente commerciale, non unica nell’industria settecentesca della stampa. Tra queste tavole ce n’è una che conferma l’ipotesi qui avanzata e permette di attribuire un po’ di spregiudicatezza allo stesso Piranesi. Quand’era nel Barbiellini era firmata «J. L. Le Geay archi.» e raffigurava la Fontana di Trevi nella situazione in cui si trovava fino all’inizio del 1741, con i modelli in gesso ancora provvisori del gruppo dei cavalli marini, opera dello scultore Maini. I modelli definitivi, che sarebbero stati tradotti in travertino parecchi anni più tardi, furono «posti nel vascone nel febbraio e nell’aprile 1743»⁑: così li vide e li incise, ovviamente dopo questa data, il Piranesi. Il quale sfruttò la lastra già esistente reincidendo solo la parte inferiore con la nuova vasca e le cascateli, il gruppo finale dei cavalli e dei rispettivi tritoni e lasciando tutto il resto com’era. Da ultimo aggiunse alcune figurette di maniera, cancellò la firma di Le Geay e la sostituì con la propria. Concludendo, la tavola in questione così modificata faceva originariamente parte della raccolta di vedute del 1745, da dove fu trasferita retroattivamente con alcune altre nella Roma Moderna 1741 già del Barbiellini, che circolò dunque con un doppio corpus illustrativo, di valore venale ovviamente diverso.
page 73La presenza di tavole del Piranesi — il quale, diversamente da quanto asserito dallo Schudt, non incise mai espressamente per le guide — portava (e tuttora porta) alle stelle il prezzo, di mercato di queste pubblicazioni. Fausto Amidei ne inserì varie nelle sue edizioni del Mercurio errante, specie nel 1750 e nel 1760 e in minor misura nel 1771. La guida del 1750 [V. sch. 81] uscì con una modifica al frontespizio che elencava in dettaglio il contenuto delle due parti del volume, ciascuna — come si è detto — suddivisa in due libri e con propria numerazione. Il testo era alquanto arricchito e le tavole in rame ripiegate fuori testo erano 20, otto delle quali con la firma del Piranesi che appariva in qualche caso deformata e in due tramutata in «Piranese»; tra esse figurava ancora la Fontana di Trevi. Il doppio apparato iconografico riapparve nel 1760 in un’edizione con più pagine a numerazione continua e con 18 tavole. Nella prima tiratura le incisioni erano alternativamente firmate P. Pulini e C. F. Nicole, altre non firmate. Ma nella variante più ricercata, che aveva lo stesso numero di pagine e di tavole, gli incisori erano diversi: sei rami erano del Piranesi (degli otto nel 1750), quattro di J. L. Le Geay e due di F. P. Duflos; i rimanenti sei anonimi. Ancora aumentata l’edizione 1771 in cui si trovava aggiunta alla fine una «novità», la descrizione del Museo Capitolino con frontespizio e numerazione a sé: ma novità non era perché tutta la prima parte era la copia pressoché integrale dell’Indice Capitolino allegato da mons. Bottari all’ultima edizione del Titi nel 1763. Tra le tavole solo due del Piranesi erano sopravvissute, ma c’è da dire che l’Amidei aveva a tal punto sfruttato le vecchie lastre del 1745 che si presentavano probabilmente così logore da non essere più utilizzabili⁑.
Le due lastre del Piranesi, stanche e ritoccate, tra cui sempre la Fontana di Trevi, passarono anche nel Mercurio del 1776 edito da Gaetano Quojani e dagli eredi Amidei, i qua peraltro non figuravano già più al secondo frontespizio. La guida [V. sch. 82], ormai lontana da come l’aveva composta il Rossini, si presentava ora in due volumi con un’introduzione storico-topografica di 43 pagine e con la visita della città ripartita in dieci giornate a imitazione forse di quanto aveva fatto Fioravante Martinelli nel 1644; la descrizione del Museo capitolino, con qualche modifica per spostamenti di opere d’arte nel frattempo intervenuti o per nuove acquisizioni, occupava interamente la prima giornata. Le tavole fuori testo erano ancora 18, sette al primo volume e 11 al secondo; la prima era una piccola pianta ripiegata di Roma moderna proveniente da una vecchia guida di Michelangelo de Rossi con il titolo cambiato. Ce n’erano poi due di nuove firmate Mogalli e Giraud e alcune altre erano copie alquanto rozze di incisioni piranesiane, a conferma di quanto si è detto al termine del capoverso precedente. Sono infine da ricordare le numerose piccole incisioni nel testo, somiglianti a quelle che Giuseppe Vasi andava inserendo nelle sue prime guide. Ludwig Schudt ha molto apprezzato questa edizione, in particolare per la sua ampia sintesi descrittiva e per la razionale suddivisione in giornate suggerita ai visitatori. page 75 La successiva del 1788 — ultima conosciuta insieme con la ristampa dell’anno seguente — non ha storia, salvo per una curiosità presente al primo frontespizio dove l’autore di alcune descrizioni si celava dietro la misteriosa sigla G. Q. L. R. Il Narducci non ne venne a capo, anche perché aveva scambiato la «L» per una «I»; in realtà erano semplicemente le iniziali di Gaetano Quojani Libraro in Roma, già editore del Mercurio errante 1776.
... e un’edizione «di lusso»
Quando, nel 1739, Fausto Amidei rilevò dai fratelli de Rossi la loro ultima edizione della Descrizione di Roma in due volumi limitandosi a sostituire nelle note tipografiche al loro nome il proprio, ebbe per la stessa guida un concorrente nella persona del libraioeditore Gregorio Roisecco il quale l’anno stesso finì anch’egli per pubblicarla identica in tutto, ma con la sua sottoscrizione al frontespizio. Non si conoscono ovviamente i dettagli di questa lontana controversia editoriale, ma senza dubbio non si trattò di una pacifica cessione tra i due librai, come sembra ipotizzare lo Schudt che segnala il fatto alla nota 54 del suo testo introduttivo. Dopo l’episodio della doppia edizione, ciascuno peraltro seguitò per la propria strada, come si è visto con l’Amidei per il Mercurio errante e le altre pubblicazioni. Di Gregorio Roisecco, proprietario di una «Libreria in Piazza Navona, accanto la Chiesa di S. Agnesa» come si legge in un suo frontespizio, non si sa molto di più che non del suo collega-rivale. Egli esordì nel 1722 con una piccola guida religiosa e nel 1725, in occasione dell’Anno santo, pubblicò presso lo stampatore Pietro Ferri una Roma ampliata, e rinovata [V. sch. 73] la quale era, più che un rifacimento della Roma ricercata nel suo sito, la contraffazione di una delle edizioni postume del Martinelli⁑. Nuova impressione nel 1739, forse con lo stesso stampatore e con meno pagine, e altre due presso Ottavio Puccinelli nel 1750, con una variante in quella per l’Anno santo che si può trovare con la stessa antiporta dell’ed. 1725, sei pagine non num., 215 num. e un’incisione fuori testo, oppure con una bella pianta di Roma in luogo dell’antiporta, sei pagine non num., 210 num. e la tavola fuori testo; entrambe con silografie. (Per l’altra pure del 1750, ma senza riferimenti all’Anno santo, non si dà la scheda: se ne è appena parla page 76 to alla nota 96). In sostanza Gregorio Roisecco tenne sempre in libreria questa guida per suoi clienti meno esigenti, e altrettanto fece con un’altra modesta pubblicazione devozionale, la Nuova guida angelica di Stefano Gallonio, uscita in prima edizione nel 1629 [V. sch. 121] e che egli stampò quattro volte, dal 1722 al 1750.
Per i clienti più esigenti, invece, il Roisecco promosse quella che si può definire, se non la più importante, di sicuro la più bella guida di tutto il Settecento, tre volumi spesso rilegati in piena pelle bazzana, con titolo e decori in oro al dorso a più scomparti, segno evidente di una destinazione privilegiata. Era la Roma Antica, e Moderna o sia nuova descrizione Della Moderna Città di Roma... e delle cose più celebri, che erano nella Antica Roma... [ V. sch. 58]. L’editore (e forse anche compilatore) la dava in luce con l’avallo di nomi prestigiosi: la dedica al card. Alessandro Albani, il più celebre collezionista e conoscitore d’arte del tempo; il Privilegio firmato da un altro famoso cardinale, Domenico Passionei, grande letterato, proprietario di una delle più ricche biblioteche private romane e primo conservatore della Vaticana, lui stesso collezionista d’arte e di antichità. All’Imprimatur l’erudito Tommaso Aceti, su incarico del maestro del sacro Palazzo Apostolico, dopo aver «letto attentamente l’Opera» dichiarava di avervi «osservato con incredibil piacere una profonda erudizione». Lo Schudt riserva ampio spazio a questa guida mettendo anzitutto in rilievo la sua dipendenza già dal Totti ma più diretta- mente dal Ritratto di Roma Antica (e Moderna) [V. sch. 53] edita da Michelangelo de Rossi, discendente da un ramo della rinomata famiglia di stampatori, la cui libreria era inizialmente in piazza di Pasquino. Egli fa riferimento all’edizione 1688 in due volumi, la prima di questo stampatore della quale però, non avendo rintracciato la parte moderna⁑, cita la ristampa identica dell’anno seguente; ma anche alle successive del 1697 e del 1707 (ristampa 1708) edite da Michelangelo in associazione al fratello Pier Vincenzo col nuovo titolo di Descrizione di Roma Antica (e Moderna), molto influenzate dai lavori del Titi [V. sch. 54 e 56].
È interessante a volte, ripercorrendo la storia delle guide di Roma, riconoscere il filo che lega edizioni lontane tra di loro nel tempo, con autori, compilatori ed editori diversi ma che in qualche modo si rincorrono cercando di modificare un titolo, di dare un nuovo ordine alla materia, di arricchirla magari approfittando di opere uscite da poco; ma sempre mantenendo qualche elemento che li accomuna. Uno di questi elementi è la parte iconografica, cui per la Roma Antica, e Moderna, come d’abitudine, lo Schudt dedica soltanto qualche riga. Le tre edizioni più una ristampa dei fratelli de Rossi, di cui si è appena parlato, e le successive fino al termine della loro attività, avevano sempre utilizzato le antiporte delle guide di Pompilio Totti, lastre dunque molto longeve, di volta in volta modificate secondo le esigenze e talora ravvivate a bulino da abili incisori. Gregorio Roisecco volle cambiare e ricorse tout court a quella che aveva già usato per la sua Roma ampliata, e rinovata del 1725. Era la copia, molto ben fatta, dell’antiporta inserita la prima volta da Gaetano Zenobj nella Roma ricercata del 1707 e ripresa poi, con lo stesso carti page 77 glio ma lo stemma di volta in volta aggiornato, da Rocco Bernabò per le sue impressioni del Martinelli dal 1715 al 1725. Il Roisecco avrebbe però dovuto sostituire il cartiglio di Roma ampliata col nuovo titolo più lungo, ma risolse il problema semplicemente tagliando in basso la lastra come si vede al primo volume delle edizioni 1745 e 1750. Siccome poi la guida era di lusso, anche gli altri due volumi dell’opera dovevano avere le antiporte in rame. Così l’editore non trovò di meglio che ricorrere un’altra volta alle vecchie lastre del Totti e successori, che quindi si vedono all’inizio dei tomi secondo e terzo delle due impressioni esattamente com’erano al tempo dei fratelli de Rossi, col solo titolo breve aggiornato al basamento della statua di Roma. (L’edizione 1765 fa storia a sé).
Un certo filo conduttore si ritrova anche nelle incisioni in rame che impreziosiscono queste guide, dove si nota un continuo aumento delle tavole fuori testo a fronte di una progressiva diminuzione di quelle più piccole nel testo. Queste ultime, che spesso hanno più soggetti, provenivano in buona parte già dal Totti ed erano andate man mano perdendosi; il Roisecco sembra comunque aver privilegiato quelle a soggetto unico, più facili da collocare mentre il testo — come ben sottolinea lo Schudt — era sottoposto a notevoli modifiche legate alla trattazione non più separata della Roma antica e di quella moderna. Mettendo ancora a confronto le edizioni de Rossi 1688 e 1707 con il Roisecco 1745, oltre alle antiporte si contano nel Ritratto 211 piccole incisioni nel testo e solo due tavole fuori testo, nella Descrizione 182 e 19, infine nella Roma Antica, e Moderna 168 e 35. Col trascorrere del tempo, le tavole in parte si trasmettevano da guida a guida: delle fuori testo presenti nella Descrizione 1707, ben 17 passarono nel Roisecco 1745, le rimanenti erano nuove e di qualità inferiore.
Un piccolo discorso a parte è necessario per le piante di Roma presenti in queste opere. Il prototipo della Novae Urbis delineatio (cm. 17,5 x 25), che sta ripiegata al primo volume delle tre edizioni Roisecco, va ricercato nel Ritratto di Roma moderna 1688 dove la pianta è più piccola (cm. 14 x 17,5) e ha per titolo Roma. Così intitolata sembra poi non page 78 ritrovarsi più, se non molti anni dopo e con il titolo modificato⁑: è una bella vedutina a volo d’uccello ripresa da una pianta prospettica di Roma di metà Seicento, come si può desumere ad esempio dal particolare di piazza S. Pietro dove ancora non figura il colonnato berniniano. In un secondo tempo, a Settecento inoltrato, ne venne fatta una copia ingrandita e aggiornata, direttamente con il titolo Novae Urbis delineatio, probabilmente inserita per la prima volta con l’omologa Antiqvae Vrbis delineatio (ridotta dalla Roma Antica del Brambilla) nell’ultima Descrizione (1739) dei fratelli de Rossi uscita con il nome di Fausto Amidei. Mentre nella piantina Roma in alto a sinistra c’era lo stemma S. P. Q. R., nella copia maggiore gli stemmi sono due, a sinistra quello della Camera Apostolica, a destra del comune di Roma: questa pianta è pubblicata da Enrico Rocchi⁑ alla tav. XXII/2a, senza indicazione di provenienza. L’esemplare riprodotto è certamente anteriore al 1745 perché, quando il Roisecco ebbe a disposizione le due lastre, antica e moderna, fece aggiungere in alto a sinistra le lettere «Tm°-pr°-pae-1 » che si sciolgono in «Tomo primo parte 1a» e sono ripetute in tutte e tre le edizioni. L’editore inserì inoltre la pianta maggiore all’inizio della sua Roma ampliata, e rinovata del 1750 nella variante con le 210 pagine già citata.
La Roma Antica, e Moderna ebbe naturalmente un grande successo, per la qualità delle descrizioni e la ricchezza delle illustrazioni, ma anche per la presenza di un terzo volume (sottovalutato dallo Schudt solo perché topograficamente irrilevante). Con un’ampiezza mai più riscontrata in queste pubblicazioni, esso dava un quadro informativo esauriente delle leggi, istituzioni, riti, organizzazione sociale, religiosa e militare dell’antica Roma, con l’aggiunta di una sintesi storica e la cronologia di re e imperatori da Romolo all’anno 1742 e di tutti i romani pontefici. Ma già nel 1750 Gregorio Roisecco volle cogliere l’occasione dell’Anno santo per dare alle stampe una seconda edizione [V. sch. 59] che tenesse conto delle recenti scoperte di antichità e realizzazioni edilizie, ma soprattutto della nuova ripartizione topografica della città voluta in quegli anni da Benedetto XIV, che richiese una diversa distribuzione della materia. Di conseguenza il testo ebbe un aumento di quasi 200 pagine, mentre il numero delle chiese crebbe in minor misura, passando da 334 a 348 (nell’ultimo Titi erano 310) e diminuirono invece le tavole fuori testo, 33 delle 35 di prima edizione e diversamente collocate, come pure i piccoli rami nel testo passati da 168 a 158; sempre senza contare le antiporte al primo volume, tirate dalla stessa lastra con la sola modifica dello stemma.
La terza e ultima impressione uscì nel 1765 per iniziativa di Nicola Roisecco che ne fu anche lo stampatore [V. sch. 60]. Sempre in tre volumi, accresciuti di una sessantina di pagine e con qualche tavola aggiunta, essa si caratterizzava anzitutto per la più lunga e page 79 page 80 pretenziosa prefazione di tutta la letteratura delle guide di Roma. Erano dodici pagine nelle quali il nuovo Roisecco, dichiarandosi senz’altro autore dell’edizione, indirettamente si dissociava dalle prime due, cui non risparmiava critiche e che diceva di voler superare «non solamente nella bellezza della stampa, ma molto più nel metodo, e nella esattezza... per rendere perfetta questa nuova descrizione in ogni sua parte, senza paragone di quante altre opere di questo genere sono fino ad ora comparse alla luce, la più utile, la più agevole». Sta di fatto che non si può giudicare la qualità di questa edizione senza fare riferimento alla precedente, di cui è un puntuale rifacimento — soltanto con qualche notizia in più, un nome, una circostanza, un’iscrizione anteriormente non riportati (peraltro le chiese citate sono salite a 372) — e della quale segue pedissequamente l’itinerario, con pagine e pagine trascritte alla lettera, salvo aggiungere al terzo volume una Relazione della Corte di Roma sul modello del Lunadoro, che era ormai arrivato alle sue ultime ristampe. Né d’altra parte si può dire che la guida superi nella «bellezza della stampa» quelle del 1745 e del 1750. Dei tre volumi solo il primo ha l’antiporta, un’allegoria di Roma incisa piuttosto rozzamente con monumenti antichi e moderni sullo sfondo, e gli manca la pianta Antiqvae Vrbis delineatio. Le tavole in rame fuori testo sono 19 al primo volume, e tranne l’ultima sono tutte riprese dall’edizione anteriore mostrando evidenti segni di stanchezza. Nel secondo sono complessivamente venti, di cui 13 ancora dal 1750, quattro nuove su vecchio modello e tre diverse provenienti da altre guide. Un insieme dunque piuttosto eterogeneo; il terzo volume poi ha soltanto la tavola tipografica ripiegata. Molto ridotto infine (da 158 a 122) il numero delle piccole incisioni nel testo, tutte in precedenza già viste e generalmente rinforzate a bulino⁑.
page 81Le Guide di Roma I Vasi padre e figlio, e le cinquanta edizioni del Nibby
Negli anni tra la seconda e la terza edizione dei Roisecco — e precisamente nel 1763 presso la stamperia di Marco Pagliarini dove l’anno stesso era venuta in luce l’ultima impressione del Titi-Bottari — usciva a Roma un libretto in-16° che riprendeva il titolo di una vecchia guidina destinata ai pellegrini in cammino per la città sacra, ma che per la prima volta era pensato per un viaggiatore laico alla ricerca di capire il significato di Roma e della sua grandezza. Si chiamava Itinerario istruttivo per ritrovare con facilità tutte le antiche e moderne Magnificenze di Roma [V. sch. 87] e autore ne era Giuseppe Vasi, un siciliano trasferitosi nella città dei papi quasi trent’anni prima e diventato famoso come uno dei più bravi incisori del momento. Da due anni egli aveva terminato la pubblicazione della sua opera maggiore, di cui il libretto richiamava il titolo e che gli era costata quattordici anni di lavoro senza contare i tre di preparazione. I dieci libri in-folio oblungo Delle Magnificenze di Roma antica e moderna con le oltre duecento tavole in rame sono ancor oggi considerati una delle più belle opere del Settecento e uno straordinario documento della Roma dell’epoca. I palazzi, le chiese, i monumenti non sono raffigurati singolarmente, ma inseriti in prospettiva nel loro contesto urbano; nei suoi spazi dilatati l’Autore anima tutto un mondo di figure e di scene dando della città un singolare ritratto di vita quotidiana che vivacizza l’accuratezza della rappresentazione. Pochi anni più tardi il Vasi avrebbe completato l’opera incidendo il grande panorama di Roma dal Gianicolo, il più bello tra quanti ne siano mai stati fatti.
Ludwig Schudt nel suo repertorio ignora sistematicamente le raccolte delle vedute di Roma; non fa eccezione nemmeno per il Piranesi, che pure a modo suo aveva molti meriti topografici, nominandolo una volta sola nel testo introduttivo e per giunta in maniera sbagliata⁑. L’ha fatto invece, caso unico, per il Vasi di cui ha schedato con cura, al n. 306, le Magnificenze che difficilmente si potrebbero definire una guida, anche per la mole, probabilmente vedendoci la genesi dell’Itinerario istruttivo, che apriva la strada al più clamoroso successo editoriale di tutta la letteratura delle guide di Roma. Infatti il piccolo libro nasceva con il preciso riferimento all’opera maggiore e, in minor misura, al panorama: «Ho preso il carico — scriveva il Vasi nell’indirizzo al lettore — di farne un breve ristretto, e re page 82 golarlo secondo l’indice del gran Prospetto, che medesimamente ho fatto di questa Metropoli, aggiungendovi una breve relazione delle pitture, e sculture più insigni. E perché sia di maggior comodo, e facilità a tutti, l’ho regolato in forma d’itinerario diviso in otto giornate di cammino, ed ho posto il numero della tavola in ciascun capitolo correlativo ai X. libri...». La descrizione della guida è già tutta qui, con la sua struttura, le intenzioni, i limiti. Un agile manuale per la visita della città, compendio dichiarato delle Magnificenze col continuo rimando ai dieci libri e alle tavole, quasi un discreto, sottinteso invito all’acquisto⁑. Naturale che, rispetto alle guide precedenti, ne venisse modificato l’itinerario di visita perché, volendo seguire l ordine che sta alla base della grande opera, il Vasi aveva «tralasciato l’antico e consueto sistema di rintracciare la serie delle cose da Rione in Rione, non per altro motivo, che per fare continuato e senza salti il nostro cammino».
Questo nuovo itinerario è come al solito ampiamente descritto dallo Schudt, con le varianti riscontrate nelle edizioni posteriori alle prime tre, che sono tra loro uguali malgrado la seconda (1765) e la terza (1770) siano intitolate Indice istorico del gran Prospetto di Roma... ovvero Itinerario istruttivo per ritrovare con facilità..., e la terza risulti impressa in-8° a Napoli nella Reale Stamperia e rechi, preceduta da un bellissimo stemma, la dedica al re di Spagna Carlo III cui era pure dedicata l’edizione 1765 della quale è rimasta ancora la data⁑. Lo Schudt non considera positivamente il lavoro del Vasi, proprio per page 83 l’esplicito riferimento ai testi della Magnificenza, che pure è la sua principale caratteristica, e per l’ovvia dipendenza da certi suoi predecessori non essendo l’Autore un topografo. Nessun cenno tuttavia alle illustrazioni che sono invece un punto di forza delle guide edite direttamente dal Vasi e anche delle prime dopo la sua morte. La parte grafica inizia con una bella vignetta al frontespizio raffigurante un’allegoria di Roma guerriera sullo sfondo della città e prosegue con 33 piccoli rami incisi appositamente dall’Autore riprendendo in miniatura (mm. 45 x 64 circa) alcune tra le più classiche vedute romane presenti nell’opera maggiore. Quasi incredibile la capacità del maestro di condensare in così minimo spazio tanti monumenti: si veda ad esempio la stampina nuova, un po’ più grande delle altre (mm. 93x64), che mostra il Foro Romano, il Colosseo e in lontananza la basilica di S. Giovanni in Laterano, addirittura con in basso una rubrica di otto numeri.
Una delle critiche fatte dallo Schudt al Vasi delle prime edizioni riguarda la «frettolosità» con cui egli avrebbe descritto le chiese principali, con omissioni ed errori per quelle minori. In realtà il Vasi aveva pensato fin dal principio a un lavoro specifico sull’argomento che però, oltre al dichiarato assunto devozionale, fosse anche una guida storicoartistica alle chiese romane e ai monumenti che s’incontrano lungo l’itinerario per le basiliche principali, affinché il viaggiatore-pellegrino non perdesse di vista la città nel suo complesso. L’occasione gli fu data dall’approssimarsi dell’Anno santo 1775, scadenza alla quale volle provvedere con largo anticipo. La guida giubilare uscì a Roma presso il Pagliarini nel 1771 in due piccoli volumi intitolati Tesoro Sagro e Venerabile cioè le Basiliche, le Chiese, i Cimiterj, e i Santuari di Roma... per disposizione ed apparecchio del prossimo Anno del Giubbileo MDCCLXXV... [V. sch. 127]. Essi mantenevano alcune caratteristiche della prima edizione, il rimando ai libri e alle tavole delle Magnificenze, la suddivisione in otto giornate (cinque delle quali nel primo tomo) e uguali itinerari e monumenti, ma la parte descrittiva era completamente rifatta. L’Autore si diffondeva ora in particolare sulla storia delle singole chiese e sulle solennità che vi si celebravano, cosicché la parallela let page 84 tura di uno stesso paragrafo in una delle precedenti edizioni e in quella giubilare avrebbe potuto portare a una conoscenza più approfondita di ciascun sacro edificio. Buona parte del secondo tomo era dedicata al racconto dei Giubilei, alle pratiche per lucrare le indulgenze nelle singole basiliche maggiori e ad altri esercizi di pietà.
L'Itinerario istruttivo e il Tesoro Sagro e Venerabile — quest’ultimo ristampato con poche varianti nel 1778 — sono evidentemente due opere pensate per essere una l’integrazione dell’altra; lo si nota anche dal corpus delle illustrazioni. Nel Tesoro le belle miniature in rame sono 46, più la vignetta ripetuta ai due frontespizi, tutte appositamente incise, e le cinque che raffigurano un soggetto già presente nella prima opera risultano reincise da un diverso punto di vista: con quelle dell’Itinerario formano un insieme di notevole importanza, che tuttavia l’Autore avrebbe continuato ad arricchire. Nel 1773 infatti egli diede alle stampe presso Michelangelo Barbiellini la sua prima edizione in francese. Era un volume unico di 600 pagine per il quale utilizzò buona parte delle vecchie piccole incisioni, con una novità: mentre 44 stavano secondo il solito nel testo, altre 26 quasi tutte nuove erano impresse verticalmente a due per foglio su 13 tavole fuori testo con l’aggiunta di didascalie in latino. Una novità era anche l’inserimento all’inizio del libro di due tavole in rame ripiegate, Vetus planum Urbis Romae e Planum novae Vrbis firmata, questa, E. Joseph Vasi inc., dove «E.» stava per Eques⁑. L’ultima edizione curata personalmente da Giuseppe Vasi uscì nel 1777 [V. sch. 89] ancora in un volume, che riprendeva il titolo originale ed era dichiarata la «terza, corretta, ed accresciuta di molte Notizie, e di Rami dal medesimo Autore». L’itinerario, sempre diviso in otto giornate, era invariato e ad ogni capoverso si ripeteva il richiamo ai libri e alle tavole delle Magnificenze. Le aggiunte, talora di qualche spessore, riguardavano specialmente nuove opere d’arte e nomi di artisti in chiese e palazzi. Oltre alle due piante e alla vignetta al frontespizio con la lupa e i gemelli sotto il Fico Ruminale — già presenti nell’edizione francese — erano riutilizzate nel testo le 44 vecchie stampine (più tre nuove) e le 14 tavole fuori testo con due figure ciascuna, quasi sempre incise in unica lastra. Aggiungendo quelle utilizzate una sola volta ne risultava un complesso di circa 110 vedutine, una vera raccolta in miniatura che l’Autore lasciò in eredità a Roma con le splendide tavole della sua opera maggiore.
Giuseppe Vasi morì a 72 anni nel 1782 lasciando la calcografia nelle mani del figlio Mariano, che tra le prime incombenze ebbe quella di traslocare da Palazzo Farnese dove il padre, nominato nel 1746 Guardaroba titolare, aveva poi ottenuto di abitare e aveva page 85 impiantato il suo studio-bottega. La nuova edizione in francese «Corrigée, Augmentée & Enrichie de Planches par Mariano Vasi» vide la luce nel 1786 [V. nota 90] ancora con il nome del padre; ma la nota tipografica in calce al frontespizio «Chez l’Auteur au Palais Farnese», presente in un certo numero di esemplari, fu poi cancellata con una strisciolina di carta che diceva «Chez l’Auteur dans la nouvelle maison Barazzi, près de la rue de Croix», da cui si poteva anche intendere che Fautore della guida fosse Mariano. L’edizione però era stata accuratamente preparata dal padre, e colpiscono le parole che questi scriveva ancora dal suo studio, con l’orgoglio dell’artista e dell’«antiquario»: «Si le Voyageur veut se donner la peine d’y entrer, j’aurais l’honneur de lui faire voir la collection dont je donnerai le catalogue à la fin de ce livre...», cioè le sue stampe in vendita ma anche la sua raccolta di quadri di buoni maestri e qualche scultura antica. Il figlio si limitò probabilmente a riscrivere l’indirizzo al lettore spiegando perché questa fosse la «cinquième édition» (intendeva quarta quella francese del 1773), ad aggiornare alcune informazioni migliorando la precedente traduzione e a togliere i riferimenti alle Magnificenze. Quan page 86 to alla parte illustrativa, riutilizzò due diverse vignette per i due frontespizi della guida, le piante, le tavole fuori testo (con 24 o 26 vedutine a seconda della tiratura) e i 44 piccoli rami, più soltanto uno di nuovo, il quartultimo, chiaramente di qualità inferiore.
Da questo momento e fino alla sua morte, avvenuta nel 1820 o poco dopo, Mariano Vasi avrebbe continuato a pubblicare, rivista e ampliata, la guida del padre con lo stesso titolo e la stessa suddivisione in otto giornate. Sarebbe troppo lungo e anche noioso descrivere una per una tutte le edizioni, per le quali si rimanda a qualche buona bibliografia moderna, a cominciare da quella dello Schudt che ha soltanto poche lacune, mentre nella sua introduzione è piuttosto riduttivo sull’Autore. Ci si limiterà pertanto a segnalare le principali variazioni intercorse, fino al decisivo incontro del Vasi con Antonio Nibby⁑.
La prima edizione con il solo nome di Mariano apparve nel 1791 in italiano, approvata ed elogiata da due autorevoli revisori, Filippo Aurelio Visconti commissario delle Antichità di Roma e l’esperto d’arte Salvatore Tonci, conservatore della Galleria Doria da lui descritta in uno stimato catalogo ristampato più volte. Nessun accenno al padre, se non per le sue opere in vendita, ma in compenso il ricorso ad uno specialissimo dedicatario, nientemeno che il papa Pio VI Braschi «esimio patrono delle buone arti», di cui era pubblicato anche il ritratto in rame. Le illustrazioni erano ancora quelle del Vasi padre, con qualche differenza anche in questo caso tra prima e seconda tiratura⁑, in opera migliorata e accresciuta sulla base della precedente impressione francese. Il rinnovamento dell’apparato iconografico cominciò con la guida italiana del 1794 nella quale le due piante ripiegate di Roma antica e moderna furono sostituite da copie dell’incisore Giovanni Brun. Ma fu con l’edizione 1804, uscita prima in francese e l’anno stesso in italiano, che si videro tutte insieme le nuove incisioni, con le didascalie bilingui e in tavole fuori testo: con le due piante del Brun e il ritratto ora di Pio VII⁑ erano ben 98 rami nella versione francese e 92 nell’italiana, il numero più alto di illustrazioni tra tutte le guide del Vasi e in seguito del Nibby.
L’alternanza tra le versioni in francese e in italiano è una caratteristica dell’attività editoriale di Mariano, e spesso quella francese precedeva l’italiana anche in qualche aspetto di contenuto o di iconografia, «pour l’avantage des Ultramontains» come scriveva l’editore. Anche nel 1811 la francese precedette l’italiana, ma stavolta le novità giunsero nel 1812 con questa [V. sch. 91] «il cui merito sarà maggiore dell’altre edizioni, per essersi ridotta (cioè adattata, n. d. c.) l’esposizione secondo lo stato presente delle cose... sotto l’impero di Napoleone il Grande» (così nel testo). Il Vasi non perde occasione per ostentare la sua acquiescenza allo «stato presente delle cose»; ad esempio aggiunge alla prefazione un lungo capitolo sulle Notizie de Miglioramenti di Roma «finalmente sotto il Do page 88 minio dell’Augusto Imperatore...», quello stesso che pochi anni prima aveva spogliato chiese, palazzi e musei della città d’innumerevoli capolavori trasportandoli a Parigi. Il Quirinale diventa Palazzo Imperiale, il Museo Pio-Clementino Museo Imperiale Vaticano, e il cosiddetto «Intendente della Corona» vi è descritto mentre sta provvedendo a sistemare nei vuoti creati dalla spoliazione le opere d’arte scartate dai francesi. Scompaiono contemporaneamente il ritratto di Pio VII e la Cronologia de’ Papi, da poco introdotta e già soppressa. Con la fine dell’occupazione francese di Roma tutto nelle guide di Mariano Vasi tornò presto nella norma. Già nell’edizione 1813, destinata ai visitatori francofoni diretti a Napoli (il terzo volume annesso era appunto l’Itinéraire Instructif de Rome a Naples, Roma MDCCCXIII, seconda impress. MDCCCXV), la compromettente prefazione era stata drasticamente ridotta. Dal 1816 nelle due versioni ogni riferimento al recente passato era scomparso, tornavano i vecchi nomi di palazzi e musei, c’era di nuovo la Cronologia de’ Papi e quanto alla dedica il Vasi aveva puntato ancora più in alto di prima, addirittura a San Pietro «gran protettore della Città di Roma».
L’edizione italiana del 1819 con la sua ristampa identica dell’anno seguente, e quella francese pure del 1820 non hanno storia se non per il fatto che l’Autore recepì parzialmente gli interventi di un giovane studioso che egli aveva chiamato nel 1818 a rivedere, correggere e ampliare la guida ormai invecchiata. Era questi Antonio Nibby⁑ di cui il Vasi non dice nulla al frontespizio tranne il nome, né mai lo cita all’interno, ma che ad appena 26 anni era una personalità emergente nel mondo della cultura antiquaria romana, aveva già lavorato alla Bi page 89 blioteca Vaticana come scrittore e interprete di greco pubblicando apprezzate traduzioni da Pausania e aveva steso i testi per la Raccolta de Monumenti più celebri di Roma antica con tavole di due incisori molto noti, Pietro Parboni e Pietro Ruga. Nibby non agì sull’opera del Vasi con mano troppo pesante, in proposito scriverà più tardi: «Allora però per riguardi dovuti all’autore vivente, credetti dover limitarmi a correggere soltanto gli errori più grossolani che si erano accumulati nelle edizioni precedenti» [V. sch. 93/¹]. Non ne mutò dunque l’impostazione generale, ma si accontentò di semplificarne il testo con l’eliminazione di parecchi aggettivi e di descrizioni ridondanti, piccole correzioni anche di forma e l’aggiunta di qualche iscrizione e di alcuni appropriati giudizi in materia d’arte. Data la sua specifica preparazione archeologica (il Nibby fu in seguito pubblico professore di archeologia nell’Archiginnasio romano e più tardi all’Università di Roma e all’Accademia di Francia), è naturale che i suoi maggiori interventi riguardassero le antichità. Anche stavolta uscì prima la versione francese e, sempre nel 1818, l’italiana in due volumi presso la Stamperia de Romanis che aveva già pubblicato lavori del Nibby: l’opera appariva ringiovanita anche nella veste tipografica, un bel carattere bodoniano piccolo, ma con le vecchie tavole in rame stanche e ritoccate, usate regolarmente in numero variabile, e ogni tanto con qualcuna di nuova, fin dal 18041⁑.
Con la guida 1824 tutta del Nibby [V. sch. 93/²] si affaccia una figura di editore- stampatore che avrebbe poi affiancato l’Autore fino alle sue ultime edizioni e oltre. Il primo si chiamava Luigi Nicoletti che alla morte di Mariano Vasi era subentrato nella calcografia da qualche anno trasferitasi a via del Babuino. Egli si rivolse dunque al Nibby pregandolo di «voler dirigere questa nuova edizione, ed arricchirla più che fosse possibile di tutte quelle notizie e correzioni che potessero renderla più completa ed esatta». La guida va guardata ponendola a confronto con quella del 1818, che senza dubbio servì di base all’Autore perché in essa aveva già potuto, sia pure limitatamente, racconciare i vecchi testi dei Vasi mettendoci parecchie cose di suo. Ci si rende così conto di essere difronte a una vera guida «moderna». Nibby volle mantenere la suddivisione in otto giornate e, a grandi linee, il vecchio itinerario, ma lavorò molto sul testo ampliando certi suoi precedenti interventi specie in tema di architettura o di archeologia, ma talora anche correggendone o eliminandone qualcuno, aumentando le informazioni date prima in modo sintetico, e finalmente potendo esprimere giudizi di merito riguardo ad opere d’arte o artisti da cui i Vasi padre e figlio si erano programmaticamente sempre astenuti. «Tanti e tali furono i cangiamenti che feci all’Itinerario proprio del Vasi, tanti gli errori, e le inesattezze che vi corressi, che se voglia eccettuarsi la divisione ed il metodo, quella poté dirsi opera nuova»: così scrisse Nibby tre anni più tardi parlando del suo lavoro, del quale basti dire a mo’ d’esempio che la descrizione dei Musei Capitolini dal 1818 al 1824 è pas page 90 sata da 24 a 40 pagine e quella dei Palazzi e Musei Vaticani da 55 a 88. Quanto alle illustrazioni, a prima vista l’insieme sembra ripetere quello delle guide precedenti, ma osservando più attentamente si scopre che alcuni rami sono nuovi forse opera della stessa mano, altri ritoccati, altri ancora copie reincise di quelli vecchi. Di veramente inedito ci sono solo quattro tavole di planimetrie di templi antichi e basiliche cristiane.
Fu decisamente straordinaria la longevità di queste lastre che servirono ancora, accanto a qualche altra nuova planimetria, nelle edizioni seguenti fino all’italiana e alla francese del 1830⁑, quando ormai le incisioni apparivano niente più che larve rispetto a com’erano ventisei anni prima. Come anticipazione dell’improrogabile totale rinnovo, ecco in queste due versioni le nuove piante di Roma antica e moderna non più prospettiche ma icnografiche, con il titolo entro un cartiglio di sapore neoclassico. Il testo dell’edizione 1830 e delle successive fino al 1839⁑ mostra come il Nibby abbia ogni volta proseguito il suo sistematico lavoro di aggiornamento e di miglioramento (interi capoversi risultano talora completamente riscritti) con continue notizie di nuovi restauri e costruzioni, descrizioni più dettagliate di luoghi ed edifici, aggiunte alla storia di molti monumenti, cambiamenti di posto di opere d’arte, informazioni sulle recenti scoperte archeologiche. Nel 1834 Luigi Nicoletti volle corredare la sua ultima edizione francese con un nuovo corpus iconografico, 34 graziose vedute in rame spesso riprese dallo stesso punto di vista delle precedenti e con didascalie bilingui sovrapposte, più le due recenti piante di Roma. Anche le planimetrie che accompagnano qualche monumento risultano rifatte ex novo.
Da molto tempo — come già ricordava il suo editore nel 1824 — Antonio Nibby stava lavorando alla sua opera maggiore, la monumentale Roma nell’anno MDCCCXXXVIII in quattro volumi, uno degli studi più ampi e importanti che siano mai stati pubblicati sulla topografia della città. Il destino volle che l’Autore ne abbia potuto vedere stampati soltanto tre. «Ardua impresa certamente è questa alla quale mi accingo...»: con queste parole egli apriva il primo volume che vide la luce appunto nel 1838, ma l’impresa non gli impediva di curare l’anno stesso la quarta edizione italiana della guida e nel 1838-1839 la sua ultima in francese. Di entrambe era editore Agostino Valentini, associato solo per il 1838 a Giacomo Antonelli negoziante di stampe in via del Corso [V. sch. 94/²). Il Valentini — come si faceva premura di annunciare in due pagine pubblicitarie al termine del primo tomo dell’edizione francese — aveva appena cominciato a stampare un’opera in più volumi in-folio sulle basiliche patriarcali di Roma; poi finì per illustrarne soltanto tre perché per S. Paolo fuori le Mura, distrutto dal famoso incendio, avrebbe dovuto aspettare page 91 che fosse completata la ricostruzione, che invece tardò troppo. Dopo la morte del Nibby, Agostino Valentini continuò a pubblicarne la guida per più di trentanni, con qualche aggiornamento e qualche novità grafica, alternando le versioni italiana e francese e le tipografie tra quelle di Marini, Aurelj, Puccinelli e Sinimberghi. Tenne a lungo anche l’insieme delle vedute e planimetrie in rame introdotte da Luigi Nicoletti nel 1834, con qual- cun’altra in seguito aggiunta, inserendone di solito 40 più le due piante.
Le prime tavole finalmente rinnovate apparvero con l’edizione francese 1853 (nell’italiana dello stesso anno rimaneva il vecchio apparato). Erano per il momento nove, sottoscritte «G. Cottafavi dis. ed incise. Roma per A. Valentini»; ma già due anni dopo, sempre per la versione francese, erano diventate 18 più le due piante, e tante sarebbero rimaste fin quasi alle ultime edizioni alla soglia del 1900. Gaetano Cottafavi ne aveva aggiunta una, mentre le altre otto erano state incise da Domenico Amici, e formavano un insieme fra i più belli che abbiano mai ornato le guide di Roma. Il titolo intanto si andava stabilizzando così: Itinerario di Roma e delle sue vicinanze compilato da Antonio Nibby secondo il metodo del Vasi.... edizione diligentemente rettificata dall’Editore Agostino Valentini con giunte risguardanti ogni nuova scoperta archeologica e qualunque innovazione avvenuta dopo l’edizione precedente. Volume unico. Roma... Nel titolo, in luogo del numero d’ordine dell’impressione si sono dovuti porre dei puntini perché cercare di individuare e collazionare sulla base dei frontespizi tale ordine sarebbe davvero una fatica improba e aleatoria. L’incertezza del punto di partenza, il succedersi delle versioni in più lingue, le mancate o contraddittorie indicazioni, il frequente variare degli editori e dei tipografi sono tutti elementi che di sicuro non faciliterebbero il compito⁑. Sta di fatto che l’ultima edizione firmata a pieno titolo dal Valentini fu quella italiana del 1870, indicata al frontespizio come «ottava».
Figurava «ottava» anche la ristampa successiva datata 1874 e pubblicata da Ermanno Loescher, editore torinese di origine tedesca venuto a Roma con i piemontesi aprendo una libreria al Corso: aveva lo stesso titolo e le 18 tavole Cottafavi-Amici, ma era stata stampata a Torino nella tipografia Bona. Il nome del Valentini era rimasto nel frontespizio semplicemente perché la ristampa era del tutto identica alla precedente impressione; ma presto l’intraprendente editore, trovando necessario rinnovare la guida che ormai mostrava i segni dell’età, pensò di ricorrere a un altro curatore, il professore di geografia Filippo Porena. Questi, attenendosi alla suddivisione del giro della città in otto giornate e all’impostazione generale del Nibby, mentre da un lato ne criticava i criteri storici ed estetici su cui aveva for page 92 page 93 mulato i giudizi su monumenti e prodotti artistici, di fatto ne recepì in sostanza tutta la mole di informazioni da lui trasmessa. Tuttavia nella sua prima edizione del 1877, non registrata da Schudt, il Porena non si limitò a parafrasare i testi del Nibby, ma vi aggiunse di proprio quanto fu in grado di raccogliere non solo sull’arte cristiana antica, del medioevo e del primo Rinascimento che rimproverava il Nibby di avere trascurato, ma anche in campo archeologico alla luce degli scavi che in quel periodo si conducevano disordinatamente per tener dietro al febbrile sviluppo edilizio di Roma capitale. Anche l’impianto grafico ne risultò modificato. Nel testo, dopo le notizie generali su un monumento, una chiesa, un museo, la descrizione dettagliata di quanto in essi è contenuto è composta in carattere tipografico più piccolo e su due colonne. Rimasero le 18 tavole incise da Cottafavi e Amici, più una sulla colonna dell’Immacolata Concezione in piazza di Spagna, ma furono anche inserite otto piante litografiche fuori testo talora ripiegate, oltre 60 figure silografiche e planimetrie nel testo, una carta dei dintorni e una pianta monumentale di Roma ripiegata alla fine. Il volume appariva rilegato editorialmente in piena tela con impressioni in oro.
Filippo Porena riuscì a pubblicare da Loescher complessivamente tre edizioni in francese e nove in italiano, l’ultima nel 1894. Scomparvero piano piano le incisioni, sostituite dalle nuove illustrazioni e dalle tavole più scientifiche ma meno decorative, il giro della città si allungò a dieci giorni, i testi man mano si allontanavano da quelli originali del Nibby, ma il suo nome non venne mai a mancare: era troppo prestigioso e poteva sempre fungere da richiamo. Dal 1824 per settant’anni senza interruzioni era apparso al frontespizio di ben 51 edizioni in italiano, francese e inglese⁑. Tuttavia le guide del Nibby page 94 non piacquero allo Schudt: era un archeologo e lui invece prediligeva Roma moderna. Spese molti elogi per la Roma nel MDCCCXXXVIII, ma liquidò in poche righe il capitolo sulle sue guide senza aver trovato «innovazioni e miglioramenti sostanziali» rispetto ai lavori di Mariano Vasi, mentre era vero il contrario. Diceva che le sue descrizioni delle opere d’arte erano «superficiali» e che gli elenchi esaustivi delle pitture e sculture che lui presentava erano paragonabili a un qualsiasi moderno manuale di viaggio, ed erano invece l’anticipazione delle indagini conoscitive che sono alla base di tutta la moderna critica d’arte. Non aveva capito che il Nibby, con rigore di metodo e profonda cultura, aveva aperto la strada alle migliori guide del nostro tempo, non solo di Roma.
L’Introduzione come storia delle Guide di Roma
Antiporta in rame dalla guida di Francesco Posterla Roma Sacra, e Moderna... (Roma, Gonzaga, 1707)
page 97Proemio
Roma civitas sancta, caput mundi
Argomento e metodo di lavoro
Difficilmente un’altra città al mondo dispone di una letteratura topografico-descrittiva così ricca come Roma. Come centro dell’impero romano e poi della potenza universale della Chiesa essa ha attirato per secoli viaggiatori di tutti i paesi.
La Roma medievale, che giaceva spopolata sull’area di quella che era stata la città più grande e più ricca del mondo antico, offriva allo sguardo del viandante, accanto alle basiliche cristiane, un gran numero di costruzioni antiche, in parte ancora in piedi e in parte crollate. Rovine il cui significato egli non capiva più, ma nelle quali intendeva orientarsi. Così intorno ai monumenti della Roma antica già nel Medioevo si andava formando una ricca letteratura: strane leggende, ma anche resti di una genuina tradizione che contiene una qualche verità.
Con l’evoluzione dell’aspetto della città si modifica anche l’immagine che tali scritti forniscono. Il Rinascimento e il Barocco creano una nuova città e ogni volta è un uomo diverso quello che viene a trovarsi di fronte a tali cambiamenti. È quindi un quadro piuttosto ricco che si offre a chi studia tale letteratura che rispecchia il crescere e il divenire di una città che ha avuto una primaria importanza per la storia dell’Occidente.
Sembra impresa impossibile per chiunque analizzare compiutamente da solo tutti questi testi, che già nella loro forma esteriore rappresentano ciascuno un capitolo a sé per scrittura e aspetto grafico. Ci si dovrebbe familiarizzare allo stesso modo con i monumenti della Roma antica, con la paleografia medievale e con le costruzioni del Barocco per poter assolvere nel suo complesso a tale compito.
Così nel presente lavoro mi sono limitato a una piccola parte di questa letteratura straordinariamente ampia. Essa comprende unicamente opere che si occupano della Roma moderna, e di queste soltanto quelle che sono state pubblicate dopo l’invenzione della stampa, e arriva fino alle ultime edizioni delle guide ormai divenute storiche. I manoscritti medievali nel loro insieme non sono stati presi in considerazione⁑. Inoltre mi sono page 98 occupato solo delle opere che riguardano esclusivamente Roma; le descrizioni dell’intera Italia, così come l’ampia letteratura di viaggi, non trovano posto in questo lavoro, anche se le loro indicazioni su Roma fornirebbero materia per un volume a parte⁑.
Ma nonostante questi limiti il nostro argomento abbraccia ancora uno spazio di tempo considerevolmente grande. E qui l’attenzione maggiore va agli anni dal 1640 al 1760, un periodo cioè in cui le guide acquistano il loro principale significato per la storia dell’arte più recente a Roma. Tutto ciò che succede prima di quest’epoca ha importanza per noi solo nel senso dell’inizio di una evoluzione; le guide pubblicate dopo il 1760 perdono invece, in concomitanza con lo sviluppo della città, sempre più il carattere di lavoro autonomo. Questo è essenziale per la delimitazione temporale del nostro argomento. Restano ancora da esporre brevemente i criteri adottati nell’elaborazione del materiale.
A vederle da vicino, le guide romane risultano tra loro molto diverse. All’inizio il pellegrino cercò «molta pietà e sacralità» nella città eterna; per questo il contenuto principale delle guide più antiche è costituito da elenchi di chiese, stazioni e reliquie. Lentamente, verso il 1560, si comincia a percepire un certo interesse per le opere d’arte. Tale indirizzo poi procede rapidamente, e dal 1640 circa le indicazioni specifiche per il pellegrino cominciano gradualmente a diminuire. Contemporaneamente si registra una sorta di specializzazione nei compiti: le guide per il pellegrino e quelle più attente alla storia dell’arte prendono strade diverse e per quanto riguarda queste ultime cominciano a delinearsi varie sottospecie. Esse conseguiranno l’esito massimo nella formazione di una topografia scientifica, di cui però si potrà parlare solo all’inizio dell’Ottocento.
Nella nostra trattazione cercheremo quindi di dare particolare risalto a tali cambiamenti, di distinguere tra i diversi tipi di guide e di stabilire la loro reciproca dipendenza.
Ci si pone inoltre la domanda se in un repertorio sulle guide della Roma moderna siano da includere le descrizioni della città antica. Queste non possono essere del tutto tralasciate, dato che contengono molte indicazioni importanti per la Roma moderna. Più tardi, dalla metà del Seicento circa, si registra comunque una netta distinzione tra i due campi, e a partire da quel momento l’antico perde interesse per il nostro lavoro.
Resta infine da esaminare il problema di quanto la descrizione dei singoli monumenti sia collegata con l’evoluzione delle guide. Sembra conveniente almeno toccare la questione in un breve capitolo conclusivo, quando tali descrizioni si presentino la prima volta, se siano dipendenti dalle guide generali e se siano state concepite quali scritti di tendenza topografico-descrittiva, elencando brevemente in ordine cronologico le più importanti di esse.
La sostanza e, come spero, il valore principali del presente lavoro sono costituiti dalla bibliografia. Credo di poter dire di averla resa piuttosto attendibile e bibliograficamente ineccepibile, essendomi servito delle biblioteche di Roma, Berlino, Monaco, Vienna, Parigi e Londra come del catalogo generale degli incunaboli, delle biblioteche prussiane di page 99 Berlino e dell’eccellente raccolta privata del dott. Thomas Ashby di Roma¹, nonché di un gran numero di biblioteche minori. Errori sono tuttavia inevitabili, tanto più che la consultazione degli esemplari è avvenuta in un arco di diversi anni e in varie città d’Europa.
A prima vista mi era sembrato naturale poter semplicemente ordinare un materiale così raccolto secondo la data di pubblicazione. Tuttavia in un momento successivo del mio lavoro ho abbandonato tale criterio. In una disposizione puramente cronologica vengono accomunati libri di soggetto eterogeneo ed è impossibile avere il quadro generale dell’evoluzione di guide pubblicate tanto frequentemente come quelle del Martinelli o dei Vasi. Così ho optato per la suddivisione della bibliografia in quattro sezioni principali: guide vere e proprie, topografie scientifiche, testi di carattere religioso, testi didattici. A queste si aggiungono le descrizioni dell’antica Roma (sezione VI) e dei singoli monumenti (sezione VII). Per consentire tuttavia anche la possibilità di un orientamento cronologico rapido, è stato accluso un indice per anno di pubblicazione⁑.
In questa bibliografia sono accolti solo testi che ho realmente consultato e avuto tra le mani; l’appendice finale, invece, costituisce un indice delle opere che, sebbene registrate in altre bibliografie, non sono state reperibili nel corso delle mie ricerche. Mi sono tuttavia occupato troppo a lungo della materia per osare di affermare che il presente lavoro possa avere pretese di completezza. Questo è un primo tentativo di ordinare tutta l’enorme quantità di scritti topografici su Roma e di riconoscere il valore, tra essi, di quelli più importanti e autorevoli. Se il lavoro dovesse riuscire a fornire, una volta per tutte, le basi per una grande storia topografica della Città eterna, allora il suo scopo potrebbe dirsi pienamente raggiunto.
«Godi dunque fra tanto, benigno lettore, di questa mia, benchè piccola fatica, che non ad altro fine è diretta, che alla utilità di tutte le nazioni tanto Italiane, quanto forastiere, che della lingua toscana e dell’istoria si dilettano. Non esser giudice severo, e sappi compatire i difetti, & errori in essa scorsi; e vivi felice»².
Le precedenti bibliografie
Prima di inoltrarci nella trattazione del nostro tema, conviene esaminare in breve i lavori precedenti che erano a nostra disposizione³. La più antica bibliografia di letteratura topografica romana si trova al cap. XIII della Roma ex ethnica Sacra di Fioravante Martinelli⁑. L'Autore tratta qui i lavori dei suoi predecessori e dà un compendio della letteratura storica dell’arte su Roma fino ai suoi giorni. Le informazioni sono ben elaborate ed hanno mantenuto, ordinate in modo chiaro, il loro valore sino ad oggi.
page 100Nel 1682 Prospero Mandosio pubblicò la sua Bibliotheca Romana ⁑. Poiché il libro fornisce esclusivamente notizie su scrittori romani, cioè nati a Roma, il lettore trova naturalmente ben poco sulle singole edizioni delle guide; tuttavia le informazioni biografiche sui singoli autori sono di grande valore.
Per trovare bibliografie che siano valide ancor oggi dobbiamo arrivare alla fine del XVIII secolo, a cominciare dal Catalogo delle storie particolari civili ed ecclesiastiche delle città e de' luoghi d’Italia dei Coleti⁑. Qui è dedicata alla città di Roma una ricca bibliografia, nella quale si possono già trovare accenni a una valutazione critica delle guide romane, principalmente nella loro dipendenza l’una dall’altra.
Coleti rappresenta però soltanto la base per una molto più estesa Bibliografia storica delle città, e luoghi dello Stato Pontificio del Ranghiasci (1792-93). Il lavoro⁑, per quanto concerne le diverse tipologie e i più importanti autori e stampatori delle guide romane, è quasi completo; tuttavia nelle indicazioni relative alle singole edizioni e al loro valore lascia comunque ancora molto a desiderare. Lo si deve comunque definire assolutamente fondamentale, nonostante il lavoro del Calvi che menzioneremo più avanti.
L’appendice bibliografica del Cancellieri alla sua descrizione della basilica di S. Pietro (1788)⁑ non può essere tenuta in considerazione davanti a tali opere basilari. La successiva pubblicazione di valore durevole è costituita dal catalogo della Biblioteca Cicognara (1821)⁑. I pregi di questo manuale sono conosciuti; la sezione su Roma è realmente ampia e registra rare e interessanti edizioni, con osservazioni in nota del Cicognara stesso, mantenendo sino ad oggi intatta la sua importanza. Essa resta tuttavia, per quanto attiene alla ricchezza ed estensione del materiale, inferiore a Coleti e Ranghiasci.
Nel quadro dell’intera Italia, Roma dal punto di vista bibliografico viene trattata dal Lichtental nel Manuale bibliografico del viaggiatore in Italia (1830)⁑ e nella grande bibliografia di Carlo Lozzi, che è però poco fruttuosa per le guide (1886-87)⁑. La bibliografia sul Tevere di Enrico Narducci è, nonostante l'argomento estremamente circoscritto, ricca di utili indicazioni della più svariata natura⁑.
page 101Di maggiore importanza rispetto a questi lavori risulta il catalogo della Biblioteca Platneriana del 1885 che contiene indicazioni molto apprezzabili su rare opere riguardanti Roma; esso fu successivamente anche incorporato nel catalogo dell’Istituto Archeologico Germanico (1900-1902), la cui seconda edizione curata da Merklin può essere considerata una delle più ricche tra le bibliografie moderne su Roma⁑.
Delle bibliografie recenti che si occupano specificamente di Roma sono da ricordare ancora tre opere maggiori. La Bibliografia Romana, pubblicata dal Ministero dell'Agricoltura, Industria e Commercio nel 1880, della quale esiste solo il primo volume, fornisce similmente al Mandosio soltanto notizie su scrittori romani ed è per la bibliografia delle loro opere di un certo valore, mentre per le guide risulta del tutto improduttiva⁑.
Neanche la Bibliografia di Roma medievale e moderna di Francesco Cerroti, pubblicata postuma nel 1893, può essere presa in considerazione per il nostro argomento, dato che l’Autore non era ancora giunto nel suo lavoro a trattare la parte topografica⁑. Il catalogo della Biblioteca Sarti, pure compilato dallo stesso Cerroti, offre invece ricchissimo materiale, soprattutto per la descrizione dei singoli monumenti⁑.
Infine bisogna ricordare la Bibliografia di Roma di Emilio Calvi, rimasta pure incompiuta a causa della morte dell'Autore⁑. L'Appendice offre senza dubbio l’elenco più completo sia delle guide che delle descrizioni di singoli monumenti, dopo i lavori del Ranghiasci e dei Coleti. Dovessero mai le indicazioni bibliografiche risultare nel dettaglio imprecise e talvolta errate, l'Appendice rimane comunque un’opera straordinariamente utile e sistematicamente ordinata, nonché l'attestato di una imponente attività lavorativa.
Per il Giubileo dell’anno 1925 apparve il Prontuario bibliografico per la storia degli Anni Santi di Pericle Perali⁑. Questo esemplare lavoro offre una compilazione degli scritti usciti in occasione dei diversi Giubilei e parallelamente elenca anche le guide redatte in page 102 quegli anni. Esso ci ha suggerito alcune preziose indicazioni e integra, sotto molti aspetti, la quarta sezione del presente lavoro.
La Bibliografia metodico-analitica delle chiese di Roma di Pio Spezi⁑, già apparsa in appendice al periodico diretto da Carlo Galassi Paluzzi «Bibliografia Romana», e della quale è disponibile ad oggi la lettera A, tratta nuovamente delle singole chiese, senza peraltro superare il Calvi.
A tali bibliografie di impostazione nettamente scientifica si aggiunge una quantità di cataloghi d’antiquariato, che possono vantare un certo significato. Va da sè che si debbano menzionare in primo luogo i cataloghi degli antiquari romani. Importanti sono tra questi la Biblioteca storica italiana dei fratelli Bocca⁑ e soprattutto il Catalogo n. 111 di Ulrico Hoepli⁑. Un’importanza a sè rivestono inoltre il catalogo della Biblioteca Corvisieri, redatto con molta cura, che offre una messe di materiali tra i più rari, e il catalogo della Biblioteca Borghese⁑.
Non è necessario sottolineare oltre come per il presente lavoro siano state prese in considerazione anche altre opere di carattere generale al di fuori delle bibliografie specifiche, quelle in più volumi di Gustav Brunet e del Graesse, per gli incunaboli i repertori di Hain-Copinger, Proctor e Reichling, e la Biblioteca italiana di Haym⁑.
Un vero riconoscimento delle guide di Roma nel loro intrinseco valore per la topografia romana manca quasi completamente. Il Canina diede per primo una storia degli antiquari romani⁑; a lui fece seguito il Bunsen nella sua introduzione alla descrizione della città di Roma compilata insieme al Platner⁑. Nella terza edizione da lui curata della page 103 guida del Melchiorri, il Mercuri ricostruì un'utile storia della topografia dell’antica Roma che riporta anche indicazioni sulle guide⁑. Infine H. Jordan riepilogò l’attuale ricerca nella sua fondamentale topografia, i cui risultati furono poi assunti dal Richter in Topografia della città di Roma; ed è qui necessario ricordare che il tema è stato trattato anche da P. G. Hübner⁑.
Tutto questo si riferisce essenzialmente agli scritti degli archeologi, mentre le guide per la Roma moderna sono state trattate solo di sfuggita. Fu probabilmente Antonio Nibby il primo ad aver dato nel suo ampio lavoro Roma nell’anno 1838 alcuni cenni sui suoi predecessori⁑. Qualcosa di più si trova nell’appena citata introduzione alla descrizione della città del Bunsen⁑.
Il solo Christian Hülsen ha recentemente steso una vera e propria storia della topografia scientifica della Roma moderna nel secondo capitolo dell'introduzione al suo Le chiese di Roma nel Medioevo, pagine che integrano la terza sezione del presente lavoro⁑. In senso più approfondito si è occupato di ciò Julius von Schlosser in vari passi della sua Kunstliteratur (Letteratura artistica). Tale esposizione costituisce il primo risultato che riassuma quanto sia mai stato detto su tale argomento, pur non potendo esaurirlo⁑.
L’autore del presente lavoro ha infine delineato un breve quadro della letteratura delle guide di Roma dal 1541 al 1674 nell’introduzione all’edizione a sua cura del Viaggio per Roma di Giulio Mancini, con una propria bibliografia⁑.
page pageI. Le Guide
pageParticolare della pianta di Pirro Ligorio Vrbis Romae sitvs... edita dal veneziano Michele Tramezzino nel 1552
page 107Dalle Indulgenze Al Felini
Mirabilia, Stazioni, Indulgenze
Nell’approccio ai testi generalmente conosciuti come Mirabilia urbis Romae si deve tener presente che, ai fini del nostro discorso, si tratta solo di riconoscere il loro significato per lo sviluppo delle successive guide, quale inizio e prima fase evolutiva. Non ci si deve attendere quindi uno studio sulla derivazione da materiali manoscritti medioevali, né una collazione dei singoli esemplari ivi contenuti, e neppure una risposta all’interrogativo di chi ne fosse l’autore; si valuta piuttosto soltanto se siano qui già reperibili singoli elementi comuni alle guide in uso nel XVI secolo⁑.
Un esame dei Mirabilia (il titolo Memorabilia o Historia et descriptio urbis Romae non appare negli esemplari conservati) indica come sia necessario distinguere tra due differenti tipologie. La prima, che può essere realmente definita Mirabilia e che ha inizio con le parole «Murus civitatis habet CCCLXI turres» offre, in un testo della dimensione di un foglio, una breve descrizione dell’antica Roma e verrà trattata quindi nella sezione sulle opere degli archeologi.
Di maggiore importanza ai nostri fini è invece la seconda, più ampia, variante che per il suo contenuto ho denominato Indulgentiae ecclesiarum urbis, titolo che del resto ricor page 108 re in molti superstiti esemplari. Ma anche qui, come sembra, si deve distinguere tra due varianti. La prima, una breve raccolta delle indulgenze lucrabili nelle sette chiese principali, costituisce un primo passo per la definitiva formulazione di questo gruppo. Il più antico esemplare datato (Biblioteca di Stato di Monaco, Hain *9176) porta la data del 1 febbraio 1475 [sch. 4]. Tre altre edizioni, che si trovano a Londra, vengono datate con buon fondamento all’arco di tempo compreso tra il 1470 e il 1475⁑.
Questi opuscoli, composti in genere di 4-12 carte, riportano le indulgenze delle sette chiese principali senza alcuna indicazione di carattere storico-artistico, con l’unica eccezione del passo «Qua(m) eccl(es)iam [la basilica Lateranense] postea renovavit & de fundamento redificari fecit dei genetricis servus papa Nicolaus quartus filius b(ea)ti Francisci: ut clare apparet in opere mosayco supra summum altare». È facile pensare che molto presto sia sorta la necessità di una guida attraverso questi luoghi di culto che interessavano sempre più ai pellegrini, e dalla quale è poi derivata la forma ampliata delle Indulgentiae. A favore di tale ipotesi stanno le date degli esemplari a noi pervenuti così come il fatto che essi siano scomparsi a seguito della diffusione delle vere e proprie Indulgenze.
Il testo comincia con le parole: «Sanctus Silvester Papa scribit in Coronica sua qu(od) Rome fueru(n)t: Mille quingente quinq(ue) ecclesie, quae nunc pro maiori parte sunt distructe. Et inter illas tantu(m) su(n)t septem principales privilegiate maiori privilegio, gratia, dignitate & sanctitate q(uam) alie». A ciò fa seguito l’elencazione delle singole chiese nell’ordine: Laterano, S. Pietro, S. Paolo, S. Maria Maggiore, S. Lorenzo, Ss. Fabio e Sebastiano, S. Croce in Gerusalemme. In chiusura (c. 7v.) il capoverso «Sequuntur alie principales ecclesie», ovvero S. Maria in Araceli, S. Silvestro in Capite, S. Prassede, S. Maria libera nos a poenis inferni, S. Giovanni a Porta Latina, S. Maria Nova e S. Giacomo in Porticu. Tale scritto non presenta particolare valore per lo storico dell’arte, bensì la sua versione ampliata, che abbraccia tutte le più rilevanti chiese della città e la cui prima edizione datata è stata impressa da Stephan Plannck il 7 novembre 1489 [sch. 5].
L’esemplare reca a carta 1 r. l’indicazione del contenuto, che ricorre immutata in tutte le edizioni successive: «In isto opusculo dicitur, quomodo Romulus et Remus nati sunt et educati. Et postea Romulus factus est primus Romanorum rex et conditor Romanae urbis. Quomodo et quamdiu ipse et successores sui rexerunt. Et etiam de imperatoribus Romani imperii: qualiter imperaverunt a primo Julio Cesare usque ad tempus Constantini magni imperatoris. Quomodo Constantinus a lepra est curatus, et a beato Silvestro baptizatus. Quomodo sanctus Constantinus ecclesiam Romanam dotavit: beato Silvestro omnibusque suis successoribus Romanis pontificibus totam Italiam, omnes provincias occidentales: regiones: loca: civitates: insulas quae circa Italiam sunt pio affectu dedit. De indulgentiis omnium ecclesiarum et reliquiis, que Rome existunt. De stationibus in eisdem page 109 per circulum anni.» Il titolo rivela sostanzialmente il contenuto del libro: una sorta di storia universale dalla fondazione della città di Roma, quindi un’elencazione di tutti i re e gli imperatori fino a Costantino il Grande, la cui conversione e il cui battesimo ad opera di San Silvestro vengono sottolineati in particolar modo data la destinazione del libro.
Per noi è di maggiore interesse la seconda parte, che tratta delle reliquie e delle indulgenze delle chiese. Alla descrizione delle sette chiese principali (S. Giovanni Laterano, S. Pietro, S. Paolo fuori le Mura, S. Maria Maggiore, San Lorenzo fuori le Mura, S. Sebastiano fuori le Mura, S. Croce in Gerusalemme) segue l’enumerazione delle restanti chiese della città, 87 in tutto. La sequenza ha inizio con le chiese in Trastevere, passa poi all’isola Tiberina, tocca l’Aventino e di qui, per Porta S. Paolo, va a S. Paolo fuori le Mura, Tre Fontane e San Sebastiano tornando all’interno della città per Porta Latina. Qui viene visitato il Celio con S. Clemente e i Ss. Quattro Coronati e sono descritte le chiese adiacenti al Foro Romano. Di qui l’itinerario, con alcune deviazioni, segue il Corso e si conclude a S. Maria del Popolo.
Da qui ha inizio un nuovo giro, che tuttavia nel testo non appare caratterizzato in alcun modo come tale. Esso parte da S. Bibiana e tocca con punte particolari S. Prassede e le chiese limitrofe, devia per S. Susanna da dove torna nuovamente indietro verso S. Pietro in Vincoli, poi per l’Araceli giunge al Pantheon, quindi a S. Maria in Monticelli e a S. Maria della Pace; infine, dopo una deviazione sul Tevere, ove vengono descritte le principali chiese di Borgo, termina a S. Pancrazio. L’opuscolo chiude con un indice delle stazioni e, nelle traduzioni italiane, con un elenco cronologico dei papi.
Si tratta qui della prima edizione latina datata. Grazie a un confronto dei caratteri tipografici si è potuto determinare un probabile precedente anno di apparizione per altre edizioni⁑ senza che, a quanto mi consta, si sia riusciti a trovarne una che possa dirsi antecedente al primo testo tedesco del 1481 [sch. 6]. Ma anche questo contiene, come il libro silografico [sch. 7] ripubblicato a cura di Ehwald⁑, sostanzialmente lo stesso testo, cosicché non si riesce a dimostrare una fase intermedia tra le Indulgentiae septem ecclesiarum e lo scritto in questione.
Simili elenchi di chiese venivano incontro a una esigenza generale. Da quasi tutto il periodo degli incunaboli ci sono pervenute edizioni che si distinguono comunque solo minimamente tra loro. Esse vennero tradotte molto presto in spagnolo, francese e italiano. Abbiamo visto come le edizioni tedesche datate precedano quelle latine. Le traduzioni italiane appaiono stranamente tardi. Le prime due risultano purtroppo senza data⁑, ma portano lo stemma rispettivamente di Alessandro VI [sch. 8] e di Adriano VII [sch. 9], risalgono page 110 quindi rispettivamente al periodo 1492-1503 (Hain 11220) e 1522-23, mentre il primo esemplare datato appare solo nel 1541 [sch. 10].
Purtroppo non mi è stato possibile consultare la prima edizione francese del 1499 (Reichling 259) [sch. 11]. Si possono comunque documentare ancora due impressioni collocabili nel periodo in questione: la più antica datata 1519, curata da Etienne Guillery a Roma [sch. 12], porta in margine al titolo «nouvellement imprimé». Nel 1536 Valerio Dorico ne fece uscire sempre a Roma un’ulteriore ristampa [sch. 13]. Ancora nel 1519 si registra la prima traduzione spagnola, stampata a Roma dal Blado [sch. 14], che nel 1524 la ripropose senza modifiche.
Mentre tutte queste edizioni volgono fedelmente il testo originale latino nella rispettiva lingua, l’unica versione fiamminga, dal titolo Van die seven Kercken van Romen... (1521) [sch. 15], offre qualcosa di diverso, trattando principalmente le reliquie e le indulgenze delle sette chiese principali alle quali aggiunge osservazioni di carattere edificante, senza peraltro accrescere il suo pregio storico-artistico.
Il valore delle Indulgentiae per la storia dell’arte non è particolarmente alto. L’elenco delle chiese è ancora molto distante dall'essere anche in qualche misura completo. Per mostrare cosa interessi in modo specifico gli autori, si osservi più da vicino questa descrizione di S. Giovanni in Laterano. «Prima ecclesia est Lateranensis, quae dedicata fuit a Beato Silvestro papa in honorem Salvatoris et Sanctorum Johannis Batistae et Johannis Evangelistae», ovvero la notizia della fondazione della basilica secondo la tradizione. Seguono le indulgenze quindi si fa riferimento al restauro dell’abside ad opera di Nicolò IV: «...quam ecclesiam postea renovavit et de fundamento edificare fecit dei genitrici Nicolaus papa IIIJ. ordinis sancti Francisci: ut clare adhuc apparet in opere musaico supra summum altare sancti Silvestri & suorum praedecessorum Summorum pontificum...». Conclude un elenco delle reliquie.
Il fruitore di tale guida era interessato principalmente a indulgenze e reliquie; solo occasionalmente ricorre una indicazione, come quella appena citata, e in tal caso essa prende significativamente le mosse da un avvenimento molto remoto sul quale l’iscrizione del mosaico richiamava la memoria. Sono molto più rari passi quali «...ad S. Mariam de Pace quam Sixtus Papa IV. de novo a fundamento edificavit, eamque maximis indulgentiis dotavit»⁑, da cui l'autore passa agli avvenimenti artistici del suo tempo.
page 111Resta da osservare come tali testi vengano talvolta integrati con una quantità di scritti allegati. Titoli più frequenti: Modus confitendi, Interrogationes sive doctrinae, Orationes Sanctae Brigittae, Translatio miracolosa ecclesiae beatae Mariae virginis de Loreto, Divisiones decem nationum.
Per concludere, ancora una parola sulle illustrazioni. Le silografie che si trovano inserite ricorrono continuamente. Nelle impressioni più antiche il frontespizio mostra una rappresentazione fantastica di Roma: vi si scorgono a destra Rea Silvia in ginocchio e in primo piano la lupa con Romolo e Remo. Nelle edizioni più tarde, a partire dal 1510 circa, tale frontespizio viene sostituito dalla semplice rappresentazione della lupa con i gemelli davanti ad un albero [sch. 16]. La seconda silografia, che ricorre quasi continuamente, rappresenta il velo di S. Veronica, davanti a cui si inginocchia una schiera di pellegrini. Inoltre sono anche regolarmente rappresentati i santi ai quali le sette chiese principali sono dedicate. In generale si può osservare come nelle edizioni successive le illustrazioni diminuiscano sempre più rispetto al testo (a partire dal 1520 circa). Nelle buone prime edizioni le silografie costituiscono tuttavia, con le loro ricche bordure, un meraviglioso ornamento del testo, che ha contribuito a renderle oggetto ambito della passione collezionistica dei bibliofili.
L’uso dei Mirabilia a scopo polemico è stato trattato brevemente da Ehwald nell’introduzione alla sua edizione del libro silografico. Non ho affrontato piú in dettaglio tale genere di pubblicazioni; all’infuori di Petreius e dell’ edizione citata da Ehwald dell' Heiligem Brotkorb di Calvino del 1594, sono a conoscenza di un’opera simile del 1590 (nella Biblioteca dell’Università di Greifswald) e di un’altra del 1606 (alla Biblioteca di Stato di Berlino)⁑.
page 112Andrea Palladio (1554)
Ciò che risulta prefigurato nelle Indulgentiae e che acquistò importanza per l'ulteriore evoluzione del genere è l’impostazione di una guida di Roma nella sua forma più generale: l'introduzione storica, l'elenco delle chiese, dove le sette chiese principali vengono anteposte in un capitolo speciale alle altre chiese romane, e l’indice delle stazioni. Dopo che tale testo si affermò, come pare, già dal 1480, esso non subì più modifiche di nessun tipo fino al 1554. Non è rilevante a questo punto neanche l'aggiunta «recognita & emendata atque in verum sensum reducta» che troviamo in una edizione della Biblioteca Vittorio Emanuele (alla quale purtroppo da un anno non è possibile accedere), il cui autore risulta essere un certo Antoninus Pontus [sch. 17]. Qualcosa di nuovo propone soltanto la Descritione de le Chiese, Stationi, Indulgenze & Reliquie de Corpi Sancti, che sonno in la Citta de Roma stampata nel 1554 a Roma da Vincenzo Lucrino, il cui compilatore è niente meno che Andrea Palladio [sch. 18].
Palladio ritoccò entrambe le varianti della descrizione della città, delle quali ci interesseranno più avanti le Antichità. Sui motivi della sua rielaborazione egli si esprime nel modo seguente: «Hauendoui io discritto in un’altro mio libro l'antiquita de la Citta di Roma, con quella diligenza & breuità, che per me s’è potuta maggiore, ho uoluto anchora per piu intiera uostra sodisfatione, & consolatione descriuerui le cose sacre di essa Citta, in quel modo che hora si trouano: conciosia che le memorie che di loro per adietro ne i libri loro son state fatte, al presente in molte parti non rispondono al uero, essendo esse cose sacre, & per le guerre, & per gli incendij, & ruine passate et edificationi di nuoue Chiese Hospitali & Confraternità, mutate, et trasportate da luogo a luogo» (carta A [sch. 2]).
L'opera, come le già menzionate edizioni delle Indulgentiae, è suddivisa in quattro capitoli principali: una storia della fondazione di Roma, che conserva ancora il suo valore ma che qui risulta già significativamente ridotta, le sette chiese principali, le restanti chiese della città e infine un elenco delle stazioni. Rilevante è il fatto che nell’elenco delle chiese siano stati concepiti sei sottocapitoli che avrebbero avuto valore decisivo per le due generazioni successive di autori fino al Felini (1610): dapprima le due chiese dell’Isola Tiberina, poi Trastevere ed infine il Borgo. Seguono i quartieri della riva sinistra del Tevere, che sono a loro volta suddivisi in tre sottocapitoli: I. L’intera zona da Porta del Popolo fino al Campidoglio, con inizio da S. Andrea sulla Via Flaminia fino all’Araceli (Dalla Porta Flaminia fora del Populo sino alle radici del Campidoglio). II. La sezione Dal Campidoglio a man manca ne li monti inizia con S. Pietro in Carcere, descrive le chiese che si trovano alla sinistra di via del Corso e si porta sempre più a sinistra per finire con S. Costanza. La terza parte Dal Campidoglio a mano dritta comincia con la chiesa non più esistente di S. Maria Liberatrice, alla quale sono adiacenti la Madonna della Consolazione, le chiese del Celio e dell’Aventino e termina con S. Maria Annunziata fuori Porta.
Questa suddivisione deve essere analizzata più da vicino, poiché sarebbe poi divenuta classica e, prescindendo da alcune modificazioni, avrebbe costituito lo scheletro di una gran parte delle guide successive, mantenendosi valida ancora per il XVIII secolo. Il numero delle chiese censite è salito a 112.
page 113Le descrizioni stesse mostrano maggiore attenzione per gli oggetti artistici. Si discostano molto tuttavia dalle forme convenzionali quando ad esempio, a proposito del tempietto di S. Andrea in via Flaminia, qui per la prima volta menzionato, si può leggere: «è una Capella ritonda con grande arte e bellezza fabricata per la S. di N. Sig. papa Iulio Terzo...» (c. 19). Simili apprezzamenti rivolti a un edificio sono infatti del tutto nuovi e ricorrono ancora più volte a proposito di S. Rocco a Ripetta o di S. Giovanni dei Fiorentini, conferendo al testo un valore filologico che lo eleva rispetto alle edizioni precedenti. Anche i due lavori che negli anni successivi sarebbero stati ricordati come grandi opere d’arte dell’Alma Città, il Mosè di Michelangelo e la Flagellazione di Cristo di Sebastiano del Piombo in S. Pietro in Montorio, vengono qui per la prima volta citati espressamente (cc. 28r. e 17v.). La Trasfigurazione di Raffaello non viene invece ancora nominata.
L’evoluzione del genere diventa ora più rapida. Proprio la successiva guida a noi pervenuta, un’edizione di Valerio Dorico del 1557 [sch. 19], offre una sezione del tutto nuova, la Guida romana, autore della quale figura un non meglio identificato «Schakerlay Inglese». Ashby gli ha dedicato un saggio che affronta ed esaurisce definitivamente il problema⁑. Basta quindi riportare qui il contenuto della Guida.
All’introduzione Schakerlay premette quanto segue: «L’auttore alli lettori carissimi. Non pensate Signori che io cerchi in questa operetta laude, o premio alcuno, ma solamente attendo mostrarvi, quello che so hauerete a caro, perchè ben si vede, che de di in di, nostri Inglesi, & Francesi, Fiammenghi, & de molte altre nationi uengono a Roma, desiderosissimi ueder le cose di quella, & ben conoscere, de le quale molte volte non si uede la terza parte. Però mosso per contentarui, ho preso ardimento esser guida alli desiderii uostri. Pregandoui che mi uogliate trattare bene, & per la strada non mi dimandiate troppe cose, ma lasciate fare a me, & io ui mostrarò la uerità in tutto, & con quanta breuita e possibile, faro che resterete a pieno satisfatti. Vostro Schakerlay Inglese» (c. 47v.).
L’itinerario attraverso la città eterna è ripartito in tre giorni ed ha inizio dal Ponte S. Angelo; di lì conduce al Borgo, ove sono descritti soprattutto il Vaticano e S. Pietro, a S. Spirito in Sassia e a Trastevere, all’Isola Tiberina e all’attuale piazza della Bocca della Verità, che è particolarmente celebrata per i suoi antichi edifici adiacenti. Di lì porta ancora, per il Monte Testaccio, alle Terme di Caracalla e fuori le Mura, per concludere infine con il Laterano e con S. Croce.
Il secondo giorno la visita prevede un percorso da San Rocco a Ripetta a Porta del Popolo e, dopo uno sguardo a villa Giulia e alla chiesa della SS. Trinità dei Monti, conduce al Quirinale, dove i Dioscuri catturano in modo particolare l’attenzione, e per la strada Pia fino a S. Agnese fuori le Mura. Percorrendo la strada verso S. Maria Maggiore, che ancora una volta è trattata più approfonditamente, si torna di nuovo in città. Passando poi per S. Pietro in Vincoli si raggiunge il Colosseo; e con la descrizione delle rovine del Palatino e del Campidoglio, cui si aggiungono i Teatri di Marcello e di Pompeo più vicini al Tevere, si conclude il programma del secondo giorno.
page 114Il «giro» del terzo giorno è dedicato soprattutto alla descrizione del centro propriamente detto: è dato conoscere le Colonne di Traiano e di Antonino (ovvero di Marco Aurelio), raggiungendo S. Maria sopra Minerva e il Pantheon e portandosi poi a Piazza Navona, per essere infine condotti davanti a «Mastro Pasquino». La guida termina con un accenno ai ricchi fondi delle collezioni pubbliche e private.
Da questi cenni si rileva come nel corso di tale itinerario l’interesse sia rivolto maggiormente alle rovine dell’antica Roma, mentre la descrizione dei monumenti dell'arte «moderna» resta molto limitata, con solo occasionali citazioni, come nel caso della strada e della Porta Pia. Inoltre vengono segnalate diverse vigne che hanno acquisito una certa notorietà, ma anch’esse per il loro corredo di reperti antichi. Anche nelle edizioni posteriori questa parte sempre ricorrente delle guide resta modesta e insufficiente per la storia dell’arte più recente. Un elenco dei papi chiude il lavoro.
Il testo della vera e propria descrizione della città e delle chiese è rimasto immutato rispetto alla redazione del Palladio; anche le due ristampe del 1558 e del 1562 nelle quali appare ancora il nome di Schakerlay, non mostrano alcuna integrazione, per quanto dell’ultima si possa giudicare stando al frammento del British Museum. Merita una menzione particolare la traduzione spagnola delle Cose Maravigliose stampata nel 1561 da Valerio Dorico con la Guida di Schakerlay⁑, compilata da Hernando de Salazar «a contemplacion y ruego de la señora doña Juana de Alarcon» [sch. 20].
Soltanto due edizioni del 1563, l’una curata da Valerio Dorico, l’altra dal Blado⁑, portano ampliamenti significativi [sch. 21]. Il numero delle chiese trattate è cresciuto di 20, ammontando ora a 132; le indicazioni risultano inoltre notevolmente arricchite: si confronti la storia dell’edificazione del Laterano e di S. Maria Maggiore, di S. Caterina dei Funari, dei Ss. Quattro Coronati e di S. Maria degli Angeli. Alle opere che vengono assegnate a determinati artisti si aggiunge anche la Trasfigurazione di Raffaello.
Con ciò si è consolidata la forma della guida romana per i due decenni a venire. Le numerose edizioni degli anni successivi che trovano posto nelle bibliografie — viene da sé che l’anno giubilare del 1575 ne abbia comportato un numero maggiore — non offrono rispetto a ciò nulla di fondamentalmente nuovo fino al 1587.
Quanto tuttavia simili pubblicazioni potessero soddisfare le primarie necessità dei pellegrini si può desumere dal fatto che ad esse venissero frequentemente aggiunti un Trattato ovver modo d'acquistar l’indulgentie e dal 1575 una Epistola del giubileo dell’anno Santo ad opera del cardinale Borromeo. [sch. 22]
page 115Girolamo Franzini (1558)
Sisto V (Felice Peretti, 1585-1590) diede a Roma un volto completamente nuovo ideando un tracciato di strade e piazze che definisce essenzialmente ancor oggi l’immagine della città. Le imponenti opere del grande papa hanno trovato naturale riscontro nella letteratura delle guide.
I tradizionali contenuti vengono arricchiti con un insieme di nuove notizie, com’è possibile leggere in una guida apparsa nel 1587 [sch. 23], dopo una lunga pausa: si apprende della costruzione del Gesù e della Cappella Sistina in S. Maria Maggiore, dell’erezione degli obelischi di S. Pietro e di villa Peretti all’Esquilino, menzionati nella Guida romana. Le Antichità qui aggiunte danno una breve storia della costruzione del Vaticano, il capitolo sugli obelischi fornisce informazioni sulle varie loro collocazioni volute da Sisto V.
Di gran lunga più importante di questa piccola guida, ancora relativamente modesta, è il suo rifacimento stampato a Venezia nel 1588 [sch. 24], sulla quale è necessario soffermarsi più a lungo per la sua grande rilevanza sull’evoluzione ulteriore delle guide. In primo luogo l’editore: si tratta di un certo Girolamo Franzini di Venezia il quale ancora prima del 1600 sembra essersi trasferito a Roma. Qui il suo erede Antonio ha portato avanti l’attività editoriale della casa che per 100 anni ha continuato a pubblicare una particolare guida che nell’ultima fase portava il titolo di Roma antica e moderna o di Roma sacra antica e moderna; sì che la storia di questa casa editrice è determinante per lo sviluppo di un tipo di guida romana. Già la prima guida del Franzini ha infatti stabilito l’impostazione di tutte le redazioni posteriori.
Per iniziare dalla veste esteriore, l’opera si raccomanda per il gran numero di illustrazioni silografiche (nella guida sono 91) e già questo costituisce una novità poichè abbiamo qui il primo esempio di guida figurata. Le illustrazioni silografiche — lo anticipiamo fin da ora — sono state in seguito sempre ripetute, soprattutto nel Felini, ma in sostanza i legni sono stati modificati limitatamente e, come sembra, solo nel caso che il prospetto dei monumenti non corrispondesse più alle immagini. Si comprende come le illustrazioni di questa prima edizione, tirate da matrici nuove, siano le più nitide e dunque le migliori⁑.
La suddivisione generale — le Antichità del Palladio sono incluse — è tuttavia quella consueta nella classifica disposta da Sisto V per le chiese; S. Maria del Popolo segue direttamente le sette chiese principali.
Nelle descrizioni delle molte altre chiese rimanenti si può osservare un notevole incremento di notizie, cosa che per la prima volta fa di una guida una reale fonte storica. Per brevità si può dar conto solo di ciò che è più rilevante: l'edificazione e il decoro di S. Spirito in Sassia, che all’epoca devono aver suscitato una particolare impressione e sono messi in rilievo con abbondanza di date; il ricostruito S. Atanasio dei Greci appare per la page 116 prima volta nella compilazione di una guida. Viene data inoltre una estesa storia della costruzione della Madonna ai Monti, e ancora più ampiamente viene descritto il grande lavoro per l’edificazione del Gesù, in cui appare anche il nome di un artista vivente, Girolamo Muziano, autore del quadro all’altar maggiore. Si allarga comunque il numero degli artisti menzionati: Federigo Zuccari, Raffaello per le sue Sibille a S. Maria della Pace, il Salviati, Baldassarre Peruzzi, Sebastiano del Piombo e il Sermoneta.
Accanto a tale opera fondamentale le edizioni del 1589 e del 1591 apportano solo minimi ampliamenti, quando non segnino addirittura un regresso per taluni aspetti. Le edizioni del 1594, 1595, 1596, 1599 e 1600 si segnalano perché, prescindendo da Antonino Ponto e dal Palladio, sono nominati per la prima volta quali rielaboratori un Flaminio da Colle e un Fra Santi [sch. 25].
Di particolare valore è invece una ristampa della guida del Franzini che per la solerzia dell’editore Antonio Franzini «erede di Girolamo Franzini» reca una lodevole testimonianza dell'anno 1600 indicando quale nuovo collaboratore un altrimenti sconosciuto Prospero Parisio [sch. 26]. Le aggiunte sono semplicemente giustapposte al testo tradizionale e rese riconoscibili mediante un segno convenzionale. Sono ovviamente più ricche per le sette chiese principali, tuttavia S. Lorenzo in Damaso viene valorizzato maggiormente di quanto non fosse stato fino allora. Si deve anche sottolineare come sia citato qui per la prima volta il Cristo di Michelangelo in S. Maria sopra Minerva, del quale già nel 1588 era apparsa una illustrazione priva di indicazioni nel testo.
Pietro Martire Felini (1610)
Le guide fin qui ricordate parvero in breve non corrispondere più alle aspettative dei lettori. Gli editori si videro dunque costretti a studiare un nuovo modello di pubblicazione, come fu quella in ogni senso precorritrice del Trattato Nuovo delle cose maravigliose di P. M. Felini (1610) [sch. 27].
Indicativa della spiccata individualità dell’Autore è la dedica, dov’egli critica severamente le manchevolezze delle guide precedenti. Nella disposizione dell’abbondante materiale — Felini si occupa di 303 chiese — per la quale gli devono essere stati di indubbia utilità i Tesori nascosti di Ottavio Panciroli, di cui dobbiamo ancora trattare, si notano alcune innovazioni che saranno decisive per il futuro. Ecco dunque nell’ordine, come di consueto, dapprima le sette chiese principali, alle quali però questa volta, oltre a S. Maria del Popolo, viene aggiunta l’abbazia delle Tre Fontane.
Il catalogo delle chiese ha inizio nel modo solito con l’Isola Tiberina, che è unita a Trastevere, anche se il «giro» parte proprio nel senso inverso rispetto al passato, cioè cominciando da S. Onofrio. A ciò segue come nelle vecchie guide il Borgo. Le modifiche sostanziali si riscontrano tuttavia soprattutto nell’elenco delle chiese di riva sinistra del Tevere. La prima sezione porta ora il titolo Dalla Porta Flaminia fuori della Porta del Popolo à man dritta e sinistra, sin'alla Madonna dei Monti ed enumera essenzialmente le chiese sulla sinistra del Corso (prendendolo da piazza del Popolo), per arrivare fino a S. Maria degli Angeli.
page 117Il Gesù funge da punto di partenza per il secondo gruppo Dal Gesù in Parione, Strada Giulia & restante insino Araceli. Dalle indicazioni del titolo si vede come qui vengano trattate principalmente le chiese situate tra il Corso e il Tevere, mentre andando molto oltre questo limite vengono inclusi anche l’Aventino e le chiese a Porta Latina.
Tutto quel che resta viene condensato nella sezione conclusiva Dal Campidoglio d’ogni parte finendo a S. Agnese di Porta Pia. Con l’Araceli quale punto di partenza si abbraccia l’intera zona a sinistra dell’Aventino: il Foro, il Celio, il rione di S. Maria Maggiore, il Quirinale da dove per S. Susanna si arriva a Porta Pia, finendo a S. Agnese sulla via Nomentana.
L’importanza di tale nuova disposizione consiste nell’esser divenuta una costante nella successiva elaborazione delle guide romane, inalterata fino all’inizio del Settecento. In breve, per puntualizzare il valore del Felini quale fonte per la storia dell’arte si può dire che in lui l'interesse per i monumenti, che nelle guide del 1588 e anche del 1600 era ancora assai scarso, diventa prevalente. Appaiono per la prima volta la descrizione di un lavoro così notevole come la decorazione del transetto della basilica Laterana, una breve storia della costruzione di S. Pietro e l'illustrazione dei più importanti quadri d’altare. Lo stesso si può dire, ad esempio, per S. Paolo e S. Maria Maggiore.
Naturalmente a fronte delle sette chiese principali le altre chiese della città risultano alquanto trascurate, tuttavia in esse viene messo in rilievo ancora molto di nuovo e di prezioso. S. Pietro in Montorio, S. Marcello, S. Lorenzo in Damaso, la cappella Ascoli a S. Sabina, l'Araceli e S. Susanna sono dettagliatamente citate con l'indicazione degli artisti che in esse hanno lavorato. Ancor più ricca è la quantità di notizie relative a fondazioni di singoli benefattori nei riguardi di alcune chiese.
Nell’aggiunta Guida Romana Felini si attiene allo schema tradizionale e come i suoi predecessori si occupa soprattutto delle antichità; tuttavia non può sorvolare sui lavori grandiosi di Sisto V e di Paolo V, e dal desiderio di compiacere il pontefice regnante deriva il particolare elogio per le realizzazioni promosse dai Borghese.
Alla guida sono unite anche le Antichità del Palladio [sch. 28], nelle quali devono essere registrate alcune novità, come ad esempio il capitolo sulle inondazioni del Tevere, che è aggiornato fino al presente, o la sezione Delle Acque, che arriva fino a Paolo V, o ancora il capitolo sulle colonne e gli obelischi, di cui si registrano le nuove collocazioni, o i restauri di Sisto V o infine la sezione Delle Statue, ove alle silografie delle statue antiche, che adornano tale sezione, vengono aggiunte le immagini delle statue celebrative di Sisto V sul Campidoglio e del Mose di Michelangelo. È comunque evidente come si sia in presenza di un materiale che, per quanto ricco, non risulta del tutto sfruttato. Anche il corpus delle illustrazioni, che naturalmente in gran parte proviene dalle precedenti edizioni del 1588 e del 1600, è stato alquanto integrato. Alcune silografie sono state modificate, e ad esse ne sono state aggiunte molte di nuove⁑.
page 118Felini ha dunque tratto — e in ciò risiede il suo valore storico — tutto il materiale dai suoi predecessori, dando ad esso una forma che con lui diviene classica. Con la sua riflessione sul patrimonio artistico del tempo e il suo interesse per le modifiche riguardanti i monumenti, e con la mutata disposizione del materiale, egli ha percorso una nuova strada che sarebbe stata più tardi proseguita e sviluppata con maggiore energia, rendendo ormai superate e superflue le edizioni delle Cose Maravigliose che fino allora andavano per la maggiore ed erano molto meno circostanziate. In realtà a partire dal 1625 la produzione di questo tipo di guide stava scemando: nel tardo XVII secolo, così come nel XVIII, ne sono infatti da segnalare solo poche edizioni, prive tuttavia di valore intrinseco.
Quanto l’opera del Felini rispondesse a una reale esigenza si può dedurre dal fatto che già nel 1615 ne venisse alla luce una ristampa totalmente immutata e un’altra, tuttavia con solo poche e insignificanti integrazioni, uscisse poi nell’anno giubilare 1625; che infine già negli anni 1610 [sch. 29] e 1619 si rendessero necessarie traduzioni spagnole della guida.
Le Cose Maravigliose: edizioni tarde e traduzioni
Quanto crescesse l’interesse alle opere d’arte (nella descrizione di Roma moderna) si può comprendere dal fatto che nello stesso momento, e indipendentemente dal Felini, apparisse ad opera di un certo Gio. Battista Cherubini una rielaborazione delle vecchie guide che manteneva l’antica disposizione e in sostanza anche il vecchio numero delle chiese, tuttavia integrato e ampliato con un esteso indice di per sé significativo. Il piccolo lavoro [sch. 30] fu stampato cinque volte in rapida successione (1609, 1610, 1611, 1612, 1614) ma, come sembra, altrettanto rapidamente scomparve. Tra le informazioni in esso contenute, soltanto in quelle riguardanti la decorazione da parte del Caravaggio della cappella Cerasi in S. Maria del Popolo il Cherubini si attiene al Felini, rivale che egli quasi raggiunge, ma dal quale viene poi presto superato. Può essere segnalato un vistoso errore del Cherubini, l’attribuzione cioè della cappella Chigi in S. Maria del Popolo a Michelangelo, in quanto esso ricorre anche in guide apparse in seguito ed è evidentemente imputabile al Cherubini come fonte iniziale. Negli anni successivi uscì ancora un considerevole numero di guide, recanti anche i nomi dei compilatori: nel 1616 due edizioni, rispettivamente di Guglielmo Facciotto [sch. 31] e di Fra Palmerio da Scandriglia [sch. 32], nel 1619 un’altra per mano dell’autore delle Grotte Vaticane Francesco Maria Torrigio [sch. 33]. Fino al Giubileo del 1650 furono pubblicate solo poche ristampe le quali tuttavia, come le due ultime, offrono a malapena qualcosa di nuovo, e che anche dal punto di vista delle dimensioni, malgrado le promesse annunciate dal titolo, vengono scarsamente ampliate. Aggiunte, per quante ve ne siano, riguardano soltanto le sette chiese principali. Nel 1675 e nel 1724, in occasione del Giubileo, il libretto, sopravvissuto lungamente a se stesso, venne «rinfrescato» fino alla sua definitiva estinzione con l’edizione del 1750 curata da Giovanni Zempel [sch. 34].
page 119Ci si deve brevemente soffermare sulle traduzioni delle Cose Maravigliose. Già nell’anno giubilare 1575 esse erano state tradotte in spagnolo. Dopo la sua pubblicazione nel 1588, la guida del Franzini apparve molto presto in questa lingua [sch. 35]. Le silografie si trovano anche qui; ma questa, in quanto elaborazione ampliata dell’originale italiano, presenta un valore autonomo. L’edizione del 1600 venne tradotta e aumentata da tale Francisco de Cabrera. Edizioni isolate si rintracciano ancora fino al 1769.
La traduzione francese, priva tuttavia di propria significanza, fu curata da un certo Pompée de Launay [sch. 36]; essa ebbe numerose ristampe fino al Giubileo del 1750, restando comunque invariata. In questo contesto si deve ricordare ancora il notevole tentativo di Giovanni Lupardi di far uscire le guide nuovamente in latino [sch. 37]. Dei miglioramenti annunciati nella prefazione — dove si rammenta tra l’altro come l’ultima guida apparsa in latino risalisse al 1550 — ben poco è da rimarcare; piuttosto l’insieme risulta in sostanza una traduzione dal Cherubini. L’operazione del Lupardi non ebbe tuttavia successori.
Della guida tedesca di Hermann Bavinck, in quanto elaborazione autonoma, ci occuperemo più avanti. Le Cose Maravigliose furono poste in forma di dialogo da Luigi Contarmi con il titolo di Antiquità, sito, chiese, corpi santi... di Roma, pubblicate nel 1569 [sch. 38] e nel 1575 e ristampate nel 1678⁑. Questo modesto scritto è di rilievo piuttosto scarso, come pure le Grandezze della città di Roma apparse nel 1625 [sch. 39] e nel 1628 e accompagnate da scadenti illustrazioni.
page 120Guide Con Finalità Scientifica
Si è osservato nella prima parte della nostra trattazione come nelle guide romane si sia andato affermando l’interesse per il patrimonio artistico e sia stato anche possibile collegare tale processo di sviluppo con i rispettivi nomi di autori ed editori.
Ma si tratta ancora di relativamente poco quanto a informazioni concrete. Si è potuto vedere come le guide siano derivate dai manuali per i pellegrini, che si occupavano in primo luogo delle reliquie e delle indulgenze, e come fino all’epoca in questione nessun compilatore avesse ancora avuto il coraggio di abolire le indicazioni di tipo puramente religioso e di occuparsi soltanto dei monumenti; è però anche vero che i fruitori non sarebbero stati forse contenti di una simile impostazione.
Tutto ciò muta nel XVII secolo. Appaiono ora pubblicazioni volte a redigere degli inventari di opere d’arte e che forniscono opinioni personali sulla base di precisi punti di vista. Ed ora il progresso non cammina più così regolare come prima, quando le nuove informazioni erano introdotte nelle singole edizioni con la possibilità di essere immediatamente recepite come tali. Adesso gli autori si influenzano reciprocamente, ciascuno prende dall’altro, ed è necessario appunto individuare chi di volta in volta abbia introdotto quella particolare indicazione e da cosa le diverse edizioni ricevano un valore specifico.
A ciò si aggiunga il fatto che le guide ora seguono tendenze diverse. Un gruppo, il più interessante ai nostri fini, si propone di fornire un catalogo dei monumenti quanto più possibile esaustivo, che fino a un certo grado può definirsi scientifico, con descrizioni dettagliate ad uso del visitatore erudito. Queste guide sarebbero state della maggiore importanza per gli autori successivi. A fronte di esse ce ne sono alcune altre concepite per i viaggiatori forestieri e per i semplici amanti delle antichità, le quali danno quindi solo brevi cenni e informazioni. Infine si devono ricordare alcune pubblicazioni che vissero l’esistenza effimera di poche edizioni.
Con ciò è definito l'ordine che diamo a questo capitolo: dapprima vengono trattate le opere di maggior valore intrinseco, successivamente le guide minori. All’interno del primo gruppo si possono distinguere due stadi di sviluppo, caratterizzati dai lavori rispettivamente del Celio, del Baglione e del Titi.
page 121Gaspare Celio (1638)
Il primo che, con l’inedito Viaggio per Roma di Giulio Mancini⁑, abbia inteso dare una sorta di inventario dei tesori artistici romani fu il pittore Gaspare Celio con il suo oggi introvabile testo del 1638⁑ Memoria... delli nomi dell’artefici del disegno, che sono in alcune chiese, facciate e palazzi di Roma [sch. 40]. Dalle due prefazioni, dello stampatore Bonino e dell’autore Celio, si evince che il libretto, già steso nel 1620, fosse presumibilmente distribuito in copie manoscritte, e inoltre che fosse pensato come didascalia per una serie di incisioni di Hendrik Goltzius delle più celebri opere d’arte di Roma.
La suddivisione della Memoria è la seguente: dapprima le pitture nelle chiese, poi nei palazzi e infine sulle facciate. Le chiese vengono elencate in ordine alfabetico e sono circa 70, mentre i palazzi descritti sono appena 15, e il più riccamente illustrato è palazzo Farnese. Le indicazioni del Celio sono generalmente carenti, ma l’Autore non pretende di fornire un catalogo completo dei monumenti: egli si limita a brevi cenni. Le sue osservazioni si basano in generale sulla tradizione viva, sono spesso sbagliate e hanno pertanto suscitato l’ira del Baglione che, preciso com’era, ha definito a ragione il lavoro come «pieno d’errori»⁑. Anche il giudizio del Bottari non suona molto più lusinghiero⁑.
L’opera ha avuto un seguito solo in alcune compilazioni, rimaste allo stadio di manoscritto⁑. Comunque guide del tipo Ritratto o Descrizione hanno scarsa utilità per le fonti relative al nostro argomento. Solo l’Alveri ha più volte citato il Celio nel suo Roma in ogni stato (1664).
Giovanni Baglione (1639)
Il Baglione per primo tentò di rielaborare minuziosamente almeno una parte delle guide romane. Purtroppo le sue Nove chiese [sch. 41] trattano solo delle nove chiese principali, che vengono riportate in quest’ordine: S. Pietro, S. Paolo, le Tre Fontane, l’Annunziata, S. Sebastiano, il Laterano, S. Croce, S. Lorenzo, S. Maria Maggiore. Le sue descrizioni sono molto circostanziate e a proposito di S. Pietro e del Laterano riferiscono sull’intero complesso architettonico, dando notizia anche dell’autore di ogni singolo quadro. Il valore della sua illustrazione del Laterano, che egli aveva visto prima della ristrutturazione del Borromini, è senza dubbio evidente.
Sono qui da ricordare anche le sue Vite (1642), stese in forma di itinerario che copre l’arco di cinque giorni. Quest’opera rivela uno scrupoloso lavoro di ricerca e uno sfoggio di notizie sull’arte dei suoi contemporanei in tutte le chiese romane che gli avrebbero lar page 122 gamente consentito di compilare una guida particolarmente ampia e fruibile. Egli non lo fece, con l’eccezione delle Nove chiese, ma i suoi continuatori, soprattutto il Titi, si sono ampiamente serviti delle Vite. Da notare che il Baglione si mostra generalmente molto informato e che alle sue indicazioni sui monumenti dell’ultimo Rinascimento e del primo Barocco poco fu aggiunto.
Pompilio Totti (1638)
L’importanza delle due opere appena descritte è sintomatica. Essa va cercata più nelle intenzioni degli autori che nella realtà di quanto esse offrano. Con l’eccezione del lavoro non a caso rimasto manoscritto del Mancini, si incontra qui per la prima volta, indipendentemente da ogni dettaglio agiografico, la pura e semplice elencazione di ciò che un edificio contiene quanto a opere pittoriche e di scultura. Entrambi gli scritti non hanno avuto seguito, appartengono oggi alle maggiori rarità dell’intero genere e sembrano essere stati stampati solo in un esiguo numero di esemplari. Evidentemente la gran massa dei fruitori non mostrava per tali pubblicazioni uno specifico interesse. Alle esigenze del pubblico corrispondeva meglio il Ritratto di Roma moderna di un autore, o piuttosto di un compilatore che risponde al nome di un non meglio identificato Pompilio Totti. Nella sua prefazione egli afferma: «Ho pigliato dunque quest’ardire con ajuto particolare di persona intendente, & erudita»; si può quindi dedurre che il suo lavoro sia stato piuttosto quello di un redattore.
Un anno prima che apparisse il Ritratto egli aveva pubblicato una piccola opera dal titolo Ristretto delle grandezze di Roma... (1637) [sch. 42]. Si tratta in qualche modo d’una sorta di compendio del suo lavoro maggiore. La descrizione della città per rioni viene accompagnata da un catalogo delle chiese e degli edifici; tuttavia, ad eccezione di S. Pietro, essa è priva di reale valore. Per le chiese principali vengono anche indicate le preghiere da pronunciare all’altar maggiore. Più avanti il Ristretto riporta la Guida Romana, un catalogo delle reliquie e delle feste, mentre le Grandezze dell'Imperio Romano di Ottavio Tronsarelli ne costituiscono la conclusione. Il lavoro, sulla cui utilità si possono esprimere dei dubbi, non ebbe alcuna ristampa.
Di grande importanza è invece il Ritratto di Roma moderna (1638) [sch. 43]. Rispetto alle antiche guide esso rappresenta per molti motivi qualcosa di nuovo. La suddivisione: lo schema usuale è abbandonato per fare spazio a una descrizione per rioni in cui due o anche tre rioni sono riuniti per l’itinerario di una giornata. Tuttavia al concetto di itinerario, naturale tenendo conto della disposizione del materiale, non è dato il senso che esso assumerà con il Martinelli o nelle guide del tardo XVIII secolo. La visita della città è proposta nel seguente ordine: giornata prima, rioni Borgo e Trastevere; seconda, Ripa e S. Angelo; terza, Regola, Parione e Ponte; quarta, Trevi, Colonna e Campo Marzio; quinta, S. Eustachio, Pigna e Campitelli e infine sesta, Monti.
Totti concepì un tipo di manuale che fosse utile per la conoscenza delle chiese romane riferendo della storia della fondazione, della forma della loro amministrazione e delle page 123 Compagnie e Confraternite alle quali esse appartenevano. Ciò risultava estremamente semplice attingendo al manuale migliore all’epoca per le chiese romane, i Tesori nascosti di Ottavio Panciroli, di cui ci occuperemo più avanti. Totti scelse così la via più breve e se si confrontano ad esempio le descrizioni di S. Paolo alla Regola (Panc. p. 749, Totti 185), S. Maria sopra Minerva (Panc. p. 484, Totti 255) oppure S. Maria della Pace (Panc. p. 819, Totti 381), si ritroverà in Totti il testo della seconda edizione del Panciroli (1625), prescindendo da pochi tagli. Tuttavia egli stesso afferma: «Hora non hò voluto mancare d’andar’anche raccogliendo da più luoghi de’ Scrittori, e mandar fuora la presente Roma Moderna, che pur da altri è stata in varie guise scritta».
Ma proprio il confronto tra la sua descrizione di S. Maria sopra Minerva e quella della fonte rivela come, a parte l’ingenuo plagio, il Totti offra molto di originale e ciò che egli ha da dire sia di grande valore. Uno sguardo al Felini mostra quanto l’interesse alle opere d’arte sia ancora cresciuto; si vedano, oltre alle descrizioni di S. Pietro, del Laterano e di S. Maria Maggiore, anche quelle della Chiesa Nuova, di S. Andrea della Valle, S. Carlo al Corso, S. Carlo ai Catinari e S. Caterina dei Funari, per menzionare solo le più importanti.
Nell’appendice egli si occupa ancora delle ville di Frascati; vengono nominate anche Caprarola e villa Lante presso Viterbo. Le aggiunte e correzioni apportate indicano quanto gli stesse a cuore una seria documentazione. A questo riguardo l’indice è particolarmente istruttivo per un giudizio positivo sulla guida in questione. Figurano in esso tutti i più importanti pittori dell’epoca, cominciando da Annibale Carracci, Domenichino, Francesco Albani fino a Pietro da Cortona, del cui soffitto Barberini appena ultimato viene qui fatta menzione per la prima volta nella letteratura topografica romana. Accanto ad essi Caravaggio e Saraceni con i loro capolavori romani, infine i Manieristi con in testa il Cavalier d’Arpino. Tra gli architetti Fontana, della Porta, Soria; tra gli scultori Bernini e Algardi.
Altrettanto nuove e ricche sono le illustrazioni. Una felice idea dell’Autore è stata quella di sostituire le vecchie silografie con le più nitide incisioni in rame. Queste hanno per la storia dell’arte tutt’altro valore che le silografie del Felini; nelle edizioni posteriori vennero sempre ristampate e, mutando l’aspetto di un edificio, sostituite da nuove incisioni o corrette mediante la reincisione della lastra, come nel caso della Chiesa Nuova.
Per tornare ancora alle fonti del Totti, vi mancano del tutto reminiscenze dal Felini, per lui ampiamente sorpassato. Egli registra sostanzialmente dalla tradizione viva. Pur considerandone l’eventualità, sembra anche da escludere una possibile influenza esercitata dal lavoro del Celio apparso lo stesso anno.
L’edizione successiva, uscita con lo stesso titolo di Ritratto di Roma moderna (1645) ad opera di Filippo de’ Rossi, non presenta nuove aggiunte. Un po’ più ricca è l’edizione, pure curata da Filippo de’ Rossi nel 1652 sempre con il medesimo titolo [sch. 44], la quale si propone di illustrare le opere promosse da Innocenzo X: vengono descritti singolarmente la Fontana dei Fiumi a piazza Navona, il rinnovamento del Laterano per il Giubileo del 1650 e gli affreschi nella Chiesa Nuova realizzati da Pietro da Cortona. Le illustrazioni sono solo leggermente aumentate e risultano persino eliminate alcune vignette.
page 124Del favore suscitato da questa guida testimonia il fatto che, dopo la sua ristampa del 1652, essa abbia avuto una traduzione in tedesco e una in olandese. La versione tedesca reca il titolo di Abgebildetes altes Romm e Abgebildetes neues Romm [sch. 45] ed è apparsa nel 1662 ad Arnheim. Le incisioni non sono inserite nel testo, bensì vengono riportate in appendice con didascalie in olandese. La versione olandese, dal titolo Afbeelding van't Oude Romen e Afbeeldinge van't Nieu Romen [sch. 46], ha visto la luce ad Amsterdam nel 1661.
Roma antica e moderna (1643)
All’ultima edizione del Felini non fece seguito per lungo tempo alcuna ristampa. Ma dopo che nel 1638 erano apparsi la Memoria del Celio e il Ritratto del Totti, era tempo per l’editore di uscire con una versione completamente rielaborata. Ciò era realizzabile nel modo più semplice: riprendendo dal Totti. Tale via fu scelta anche dal compilatore della prima delle edizioni curate da Gio. Domenico Franzini e stampate da Andrea e poi Giacomo Fei, Roma antica e moderna (1643) [sch. 47], uno dei prodotti più insignificanti e raffazzonati dell’intera letteratura delle guide romane.
Originali sono in tutto il libro solo le integrazioni a proposito delle sette chiese principali; per il resto le descrizioni coincidono perfettamente con il testo del Totti. Talora intere pagine sono tratte di peso dall’originale. L’Autore è persino incorso nell’errore di tralasciare singole chiese: esse vengono raccolte in un’appendice specifica. Non si rintracciano tra le nuove silografie illustrazioni di una qualche importanza.
La Guida Romana rispetto a quella del Felini viene dunque arricchita solo di alcuni nuovi titoli e di diverse aggiunte inessenziali e resta come sempre infruttuosa per la storia dell’arte. Più importante è la nuova redazione delle Antichità. Alla sezione Del Palazzo Papale e Belvedere fa seguito il capitolo Delle regioni cioè rioni, & sue insegne che descrive in breve i singoli rioni con i loro monumenti più rilevanti. Anche queste indicazioni sono in parte tratte letteralmente dalle pagine introduttive del Ritratto, tuttavia il testo viene in alcuni passi ampliato e vi sono anche aggiunte delle silografie, benché di scarsa qualità, che riproducono i palazzi e gli edifici trattati.
La Roma antica e moderna non si può definire un’opera che indichi una nuova strada. Tuttavia essa deve essere analizzata più specificamente poiché ha avuto una serie di riedizioni le quali, indipendentemente dalle più tarde rielaborazioni del Ritratto, meritano una considerazione a parte, apportando preziose indicazioni sulle fonti per l’arte del Seicento nel lasso di tempo compreso tra il 1652 e il 1689, nel quale mancano nuove impressioni del Ritratto.
La riedizione del 1653 da parte di Gio. Domenico Franzini, ancora una volta stampata dal Fei [sch. 48], porta già notevoli ampliamenti. Non vale la pena enumerarli in dettaglio; tuttavia basti far cenno al Battistero del Laterano, ai Ss. Vincenzo e Anastasio presso Fontana di Trevi e soprattutto alle importanti notizie sull’attività di Pietro da Cortona in S. Maria in Vallicella. Tali aggiunte sono, come rivela il confronto, del tutto indipendenti dalla rielaborazione del Ritratto del 1652. Nella Guida Romana la fontana dei Fiumi di page 125 Piazza Navona è descritta minuziosamente sia pure con una silografia di cattiva qualità. La sezione che tratta dei rioni nelle Antichità o in Roma antica figurata, come ora s’intitola, si è arricchita ulteriormente di nuove strutture ed edifici o di nuove denominazioni di palazzi.
Entrambe le successive edizioni del 1657 e del 1660 sono solo pure e semplici ristampe, fin nei refusi, e non hanno pertanto alcun valore intrinseco. Sulle stesse tracce si muovono le rielaborazioni del 1668 e del 1677 [sch. 49], quest’ultima in totale corrispondenza con l’edizione che porta la data del 1678. Il pontificato di Alessandro VII conferisce loro una certa impronta. Appaiono qui le prime descrizioni del colonnato di S. Pietro, delle nuove facciate di S. Agnese a piazza Navona e di S. Maria della Pace, e con esse la menzione dell’opera dei tre maggiori maestri del secolo, Bernini, Borromini e Pietro da Cortona. Nel 1677 le riedificazioni di S. Maria di Montesanto e S. Maria dei Miracoli a piazza del Popolo vengono riprodotte con buone silografie; la descrizione dei nuovi affreschi del Gesù ad opera del Baciccia, così come dell’interno di S. Agnese a piazza Navona, può essere in particolare ricordata. In questa edizione, come già nella precedente del 1668, sono state eliminate le silografie dei palazzi nel capitolo finale che tratta dei rioni.
Filippo Titi (1674)
Nel 1674 apparve lo Studio di pittura, scoltura et architettura dell’abate Filippo Titi da Città di Castello [sch. 50]. Con questo siamo in presenza del primo compendio in nostro possesso delle chiese romane, temporanea conclusione dell’evoluzione che abbiamo fin qui esaminato⁑.
L’itinerario che il Titi propone per la guida alla città era stato tracciato per tanti aspetti già da Totti-de Rossi. Tuttavia i titoli con l’elencazione dei singoli rioni, che Totti riteneva ancora necessari, vengono tralasciati dal Titi a favore di alcune modifiche che rendano concretamente possibile al viaggiatore il percorso. Il suo giro ha inizio con S. Pietro, cui unisce Trastevere, da dove prosegue per l’Isola Tiberina e l’Aventino verso S. Paolo. È plausibile che il viandante arrivasse per le Tre Fontane a via delle Sette Chiese in direzione di S. Sebastiano e dalla via Appia indietro verso S. Gregorio Magno. Con ciò inizia l’elenco delle chiese del centro propriamente detto. Si incontrano subito le zone intorno a S. Giovanni Decollato e a S. Carlo ai Catinari con via de’ Giubbonari, una parte di via Giulia e via del Pellegrino, fino a S. Lorenzo in Damaso e alla Chiesa Nuova.
Un ulteriore punto di partenza l’offre piazza Navona per S. Andrea della Valle, il Gesù e S. Marco. Qui Titi si stacca dal suo predecessore, che andava verso il Tevere. Da S. Marco infatti egli passa al complesso intorno a S. Maria in Campitelli con l’Araceli e con le chiese adiacenti il Foro. Di lì si va di nuovo al Laterano e poi ancora per l’itinerario dei page 126 pellegrini verso S. Croce in Gerusalemme e San Lorenzo. A S. Lorenzo seguono — con S. Bibiana e S. Eusebio quali stazioni intermedie — i Ss. Quattro Coronati e S. Clemente. Il giro prosegue per S. Pietro in Vincoli indietro verso S. Maria Maggiore. Dopo uno sguardo alle chiese intorno a via Panisperna si giunge passando per S. Maria degli Angeli a S. Agnese; quindi per la via Pia indietro verso il Quirinale e il Corso, che però presto viene lasciato per descrivere S. Maria della Concezione, S. Niccolò da Tolentino e così via fino alle chiese intorno alla Porta del Popolo. Lungo via Ripetta, con S. Agostino, S. Maria della Pace e S. Maria dell’Anima come momenti principali, il percorso segue la parte finale di via Giulia, attraversa il Tevere, descrive le chiese di Borgo e termina con S. Giacomo Scossacavalli nelle immediate vicinanze del primo punto di partenza.
Questo modo di condurre il forestiero in un itinerario ininterrotto attraverso la città senza prendere in considerazione i rioni nel loro ordinamento non si rintraccia altrove nelle guide uscite in quegli anni. Il Viaggio del Mancini presenta in questo senso maggiori analogie, ma sembra tuttavia che Titi non lo abbia conosciuto.
Andando avanti è rilevante il fatto — e in ciò risiede l’importanza intrinseca del Titi — che egli abbia saputo prescindere, ancor più dei suoi predecessori, da indicazioni di tipo religioso. Solo di quando in quando egli dà alcune notizie sulla storia della fondazione o su caratteristiche tecnico-amministrative delle chiese. Egli tende essenzialmente a riassumere in poche parole i monumenti più importanti e i loro artefici. Migliore e più comprensibile risulta, com’è logico, la descrizione delle sette chiese principali. Essa avviene in ordine sistematico e conduce il visitatore, cominciando da destra, per le singole cappelle. Nelle altre chiese e soprattutto in quelle minori il giro ha inizio dall’altar maggiore per passare poi ai quadri più significativi, e i dettagli non sempre abbondano.
Passando alle fonti, è evidente che il Titi ha conosciuto per la maggior parte e utilizzato le guide più antiche, tra le quali cita espressamente il Celio. Da esse non ha potuto trarre molto, tuttavia le sue informazioni superano notevolmente tutto ciò che avevano scritto gli autori precedenti. Le sue fonti principali sono le citate Vite del Baglione, che egli spesso riporta letteralmente fin nei minimi dettagli, aggiungendo molto poco alle opere degli artisti citati dal Baglione. Le notizie che egli dà dei contemporanei si fondano sulla tradizione viva e forse sono anche tratte da qualche guida; le Vite del Passeri non erano ancora state pubblicate.
Il piccolo e agile libro sembra aver colmato una lacuna. Già nell’anno seguente (1675) uscì a Macerata una ristampa probabilmente apocrifa e del tutto inattendibile, che peraltro l’Autore non mancherà di sconfessare nella seconda edizione del suo lavoro. Questa apparve a Roma nel 1686 con il titolo di Ammaestramento utile e curioso o Nuovo studio [sch. 51], che rappresenta una totale rielaborazione della prima impressione. Nell’opera vengono inserite descrizioni del Vaticano, di una quantità di palazzi romani e perfino del duomo di Città di Castello, città natale del nostro abate.
Nella distribuzione della materia non è cambiato nulla. Il numero delle chiese non si è molto arricchito, ne vengono menzionate solo dieci di nuove. Il lavoro ha acquistato in chiarezza, con un sensibile aumento nel numero dei titoli. Nelle sue descrizioni il Titi procede sempre sistematicamente: la visita alle chiese ha inizio ancora da destra rispetto al page 127 l’ingresso principale, giunge all’altar maggiore e di qui alla serie di cappelle sulla sinistra per poi ritornare all’entrata. Il manuale ha perciò guadagnato in bell’ordine e fruibilità. A ciò concorre il fatto che al registro delle chiese, che era nella prima edizione, sia stato aggiunto un indice dei nomi degli artisti.
Il valore principale della nuova stesura risiede tuttavia nel gran numero di quadri e sculture qui menzionati per la prima volta. Essa diviene pertanto fonte primaria per la storia dell’arte barocca nella seconda metà del XVII secolo. Una prova di quanto all’Autore stesse a cuore la veste del suo libro sono le Aggiunte, in parte di grande interesse, come quella per S. Maria del Popolo (p. 431) che riporta dettagliatamente lo stato di questo edificio nel 1686.
Prive di valore autonomo sono le due successive edizioni del 1708 e del 1721. Quella del 1708 ripropone una ristampa immutata dell'Ammaestramento con un’appendice di Francesco Posterla (autore della Descrizione di Roma moderna del 1707) impaginata in modo particolare. Vi sono tuttavia delle cose di non poca importanza, come le osservazioni a proposito della Chiesa Nuova, del Gesù, dei Ss. Apostoli e di altre chiese.
Queste osservazioni sono state integrate nella successiva edizione del 1721. Essa offre altre novità rispetto alle prime impressioni. In particolare un gran numero di chiese viene nuovamente introdotto in due passi del libro (alle pp. 167 sgg. e 315 sgg.), in modo del tutto estraneo all’itinerario e inorganico rispetto ad esso; si ha l’impressione di fogli di appunti finiti fuori posto. Le descrizioni riguardano una quantità di integrazioni minori e di modifiche che si giustificano come apologia del pontificato di Clemente XI, ad esempio nel caso di S. Clemente, del Pantheon, di S. Caterina Montemagnanapoli e di S. Gregorio Magno. Infine sono aggiunte anche molte note, tutte interessanti.
Il Bottari ha ripubblicato la guida nel 1763 presso Marco Pagliarini [sch. 52]. La stampa, come l’editore afferma nella sua nota finale (p. 447), si è protratta per più di vent’anni. Infatti da una lettera del Bottari a Niccolò Pagliarini si evince che egli si occupasse del lavoro già nel 1758. Ulteriori lettere del Bottari al Mariette del 1763 informano sull’avanzamento della stampa e l’anno dopo il Mariette conferma di aver ricevuto il primo esemplare⁑.
Molto dell’opera il Bottari non ha modificato. Nuove chiese sono a malapena menzionate, ma per contro i palazzi occupano uno spazio maggiore. Le inorganiche aggiunte del 1721 vengono tolte, come anche la descrizione del Vaticano per la quale si rimanda ora al testo del Taja edito nel 1750. Gli edifici adiacenti a S. Carlo ai Catinari vengono riportati in una successione leggermente diversa. Naturalmente appare un gran numero di opere d’arte di recente fattura: le descrizioni di S. Apollinare, S. Paolino alla Regola, S. Lorenzo in Piscibus, S. Anna de’ Palafrenieri, per citare alcune chiese minori, possono essere assunte quale esempio; in breve, le aggiunte rendono quest’edizione di grande rilevanza per la storia del tardo barocco romano.
page 128Il rifacimento del Bottari non si può tuttavia definire realmente critico. Egli ha eluso molte osservazioni a proposito di nuove opere che erano apparse nell'Ammaestramento del Titi semplicemente perché tali informazioni erano divenute ormai storiche e non interessavano più la sua generazione, ma in ciò egli ha spesso frainteso e alterato il testo. Mancano anche molti giudizi di valore espressi dal Titi, oggi di grande interesse storicoculturale. Quanto può definirsi un miglioramento rispetto all’opera del predecessore è in realtà poca cosa, e in ciò al curatore è stato in gran parte di fonte il Roisecco.
L’importanza di Filippo Titi per la letteratura delle guide consiste quindi principalmente nell’avere in qualche modo inventariato e fissato per la generazione successiva il patrimonio delle opere artistiche contenute nelle chiese e in parte nei palazzi di Roma. Il Bottari ha portato a compimento ciò che si poteva percepire nelle Cose Maravigliose e quanto il Celio e il Baglione si erano posti come obiettivo, concludendo un processo di sviluppo durato un secolo e mezzo. Il suo influsso sui successori è pertanto assai notevole; si vedrà come già il Ritratto di Roma moderna del 1689 riporti in certi passi parti dell'Ammaestramento e come a partire dal 1710 circa fino al 1720 nessuna guida sarebbe stata più pensabile senza l’incidenza determinante del suo lavoro.
L’abate di Città di Castello non aveva inteso scrivere un trattato scientifico. In lui non c’è alcun cenno alla storia delle chiese, non si fa riferimento all’arte medievale come in Ugonio, Panvinio o nel Panciroli, né vi si trova una raccolta di iscrizioni come nell’Alveri; a chi intendesse occuparsi di arte paleocristiana o medievale il libro offrirebbe a malapena qualcosa. Il Titi ha considerato esclusivamente l’arte del suo tempo e dell’epoca appena trascorsa, e dal punto di vista del conoscitore del XVII secolo ha composto un’opera che è parziale, come tutto ciò che è scritto dagli uomini. Ma proprio in questa parzialità, nel restringersi cioè all’arte del tardo Rinascimento e del Barocco, risiede quel valore che rende il suo lavoro insostituibile breviario per i nostri studi.
Ritratto / Descrizione di Roma moderna
L’influenza di Filippo Titi sulle guide descritte nella prima parte di questo capitolo è del tutto evidente. È necessario tornare al Ritratto di Roma moderna, originariamente curato dal Totti, di cui sono state già esaminate la seconda e terza edizione, rispettivamente del 1645 e del 1652: ed ecco che la nuova edizione, apparsa nel 1689 dopo un lungo intervallo con l’antico titolo di Ritratto per iniziativa questa volta di Michelangelo de Rossi [sch. 53], è già in più parti debitrice dell'Ammaestramento del Titi. La descrizione di S. Luigi dei Francesi, S. Andrea della Valle e S. Maria sopra Minerva non sarebbero immaginabili senza quel modello. Rispetto all’edizione del 1652 tale rielaborazione è significativamente arricchita (vengono per la prima volta censite S. Maria dei Miracoli e S. Maria di Monte Santo); anche l’apparato illustrativo del libro è più ampio, di entrambe le chiese menzionate vengono date immagini, come anche delle facciate di S. Carlo al Corso, S. Andrea della Valle e altre.
Una versione particolarmente rielaborata e rettificata si trova nella Descrizione apparsa nel 1697 a cura di Michelangelo e Pier Vincenzo de Rossi [sch. 54]. Che si trattasse di un’o page 129 pera totalmente rivista e ampliata, dovette essere chiaro già dal titolo Descrizione di Roma moderna in sostituzione del precedente Ritratto; le fonti indicate nel frontespizio, Baronius, Ciacconius, Bosio e Panciroli, dovevano informare il fruitore che il libro che aveva in mano era un’opera rinnovata dalle fondamenta.
Nei confronti della precedente, questa edizione è aumentata di più di cento pagine; tutte le chiese vengono ora trattate secondo il modello del Titi. Così già nelle prime pagine si può constatare un notevole accrescimento del testo nella descrizione di S. Pietro. Totalmente nuove sono le notizie relative a una quantità di chiese minori, come S. Angelo in Borgo e S. Anna de’ Palafrenieri; meglio disposta dal punto di vista sistematico, e pertanto più utile, è la trattazione ad esempio di S. Giacomo Scossacavalli, di S. Pietro in Montorio e di altre.
Di grande importanza è inoltre l’introduzione di una buona descrizione dei palazzi, di cui esempio emblematico può essere, accanto a palazzo Farnese, quella in particolare di palazzo Barberini. Molti edifici privati minori sono registrati qui per la prima volta in assoluto nella letteratura delle guide. Lo stesso dicasi per i giardini e per le ville: il Giardino Cesio ed il Giardino Barberini [sch. 55] vengono ricordati nel Borgo; Villa Borghese può vantare una menzione circostanziata, suggerita forse dall’edizione del Manilli del 1650.
Per tutte queste indicazioni il curatore può aver trovato forse uno spunto nel Mercurio errante di Pietro Rossini, pubblicato per la prima volta nel 1693, pur non potendosi in alcun modo parlare di plagio. Entrambe le fonti sono autonome e necessitano di un continuo confronto. La Descrizione va oltre le edizioni del Titi fino allora uscite anche in alcune minori integrazioni del testo, interessanti per gli edifici costruiti tra il 1686 e il 1697. L’apparato illustrativo del libro è pure considerevolmente ampliato, in parte con l’inserimento di nuove incisioni, ma anche grazie al rifacimento di quelle vecchie e ormai stanche.
La successiva edizione del 1708⁑, identica ad una sua ristampa del 1719, è a sua volta ampliata di 60 pagine [sch. 56]. Nuovi sono in primo luogo l’inserimento degli edifici fatti erigere da Clemente XI e un certo numero di incisioni. Il complesso del Porto di Ripetta trova anche un’adeguata trattazione. L’ultima edizione autonoma, del 1727, è apparsa con il titolo di Descrizione presso i fratelli de Rossi [sch. 57]. Alle notizie che già erano state date nel 1708 su Clemente XI vengono operate diverse integrazioni e altre vengono fornite sul pontificato di Innocenzo XII. Al di fuori di ciò non compaiono aggiunte di rilievo. Questa edizione fu ristampata senza modifiche nel 1739 rispettivamente da Gregorio Roisecco e da Fausto Amidei⁑. Gli edifici di Clemente XII sono raccolti in un’apposita appen page 130 dice che si rifà all’opera di Giambattista Gaddi Roma nobilitata nelle sue fabbriche dalla Santità di N. S. Clemente XII (1736).
Gregorio Roisecco (1745)
Nel 1745 la guida che abbiamo esaminato nel paragrafo precedente, dopo essere stata in auge per cent’anni durante i quali aveva avuto tante modifiche e ampliamenti, venne totalmente rifatta [sch. 58]. Essa passò ai tipi di Gregorio Roisecco che, come si è visto, nel 1739 aveva ristampato ancora una volta senza modifiche la vecchia guida. Le edizioni del 1745 e del 1750, attribuite a Nicola Roisecco e frequentemente riportate con tale nome nelle bibliografie, non sembrano essere dovute a lui; autore o compilatore di questa nuova opera viene menzionato nella letteratura per lo più appunto il Roisecco, e ci si è abituati a citarlo in tal modo. Resta comunque dubbio se questi, che era semplicemente un mercante di libri, sia realmente da considerarsene il responsabile.
Inoltre l’opera è cresciuta di un volume; tuttavia il terzo che si è aggiunto agli altri ha scarso significato, anche per la topografia dell’antica Roma, contenendo soltanto una Descrizione de’ riti degli antichi Romani e trattando dunque singoli aspetti della storia e della vita romane. Nelle due edizioni del 1745 e del 1750 questo volume è rimasto sostanzialmente invariato.
La seconda importante innovazione consiste nel fatto che la descrizione della Roma antica e della nuova non sono più separate come di consueto, bensì scorrono parallelamente, cosicché il viaggiatore viene informato continuamente sui monumenti antichi e moderni di un certo luogo della città, come ad esempio del Campo Marzio o del Foro Romano (si veda al riguardo la p. VII del vol. I dell’edizione 1745). Con ciò si manifesta anche l’intenzione di suddividere la visita della città in senso più globale, certamente sotto l’influsso del Martinelli o della Roma ampliata e rinnovata edita nel 1739 dal Roisecco, portando inoltre a un diverso ordine dei rioni rispetto a quanto in uso precedentemente.
Il Borgo, con l’adiacente Trastevere, costituisce anche qui l’inizio dell’itineriario. Tuttavia all’interno di questa parte della città il giro è fortemente modificato, e sempre emerge l’intento di elencare gli edifici nell’ordine in cui essi realmente sono disposti, l’uno accanto all’altro, in modo che il visitatore possa utilizzare il libro come un’effettiva guida pratica. Si prosegue poi senza mutamenti il giro dei rioni Ripa, S. Angelo, Regola, Parione e Ponte. A quest’ultimo seguono, con una piccola deviazione rispetto alle stesure precedenti, Campo Marzio (anziché Trevi), Colonna, Trevi, S. Eustachio, Pigna, Campitelli e Monti: innovazioni tutte che dovevano rendere il percorso più agevole al viandante.
Nel testo si devono registrare notevoli cambiamenti: nelle descrizioni delle chiese vengono considerevolmente abbreviate le notizie sui santi e l’interesse dell’Autore si volge con intensità ancora maggiore di prima alle opere d’arte. Al punto da lasciarsi prendere la mano (talvolta anche un po’ troppo) dalle sue sintesi, tanto che talune epigrafi riportate nel page 131 le precedenti versioni mancano ora del tutto. Le aggiunte più copiose sono quelle apportate a S. Pietro e soprattutto alle sette chiese principali; le chiese minori sono meno considerate. Particolarmente abbondanti sono le indicazioni della guida relative al pontificato di Clemente XII e ai primi anni di quello di Benedetto XIV.
Per tornare ancora al rapporto del Roisecco con le antiche guide, si è visto come già i compilatori delle ultime edizioni della Descrizione di Roma moderna abbiano utilizzato l'Ammaestramento del Titi. Il Roisecco tuttavia oltrepassa ampiamente ciò che si ritrova nel Nuovo studio del Titi del 1721, diventando a sua volta il modello per i successori: il Bottari lo ha infatti largamente utilizzato per la sua edizione del Titi del 1763. Accanto ad esso entrerebbe in gioco un’altra fonte, almeno per quanto attiene alla descrizione dei palazzi, il Mercurio errante di Pietro Rossini. Le due fonti concordano tuttavia solo per alcune delle notizie riferite, mentre si contraddicono o si integrano in molti dettagli; anche per il Roisecco però non si può parlare di estrapolazioni dal Rossini.
Dello stesso livello del testo è il corpus delle illustrazioni: sono state in parte riutilizzate le incisioni delle edizioni precedenti, arricchite da un gran numero di nuove che restituiscono un quadro vivace di Roma nel Settecento. In sostanza, quest’opera è uno dei prodotti di più alto valore nell’ambito della letteratura delle guide romane: prendendo dalla tradizione viva, l’autore mette insieme tutto ciò di cui è a conoscenza in materia di monumenti, pur non operando ancora, come faranno i suoi successori, secondo il criterio dell’attribuzione filologica.
Già cinque anni dopo la prima edizione, nel 1750, se ne rese necessaria una seconda [sch. 59], e a testimonianza dell’energia dell’Autore sta il fatto che egli diede alle stampe una stesura completamente rielaborata. Le modifiche principali sono legate al riordinamento dei rioni operato da Benedetto XIV: mutamenti, come si vedrà, che si possono del resto rilevare anche in altre guide romane⁑.
Viene con ciò modificato l’intero itinerario: solo i primi quattro rioni restano nell’antica successione, precedendo Campitelli, Pigna, S. Eustachio e Parione; a questi seguono ancora secondo il vecchio ordine Ponte, Campo Marzio, Colonna e Trevi, per finire con il rione Monti. Del tutto cambiato è invece il contesto delle zone in cui ora è suddivisa la città: basti pensare ad esempio che il Palatino non viene censito più sotto il rione Ripa, ma sotto il rione Campitelli. Per i singoli monumenti le variazioni sono naturalmente ancora maggiori.
Di gran lunga più importanti di questi cambiamenti di carattere topografico sono invece le migliorie apportate al testo, che equivalgono a un rifacimento. Valga solo come esempio la descrizione del Vaticano, fortemente ampliata e qualitativamente potenziata. È significativo che ora anche le chiese minori vengano presentate sistematicamente: si pensi a S. Paolino alla Regola, alla ricostruzione di S. Apollinare, S. Claudio e S. Francesco di Paola. Inoltre per le chiese principali — in primo luogo S. Maria Maggiore e S. Croce in Gerusalemme — sono da registrare importanti integrazioni.
page 132Le descrizioni dei singoli monumenti sono molto circostanziate; le notizie sugli artisti si addentrano sin nel più piccolo dettaglio e sotto molti aspetti risultano più ricche di quanto non avesse fatto il Titi. Per concludere, dal punto di vista pratico tale revisione rende l’edizione nettamente più importante della precedente.
L’ultima edizione di questa guida, apparsa nel 1765 a cura di Niccolò Roisecco [sch. 60], non offre più sensibili innovazioni: itinerario e descrizioni sono sostanzialmente immutate, nel secondo volume sono state eliminate molte illustrazioni e il testo risulta ridotto di un considerevole numero di pagine. Si nota ancora un certo sforzo di aggiornamento con l’inserimento di un piccolo numero di nuove chiese e a proposito di esse di una infinità di variazioni, nuove attribuzioni e immagini. Tra gli elementi più interessanti sono la citazione di villa Albani, della quale viene data anche un’incisione fuori testo, e la descrizione della ristrutturazione di S. Eusebio con il soffitto decorato da Raffaele Mengs.
Il terzo volume presenta invece una modifica, essendovi acclusa una Relazione della Corte di Roma. Essa tratta degli incarichi, delle cerimonie, della giurisdizione e dei cardinali, e tali informazioni erano particolarmente apprezzate dai viaggiatori. L’edizione del 1765 è, tra le guide edite dai Roisecco, la più ampia, ricca e attendibile, il risultato più alto di questa epoca d’oro della letteratura topografica romana. Il valore di quest’opera è confermato dalla lunga serie dei suoi epigoni: siamo di fronte al filone più compiuto e per la storia dell’arte più ricco e sostanzioso delle guide romane.
Roma sacra antica e moderna (1687-1700)
Nel 1687 il successore più tradizionalista del Felini, di cui abbiamo conosciuto la prima stesura intitolata Descrittione di Roma antica e moderna (1643), si decise per una sorta di rifacimento della sua guida: Roma sacra antica e moderna edita da Vincenzo de Romanis e stampata da G. B. Molo [sch. 61]. I tre aggettivi del titolo corrispondono alla disposizione dell’opera: prima la Roma sacra, ovvero l’elencazione delle chiese sempre secondo l’ordine stabilitosi grazie al Felini ma con alcune novità, la Cappella Cibo, le chiese del SS. Sudario e di Gesù e Maria al Corso.
La seconda parte reca la consueta descrizione della Roma antica, tuttavia sono stati aboliti i capitoli sul Vaticano e sui rioni. Al posto delle due sezioni eliminate, così come della Guida Romana mancante nella Roma sacra, è stata compilata la terza parte, Roma moderna.
Qui la città moderna, forse sotto l’influenza del modello del Totti, è presentata secondo la disposizione dei rioni. La nota più rilevante è costituita dall’elenco dei palazzi, utile come tale in quanto vi appaiono notizie in merito alle collezioni private lì raccolte, informazioni di certo molto lacunose, ma importanti ai fini della determinazione della provenienza ed eventualmente del trasferimento di proprietà dei pezzi migliori.
Tale stesura è autonoma, sia rispetto al Ritratto sia rispetto all’edizione del Titi apparsa nel frattempo. Nel 1700 uscì una ristampa immutata dell’opera sempre a spese di Vincenzo de Romanis.
page 133Francesco Posteria (1707) e Gio. Francesco Cecconi (1725)
La stessa guida che aveva già accompagnato per 120 anni tanti pellegrini attraverso la Città eterna, ebbe una riedizione nel 1707 ad opera di Francesco Posterla con il titolo variato in Roma Sacra, e Moderna [sch. 62]. Essa segue la nuova suddivisione in rioni nel frattempo divenuta usuale; l’ordine delle chiese è sostanzialmente lo stesso della Descrizione di Roma che l’Autore in parte riprende perfino alla lettera, apportando tuttavia integrazioni in connessione con il pontificato tanto di Innocenzo XII come di Clemente XI, del cui governo viene data un’immagine positiva. Per il resto il Posterla, descrivendo le chiese importanti (come appare evidente confrontando quanto scrive su S. Maria del Popolo e S. Marco), ha tratto molto dal Titi di cui del resto, come si è visto, rielabora personalmente l’opera nel 1708.
L’ultima edizione, che utilizza ancora le antiche silografie del Franzini, apparve nel 1725 edita dal Barbiellini e aggiornata allo stato delle nuove conoscenze da un certo canonico Cecconi [sch. 63]. L’ordinamento dei rioni è totalmente mutato; secondo la fonte Panciroli (1625), espressamente menzionata al frontespizio, Colonna e Trevi sono stati collocati diversamente. L’ordine delle chiese all’interno dei rioni corrisponde però a quello proposto dai predecessori e nella descrizione il Cecconi segue per lo più le consolidate indicazioni del Titi.
Amidei e Barbiellini, editori (1741)
La guida del Cecconi venne sostituita nel 1741 da un nuovo testo edito da Gio. Lorenzo Barbiellini⁑. L’opera è tuttavia suddivisa in due agili volumi, dei quali il primo tratta la Roma antica e il secondo la moderna.
La Roma moderna, che ci interessa qui [sch. 64], è di scarso rilievo, riportando quasi le stesse parole del Cecconi. Tuttavia essa è stata composta con nuovi caratteri tipografici e le antiche silografie sono state sostituite da nuove incisioni in rame, in parte dovute al Piranesi che ha ripetutamente atteso all’illustrazione delle guide romane. Le modifiche apportate al testo sono più rilevanti riguardo al Laterano; altrimenti si limitano per lo più a tagli e ricomposizioni di intere sezioni: manipolazioni che verso la fine del libro si fanno sempre più estese, tanto da ridurne il valore.
Non sembra esistere invece un’edizione del 1744, talvolta citata nelle bibliografie. Con questa del 1741 siamo dunque in presenza dell’ultima redazione di una guida che più di tutte ha conservato una certa relazione con le edizioni delle Cose Maravigliose. Essa aveva ormai fatto il suo tempo e non ebbe alcun rifacimento che valesse quello del Roisecco.
page 134Guide di Divulgazione
Fioravante Martinelli: Roma ricercata
Le guide sin qui prese in considerazione aspirano tutte a fornire al fruitore un compendio quanto più possibile completo dei Memorabilia urbis Romae. In corrispondenza a tale molteplice contenuto esse si sono presto sviluppate in forma di spessi volumi. Ma allo stesso tempo si sentiva la necessità di libri più maneggevoli che in poche pagine informassero il viaggiatore sulle magnificenze dell’ «Alma Città». A questa esigenza cercò di far fronte un gruppo di guide che si rivolgeva alla cerchia dei viaggiatori colti che disponevano solo di poco tempo per la visita della città. Ed ecco emergere in particolare due opere: la Roma ricercata di Fioravante Martinelli e il Mercurio errante di Pietro Rossini. Entrambi furono straordinariamente apprezzati, e il Martinelli è rimasto valido, pur nei vari tipi di rifacimento, fino ai primi decenni del XIX secolo.
Nell’introduzione alla prima edizione della sua guida [sch. 65], che grazie alle buone indicazioni bibliografiche si legge utilmente ancora oggi, il Martinelli⁑ manifesta molto chiaramente i suoi propositi: «Per questa città dunque passeggiando ben spesso per diporto ò devotione; & osservandola da tutte le parti illustrata con nobili successi antichi, e santificata con illustri memorie & edifitii, li quali per la loro moltitudine non possono senza pericolo della verità fidarsi alla memoria dello spettatore, risolsi brevemente notare il tutto con quell’ordine, che à me pareva più facile per trascorrerla: Ciò visto da amici, e giudicandolo necessario per il forastiero, il quale senza guida ben spesso rivolgendosi inestricabilmente per la città ne parte da quella, confuso sì dalla magnificenza d’un chaos, ma non sodisfatto ne’ suoi desiderij, sono stato necessitato à publicarlo con l’ordine medesimo, che mi sono prescritto». E più avanti: «M’accorgo, che vi potete dolere ch’io vi guidi, con discorso troppo laconico, per la notitia di ciò, che si vede; ma credetemi, se vi volessi istruire delli principij, augumenti, ornamenti, e qualità di tutti gl’istituti... mancarebbe la penna in un col tempo prescritto alla vostra peregrinatione, poichè molti libri sarebbero necessarij per sodisfare alla curiosità vostra».
page 135Nella sua impostazione l’opera reca qualcosa di nuovo, che resterà poi a lungo, ed è l’itinerario di visita che è stato portato a dieci giornate. Il punto di partenza delle singole escursioni quotidiane è situato sempre in vicinanza dell’albergo dell’Orso, poiché «...essendo per la moltitudine degli alberghi notissima a’ forastieri la strada... dell’Orso, e di Tor di Nona... facilmente prende la maggior parte d’essi l’habitatione in questa contrada: per il che da questa parmi necessario, che con la presente guida principij e termini giornalmente il viaggio che si fa per vedere le cose più curiose di Roma».
Le prime due giornate sono dedicate al Borgo e a Trastevere, un inizio simile dunque a quello del Totti. La visita della città è stata suddivisa in altri sette giorni e da nord e da sud vengono scelti sempre veri e propri segmenti circolari. Il terzo giorno si affrontano le zone della città adiacenti a via Giulia fino all’Isola Tiberina, con S. Giovanni dei Fiorentini quale punto di partenza, dunque più o meno la zona tra l’odierno corso Vittorio Emanuele e il Tevere (Da Strada Giulia all'isola di S. Bartolomeo). Di qui i percorsi si spingono sempre più verso nord e nord-est: il quarto giorno si va da S. Lorenzo in Damaso per S. Maria in Cosmedin verso l’Aventino (Da San Lorenzo in Damaso al Monte Aventino), il quinto al Celio e al Palatino (Dalla Piazza di Pasquino per li monti Celio e Palatino) e il sesto da S. Salvatore in Lauro per piazza Navona, Araceli, Campidoglio e Foro oltre il Colosseo, e per S. Pietro in Vincoli e S. Francesco di Paola si torna verso piazza Navona (Giornata VI. Da S. Salvatore in Lauro per Campo Vaccino e le Carine). Gli itinerari dei tre giorni successivi, settimo, ottavo e nono, si estendono alle zone situate al limite estremo occidentale della città, Porta del Popolo, percorrendo nella Giornata VII da S. Apollinare verso i Ss. Apostoli e dalla zona intorno a S. Maria Maggiore verso il Quirinale (Dalla Piazza dell'Apollinare per il Monte Viminale e Quirinale); durante la Giornata VIII si va dal Collegio Clementino per il Campo Marzio e la Fontana di Trevi fino alle Terme di Diocleziano (Da Piazza Nicosia alle Therme Diocleziane), mentre ciò che resta è rimandato al nono giorno fino al Pincio e Villa Borghese (Da Piazza Borghese a Porta Pinciana). Il decimo giorno è dedicato alla visita delle sette chiese principali. Seguono diverse appendici che trattano delle porte, dei colli, delle strade e delle piazze.
Questa guida che, realizzata in piccolo formato, offre in poche pagine una comoda visione d’insieme delle cose più interessanti della Città eterna, ha goduto di un favore del tutto eccezionale. Se si eccettuano le Cose Maravigliose, essa ha avuto il maggior numero di edizioni; da ultimo è uscita ampiamente modernizzata nel 1771 ancora col nome del Martinelli, mantenendo tuttavia pur con altri titoli la sua validità fino al XIX secolo inoltrato. Frequentemente, a partire dal 1650, essa venne unita alla Relatione della Corte di Roma di Girolamo Lunadoro.
Il valore delle sue descrizioni dei singoli monumenti varia notevolmente. Le prime due edizioni del 1644 e del 1650 [sch. 66] non si allontanano in molti punti da una fredda elencazione dei nomi delle chiese. Il Martinelli si mostra bene informato sugli edifici del Borromini (Oratorio dei Filippini e la Sapienza nella prima edizione, palazzo Falconieri e la basilica Lateranense nella seconda), architetto che egli conobbe personalmente e che stimava, come emerge chiaramente dalle sue descrizioni. Naturalmente il Martinelli men page 136 ziona egualmente anche le opere del Bernini, che proprio in quel periodo rappresentavano ormai un modello.
Molto ampliata e stampata in formato un po’ più grande è la terza edizione del 1658 [sch. 67], arricchita anche di alcune buone incisioni, soprattutto dei citati edifici del Borromini. Per il resto molto vi è ripetuto, in particolare le realizzazioni dei papi di volta in volta regnanti, e molto vi è anche tratto dai compilatori delle più tarde edizioni del Ritratto e della Descrizione. Particolarmente degne di nota sono le dettagliate descrizioni di S. Niccolò in Carcere, dove l’Autore afferma di avere utilizzato fonti anteriori, e così pure di S. Maria della Pace e di S. Maria del Popolo, con ragguagli rispettivamente su Pietro da Cortona e sul Borromini.
Questa terza edizione è forse l’ultima ancora elaborata personalmente dal Martinelli [sch. 68]. La «quarta impressione» è un annesso alla Relazione del Lunadoro del 1660 [sch. 69], che tuttavia coincide esattamente con l’edizione del 1662 indicata come «quinta impressione». Non divergono tra loro tutte le ristampe successive, sempre unite al Lunadoro del 1664, 1671, 1677, 1689 e 1702.
Dal 1687 appare per la prima volta l’aggiunta al titolo «Di nuovo corretta» e con questa formula la guida ha avuto riedizioni ancora nel 1699, 1702, 1707, 1715, 1722, 1725, 1750, 1761 e 1771. Al riguardo è da osservare come ora emergano due varianti: l’una, che anche sul piano del formato si allinea alla quarta e quinta ristampa e che è fornita di buone piccole incisioni in rame, è rappresentata dalle edizioni del 1702 e 1703 presso gli Eredi Corbelletti [sch. 70]. Essa, elaborata secondo presupposti scientifici, integra e amplifica considerevolmente le notizie circa le opere d’arte e gli artisti (si veda in proposito la descrizione di S. Giovanni dei Fiorentini), allontanandosi in questo dalle precedenti edizioni: così, per esempio, alcune descrizioni ed excursus — che il Martinelli aveva trattato molto dettagliatamente (ad esempio S. Maria in Porticu, S. Maria del Popolo e S. Maria della Pace) — vengono qui fortemente abbreviati o del tutto eliminati ad esclusivo vantaggio dell’opera. La nuova stesura, il cui autore resta anonimo, sembra comunque non aver avuto alcun seguito a prescindere dalla ristampa del 1725.
La seconda variante, già apparsa nel 1687 presso Francesco Leone [sch. 71] e successivamente nel 1699, 1702, 1707, 1715, 1722 e 1725 presso Pietro Leone, «Libraro a Pasquino all’insegna di S. Giovanni di Dio», risulta stampata in formato appena più grande, su carta di scarsa qualità e fornita di scadenti silografie. Essa si presentava evidentemente come una guida più diffusa, ma al tempo stesso più economica, per la città. Le varie edizioni di essa differiscono tra loro ben poco. Il compilatore, che nel 1699 si firma Francesco Valesio, si è attenuto più strettamente di quanto non abbia poi fatto il curatore dell’impressione 1703 alle più antiche edizioni, ancora redatte dallo stesso Martinelli. Conseguentemente egli lascia quasi integre le occasionali digressioni del Martinelli, dà maggior peso alle notizie sull’antica Roma e in sostanza riporta un minor numero di informazioni su artisti ed opere d’arte. Il «giro« attraverso Roma è fondamentalmente lo stesso; soltanto sono mutati i punti di partenza della «Giornata V» (piazza di Monte Giordano invece di piazza di Pasquino) e della «Giornata VII» (S. Agostino al posto di S. Apollinare), senza che tuttavia l’itinerario del rispettivo giorno ne abbia dovuto subire sostanziali deviazioni.
page 137Più incisive sono le innovazioni nelle ultime edizioni del 1750 [sch. 72], 1761 e 1771. Caratteristico è il fatto che per una volta l’escursione non parta più dalla strada dell’Orso, bensì da piazza di Spagna (attorno a questa piazza, sul finire del Settecento come in certo senso anche oggi, era il quartiere degli stranieri). Importante è inoltre che il «giro» del decimo giorno Per le nove chiese ora venga a mancare e che le sette chiese principali vengano incluse nella logica dei singoli itinerari quotidiani in corrispondenza alla loro posizione topografica. Per contro l’originario percorso della nona giornata è ora suddiviso in due parti: Dal Palazzo Borghese a Porta del Popolo (Giornata IX) e Dal Montecitorio alla Porta Pia e al Monte Pincio (Giornata X). La seconda, incisiva innovazione consiste nel tentativo di elencare nel modo più esauriente possibile le opere d’arte delle singole chiese, attenendosi nella sostanza al Titi.
Con il 1771 il nome di Martinelli scompare dalla letteratura locale romana. Le due guide apparse nel 1775, rispettivamente presso Bartolomicchi e Casaletti, non si discostano dal Martinelli e basti qui per esse una semplice menzione, giacché quelle stamperie non ne fecero alcuna riedizione.
Roma ampliata e rinnovata (1725)
Una nuova stesura dell’opera del Martinelli fu promossa da un editore a noi già noto, Gregorio Roisecco. Prima di dare alla luce la sua grande guida di Roma egli fece uscire nel 1725 una piccola descrizione della Città eterna sotto il titolo di Roma ampliata e rinnovata [sch. 73]; qui venne effettuata anzitutto una suddivisione dell’itinerario relativo all’ultima giornata allo scopo di dettagliare maggiormente le opere d’arte esistenti nelle chiese. Quest’opera è perciò innovativa nell’ambito delle piccole guide romane; le impressioni del 1739 e del 1750 saranno solo in minima parte modificate.
Tuttavia la riedizione del 1739 è degna di nota proprio perché in un’apposita appendice registra gli edifici costruiti a Roma durante il pontificato di Clemente XII. Stampata accuratamente, essa fornisce descrizioni più precise dei monumenti. Vi è dedicato maggiore spazio soprattutto ai palazzi, pur se le informazioni vengono ricavate principalmente dal Mercurio errante di Pietro Rossini. Anche le silografie sono migliori rispetto alle ultime edizioni del Martinelli. La fortuna di questa guida è confermata dall’esistenza di una traduzione in tedesco dal titolo Herrlich erweitertes und erneuertes Rom [sch. 74] stampata ad Augusta negli anni 1739 e 1740.
Nuova descrizione di Roma antica e moderna (1775)
La Nuova descrizione di Roma apparsa per la prima volta nel 1775 [sch. 75] ha raccolto l’eredità delle due guide appena trattate, avendo poi otto ristampe fino al 1842. Essa ha mantenuto la ripartizione ormai classica delle dieci giornate di visita, ma non ha apportato alcunché di fondamentalmente nuovo alle ultime edizioni del Martinelli e del Roisecco. La page 138 descrizione ad esempio della nuova sagrestia di S. Pietro, alla quale la terza edizione del 1790 dedica una particolare attenzione, è del tutto insufficiente.
Indicativo della scarsa utilità della guida è che non traspaia nulla del sacco di Roma da parte di Napoleone: solo occasionalmente si può leggere nella quinta edizione del 1820, a proposito della Trasfigurazione di Raffaello in S. Pietro in Montorio, che il quadro si trovi ora nell’appartamento Borgia in Vaticano; o che a proposito della Trinità dei Monti si affermi «anche questa chiesa fu soppressa l’anno 1798», pur non spendendo nemmeno una parola sulla sorte dei quadri.
Se si volesse dare un giudizio conclusivo su tutte queste edizioni si dovrebbe dire che la guida, tra tutte la più diffusa ed economica, abbia assunto le sue informazioni da altre più ampie e documentate stesure. Tuttavia le edizioni uscite nell’arco di tempo compreso tra il 1700 e il 1725 riportano di quando in quando notizie originali. Così si trovano nella redazione del 1703 alcune indicazioni su Giuseppe Ghezzi (dipinti in S. Salvatore in Lauro e in S. Giuseppe dei Falegnami) che non s’incontrano in alcun’altra guida dell’epoca. Anche qui con una indagine approfondita il ricercatore giungerebbe a qualche risultato, nel senso che nelle ultime edizioni derivate dal Martinelli, e principalmente nella Nuova descrizione, si percepisce come un ristagno: cose già dette vengono ripetute, e ciò costituisce il segno tipico dell’ultimo periodo della letteratura delle guide romane.
La Nota delli Musei (1664) e Pietro de' Sebastiani (1683)
Finalità analoghe a quelle del Martinelli e dei suoi successori ha perseguito Pietro Rossini nel suo Mercurio errante. Anch’egli nutrì l’idea di scrivere una guida maneggevole per la Roma antica e quella nuova. Egli possiede tuttavia una caratteristica che conferisce al suo lavoro un valore particolare: in luogo dell’usuale descrizione delle chiese egli è più attento all’illustrazione dei palazzi e dei patrimoni artistici in essi contenuti. Prima di guardare al suo lavoro è comunque necessario menzionare due piccoli scritti che lo precedono e che hanno sicuramente influito sulla nascita dell’opera.
Anzitutto è da esaminare una alquanto strana Nota delli musei [sch. 76], apparsa quale appendice di una edizione della Relazione della Corte di Roma di Girolamo Lunadoro stampata a Roma nel 1664. In poche pagine (55 in tutto) [sch. 77] essa registra in ordine alfabetico una quantità di collezioni private (tra cui palazzo Barberini, palazzo Borghese, Propaganda Fide, palazzo Giustiniani, il Vaticano e, cosa molto interessante, le collezioni della regina Cristina di Svezia), e offre una serie di notizie notevoli e interessanti, sia pure in un contesto breve ed asciutto, giacché l’operetta vuole essere, come si afferma a p. 3 della prefazione, soltanto una «Nota». Conclude lo scritto — il cui autore secondo Hülsen potrebbe essere Gio. Pietro Bellori — un capitolo sulle pitture dell’antica Roma, non senza significato per la storia degli scavi romani.
Qualcosa di più circostanziato rappresentano i due scritti di un certo Pietro de’ Sebastiani (1683). Il Viaggio curioso di Roma sagra e profana, che si occupa principalmente dell’antica Roma, non ci interessa qui in modo particolare. Altra cosa dobbiamo dire per page 139 il Viaggio curioso de palazzi... [sch. 78]. Qui vengono illustrati i più importanti edifici di Roma come il Vaticano, il Campidoglio e i palazzi Quirinale, Corsini (regina di Svezia), Farnese, Colonna, Chigi, Borghese, Barberini, Giustiniani, oltre alle ville Borghese, Pamphili, Montalto, Giustiniani, Medici, per citare solo alcune delle maggiori, e ancora, seppure molto brevemente, le ville di Tivoli e Frascati. Le descrizioni dei palazzi sono accettabili, e includono già un gran numero di capolavori artistici che compariranno più tardi nel Rossini. Tuttavia il libretto, probabilmente per la concorrenza col Rossini, non ha avuto ristampe ed è tra le pubblicazioni più rare del suo genere.
Pietro Rossini: le prime cinque edizioni (1693-1732)...
L’antiquario Pietro Rossini da Pesaro stampò nel 1693, ad uso dei forestieri e obbedendo ad esigenze pratiche («onde io professando servire d’antiquario alli detti Signori specialmente dell’inclita nazione Thedesca» si legge nella dedica al cardinale Lambergh), una guida alla quale diede il bel titolo di Mercurio errante [sch. 79]. Presto essa divenne popolare e godette di una lunga vita, con dieci riedizioni, delle quali alcune più volte ristampate, fino al 1789.
La suddivisione del lavoro, che non si è modificata nel corso delle prime cinque edizioni, è la seguente: la prima parte tratta dei palazzi, la seconda delle ville, mentre la terza ed ultima offre uno sguardo sulle rovine dell’antica Roma. La descrizione dei palazzi è sensibilmente più ricca di quella del Sebastiani, e riveste grande importanza per la storia delle collezioni private romane. Si vedano le sezioni relative ai palazzi Chigi, Colonna, Borghese, Farnese o Vaticano. All’interno delle riedizioni non sono cambiate tuttavia di molto le descrizioni. Anche le ville che vengono citate sono trattate in dettaglio.
La terza parte sulle antichità è interessante per lo storico d’arte in quanto reca anche una serie di indicazioni sui lavori edilizi nelle chiese, come la ristrutturazione di S. Maria degli Angeli ad opera di Michelangelo; tra l’altro vengono menzionati i paesaggi di Gaspard Dughet e del Brill a S. Martino ai Monti. Si parla occasionalmente anche dei restauri di antichi monumenti, cosicché il lavoro guadagna in importanza anche per gli scavi di Roma. Un capitolo particolare tratta delle nove chiese principali.
Nelle prime cinque edizioni, come si è detto, non viene modificato nulla di questa impostazione di base; ciascuna edizione è stata tuttavia, come il nostro moderno Baedeker, sempre continuamente aggiornata: ogni volta appaiono nuovi palazzi e per i già menzionati vengono indicati i nomi dei nuovi proprietari, con grande vantaggio per la conoscenza della loro storia. Dopo il 1700 un capitolo specifico è dedicato alle realizzazioni di Innocenzo XII.
Le fonti del Rossini sono piuttosto chiare. È sicuro che egli conoscesse il Sebastiani, al quale deve pure, come sembra, l’ispirazione per le prime due parti dell’opera. Tuttavia le sue enunciazioni non sopravanzano quelle dei suoi predecessori. Per la descrizione molto particolareggiata della villa Borghese la fonte si deve individuare nel libro del Manilli apparso nel 1650. Infine molto materiale gli è stato fornito dalle osservazioni di Roma an page 140 tica e moderna del 1687. La maggior parte dei testi relativi alle descrizioni dei palazzi risulta tuttavia originale; da ultimo il Titi non è stato da lui fin qui utilizzato, certamente non in modo sistematico.
...Dalla sesta alla nona edizione (1739-1771)...
Nella sesta edizione del 1739 [sch. 80] è da registrare una fondamentale innovazione, che riguarda il secondo libro intitolato Delle principali chiese di Roma nel quale, in stretta dipendenza dal Titi, descrive accanto alle principali altre 52 chiese. Il libro terzo tratta delle ville, il quarto delle antichità. Questa edizione ha particolare valore come fonte per il pontificato di Clemente XII, pure importante per la letteratura delle guide.
La suddivisione della materia è mantenuta nella settima edizione (1750) [sch. 81]; i libri terzo e quarto sono riuniti qui sotto un’unica intitolazione. Importanti sono le notizie particolareggiate circa il Vaticano, il Laterano e S. Pietro; le informazioni sulle chiese risultano qui molto arricchite. L’edizione acquista speciale valore dal materiale che riporta in merito al pontificato di papa Lambertini: si vedano le osservazioni su S. Apollinare, S. Niccolò dei Lorenesi e S. Lorenzo in Damaso.
L’ottava edizione del 1760 non ha apportato novità nella disposizione della materia, integrando la precedente con notizie a proposito del pontificato di Benedetto XIV. Trovano menzione la costruzione del palazzo dei Conservatori, il bel «caffeaus» che il papa si fece costruire nei giardini del Quirinale, villa Albani e altri edifici.
La nona edizione, apparsa nel 1771, è seguita nella seconda parte da una descrizione del museo Capitolino, con numerazione a sé.
...La decima edizione (1776)
Un rifacimento della guida è quello che abbiamo nella decima edizione del 1776 [sch. 82]. L’antica impostazione è abbandonata per far luogo al «giro» in dieci giornate previste per la visita della città. L’itinerario ha inizio dal Campidoglio, che è descritto in modo particolarmente minuzioso con le sue raccolte di antichità. I punti di partenza delle escursioni per ogni singola giornata sono diversi; non vale la pena di indicarli specificamente. Conclude il lavoro un capitolo dedicato alle ville dei dintorni di Roma.
In questa nuova stesura la guida, che inizialmente non andava oltre una descrizione dei palazzi e delle ville, si è sviluppata nel senso di un’ampia sintesi delle magnificenze della città. L’ultima redazione del 1788 non si scosta da questa edizione, salvo che per essere stata accresciuta con la descrizione della sagrestia di S. Pietro edificata da Pio VI e da indicazioni utili per la visita del Museo Pio Clementino⁑.
page 141Giacomo Pinaroli (1700)
Accanto a queste guide largamente diffuse e spesso riedite sarebbero ancora da ricordare due lavori minori che, nonostante siano meno noti, possono ugualmente presentare qualche interesse e dare più volte una risposta utile ad alcune domande.
Il Trattato delle cose più memorabili del Pinaroli (pubblicato la prima volta nel 1700 [sch. 83], ristampato nel 1703, leggermente modificato nel 1713 e proposto in un’edizione parallela italo-francese nel 1725) mette l’accento sulla descrizione di Roma antica, cosicché grandi parti del libro risultano irrilevanti per la storia dell’arte più recente. Il «giro», in generale piuttosto disordinato, parte dal Campidoglio e va, per il Foro e il Palatino, al Pantheon e a piazza Navona, a Campo de’ Fiori e quindi a Trastevere fino a porta S. Pancrazio; prosegue poi verso la Città Leonina e, in un modo molto arbitrario, per l’Isola Tiberina e l’Aventino, verso S. Paolo fuori le Mura e S. Sebastiano per tornare in città a S. Gregorio Magno (primo volume).
Il secondo volume fissa ponte Milvio come punto di partenza, descrive poi piazza del Popolo e per S. Maria degli Angeli va al Quirinale. Da qui l’itinerario perde coerenza: a palazzo Colonna, ancora in linea con un regolare percorso, seguono palazzo e Villa Borghese, parti del Corso e la chiesa del Gesù con i palazzi limitrofi. Solo verso la fine del volume il Pinaroli diventa più coerente, dove parla di S. Maria Maggiore, del Laterano, di S. Croce in Gerusalemme e di S. Lorenzo fuori le Mura, nel contesto di un giro organico. Al termine il lavoro illustra i principali luoghi dei Colli Albani e dei Monti Sabini, menzionando anche Caprarola e Bagnaia.
L'Ammaestramento del Titi è la fonte dalla quale il Pinaroli attinse la descrizione delle chiese; egli ricopiò il suo predecessore usando talora notevoli abbreviazioni, ma anche letteralmente, come nell’introduzione all’illustrazione del Gesù, e non si può quindi pensare che il suo lavoro abbia un valore autonomo. Ciò che lo rende comunque abbastanza importante sono le notizie che egli dà dei palazzi. Confrontando le sue osservazioni sui palazzi Colonna, Borghese, Odescalchi o sulla Cancelleria con quelle del Rossini, che a questo punto sarebbe l’unica fonte da tener presente, si troveranno solo concordanze insite nella natura dell’oggetto, ma il Pinaroli risulta del tutto originale e sotto molti aspetti più dettagliato.
Sono particolarmente interessanti le sue note su villa Benedetti (oggi Abamelek), curioso prodotto del barocco, che viene trattato minuziosamente con tutte le sue strane iscrizioni. A prescindere da un piccolo scritto di Matthäus Mayer del 1674, possiamo parlare di un caso unico in tutta la letteratura delle guide romane. Altrettanto dettagliata riesce la descrizione della Biblioteca Vaticana. Le differenze tra le singole edizioni sono, come già accennato, minime; solo l’edizione del 1713 offre qualche novità.
page 142Francesco Eschinardi (1696, 1750)
La Descrizione di Roma e dell'Agro Romano del 1696 [sch. 84] può essere a questo punto in breve commentata. Essa veramente non fa parte dell’insieme delle guide romane. Nata come illustrazione di una carta della Campagna Romana descrive piuttosto questa che non la città di Roma. Il libro si divide in due parti. La prima, che serve di introduzione, tratta la Roma antica e può essere motivo d’interesse anche per lo storico dell’arte nei capitoli Rioni, Monti, Del Tevere, Dei Cimiteri e Della Destruzione di Roma.
La seconda parte descrive la Campagna stabilendo le quattordici porte di Roma quali punti di partenza; a tali porte si aggiungono le descrizioni delle strade, che da esse rispettivamente si dipartono, quindi della Campagna, dei suoi casali e delle sue tenute. Molto vive e in parte anche piuttosto importanti e indicative risultano le descrizioni delle ville di Frascati. Alcune delle esposizioni dell’Eschinardi sono ancora interessanti per la storia degli scavi.
L’opera venne riproposta nel 1750 a grande tiratura, arricchita in particolare di un Catalogo delle tenute dell’Agro Romano. Per la città di Roma, tuttavia, neanche tale ampliamento può risultare in qualche modo fruttuoso.
Altri scritti
In conclusione è opportuno ricordare ancora alcuni scritti che presentano uno stretto collegamento con la letteratura delle guide. Carlo Padredio fornì nel suo opuscolo Misure delle sette e nove chiese del 1677 un elenco delle dimensioni delle sette chiese principali; in un altro trattatello egli indicò le distanze tra le quattro basiliche, informazioni queste che potevano essere accolte con favore dai pellegrini che venivano a Roma per il Giubileo del 1675. Per noi oggi tali lavori non hanno alcun valore.
Del Sebastiani e della Nota delli Musei già si è parlato. Appare importante anche l’elencazione degli edifici costruiti sotto Clemente XII fatta da G. B. Gaddi (Roma nobilitata nelle sue fabbriche dalla Santità di N. S. Clemente XII, 1736) [sch. 85] che, come abbiamo visto, fu utilizzata dal Roisecco e da altri.
La descrizione della nuova suddivisione dei rioni sotto Benedetto XIV stilata da Bernardino Bernardini (pubblicata nel 1744 [sch. 86] e ristampata nel 1810) ebbe ugualmente una certa influenza sulle guide, visto che queste dovevano tener conto dei nuovi rioni e adattarsi ad essi. Basti notare a tale proposito che quest’opera per la chiara disposizione del materiale risulta ancor oggi valida e spesso molto utile per la ricerca di una strada o di un monumento⁑.
Minor valore possiamo attribuire alla descrizione di Roma del Salmon (Lo stato presente di tutti i paesi, e popoli del mondo..., 1759) che costituisce il XXII volume di una descrizione dell’Italia e di molti paesi stranieri.
page 143L’ultimo Settecento e L’ottocento
Con le ultime edizioni del Titi e dei Roisecco, come della topografia di Ridolfino Venuti, della quale dobbiamo ancora parlare, termina il grande periodo delle guide di Roma. Il motivo si spiega con facilità: l’ampia attività edilizia che si era sviluppata nei secoli XVII e XVIII, cioè nella vera epoca costruttiva dell’arte romana, era conclusa. I testi finora menzionati riportano con la dovuta completezza quanto tale arte aveva creato; ciò che da ora in poi sarà pubblicato, si servirà dei modelli precedenti, li imiterà e più o meno li diluirà.
È caratteristico per l’epoca che tra le guide si incontri ora soprattutto quel tipo che abbiamo definito popolare. Questi libri nascono per lo più dalla consuetudine dei «ciceroni» e offrono quindi una scelta dei monumenti che il visitatore colto avrebbe dovuto vedere e ai quali voleva essere portato.
La guida più diffusa del tardo periodo, l'Itinerario istruttivo di Giuseppe Vasi, rivela una simile genesi. Essa originariamente doveva fungere da testo per le Magnificenze di Roma antica e moderna, la grande opera di vedute incise dallo stesso Vasi pubblicata negli anni 1747-1761. L’autore certamente non aveva potuto dare nel testo che accompagnava le vedute tutte le notizie che avrebbe voluto. Cercò quindi di condensare nell'Itinerario quanto di più importante potesse interessare il viaggiatore.
Questa guida divenne nell’ultimo Settecento e nell’Ottocento straordinariamente popolare e, con quasi cinquanta riedizioni, avrebbe avuto un’esistenza protrattasi dal 1763 al 1894.
Giuseppe e Mariano Vasi
Per noi si tratta anzitutto di distinguere tra le edizioni dei diversi compilatori. All’autore del presente lavoro sono note sei edizioni che possono risalire al capostipite Giuseppe Vasi. L’editio princeps, sulla quale tutte le edizioni successive si basano, venne pubblicata nel 1763 da Pagliarini a Roma e porta il titolo di Itinerario istruttivo [sch. 87]. Essa fu ristampata dallo stesso Pagliarini nel 1765 senza alcuna modifica; anche la riedizione uscita a Napoli nel 1770 non presenta varianti nel testo⁑.
page 144L’itinerario attraverso la Città eterna viene ripartito non secondo i rioni ma in otto giornate⁑. Nella disposizione dei monumenti c’è qualcosa di originale. Punto di partenza è Ponte Molle, che di solito il forestiero attraversava arrivando a Roma; da qui si prosegue per il Corso, il Campidoglio, il Celio e il Foro fino al Laterano (I. giorno). Nel secondo giorno, cominciando da S. Maria Maggiore, si visita la zona intorno all’odierna stazione Termini, giungendo fino a S. Agnese fuori le Mura per tornare infine per Villa Albani a Trinità dei Monti. La terza escursione parte da piazza del Popolo e per via del Babuino, piazza di Spagna, il Quirinale, i Fori Imperiali e via Panisperna, conduce a porta S. Lorenzo e alla basilica di S. Lorenzo fuori le Mura. Il giro del quarto giorno porta da piazza del Popolo per via Ripetta al Pantheon, che viene trattato minuziosamente insieme alle chiese vicine quali S. Maria sopra Minerva, S. Eustachio, S. Luigi dei Francesi e altre, per finire a piazza Navona. Partendo da S. Andrea della Valle, il quinto giorno si visitano palazzo Mattei e S. Maria della Consolazione, poi per il Palatino e i Ss. Nereo ed Achilleo si arriva a S. Paolo fuori le Mura, per tornare lungo l’Aventino e il Testaccio all’Isola Tiberina. Il programma del sesto giorno si concentra in Trastevere. Il settimo giorno vengono percorse, con S. Salvatore in Onda come punto di partenza, le zone intorno alla SS. Trinità dei Pellegrini, Campo de’ Fiori e il palazzo Farnese; quindi si percorre via Giulia fino a S. Giovanni dei Fiorentini, fornendo così il naturale passaggio al giro dell’ultimo giorno, che riguarda il Borgo con partenza da ponte S. Angelo.
L’itinerario, che il Vogel nel suo citato Aus Goethes römischen Tagen riporta molto dettagliatamente, non è stato poi sostanzialmente modificato; soltanto la lunghezza delle escursioni nelle singole giornate è stata talvolta accorciata o ampliata. La prima variante di rilievo si trova nell’edizione del 1786, nella quale il primo giorno si conclude con il Campidoglio e il secondo ha inizio con il Campo Vaccino. Analogamente avviene per le escursioni del sesto e settimo giorno. Tali modifiche sono tuttavia di così scarso rilievo da non richiedere una disamina specifica.
Se si osserva il lavoro del Vasi, e in particolare le tre edizioni tra loro identiche del 1763, 1765 e 1770, non lo si può considerare del tutto positivamente. Le sue informazioni sono per lo più approssimative e lacunose e hanno piuttosto il carattere di didascalie alle incisioni della sua opera maggiore. Tra l’altro, i numeri corrispondenti a quelle tavole sono sempre riportati nel testo anche per i singoli monumenti. Tuttavia egli dipende ovunque dai suoi predecessori, che in alcuni casi ha copiato in modo maldestro (ad esempio nell’edizione del 1765, a pagina 250, in luogo di Filippo Zucchetti riporta Filippo Zuccheri) [sch. 88]. Basta uno sguardo alla descrizione delle chiese principali per vedere con quanta frettolosità sia stato redatto l’intero lavoro. È senz’altro indicativo che il Vasi erri ancor di più nelle sue informazioni sulle chiese minori, che non tratta più così diffusamente come il Titi. Non si può dunque definire il lavoro — come invece fa il Vogel — «opera estremamente valida per la topografia romana»⁑. Al contrario, proprio queste pri page 145 me tre edizioni sono quelle di minor valore. Ma a causa del formato maneggevole la guida trovò sempre acquirenti soddisfatti.
Le modifiche reperibili nelle numerose riedizioni sono frequenti e sarebbe arduo elencarle; a edizioni migliorate seguono spesso quelle peggiorate, cosicché diventa impossibile trarre qualche conclusione dal mettere in rilievo o trascurare certi dettagli. L’edizione del 1773 propone per la prima volta leggere modifiche del testo, ma sarà solo la «terza edizione corretta ed accresciuta» del 1711 [sch. 89] a tentare una vera revisione e un ampliamento. Qui si notano alcune aggiunte originali, come per esempio il passo molto importante sul completamento di S. Lucia in Gonfalone (p. 442). L’ultima edizione col nome di Giuseppe Vasi risale al 1786 [sch. 90] e rappresenta un forte regresso rispetto a quella del 1777.
Alla morte di Giuseppe, avvenuta nel 1782, il figlio assunse la direzione della calcografia e con essa la responsabilità delle ulteriori impressioni dell'Itinerario. La prima edizione firmata dal solo Mariano è del 1791; fino al 1816 egli ne avrebbe fatto uscire ancora altre, le quali tuttavia non mostrano, salvo una eccezione, caratteristiche particolari. E poco a poco comincia ad affacciarsi la visione artistica propria del classicismo: accanto a piazza del Popolo, ad esempio, è menzionata la caserma Valadier e lo studio del Canova viene segnalato come particolarmente meritevole di una visita.
Anche il nome di Napoleone ora fa capolino e fornisce all’edizione del 1812 [sch. 91] una certa impronta. L’introduzione a p. 3 sottolinea il particolare pregio del libro «...per essersi ridotta l’esposizione secondo lo stato presente delle cose, non poco cangiato da quel ch’era innanzi, sotto l’impero di Napoleone il Grande». Veniamo così informati dell’asportazione delle antichità di Villa Borghese (p. 170) e vediamo il Quirinale chiamato Palazzo Imperiale; vengono ricordate le modifiche apportate all’edificio ed effettuate all’epoca dagli architetti Stern e Daru. Singoli palazzi e ville portano i nomi dei membri dell’amministrazione francese che li occupano e lo stesso Vaticano deve sopportare di essere chiamato «Palazzo Imperiale del Vaticano». Sembra importante anche la notizia dell’istituzione di un’Accademia del disegno nelle sale del Collegio Germanico sotto la presidenza del Canova (p. 433). Nelle riedizioni del 1814 e del 1816 — le due ultime curate ancora da Mariano Vasi — tali aggiunte appaiono di nuovo soppresse [sch. 92].
Antonio Nibby e le guide da lui dipendenti
Nel 1818 Mariano Vasi, ancora in vita, fece rivedere e correggere la guida da un giovane archeologo, Antonio Nibby [sch. 93]. Innovazioni e miglioramenti sostanziali qui comunque non se ne trovano. L’interesse del Nibby era orientato più verso il campo dell’archeologia, le sue descrizioni delle moderne opere d’arte sono superficiali e viene operata una scelta più circoscritta: «...limitandomi ad osservare le cose che sono di maggior rilievo...». Inoltre i musei e le raccolte private aperte al pubblico vengono ad occupare uno spazio sempre maggiore; trasformandosi così gradualmente le guide in scarni cataloghi, come i moderni manuali di viaggio. Ad ogni modo risulta notevole page 146 l’elenco, che viene dato sempre più frequentemente dopo il 1834, degli artisti viventi a Roma e dei loro ateliers⁑.
L’ultima edizione che reca il nome del solo Nibby venne pubblicata nel 1844 [sch. 94]; con essa si giunge quasi al limite cronologico del presente lavoro. Ci si trova già in un’epoca non più storica e conviene quindi menzionare le ultime uscite di questa guida longeva solo per ragioni di completezza.
Dal Nibby la redazione passò nel 1844 ad Agostino Valentini, la cui attività sarebbe durata poi fino al 1865. L’ultimo curatore, dal 1882 in poi, fu Filippo Porena; i volumi verdi o marroni della Casa Loescher, con l’ultima edizione del 1894, assunsero le caratteristiche delle guide attuali.
Giovan Battista Cipriani (1835 e 1838)
La guida Vasi-Nibby rimase per tutto il secolo la più diffusa. Non può stupire quindi se si cercava sempre di imitarla quanto al metodo e all’itinerario proposto per la città, dato che ciò sembrava garantire una buona accoglienza presso il pubblico. Così nacquero due rispettabili tentativi. Nel 1835 G. B. Cipriani, un noto incisore, pensò di pubblicare un album di vedute in rame al tratto, accompagnate da un testo del Nibby⁑.
Il successo di questa raccolta di tavole sembrò averlo incoraggiato a compilare nel 1838 anche un proprio testo [sch. 95]. Nella disposizione del quale egli ricorse tuttavia al Vasi-Nibby, risultando peraltro originale in quanto tralasciava ogni frase di collegamento tra i singoli monumenti, limitandosi soltanto a fornire la collocazione di una cappella o di un quadro e il nome degli artisti. Si trattava quindi di un insieme di brevissimi appunti.
Tutto ciò dimostrava certo poca originalità, ma le fonti più antiche risultavano comunque elaborate in modo del tutto accurato, tanto che il lavoro rimane utile ancora oggi, pur non avendo più avuto alcuna riedizione.
Erasmo Pistolesi (1841)
Erasmo Pistolesi, al quale dobbiamo la grande opera sul Vaticano, cercava nel 1841 [sch. 96] di rielaborare la guida di Vasi-Nibby in modo possibilmente chiaro, disponendo il materiale secondo lo schema seguente:
page 147Tale disposizione è sicuramente pratica e ben evidente. Quanto al contenuto del lavoro il Pistolesi va, proprio come aveva fatto il Cipriani, considerevolmente oltre il Vasi. Con meticolosità, ma anche senza una particolare originalità, egli mise insieme il suo ricco materiale. Da lui vengono descritte più chiese, e in esse molte più opere d’arte, che non nel Vasi. Ristampe inalterate della sua guida uscirono negli anni 1846, 1848, 1852 e 1853.
Filippo Mercuri (1855)
Più per ragioni di completezza che per la sua importanza si può ancora brevemente ricordare la Nouvelle description de Rome di Filippo Mercuri [sch. 97], della quale all’autore del presente lavoro risultano note due redazioni invariate degli anni 1855 e 1863. L’itinerario abbraccia nove giornate ed è ispirato a quello del Vasi-Nibby, menzionato del resto anche nel frontespizio; le indicazioni restano però senza originalità e sono anche più scarse.
Molte guide dell’ultimo periodo seguono in generale il consolidato modello del Vasi: ricordiamo solo quella di Adone Finardi del 1864 e titoli come Rome en dix jours, Itinerario o guida monumentale di Roma ecc. Sono tutte senza valore.
Carlo Fea (1820)
Anagraficamente prossimo a Mariano Vasi, tra la fine del Settecento e l’inizio dell’Ottocento operava a Roma l’abate Carlo Fea, anch’egli intenzionato a fornire una descrizione di tutta la città. Il suo lavoro fu pubblicato nel 1820 in tre volumi [sch. 98] e avrebbe avuto qualche riedizione fino al 1834, essendo quindi di tenuta piuttosto breve. Il primo volume è dedicato ai due più eccellenti monumenti di Roma, il Vaticano e il Campidoglio; la descrizione delle collezioni raccolte in quei palazzi, stilata già quasi in forma di catalogo, vi occupa lo spazio principale. Nel secondo volume al Campidoglio si aggiunge il Foro, cui segue un giro per la città sostanzialmente ripreso dal Vasi.
L’opera offre poco di nuovo e non è del tutto originale, ma ben fatta. Come già il Vasi, neanche il Fea intende dare un elenco completo delle chiese e dei palazzi di Roma; tuttavia nelle sue descrizioni egli risulta notevolmente più accurato del suo predecessore e così si può apprendere qualche notizia su trasformazioni e restauri di chiese, come per esempio nel caso del rifacimento di S. Lorenzo in Damaso⁑.
page 148Un particolare valore si può attribuire alla guida del Fea per merito della descrizione dettagliata dell’appartamento Borgia con i quadri ritornati da Parigi che costituiscono il fondo principale dell’odierna Pinacoteca Vaticana. Questa loro sistemazione durò fino al 1824, quando la Pinacoteca venne trasferita nelle sale sopra le Stanze, dove rimase fino al 1909. Nell’edizione del 1824 si trovano inoltre le prime notizie sul Braccio Nuovo.
Per questi contributi il lavoro di per sè poco originale del Fea riveste comunque una certa importanza per la storia delle collezioni romane.
Giuseppe Melchiorri (1834)
Nella Guida metodica del 1834 [sch. 99] edita dal marchese Giuseppe Melchiorri (1796-1855) si riconosce finalmente l’unico lavoro originale, in certo senso pionieristico di questo periodo, degna conclusione della lunga serie delle guide romane finora considerate.
L’introduzione reca una notevole critica delle guide dell’epoca quali Vasi, Nibby, Manazzale e Piale. L’opera è suddivisa in quattro parti che a loro volta vengono ripartite in «sezioni». La prima parte contiene Nozioni storiche, fisiche, politiche e statistiche non senza importanza. Quanto alle notizie storiche, esse sono legate alla storia della crescita della città e sono quindi interessanti per lo storico dell’arte. Le nozioni fisiche trattano aspetti climatici e geologici, fornendo tra l’altro un elenco cronologico delle inondazioni del Tevere. La terza sezione (Nozioni politiche) offre quello che aveva già proposto il Lunadoro nella sua Relazione della Corte di Roma. Sono molto interessanti le sue indicazioni statistiche che trattano tra l’altro di misure, monete e pesi, informando inoltre sulla pulizia e l’illuminazione delle strade, sul numero degli abitanti e su tante altre cose, consentendo così un’ottima conoscenza delle vicende di Roma negli anni Trenta dell’Ottocento.
La seconda parte contiene la descrizione della città moderna. Nella prima sezione, Religione, si tratta delle chiese, suddivise secondo principi teologici in basiliche, chiese stazionali, chiese titolari, chiese parrocchiali, chiese in cura del clero regolare e chiese in cura del clero secolare. Attraverso un Metodo analitico, onde visitare la città in giornate, cioè un itinerario ripartito in nove giornate sull’esempio del Nibby, che in poche pagine dà i nomi dei monumenti in ordine topografico con i corrispondenti numeri di pagina della guida, la successione del materiale, di per sé già poco chiara, non appare significativamente migliorata.
Le indicazioni del Melchiorri nella descrizione delle chiese sono non soltanto eccezionalmente ricche, ma anche molto attendibili. Come fonti egli ha utilizzato in prima linea Titi, Roisecco e Venuti. Non è difficile individuare da dove egli abbia attinto; tuttavia si è servito in modo critico delle sue fonti ed ha aggiunto anche di proprio con ricerche autonome. Definire in quale misura le sue informazioni siano giuste — effettivamente molte di esse sembrano assai convincenti — e da quali testi esse siano state riprese costituirebbe un lavoro specialistico di estrema ampiezza che trascenderebbe di molto il quadro di una bibliografia generale delle guide romane.
Stessa qualità mostra la seconda sezione, Monumenti, nella quale il Melchiorri descrive in successione i Palazzi pontifici e del governo e porte, ponti, piazze, fontane, obelischi, co page 149 lonne, palazzi privati e ville. La terza sezione, Stabilimenti, si occupa degli ospedali e con l’occasione affronta anche il tema delle opere pie già trattato dal Piazza. Di grande interesse storico-culturale sono le ultime tre sezioni: Istruzione pubblica, Commercio ed Industria e Divertimenti, che integrano convenientemente le notizie statistiche della prima parte. La terza parte tratta dei monumenti della città antica. Per lo storico dell’arte è importante la sezione Monumenti dell’Epoca dei Papi perché qui vengono descritti alcuni edifici medievali, come la Torre delle Milizie. La quarta parte accompagna il lettore in una visita ai dintorni di Roma.
La considerazione di cui la guida godette è testimoniata dalla traduzione francese del 1837-38. Nel 1840 ancora lo stesso Melchiorri potè pubblicare una seconda edizione, che rispetto alla prima non subì varianti degne di nota. Una terza edizione fu curata nel 1856 da Filippo Mercuri, a noi già noto; tuttavia nelle parti sulla Roma moderna, se si eccettuano alcune maldestre correzioni, essa non mostra modifiche significative. Nuova invece è, nella sezione Roma antica, la Bibliografia degli scrittori dell’antica Roma, da pagina 744, della quale il Mercuri stesso si definisce estensore e che non sembra aver trovato ancora la considerazione che merita. Questa stesura è stata pubblicata senza modifiche un’altra volta nel 1868.
In conclusione si può affermare che il Melchiorri, per quanto attiene alla quantità come all’originalità delle sue informazioni, si ponga al vertice degli autori dell’Ottocento: grazie alle sue indicazioni storico-statistiche la sua guida è divenuta fonte primaria per la storia e la cultura romane.
Alessandro Rufini (1857)
Da ultimo ci si deve intrattenere solo brevemente su di un lavoro valido, pur se non così importante come quelli precedentemente esaminati. Alessandro Rufini, che nel 1847 aveva pubblicato un Dizionario etimologico che non ha ancora trovato un altro che lo sostituisca⁑, diede alle stampe nel 1851 un itinerario delle chiese romane [sch. 100]. Questa modesta pubblicazione non perseguiva altro scopo che fornire il percorso più breve alle varie chiese assumendo piazza Colonna come punto fisso di partenza, ma con l’elencazione dei monumenti adiacenti alle singole chiese, che inizia a p. 177, presenta ancor oggi un qualche valore per chi voglia addentrarsi nella topografia romana.
Nel 1857 (con ristampa nel 1858) Rufini ha pubblicato una Guida di Roma e suoi dintorni [sch. 101]. La prima edizione, un libretto piuttosto modesto, è ancora priva di una descrizione delle raccolte artistiche; tale descrizione sarebbe stata inserita nella seconda edizione del 1861, pubblicata contemporaneamente anche in francese e ancora ristampata in questa lingua negli anni 1869 e 1877.
L’itinerario si distribuisce su dieci giorni e si distingue da quello del Nibby, dal quale rimane comunque influenzato sensibilmente per molti aspetti. Le indicazioni del Ru page 150 fini si rifanno a fonti valide, sono elaborate con grande accuratezza e si elevano di molto sopra la media. È stata un’idea felice dell’Autore quella di trattare le chiese e gli oratori minori in un’appendice a parte. Gli spetta inoltre un riconoscimento particolare per essersi soffermato sulle nuove realizzazioni di Pio IX come la scala Pia nel Vaticano e la colonna dell’immacolata a piazza Mignanelli: così egli diventa un’ottima fonte per le imprese artistiche dell’ultimo sovrano dello Stato Pontificio.
Nonostante il Rufini non abbia eguagliato il Melchiorri, egli deve essere ricordato come l’ultimo degli autori di guide che dopo una lunga tradizione di secoli ancora si adoperò per descrivere Roma monumento per monumento e illustrare ogni sua singola opera d’arte.
Dominique Magnan e altri minori
Dobbiamo occuparci ancora di una quantità di guide minori che nacquero indipendentemente dal prototipo Vasi-Nibby e, non potendo reggere il confronto con esso, ebbero un’esistenza effimera, anche a causa del loro scarso valore intrinseco.
A somiglianza del Vasi, Dominique Magnan pubblicò nel 1778 una grande opera illustrata in quattro volumi dal titolo La Ville de Rome ou description abrégée de cette superbe ville, dotata di incisioni piuttosto mediocri⁑. Un suo compendio fu stampato nel 1779 in forma di guida maneggevole [sch. 102]. Questo testo è suddiviso nei quattordici rioni di Roma, e risulta di per sé piuttosto superficiale e povero; l’Autore comunque non persegue la completezza, il suo obiettivo è quello «...solamente di fare osservare le bellezze di Roma, e gli altri oggetti, che in questa superba città meritano principalmente di esser conosciuti». Tuttavia anche questa modesta pubblicazione ha un suo particolare interesse. L’Autore infatti unisce a ciascun rione la sua pianta topografica che restituisce una visione estremamente precisa della ripartizione della città ad opera di Benedetto XIV. Naturalmente la già citata opera del Bernardini rappresenta il primo punto di riferimento per il Magnan.
A Stefano Piale venne nel 1826 la strana idea di elaborare e ristampare tale lavoro, fatica del tutto superflua. Di fatto l’impresa non ebbe successo e ulteriori riedizioni non ce ne furono [sch. 103].
Senza echi rimase anche un libretto del 1782 di Adamo Chiusole Le pitture, sculture ed architetture più rare di Roma [sch. 104]. È un estratto invariato dell’edizione originale che è un itinerario dello stesso Autore attraverso tutta l’Italia. Esso risulta magari scritto in modo piuttosto attendibile, ma non abbraccia neanche lontanamente l’intera materia ed è quindi privo d’importanza per una ricerca su Roma.
È più importante l’opera di Andrea Manazzale Rome et ses environs del 1794 [sch. 105]. L’intenzione dell’Autore era, come indicato nella prefazione, di fornire una guida breve e maneggevole. L’itinerario parte dal Campidoglio e va per il Foro al Laterano, a S. Croce in Gerusalemme e a S. Maria Maggiore, ricordando molto il metodo di Mariano Vasi, dal quale però l’Autore cerca di non lasciarsi condizionare, per non violare il privilegio di stampa del concorrente.
page 151Le sue indicazioni non sono per niente originali e talvolta anche piuttosto limitate, malgrado egli sembri più accurato del Vasi nelle sue edizioni contemporanee. Le due prime impressioni del 1794 e del 1798 sono tra loro invariate, mentre la riedizione del 1802 contiene alcune correzioni. Più importante è l’edizione del 1817 che ha per titolo Itinerario di Roma e suoi contorni [sch. 106] e per la quale Filippo Aurelio Visconti, Lorenzo Re e Giuseppe Antonio Guattani furono chiamati a dare un giudizio, dichiarando concordemente che il privilegio di stampa del Vasi non era stato leso. Neanche a questa guida sarebbe stata riconosciuta una particolare importanza.
Irrilevante appare anche l'Antiquaire di Angelo Dalmazzoni, compreso di sé più del necessario. Il libro nacque dall’attività pratica dell’Autore che viveva facendo il cicerone e voleva segnalare solo i monumenti veramente notevoli in senso artistico: «...pour me borner uniquement à ce qui mérite d’être vu»⁑. Così la sua guida è piena di tutti i peggiori luoghi comuni. L’unica originalità consiste nell’aver ripartito l’itinerario per Roma nell’arco di 27 giorni; per il resto l’Autore cerca di descrivere solo singoli monumenti oppure piccolissimi complessi la cui visita potrebbe, secondo lui, occupare un’intera giornata.
Decisamente più interessante è una guida dal titolo Roma compiutamente descritta che uscì senza il nome dell’Autore la prima volta nel 1830 [sch. 107]. La visita della città è suddivisa in sette giornate, comincia con il Pantheon e appare del tutto indipendente dal modello del Vasi. Le descrizioni sono dettagliate e basate su buone fonti. Pare comunque che dopo la terza edizione del 1842 la guida non sia stata più pubblicata. Neanche la seconda edizione è stata reperita dall’autore del presente lavoro.
Tra le altre pubblicazioni dell’epoca collegabili alle guide conviene ancora menzionare in particolare la Descrizione delle sezioni di Roma prescritte l’anno I. della Repubblica Romana, un libro interessante dal punto di vista della storia della cultura. Negli Anni quaranta comincia la lunga serie di piccole guide tascabili dal titolo Roma veduta in otto giorni o simili, che sopravvivono ancora oggi⁑. Esse sono tutte insignificanti. Una particolare menzione merita solo la Roma antica e Roma moderna di Adone Finardi (1864) [sch. 108], riedita un paio di volte.
Abbiamo dato finora uno sguardo sull’evoluzione delle guide di Roma che in certo modo corrisponde alla loro storia. Questa si delinea in tre grandi fasi: la prima dalle In page 152 dulgentiae ecclesiarum urbis Romae alla valida opera del Felini; poi la fase dell’accendersi del vivace interesse per gli avvenimenti artistici nei lavori del Celio e del Totti che si sarebbe accentuata in quello del Titi, da cui dipendono i rielaboratori del Totti; infine acquistano importanza dalla metà del XVII secolo guide espressamente divulgative, di cui le prime — quelle del Martinelli e del Rossini — hanno per noi un particolare valore. Quest’ultimo tipo si afferma poi su tutti al termine della grande attività edilizia nella Roma del Sei-Settecento; il lavoro più diffuso di questo filone è senza dubbio l’Itinerario del Vasi con tutte le sue riedizioni.
Il quadro tuttavia non è ancora completo. Abbiamo esaminato finora soltanto un aspetto della topografia romana, il più importante, che ci ha permesso di seguire le tappe principali dell’evoluzione. Dobbiamo ora vedere se e quando, accanto a questi testi che contengono elenchi ancora schematici delle opere d’arte, si sia arrivati a una elaborazione più profonda, nel senso di una descrizione scientifica della città.
pageII. Topografia scientifica
pageLa pagina dell'Opvscvlvm de Mirabilibus... di Francesco
Albertini (1510) con l’inizio della descrizione di Roma moderna
page 155Dall’Opusculum di un fiorentino alle Sette Chiese romane
Per topografia scientifica della Roma moderna intendiamo una descrizione il più possibile completa della città che tratti uniformemente tanto l’aspetto storico che quello artistico di ogni singolo monumento, importante dal punto di vista artistico o storico-evolutivo, sia esso chiesa, palazzo, villa, fontana od obelisco, che caratterizza oggi la fisionomia urbana⁑.
Non possediamo un’opera che fornisca in tal senso un quadro esauriente del divenire della città di Roma; la nostra esposizione ci condurrà a individuare due direzioni molto promettenti che comunque non avrebbero trovato tuttora una soddisfacente continuazione.
La ricerca prende le mosse già dal XVI secolo, quando vennero prodotte tre opere significative, le Sette chiese di Onofrio Panvinio, la Storia delle stazioni di Pompeo Ugonio e i Tesori nascosti di Ottavio Panciroli.
Francesco Albertini (1510)
Prima di passare a questi lavori dobbiamo occuparci però di uno scritto che rimane un episodio isolato per la sua epoca e per tutta la letteratura locale romana, e cioè l'Opusculum de mirabilibus Novae et Veteris urbis Romae di Francesco Albertini (1510)109. Il piccolo libro conserva molto delle caratteristiche di una guida; tuttavia sembra legittimo elencarlo tra le topografie scientifiche, trattandosi di un lavoro che tenta consapevolmente di considerare il fenomeno «Roma» dal punto di vista storico-universale, cioè di fornire un quadro organico della Roma antica e di quella moderna, nella forma di una nuova redazione alquanto mirata delle due versioni dei Mirabilia urbis Romae.
Il terzo libro dell'Opusculum dell’Albertini (De Nova Vrbe) rappresenta dunque un caso del tutto singolare nella letteratura delle guide. Esso si suddivide in una serie di capi page 156 toli come De nonnullis ecclesiis, et cappellis, De Palatiis Pontificum, De Hospitalibus, De Bibliothecis ecc. Nel capitolo De ecclesiis l’Autore si mostra influenzato dai Mirabilia in quanto propone all'inizio della sua esposizione le sette chiese principali secondo la consueta successione. Di particolare valore sono le sue indicazioni sulle realizzazioni di Sisto IV e Giulio II nonché di cardinali all’uopo incaricati dai due pontefici. Tali indicazioni, del tutto prive delle solite aggiunte di tipo religioso che si trovano nelle Indulgentiae, sono di grande chiarezza e significato anche per il fatto che, soprattutto nel capitolo De sepulchris honorandis, vengono pure nominati degli artisti.
È difficile rendere completa giustizia all’Opusculum. La trattazione, per la quale l’Autore si era procurato una certa competenza grazie ad approfonditi studi preliminari, risulta tutt’altro che uniformemente condotta⁑: infatti l’Albertini descrisse quello che poteva interessarlo «dal punto di vista del fiorentino», trattando in prima linea l’arte del suo tempo e menzionando soprattutto artisti fiorentini⁑.
La sua opera venne pubblicata — dopo la prima edizione del 1510 – nel 1515, 1519, 1520 e 1523: non godette quindi di particolare longevità. Comunque essa fu frequentemente utilizzata, soprattutto per alcuni passi sulla Roma antica; singole citazioni spesso si ritrovano negli antiquari ma anche in Ugonio. L’Albertini avrebbe pure influenzato le Indulgentiae: risale a lui la storia della costruzione del Vaticano, sempre riproposta, come le notizie su S. Spirito in Sassia, S. Maria del Popolo e S. Maria della Pace.
Onofrio Panvinio (1570)
Fu il Panvinio il primo ad occuparsi in modo veramente approfondito e scientifico delle sette chiese principali [sch. 110], oltre alle quali egli si occupò anche di S. Maria in Trastevere, S. Prassede, S. Pudenziana e S. Maria degli Angeli⁑. L’ordine della descrizione segue l’itinerario del pellegrino: S. Pietro, S. Maria in Trastevere, S. Paolo fuori le Mura, le Tre Fontane e l’Annunziatella, S. Sebastiano, il Domine quo vadis, il Laterano, S. Croce in Gerusalemme, S. Lorenzo, S. Maria Maggiore, S. Prassede, S. Pudenziana e S. Maria degli Angeli.
page 157Nelle sue esposizioni il Panvinio cerca di illustrare la storia della costruzione dei monumenti e di seguirla nel corso dei secoli. La sua fonte principale da lui spesso citata è, accanto agli scritti degli antiquari di cui dobbiamo ancora trattare, quel materiale biografico che era reperibile nelle Vite dei Papi del cosiddetto Anastasius Bibliothecarius, vale a dire nel Liber Pontificalis, e in quelle del Platina.
La descrizione dei monumenti è molto approfondita e chiara e l’Autore mostra un interesse specifico per l’arte medievale. Egli aveva osservato molto attentamente pitture, mosaici, tombe, pavimenti musivi, tutto materiale oggi perduto oppure traslocato che viene descritto in modo preciso secondo lo stato di allora. Allo stesso tempo l'Autore si sforzava di ritrovare – per quanto possibile – le iscrizioni dei donatori.
Così siamo in grado di ricostruire soprattutto due dei monumenti più importanti di Roma: l’antica basilica di S. Pietro e il Laterano prima della ristrutturazione ad opera di Sisto V. Il Panvinio descrive S. Pietro mentre erano ancora in corso i lavori della nuova basilica e traccia una descrizione plausibile dell'atrio e degli altari della chiesa antica. Ancora più esaurienti sono le notizie che egli fornisce sul Laterano. Qui la descrizione arriva quasi ad essere una monografia: tutte le cappelle e gli oratori, il battistero e l’ospedale vengono dettagliatamente illustrati, formando così una fonte importante per la ricostruzione del complesso del Laterano medievale.
L’interesse dell’Autore si allarga, come già sottolineato, in particolare all’arte del Medioevo. Gli artisti dell’epoca più recente molto raramente vengono ricordati per nome, e solo nel caso di opere importantissime e celeberrime. Tuttavia l’indicazione dei nomi dei donatori costituisce molto spesso un punto di riferimento utile per la datazione. La descrizione delle altre chiese, che non è possibile trattare in questa sede, si svolge comunque allo stesso livello di quella delle due appena menzionate.
Formidabile continuazione e ampliamento il lavoro del Panvinio avrebbe trovato in quello di Pompeo Ugonio.
Pompeo Ugonio (1588)
L'Historia delle stationi di Roma di Pompeo Ugonio [sch. 111], che tratta le 44 chiese in cui si tenevano le stazioni, rappresenta il punto più alto della letteratura topografica del Cinquecento. L’obiettivo dell’Autore era sostanzialmente lo stesso di quello delle Sette chiese del Panvinio⁑. L’Ugonio, ricorrendo alle stesse fonti cui aveva già attinto il suo predecessore, fornisce per ogni chiesa una breve storia della fondazione alla quale aggiunge un elenco delle diverse ristrutturazioni che l’edificio stesso aveva subito. Accanto alle Vite dei Papi e ai documenti, la cui utilizzazione egli menziona, indicando anche in parte l'archivio dove li aveva trovati, egli aveva consultato tutta la letteratura degli antiquari e delle page 158 guide al momento reperibile e la commenta spesso in modo polemico. Proprio in occasione di tali esposizioni egli riporta anche indicazioni su monumenti antichi che per l’archeologo dovrebbero essere non prive d’interesse.
La qualità che elevano l’Ugonio sopra tutti i suoi contemporanei, compreso il Panvinio, sono la chiara visione, il modo non prevenuto e il grande interesse per ogni dettaglio con cui ha osservato i monumenti. Così egli è diventato una fonte singolare per la storia delle pitture e dei mosaici medievali, poiché descrive più o meno minuziosamente tutto ciò che aveva visto nelle chiese, indicando quasi sempre l'iscrizione del donatore per quanto si fosse conservata. Queste esposizioni vengono ancora integrate dal suo manoscritto custodito nella Biblioteca comunale di Ferrara.
Ma anche per l’arte della sua epoca egli ha un valore documentario che difficilmente può essere sottovalutato. Seppure menzioni per nome solo pochi artisti (ciò che dice del Pollajuolo a c. 55 risulta tratto dall’Albertini), egli indica tuttavia con grande accuratezza donazioni moderne, molto spesso con la data e con riferimento allo stemma del donatore. Così egli integra in maniera eccellente le fonti per la storia dell’arte dell’ultimo Rinascimento.
Qui può essere riportato anche l’appunto a matita con cui Oskar Pollak sottolineò nel suo esemplare dell'Historia il significato dell’Ugonio: «Un eccellente lavoro scientifico; tutto originale; utilizza tutta la letteratura più antica ma la esamina con critica. Particolarmente pregiato per le descrizioni molto chiare dello stato delle singole chiese e delle modifiche che avevano subito nel tempo».
Ottavio Panciroli (1600, 1625)
Dodici anni dopo la pubblicazione del formidabile lavoro appena descritto uscì il primo testo completo sulle chiese romane, nella forma di un grosso volume di Ottavio Panciroli⁑, con lo strano titolo Tesori nascosti di Roma [sch. 112].
La prima edizione, dopo considerazioni introduttive sull’anno giubilare, le catacombe, i titoli e le stazioni, passa a descrivere le sette chiese principali, trattando di seguito 313 chiese romane in ordine alfabetico. Qui l’autore supera i limiti del suo argomento in quanto mostra interesse anche per i monumenti dell'antichità pagana e non tralascia mai di occuparsi degli edifici antichi sulle cui rovine le chiese moderne furono erette. Gli scritti dei suoi predecessori, cioè degli antiquari dei quali ancora parleremo, sembrano sempre ben familiari al Panciroli. Egli conosce e cita il Panvinio e l’Ugonio. Malgrado non raggiunga quest’ultimo nemmeno lontanamente, non possiamo neanche parlare di pedissequa imitazione. Le indicazioni contenute in questa sua prima fatica sono in generale ancora piuttosto scarse ed eterogenee: per lo più ad ogni chiesa viene aggiunta una breve storia della costruzione sostanzialmente basata sulle Vite dei Papi del cosiddetto Anastasius; tuttavia page 159 essa viene raramente estesa fino all’immediato presente. La citazione degli artisti manca quasi sempre – essi vengono nominati per esempio nel caso di S. Sabina – perciò il valore dell’opera per la ricerca storico-artistica risulta ancora piuttosto modesto. Un elenco delle reliquie reperibili nelle chiese e un trattato sulla loro venerazione completano il lavoro.
La seconda edizione ampiamente rivista uscì nel 1625. Qui, per la prima volta nella letteratura delle guide, l’insieme delle chiese viene elencato per rioni, motivo per cui all’esposizione introduttiva si aggiunge un trattato su di essi. Le indicazioni dell’Autore risultano ora straordinariamente arricchite, cosicché il libro corrisponde pienamente al suo titolo. Le considerazioni senza fine sui santi e sul loro martirio possono sembrare alquanto fastidiose e superflue per il lettore d'oggi, ma a guardare più da vicino si troverà in esse una quantità di punti di riferimento per la datazione degli edifici, delle cappelle e degli affreschi. Proprio per la storia della pittura dell’ultimo Rinascimento a Roma il Panciroli è una fonte importante ed eccellente. Alle volte vengono forniti ragguagli e nominati molto spesso i donatori, altre volte veniamo a sapere quali parti delle chiese fossero state completate ancora vivente l’artefice: in breve, si troverà per la maggior parte delle chiese, sorte durante il pontificato di Clemente VIII, Paolo V e ancora di Urbano VIII, sempre l’una o l’altra utile notazione. Basti ricordare a questo punto le notizie sulle pitture di S. Prassede, sulle date di costruzione della Chiesa Nuova e sulla descrizione dello stato dei lavori per S. Andrea della Valle.
Il significato principale del Panciroli per la storia delle guide romane consiste dunque nel fatto di essere stato il primo ad avere cercato e fornito il panorama di tutte le chiese della città di Roma. L’aumento del numero di esse da 141 a 313 è dovuto a lui, come si legge nella prefazione della prima edizione; una realtà che sarebbe stata subito fatta propria da altri autori. Il Trattato Nuovo del Felini non sarebbe stato possibile senza questo fondamentale lavoro preliminare. Anche la sua suddivisione per rioni è in qualche modo anticipatrice. Abbiamo visto come essa sia stata assunta, almeno in parte, da una delle guide principali del XVII secolo.
Appare comunque strano che l’opera abbia avuto soltanto due edizioni. Un’altra guida, la Roma sacra antica e moderna del 1725 nella quale il Panciroli viene nominato nel titolo, non ha già più nulla a che fare con lui. Il lavoro di questo Autore è un contributo del tutto personale come gli scritti del Panvinio e dell’Ugonio, i quali non potevano essere utilizzati ulteriormente neanche dall’editore più smaliziato.
Giovanni Severano (1630)
Come ultimo lavoro di questo gruppo occorre menzionare le Memorie sacre delle sette chiese in due volumi di Giovanni Severano [sch. 113]. Il primo volume – l’unico da prendere in esame poiché il secondo contiene solo formule e preghiere – oltrepassa l’argomento del titolo, come aveva fatto il Panvinio, in quanto descrive i monumenti più importanti lungo la strada delle Sette Chiese, anche quelli antichi⁑.
page 160Le sue esposizioni, nel caso specifico, non sono sempre di particolare valore: la descrizione di S. Pietro, per esempio, è importante perché riporta l’attenzione sull’antica basilica, riferendosi al manoscritto dell’Alfarano. Risultano anche notevoli i brani tratti dal lavoro di un certo Carlo Ferrante sul Vaticano; tuttavia i due capitoli inseriti dal Severano trattano solo degli antichi monumenti esistenti al posto del nuovo S. Pietro. Particolarmente approfondita riesce inoltre la descrizione del Laterano. Essa è completata da una pianta dell’intero complesso acclusa al volume, la quale chiarisce in modo eccellente le parole dell’Autore.
Il valore del libro è dato anche dal fatto che riporta iscrizioni oggi perdute. Sulle opere d’arte esso ci comunica relativamente poco: così per esempio le cappelle costruite da Sisto V e Paolo V a S. Maria Maggiore, all’epoca autentici avvenimenti nella vita artistica romana, quasi non vengono apprezzate secondo la loro importanza. La cosa principale per l’Autore rimangono le reliquie e le donazioni nelle chiese di modo che chi si occupa della storia ecclesiastica di Roma potrà sempre trovare una qualche utile indicazione. Nel panorama della letteratura topografica romana il Severano non occupa comunque un posto di eccessivo rilievo.
page 161Tre autori fra Seicento e Settecento
I secoli XVII e XVIII non presentano più lavori scientifici del livello di quelli di Ugonio e Panvinio. Piuttosto si rileva una specializzazione della letteratura su singoli argomenti: il Bosio pubblica la sua grande opera sulle catacombe e altrettanto fa il Ciampini sui mosaici medievali⁑. Dei tre libri, dei quali ora ci occuperemo, uno ha la caratteristica di un saggio scientifico, un altro risulta incompiuto e infine neppure il terzo rappresenta un lavoro veramente approfondito.
Ancora il Martinelli (1653)
Conviene prima nominare la Roma ex ethnica Sacra [sch. 114], notevole lavoro di Fioravante Martinelli che abbiamo conosciuto come autore di una delle guide romane più diffuse⁑.
La parte principale di quest’opera — dopo notizie introduttive sulle mura, sui colli, sui rioni, sul Tevere ecc. – è costituita dal cap. VIII De templis sanctorum urbis e dal cap. XII De templis sanctorum obsoletis. Era intenzione del Martinelli fornire un compendio stringato ma possibilmente completo delle chiese romane. Tale compito egli svolse indubbiamente bene. Le chiese sono elencate in ordine alfabetico e ognuna è dotata di una storia della costruzione; le informazioni dell'Autore sono sempre di qualità eterogenea. page 162 Per gli artefici il Martinelli dimostra scarso interesse, citandoli soltanto in singoli casi come ad esempio per S. Luigi dei Francesi.
Ciò che rende dunque particolarmente pregevole questo lavoro sono le iscrizioni riportate, allora reperibili nelle chiese e oggi in parte perdute; a questo proposito l’Autore ha una preferenza per quelle che riguardano il pontificato di Innocenzo X. Ogni studioso che si occupi della storia dell’arte barocca dovrà tenerne conto; qui basterà ricordare, trattandosi di un dettaglio particolarmente importante, l’iscrizione della prima pietra di S. Agnese a piazza Navona⁑. Il Martinelli utilizza inoltre anche manoscritti e documenti, che in parte riproduce, come ad esempio nel caso del Sancta Sanctorum, nel modo più esauriente.
Resta da lamentare che il libro abbia solo il carattere di una raccolta di saggi, che l'Autore non l’abbia potuta approfondire in tutte le direzioni e in ultima analisi che l'opera non abbia avuto una riedizione ampliata, dal momento che quella del 1668 è solo una ristampa del tutto invariata della prima impressione.
Gasparo Alveri (1664)
I primi passi verso una vasta opera topografica sulla città di Roma li fece Gasparo Alveri nel 1664 con i due volumi in-4° della sua Roma in ogni stato [sch. 115]. Il libro non fu mai compiuto, la morte sembra aver tolto la penna di mano all’Autore. Il primo volume fornisce un abbozzo della storia romana e per il nostro assunto non ha significato. Molto più importante il secondo volume dov’è descritta una parte della città in venti escursioni giornaliere: Porta del Popolo e il quartiere alla Ripetta (Giornate I.-VI.), Borgo (Giornate VII.-XV.) e Trastevere (Giornate XVI.-XX.).
Gli interessi dell’autore sono molto ampi: dopo il Celio e il Titi, l'Alveri è quello che si occupa di più di opere d’arte citando anche i singoli artisti. Purtroppo le sue esposizioni sono tutt’altro che originali, ma piuttosto tratte, in parte letteralmente, dal Vasari e soprattutto dal Baglione. L’apporto filologico del libro è quindi da questo punto di vista abbastanza modesto. Tuttavia l'interesse dell’Autore per le iscrizioni, similmente al Martinelli, lo rende importante: qui potrebbe rinvenirsi un ricco materiale che, nonostante le opere epigrafiche del Galletti e del Forcella, ha mantenuto il suo valore fino ad oggi. Una particolarità dell’Alveri, accennata del resto anche nel lungo titolo del secondo volume, sono le sue informazioni sulle famiglie romane, impossibili da valutare per l'autore del presente lavoro.
È difficile dare un giudizio su quest’opera, appunto perché rimasta incompiuta. Se fosse stata portata a termine, sarebbe indubbiamente ancora oggi, almeno per le iscrizioni, un testo indispensabile. Nel suo stato reale, però, esso è di non grande valore⁑. Una page 163 riedizione oppure rielaborazione non ci fu; la ristampa del 1670 non contiene la più piccola modifica, nonostante l’aggiunta al titolo «Corretta da molti errori».
Ridolfino Venuti (1766-67)
L’unico lavoro di questo periodo volto a una descrizione scientifica di tutta la città è l'Accurata e succinta descrizione topografica e historica di Roma moderna [sch. 116] dell’abate Ridolfino Venuti (1766-1767)⁑. L’Autore, nato nel 1703 a Cortona e morto nel 1763, non aveva dunque potuto veder pubblicato il suo lavoro⁑. Ma già nel 1763 era uscita l'Accurata e succinta descrizione topografica delle antichità di Roma, e di questa l’Autore, almeno in parte, aveva potuto seguire la stampa. Nel Venuti dobbiamo quindi riconoscere il primo tentativo di fornire una grande opera topografica sulla Roma sia antica che moderna.
Della Roma antica ci occuperemo più avanti. Della Roma moderna, comunque, si deve subito dire che lascia alquanto a desiderare. La descrizione è suddivisa secondo i quattordici rioni e comincia con il rione Monti. Le esposizioni sono nel dettaglio piuttosto carenti e si basano in sostanza sulle indicazioni del Roisecco in parte riprese superficialmente⁑. In più punti compaiono anche errori di stampa. Solo in pochi passi, dove vengono datate opere d’arte per anni precisi – come per esempio i quadri del Vouet in S. Lorenzo in Lucina del 1624 – il Venuti riesce originale. Tuttavia le sue fonti non sono sempre documentabili.
Non è possibile chiarire fino a che punto il Venuti sia responsabile dell’opera così come ci è pervenuta. Molte imprecisioni vanno sicuramente sul conto degli editori che per lacune nel manoscritto evidentemente hanno utilizzato il Roisecco un po’ troppo senza scrupoli. Così l’importanza del lavoro del Venuti sta nel fatto di aver dato un primo stimolo per una più completa topografia della città di Roma. A questo punto egli appare diretto precursore del Nibby.
page 164Le grandi opere dell’Ottocento
Il XIX secolo, epoca della prima scienza moderna, ci portò le due prime grandi topografie della città di Roma: la Roma nell’anno 1838 di Antonio Nibby e la Beschreibung der Stadt Rom (Descrizione della città di Roma) di Platner e Bunsen. Il Nibby porta a compimento tutte le guide e le topografie che abbiamo finora conosciuto. Il suo lavoro, ancora oggi insuperato, rimane saldamente nella scia dei suoi predecessori. Platner e Bunsen per contro cercano, soprattutto nelle loro introduzioni, di prefigurare il divenire di Roma e di rendere giustizia al suo ruolo nell’evoluzione spirituale dell’umanità. Perciò essi segnano l’inizio di un progetto del tutto nuovo, volto al futuro, malgrado possano risultare oggi superati anche nei dettagli e ormai praticamente quasi inutilizzabili.
Antonio Nibby (1838-41)
Vediamo prima il Nibby⁑, che per orientamento culturale è più vicino all’epoca passata. Il suo lavoro, quattro grossi tomi in-8° grande per complessive 3500 pagine, tratta in due parti rispettivamente la Roma antica e quella moderna [sch. 117].
Per lo storico dell’arte è interessante la parte introduttiva del primo tomo. Sembra indicativo, per la nuova linea d’indagine che si apre, che l’opera inizi con una trattazione sulla topografia fisica del suolo di Roma, che vi si trovi un passo sulla popolazione di Roma antica e che infine ci sia un capitolo sul materiale edilizio e sulla costruzione dei fabbricati antichi come di quelli medievali. Una storia della ripartizione in rioni dall’antichità all’età moderna, tabelle cronologiche sulla storia della città e degli artisti completano l’introduzione.
La descrizione di Roma antica si attiene in generale al tema offrendo solo occasionalmente spunti per la storia dell’arte più recente. Viene menzionato il restauro dell’Arco di Costantino e si trovano osservazioni importanti per la storia del Palatino e sul palazzo Rospigliosi⁑.
page 165A noi interessano i due tomi straordinariamente ricchi di contenuto che trattano dei monumenti della città moderna. L’immenso materiale è suddiviso in otto «articoli». L’articolo I., Chiese, occupa tutto il primo di questi tomi; le chiese vengono elencate in modo molto chiaro per ordine alfabetico. A p. 27 l'Autore parla espressamente del suo metodo: «...il metodo che seguirò nel descrivere le chiese, onde essere più chiaro, sarà d’indicare primieramente il sito, nel quale si trovano, poi darne succintamente la storia, quindi descriverne le parti, le attinenze ed i monumenti delle arti, che ivi conservansi, ed in ultimo luogo notare le memorie degli uomini insigni ivi sepolti».
A questo programma il Nibby si sarebbe poi sempre attenuto. La storia delle chiese ne risulta in parte molto approfondita. Egli padroneggia tutta la letteratura più importante in modo magnifico. I grandi lavori di Ugonio, Ciampini, Bosio, Mabillon – per citarne solo alcuni–, i manoscritti come quello dell’Alfarano e, sembrerebbe, tutte le monografie pubblicate fino allora, sono stati utilizzati da lui scrupolosamente; certo con un gran lavoro di compilazione, ma non senza critica originale.
La descrizione delle singole chiese e opere d’arte del Rinascimento e del Barocco si rivela molto esauriente. È naturale che il Nibby ricorra alle guide più antiche, ma se ne avvale con buona critica, esaminandone spesso le fonti e citando le Vite del Vasari, Baglione, Passeri e Pascoli. Con questo metodo egli è riuscito a correggere talune indicazioni sbagliate e ad aggiungere qualcosa al nucleo dei monumenti riportato dalle guide più antiche. Le sue indicazioni si basano, per la maggior parte, sicuramente su una conoscenza diretta: basta vedere ad esempio come egli abbia utilizzato le iscrizioni. Il numero delle chiese da lui descritte è grande, molte di più che non nel Titi, e non sembri esagerato dire che questa sia in materia l’opera più completa prima del libro dell’Armellini.
Degli altri sette articoli (II.-VIII.) che compongono ancora il secondo volume, il n. II. sulle Fontane è di grandissima importanza: una trattazione di questo genere non esisterebbe altrimenti in tutta la letteratura su Roma, ed è il risultato di una ricerca per lo più originale. Di minore significato per l’arte e di maggiore invece dal punto di vista storico-culturale sono gli articoli III. Luoghi di Beneficenza e IV. Luoghi d’istruzione pubblica. I Luoghi di Beneficenza riguardano gli ospedali e le istituzioni analoghe, una materia già trattata dal Fanucci nelle Opere Pie e dal Piazza nell'Eusevologio. L’articolo IV. si occupa, come dice il titolo, delle accademie, biblioteche, università e scuole.
Più importante è l’articolo V. Palazzi e gallerie. Di un’opera sui palazzi romani si avverte ancor oggi l’esigenza, e poiché l’autore non aveva a disposizione specifici lavori di riferimento, come invece per le chiese, questo capitolo appare meno interessante. Tuttavia egli fornisce un elenco piuttosto esauriente dei palazzi più importanti dell’epoca e descrive in modo molto approfondito, quasi in forma di catalogo, le raccolte in essi conservate. Non devono essere ignorate però le notizie che il Nibby può avere attinto dal Rossini. Altrettanto importanti sono gli articoli VI. e VII.: essi contengono elenchi alfabetici rispettivamente delle piazze e delle strade, e nel caso delle piazze anche informazioni sui monumenti che vi si trovano. L’ultimo articolo sulle ville si segnala per i cataloghi molto approfonditi dei loro tesori d’arte; di particolare interesse è a pagina 960 la descrizione di villa Torlonia edificata in quegli anni. Un’appendice informa sui teatri di Roma.
page 166Il Nibby è l’ultimo dei grandi compilatori. Il suo lavoro – che non è quello di uno spirito geniale con grandi idee originali – ha tuttavia il valore di un’operosa accumulazione ed elaborazione del materiale sparso nella letteratura su Roma. Tale compito egli svolse con accuratezza. Il Nibby padroneggia eccellentemente tutta la specifica materia e vi associa una straordinaria dimestichezza con i monumenti. Egli ha saputo fondere i due elementi – conoscenza delle fonti e dei monumenti – come nessuno prima o dopo lui, creando con infaticabile applicazione un lavoro che tuttora non è stato né sostituito né superato. I due ultimi tomi della sua opera forniscono, insieme alla guida del Melchiorri, il quadro più completo che possediamo della Roma del primo XIX secolo.
Jeremiah Donovan (1842-44)
Il Nibby ha avuto un rifacimento inglese ad opera dell’ecclesiastico Jeremiah Donovan, Rome Ancient and Modern and its Environs (1842-1844) [sch. 118]. Anche questo lavoro si compone di quattro volumi, tuttavia la disposizione del materiale si differenzia sostanzialmente da quella del Nibby. Il primo volume contiene una introduzione generale, che risulta sensibilmente accorciata rispetto al Nibby. Si passa poi all’elencazione delle chiese che giunge fino a p. 313 del secondo volume. Il resto di questo volume e il terzo si occupano dei palazzi, delle ville, piazze, scuole, teatri ecc., mentre il quarto volume tratta la Roma antica e i dintorni.
Sui criteri seguiti nella stesura del suo lavoro l'Autore si dilunga molto dettagliatamente e annota tra l’altro: «He (l'Autore) has no sought to cover error or omission by vague generalities or a few well turned periods, conveying no real knowledge of the objects to be described: his descriptions have been not only penned but verified on the spot; and on entering a church, palace, museum or other edifice ancient or modern, the visitor will find the objects described consecutively, as they present themselves to his view. This plan, which no other writer has followed, was not to be carried out without encountering occasional discourtesy, many a laborious journey, and many a toilsome hour; but it is the only plan, which could relieve the stranger from vexatious perplexity by giving him the desired information in an accurate as well as methodical form.»⁑
Tuttavia il Donovan non ha seguito sempre rigorosamente queste lodevoli intenzioni. La suddivisione delle chiese avviene secondo l’ordine della gerarchia ecclesiastica in basiliche patriarcali, chiese titolari, chiese parrocchiali, chiese nazionali ecc. Confrontando quest’ordine con quello del Nibby sorge il dubbio che tale suddivisione sia stata adottata per nascondere, con un diverso ordinamento del materiale, il plagio. Ad esempio, nel caso delle sette chiese principali la traduzione dall’italiano è quasi letterale.
Nell'itinerario proposto qualcosa risulta modificato; la descrizione è piuttosto precisa ma accorciata rispetto al modello, mentre vengono talvolta tralasciate importanti indicazioni. Forse si può notare una certa originalità in alcune osservazioni riguardo a mo page 167 numenti antichi cristiani; inoltre l’Autore dedica a certi particolari tecnico-amministrativi più interesse che il Nibby.
Nella descrizione del gran numero delle chiese romane si osserva la tendenza ad abbreviare le esposizioni contenute nella fonte primaria: in particolare la storia della costruzione degli edifici sacri è sempre ridotta al minimo; le informazioni sugli artisti, invece, vengono riportate quasi per intero. Il Donovan risulta originale quando tratta delle chiese nazionali inglesi S. Andrew of the Scots e S. Thomas of Canterbury che erano di particolare importanza per lui e per i viaggiatori inglesi⁑.
Egli ha dunque in molti punti selezionato e accorciato, ma talvolta anche aggiunto ex novo, come nel caso dei palazzi, delle piazze e delle ville; e naturalmente ha posto in particolare rilievo il Collegio Inglese e il Collegio Irlandese⁑. Si noti infine che l’Autore menziona in modo molto dettagliato palazzo Zuccari con gli affreschi dei Nazareni e l’Institute of Archeological Correspondence.
Risultano interessanti dal punto di vista storico-culturale i capitoli The Arts, nuovo rispetto all’originale, con ampi elenchi degli artisti allora attivi a Roma⁑, e Miscellaneous Notices, con indicazioni sugli alberghi, sullo stato delle abitazioni e del traffico, sui giornali ecc.⁑, che oggi possono sembrare ovvie e che furono scritte per i viaggiatori inglesi, dei quali il Nibby non si era preoccupato: indicazioni che consentono comunque un ottimo sguardo sulla vita romana dell’epoca.
La terza parte sulle antichità si attiene piuttosto rigidamente all’argomento e si occupa, dopo un’introduzione generale su tecniche, forme e materiali da costruzione degli antichi romani, dei singoli monumenti, abbreviando in generale fortemente le descrizioni del Nibby.
Di rilevante interesse è infine la sezione conclusiva Environs of Rome, che tratta soprattutto delle antichità esistenti nelle vicinanze della città. Vi si avverte una caratteristica particolare e non comune nella letteratura di viaggio sull’Italia e su Roma: l’autore sembra aver percorso la zona veramente di persona, come ogni conoscitore della Campagna romana facilmente potrà confermare, si tratti dei sentieri tra Bellegra e Affile oppure del bosco di Anzio.
Platner-Bunsen (1829-42)
Fu cominciata già prima del Nibby, ma conclusa solo un anno dopo, la descrizione della città di Roma ad opera di un gruppo di archeologi, topografi e storici tedeschi: Ernst Platner, Carl Bunsen, Eduard Gerhard, Wilhelm Roestell e Barthold Georg Niebuhr [sch. 119].
L’obiettivo del grande lavoro è essenzialmente diverso da quello del Nibby; per gli Autori si trattava meno di fornire un inventario completo dei monumenti della città, quan page 168 to piuttosto di presentare nascita e crescita di essa in un articolato quadro complessivo, di vedere tutto all’interno del fenomeno del divenire storico, tenendo conto allo stesso modo della storia come della storia dell’arte.
Così il primo volume si occupa di problemi solo sfiorati dai precedenti autori. A una nota preliminare sulle condizioni geografiche e climatiche della città segue un’introduzione storica che propone una panoramica sulle vicende di Roma dall’antichità fino all’età moderna, cercando di mettere in rilievo il significato delle singole epoche per l’evoluzione della sua fisionomia urbana. La successiva premessa storico-artistica integra e amplia tale argomento. Una parte topografica tratta in particolare l’estensione della città e delle sue mura.
Dopo che il lettore è stato informato sui grandi collegamenti storici di carattere universale e spirituale, comincia con il secondo volume, ancora suddiviso in due parti, la vera descrizione della città. Questo volume è dedicato esclusivamente alla descrizione della zona vaticana. In conformità all’impostazione di grande respiro data al lavoro, si inizia con la sua storia, per occuparsi poi con la stessa ampiezza dell’antica basilica di S. Pietro come di quella nuova. Segue il Palazzo Vaticano e si conclude con il Borgo e Castel S. Angelo. La seconda parte contiene la descrizione delle raccolte vaticane, dell’archivio e della biblioteca.
Il terzo volume, suddiviso in tre sezioni ciascuna con propria numerazione, si occupa del resto della città. Corrisponde all’idea di fondo del lavoro — che è quella di presentare Roma organicamente – che la descrizione della città antica e della moderna venga fatta unitariamente. La prima sezione, che secondo il modello del Fea fa seguire alla descrizione del Vaticano quella del Campidoglio, tratta quindi insieme le costruzioni moderne e antiche qui esistenti. Da pagina 125 vengono illustrate molto dettagliatamente le raccolte tra cui anche la pinacoteca. Seguono i monumenti dell’antico Campidoglio e del Foro Romano che saranno ancora integrati con supplementi nella seconda sezione. Quindi il giro si estende, secondo lo schema già noto, verso l’Aventino e il Celio, terminando con questo la prima sezione.
Seguono nella seconda sezione del terzo volume l’Esquilino, il Viminale, il Quirinale e il Pincio, infine nella terza sezione il Campo Marzio, l’isola Tiberina e Trastevere: l’itinerario così si conclude vicino al suo punto di partenza.
La grande opera fu composta principalmente da Platner e Bunsen; in essa vennero integrate alcune relazioni del Niebuhr, mentre il Gerhard si rese benemerito particolarmente per la descrizione del Museo Vaticano. Secondo una divisione interna del lavoro il Bunsen si occupò dei monumenti antichi e medievali e il Platner delle opere d’arte più recenti.
A noi interessa in primo luogo il lavoro di Ernst Platner. Contrariamente al Nibby, egli mirava a trattare solo i monumenti più considerevoli e nel loro significato storico-artistico. Allo stesso tempo la storia delle singole costruzioni risulta presentata in modo sempre diverso. Per questo l’intero lavoro non è in pratica molto utile e piuttosto inadeguato. Il suo valore principale consiste nella grande visione universale e nella sua impostazione complessiva: da questo punto di vista esso non fu mai più uguagliato.
pageIII. Libri devoti, in versi e in lingua straniera
pageAntiporta in rame dell’opera di Benigno Davanzati Notizie al pellegrino della Basilica ai Santa Prassede. (Roma, Antonio de’ Rossi, 1725)
page 171Manuali per i pellegrini
Fra Santi e le Guide angeliche
Con il termine «guide per i pellegrini» intendiamo quel gruppo di testi che hanno lo scopo di elencare «grazie e oggetti di venerazione» esistenti nelle chiese, cioè le indulgenze che lì il pellegrino può ottenere, e di trascrivere le preghiere che sono da recitare ai singoli altari.
Abbiamo visto all’inizio della nostra trattazione come le Indulgentiae abbiano perseguito originariamente solo questo scopo e come le guide si siano poi via via sviluppate al di fuori dello schema iniziale. Ora è nostro compito stabilire il momento nel quale guida e guida per i pellegrini divergono, per configurarsi come specifiche forme di produzione letteraria. Ciò avviene proprio nel momento in cui le guide cominciano a recare più abbondanti notizie storico-artistiche. Un esempio per tutti: Fra Santi Solinori, che nel 1588 recava un fondamentale contributo all’evoluzione delle guide romane, lo stesso anno e presso lo stesso editore Franzini pubblicava una guida alle stazioni delle chiese di Roma, riedita poi nel 1595⁑. Il libro è illustrato con le silografie del medesimo Franzini, si attiene strettamente all’argomento descrivendo la storia di ciascuna chiesa e stazione, la vita del santo cui le chiese sono dedicate e le reliquie, e offre quindi difficilmente qualche notizia interessante dal punto di vista della storia dell’arte [sch. 120].
Nel 1629, dieci anni prima delle compilazioni del Celio e del Totti, un sacerdote romano, Stefano Gallonio, pubblicò un piccolo elenco delle feste religiose, delle indulgenze e delle preghiere, disposte secondo i giorni dell’anno ecclesiastico, intitolato Guida angelica perpetua [sch. 121].
La forma originaria del breve testo, un volantino del quale l’autore parla nell’introduzione della prima edizione, sembra non essere sopravvissuta. Questa guida di nuovo tipo rispondeva evidentemente alle esigenze di una parte dei pellegrini a Roma, tanto che, fino all’anno giubilare del 1750, se ne ebbero nove edizioni. L’Autore si attiene rigorosamente al tema, i monumenti delle chiese non lo interessano mai: dunque per la ricerca storico-artistica il suo opuscolo rimane irrilevante.
page 172Carlo Bartolomeo Piazza
Colui che avrebbe trasformato il nuovo genere di scritti in opere scientifiche è l’abate Carlo Bartolomeo Piazza⁑. Nei grossi volumi del suo Menologio Romano (1675) [sch. 122], rivisto e ampliato poi nell'Emerologio (1690), egli si collega direttamente alla Guida angelica arricchendone le indicazioni e fornendo una storia dei santi e delle singole feste. Certamente vengono prese in considerazione anche le chiese, ma le notizie a questo proposito sono abbastanza trascurabili.
Più importanti risultano Hieroxenia (1694) e Eorterologio (1702). Hieroxenia [sch. 123] propone un itinerario per le sette chiese principali, le quali vengono descritte insieme alle chiese situate lungo la strada che ad esse conduce. Le sue informazioni sono piuttosto povere; l’Autore s’interessa in primo luogo delle reliquie e in parte incorre anche in evidenti errori. Le guide contemporanee sono in ogni caso più redditizie.
Eorterologio [sch. 124] offre, sul modello dell’Ugonio, una storia delle stazioni; ma il Piazza non raggiunge nemmeno lontanamente il livello del suo grande predecessore. Ciò che egli fornisce sono scarni estratti dall’Ugonio, del quale soprattutto ignora completamente i problemi sollevati. D’altronde qualche volta nell’Ugonio mancano alcune chiese e nell’occasione il Piazza reca notizie – come per esempio nel caso di S. Bibiana – che potrebbero essere originali.
Per la bibliografia delle guide romane si devono considerare infine anche le Opere Pie del 1679 [sch. 125]. Il lavoro contiene, secondo il modello di Camillo Fanucci, storia e descrizione di ospedali, seminari, confraternite ecc. Le notizie che si ricavano dall’opera sono però, per la storia dell’arte, piuttosto ridotte. Il Fanucci offriva, con molto minori divagazioni, un materiale considerevolmente più ampio. L’opera [sch. 125]/ [sch. 2]; fu riedita nel 1698 con il titolo Eusevologio Romano; notevoli sono le trattazioni aggiunte Delle accademie Romane e Delle pubbliche e private celebri librerie.
Giuseppe M. Mazzolari e Giuseppe Vasi
La Guida angelica e il Menologio furono più ampiamente sviluppati nel Diario sacro di Giuseppe Maria Mazzolari, ossia Giuseppe Mariano Partenio secondo il suo pseudonimo accademico. L’autore del presente lavoro riuscì a trovare solo il terzo volume Le sacre vie (1780) della altrimenti irreperibile prima edizione. Maggiormente reperibili sono invece la seconda (1805-1808) [sch. 126] e la terza edizione (1819-1820).
Il vero Diario nelle due ulteriori edizioni risulta portato a quattro volumi, ognuno dei quali comprende un trimestre; ad essi vanno aggiunte Le sacre vie (volumi V e VI, nella terza edizione voi. V) e Le sacre basiliche (vol. VII, nella terza edizione vol. VI). Il vol. VIII già nella seconda edizione contiene alcune trattazioni originali da par page 173 te del curatore Leonardo Adami. In tutto l’ampio lavoro l’interesse dell’autore è concentrato soltanto sulle funzioni ecclesiastiche (anche le note del vol. VII non offrono molto di più), così l’intera serie rimane senza un particolare valore per il nostro argomento.
Che questo tipo di pubblicazioni fosse ricercato e acquistato sul mercato romano lo prova il fatto che nel 1771 anche Giuseppe Vasi abbia dato alle stampe una guida per le reliquie romane [sch. 127], dove viene suggerito un percorso da effettuare nell’arco di otto giorni come nel suo già citato Itinerario, del quale in un certo senso essa doveva essere un supplemento. Notizie importanti dal punto di vista storico-artistico sono, com’era da aspettarsi, scarse. L’opera – intitolata Tesoro sacro e venerabile... – ha avuto un’unica ristampa nel 1778.
Le guide degli Anni santi
I Giubilei hanno sempre attirato a Roma imponenti schiere di viaggiatori. Parallelamente, in queste circostanze, aumenta in modo straordinario anche il numero delle guide. Accanto a una quantità di lavori insignificanti si registra però proprio qui una serie di produzioni decorose⁑.
Si deve anzitutto osservare che i testi pubblicati diverse volte con titoli come Il pellegrino istruito nella visita delle chiese, oppure Vero modo di visitare le quattro chiese, o ancora la Guida fedele per il pellegrino devoto di un certo Francesco Marchese, edita nel 1700 e nel 1725, non forniscono alcuna valida indicazione per la storia dell’arte, che peraltro non ci si aspetterebbe neppure dato il loro titolo e l’impostazione generale.
Alcune di queste guide meritano tuttavia maggiore attenzione. La più antica pubblicazione concepita per un Giubileo potrebbe essere forse il De iobileo et indulgentiis del 1550 di Jo. Baptista Paulianus [sch. 128]. Infatti vi si menziona alle pagine 220-251 una quantità di chiese, ma soltanto per la storia della fondazione, che non va oltre le indicazioni delle guide comuni, e per l’elenco delle indulgenze⁑.
Una redazione interessante e utile fu quella di Pierfrancesco Zino, non meglio conosciuto, per il Giubileo del 1575 con il titolo L'anno santo 1575 nel Pontificato di Gregorio XIII [sch. 129]. Accanto a una serie di trattazioni relative all’Anno santo e per noi insufficienti vengono qui ristampate le Cose Maravigliose e le Sette chiese del Panvinio. Le Pie narrationi di Aungelo Pientini [sch. 130], uscite due anni dopo il Giubileo e sempre citate nelle bibliografie, contengono solo una descrizione delle cerimonie religiose celebrate nell’Anno Santo.
Allo stesso Anno santo del 1575 si devono inoltre le Septem urbis Ecclesiae di Marco Attilio Serrano [sch. 131]. Nonostante il grande dispendio di erudizione con cui furono scritte, non contengono informazioni veramente importanti. Un elenco di reliquie e stazioni com page 174 pleta l’opuscolo. Malgrado il suo scarso valore esso venne ristampato per il Giubileo del 1600⁑.
Il Sacro Pellegrinaggio, compilato da Francesco M. Torrigio per il Giubileo del 1625 e molto raro [sch. 132], propone su sedici fitte pagine un itinerario molto breve attraverso le chiese di Roma che quasi sempre rivela nell’autore un formidabile intenditore, nonostante la sua assicurazione (a pagina 4) di voler dare soltanto semplici informazioni sui «Sacri luoghi»: assai indicativo a questo proposito è il passo riguardante i Ss. Quattro Coronati (p. 15).
Di autentico valore sono però i capitoli su S. Pietro e sul Laterano nei molto rari Tesori dell’anno Santo di Marsilio Honorato pubblicati nel 1649 [sch. 133]. Qui si trovano descritti due momenti dell’attività artistica romana, cioè la decorazione di S. Pietro e il rifacimento della basilica del Laterano ad opera del Borromini, di una chiarezza raramente riscontrabile nelle guide. La concisa Fida scorta dei pellegrini (1650) dello stesso Autore risulta invece senza importanza⁑.
La Breve relatione delle quattro basiliche (1675) di Francesco Massari contiene una vivace descrizione del Ponte S. Angelo e di S. Pietro, dopo di che l’itinerario proposto ha lo scopo di stabilire le distanze tra le sette chiese principali. Ciò offre il pretesto per occasionali indicazioni sui monumenti; ma queste non sono molto fruttuose, perché l’attenzione dell’autore è puntata sulla descrizione delle feste e sulle cerimonie.
Veramente ben redatte sono per contro quattro opere successive su cui dobbiamo soffermarci un po' più attentamente. Le Notizie istoriche delle quattro basiliche (1700) di Gio. Battista Vaccondio [sch. 134] sono stese in modo piuttosto approfondito e hanno un particolare valore per la descrizione dello stato dei monumenti nel 1700. Si vedano a questo riguardo le indicazioni sulla tomba della regina Cristina di Svezia e sulle statue nella navata centrale della basilica del Laterano.
La Guida fedele per il pellegrino divoto di Francesco Maria Gentili [sch. 135], pubblicata nell’anno giubilare 1725, risulta importante per alcune notizie che si trovano solo qui, come le informazioni sulla statua di Alessandro VIII in S. Pietro e sui restauri in S. Paolo fuori le Mura ad opera di Benedetto XIII.
Uno dei migliori scritti di questo gruppo è quello di Giovanni Marangoni, Il divoto pellegrino guidato ed istruito (1749) [sch. 136]. Le descrizioni di carattere artistico qui sono molto abbondanti e devono essere viste nel quadro delle opere realizzate sotto il pontificato di Benedetto XIV.
Sono finalmente da registrare le Notizie storiche per l'anno del giubileo universale (1774) di Giovanni Gambogi [sch. 137], concepite secondo il modello dei due scritti qui sopra nominati, che contengono una notevole serie di informazioni storico-artistiche, ma che per l’epoca relativamente tarda in cui sono state stese non hanno più l’importanza delle guide precedenti.
page 175Altre edizioni devozionali
In questo contesto generale possono interessarci ancora alcune altre pubblicazioni. Il trattato di Camillo Fanucci del 1601, intitolato Opere Pie [sch. 138], si occupa degli ospedali, delle confraternite ecc. a Roma e descrive nell’occasione un gran numero di chiese, oratori e cappelle appartenenti alle confraternite. La frequente citazione di donazioni e fondazioni di cappelle, con tutti i relativi dati, conferisce al libro il carattere di valida fonte per ricerche su specifici argomenti.
Questo lavoro avrebbe trovato nel testo più ristretto di Theodoro Ameyden, De pietate romana del 1625, un epigono, ben lontano però dal suo modello. Le Opere Pie di Carlo Bartolomeo Piazza sono già state oggetto della nostra attenzione.
La rara Guida spirituale di Pietro Martire Felini (1608) contiene solo una raccolta di preghiere e appare quindi per noi irrilevante. Per contro, la descrizione delle nove chiese principali di Renato Bona del 1698 [sch. 139] offre materiale ricco seppure non del tutto originale; più per curiosità citiamo inoltre il libretto altrettanto raro di un certo Giovanni Lorenzo Lucchesini, Roma è guida al cielo, sempre del 1698, perché contiene molto probabilmente la prima descrizione dell’affresco nella volta della navata in S. Ignazio, opera di Andrea Pozzo.
Il grosso volume in-4° di Giuseppe Antonio Fioravanti Visita privilegiata delle sette chiese (1763) [sch. 140] non contiene osservazioni storico-artistiche, ma soltanto una elencazione dei privilegi delle sette chiese principali che non ha rilevanza per il nostro argomento. Lo stesso dicasi per il frequentemente ristampato trattatello Modo di visitare le sette chiese come anche per i Sedici pellegrinaggi di Rudolf Grimming, edito a Roma nel 1665.
page 176Descrizioni in forma di poesia
Il XVII secolo
Occorre dedicare un capitolo a quei testi che descrivono i monumenti in forma poetica, in epigrammi e sonetti, oppure che li assumono come punto di partenza per considerazioni estetiche, giudicandoli secondo il loro valore artistico o conducendo lo spettatore alla contemplazione.
In realtà qui si oltrepassano i limiti del nostro argomento per addentrarsi nel campo della storia culturale e della storia dell’estetica. Il valore filologico delle opere in questione, che veramente non erano nate per essere delle guide, è quindi scarso per la nostra ricerca. Tuttavia esse possono acquisire importanza in quanto parlino di oggetti oggi perduti.
Il XVI secolo non offre nulla di tali elaborazioni, salvo le Coryciana (1524) che tratta le donazioni di Johann Goritz nella chiesa di S. Agostino. Lavori di questo tipo nascono solo nel XVII secolo, nel momento in cui anche le guide cominciano a mostrare maggior interesse per le opere d’arte.
Lo scritto più antico del genere, per quanto ne sappiamo, sono i Ruinarum Romae epigrammata di Andreas Marianus del 1625 [sch. 141], riediti nel 1641. Essi sono suddivisi in tre libri e trattano non solo, come indicherebbe il titolo, delle rovine ma anche dei monumenti della Roma moderna. Gli epigrammi dedicati alla maggior parte delle chiese e anche a molti singoli monumenti non presentano tuttavia un significativo valore filologico.
Il Marianus fece seguire a tale raccolta gli Statuarum Romae epigrammata, scarsamente interessanti per lo storico dell’arte, in quanto si riferiscono a sculture antiche e non dicono niente della produzione artistica più recente, salvo gli epigrammi sul Mosè e sulla Pietà di Michelangelo e sulla Flagellazione di Cristo di Sebastiano del Piombo in S. Pietro in Montorio.
È più importante la Pinacoteca di Joannes Michael Silos [sch. 142] già brevemente elogiata dallo Schlosser⁑. Essa tratta in due libri delle opere principali di pittura e scultura romana e ha un particolare valore dovuto al fatto che Silos conosceva i fondi delle raccolte private, il che permette spesso di trarre valide indicazioni per la provenienza di certi quadri. Sono presentati soprattutto i grandi pittori e scultori barocchi: grazie al taglio del lavoro si ricava una buona conoscenza dei fondi di varie collezioni romane come quelle dei Giustiniani, Borghese, Cesi, Altemps ecc.
page 177Il libro più ricco di contenuto e in certo modo anticipatore più dei precedenti è intitolato Monuments de Rome del Raguenet (pseudonimo di Robert Samber) del 1700 [sch. 143], più volte riedito e integrato negli anni successivi. «Il faut entrer dans l’esprit des peintres, des sculpteurs, & architectes & y lire leurs pensées les plus intimes...», dice l’Autore nella prefazione. Egli non vuole dare un elenco completo dei monumenti romani, ma sceglierne alcuni e trattarli a fondo. Nello stesso tempo fornire un quadro storico-culturale estremamente interessante di quello che la sua epoca apprezzava di più dei monumenti romani. Così il Raguenet diventa un precursore degli scritti di un Milizia e di un Prunetti di cui ora tratteremo.
Il XVIII secolo
Le descrizioni [sch. 144] poetiche del Barocco scompaiono verso la metà del XVIII secolo. Le pubblicazioni dell’epoca dell’illuminismo e del primo classicismo assumono il carattere di lavori didattico-teorici sull’arte romana. Così il Saggio Pittorico (1786) di Michelangelo Prunetti [sch. 145] si apre con una introduzione teorica sui Canoni della pittura per offrire poi capitoli come Maniera o stili de’ diversi maestri, Degli originali e delle copie e Caratteri distintivi delle diverse scuole di pittura.
Di indubbio valore è ancor oggi la parte conclusiva del libro Esame analitico dei più celebri quadri... di Roma. Le opere dei pittori sparse in chiese e palazzi vengono messe insieme come in un catalogo, cosicché si possa sapere dove a Roma si trovino i lavori dei singoli artisti. Così il libro integra felicemente le altre guide romane, e spiace soltanto che l’Autore si sia limitato a un numero relativamente basso di artisti.
Il testo venne ripubblicato nel 1818 in una versione notevolmente accresciuta. È sintomatico che siano stati ampliati proprio i passi di maggior valore didattico, nel senso ad esempio di uno studio più approfondito sulla distinzione tra originale e copia.
Di minore importanza risulta l'Osservatore delle Belle Arti uscito in due volumi uno nel 1808 e l’altro nel 1811. Si tratta di una guida per la città concepita secondo il modello del Vasi – tuttavia senza la suddivisione in escursioni giornaliere – che descrive i monumenti accentuando le loro caratteristiche più importanti e aggiungendo talora delle note estetiche: interessante solo dal punto di vista storico-culturale e inadatto per l’uso pratico.
Rendere omaggio al noto lavoro del Milizia Roma delle Belle Arti (1787) [sch. 146] sarebbe compito piuttosto di una storia dell’estetica. Esso merita di essere ricordato qui solo per ragioni di completezza: per la storia urbanistica non è di alcun aiuto. L’epoca della grande attività edilizia era passata, e l’Autore non aveva più da riferire su grandi nuove costruzioni che avrebbero potuto dare al suo libro il valore di fonte storica.
page 178Forestieri a Roma e Guide europee
I primi manuali originali
I lavori finora menzionati sono scritti quasi esclusivamente in lingua italiana da antiquari romani. Resta dunque da esaminare se anche altre nazioni avessero fornito – nelle rispettive lingue – contributi originali per la letteratura locale romana. Durante il primo periodo difficilmente si troverebbero opere originali in lingua straniera: le traduzioni tedesche, francesi e spagnole si allontanano dagli originali latini e italiani solo di poco.
Un piccolo rarissimo libro in lingua fiamminga del 1524 offre qualcosa di particolare. Esso considera, come dice già il titolo Van die seven Kercken [sch. 147], solo le sette chiese principali e dà un elenco delle indulgenze che vi si possono lucrare. Per la storia dell’arte questo scritto è ancora più insufficiente delle guide contemporanee; lo ricordiamo soltanto per essere stato il primo esempio di una particolare disposizione della materia.
Che nelle traduzioni delle successive Cose Maravigliose non ci siano tracce di originalità, l’abbiamo potuto constatare in modo evidente.
Accade solo nel secolo XVII che si possano trovare alcune pubblicazioni importanti del genere che ora ci interessa. Un tipografo di Augusta, Dominicus Custodi, nell’anno giubilare 1600 compilò una guidina con vedute di Roma e testo a fronte come ricordo per i pellegrini [sch. 148]. Essa non si può proprio definire voluminosa e manca di qualsiasi indicazione originale; tuttavia rappresenta probabilmente il primo tentativo, da parte di un editore straniero, di pubblicazione diversa dallo schema allora consueto dei Mirabilia e studiata per le esigenze di un pubblico non italiano. Nel 1613 il lavoro venne riedito e nel 1625 fu tradotto anche in olandese e provvisto di una piccola grammatica italiana.
Fùr die Teutsche Pilger èdetto nel titolo di una guida delle Sette chiese che Hermann Bavinck, rettore della chiesa di S. Maria dell’Anima, pubblicò a Roma nel 1620 [sch. 149]. Egli voleva suggerire ai pellegrini tedeschi, alloggiati nell’ospizio dell’Anima, la strada più breve e comoda per le sette chiese principali, ed è questo il motivo per cui la disposizione della materia è molto diversa dal solito schema. Come dice ancora il lunghissimo titolo, qui si tratta di «Heiltumb» (reliquie) dei luoghi sacri. Le poche informazioni dell’autore sugli oggetti d’arte si riferiscono quindi solo a quelli più noti.
Discretamente originale risulta la Roma regina mundi (1660 [sch. 150] e 1667) di Johann Theodor Sprenger. Solo i libri VI e VII dell’ampio lavoro trattano i monumenti di Ro page 179 ma; oggi essi possono interessarci ancora soltanto dal punto di vista storico-culturale, in quanto elencano gli oggetti d’arte, che all’epoca erano famosissimi, come fanno i nostri moderni manuali turistici. Per quanto riguarda l’insieme dei fatti, le indicazioni di Sprenger sono totalmente irrilevanti.
Era intesa come guida un’altra Roma regina mundi (1686, 1687, 1688), stampata ancora ad Augusta. All’elencazione dei palazzi, obelischi e colonne più importanti seguono le sette chiese principali con altre chiese di rilievo di Roma. Poi l’itinerario si allarga anche ad altri luoghi interessanti d’Italia. Nemmeno qui c’è qualcosa di originale.
Accanto a questi è da ricordare ancora una serie di altri lavori scritti specialmente per il pellegrino a Roma i quali, in quanto guide devozionali, più correttamente avrebbero dovuto essere già stati trattati nel capitolo precedente. Essi non hanno alcun valore per la topografia, perché si occupano solo di reliquie, santi e indulgenze. Già titoli come Kurzer und andächtiger Wegweiser (Indicazione di strada breve e pia), Christliche Romfahrt ( Viaggio cristiano a Roma) e simili sono piuttosto eloquenti.
Nicolas de Bralion (1655-59)
Un lavoro originale, quanto a taglio e contenuto, ma in sostanza non molto utile per noi è costituito dalle Curiositez de l'une et de l’autre Rome di Nicolas de Bralion [sch. 151]. Malgrado siano state riedite ben tre volte, esse sono annoverate fra le maggiori rarità dell’intero genere.
Il primo libro, che è diviso in due parti, tratta della Roma cristiana; in particolare la prima parte si occupa delle sette chiese principali che vengono elencate secondo la consueta successione. Sembra trascurabile ciò che l’Autore sa referire sul Laterano, mentre alla storia della costruzione di S. Pietro viene dedicato uno spazio relativamente ampio. Importante la descrizione del baldacchino, stesa in un momento ancora abbastanza prossimo a quello della sua realizzazione. Qui non mancano i nomi degli artisti, menzionati anche nella descrizione dei monumenti funebri. Capitoli a parte vengono dedicati alle Grotte (sez. II, cap. XV), ai tesori artistici della sagrestia (cap. XVI) e alle cappelle Sistina e Paolina (cap. XVIII).
A questi segue un altro capitolo che l’Autore chiama «sezione», Des choses notables qui sont en quelques églises voisines de S. Pierre, dove le chiese del Borgo, e in più S. Pietro in Montorio, vengono trattate in modo relativamente approfondito. Efficaci inoltre i passi su S. Paolo e S. Maria Maggiore, che includono nella descrizione alcune altre chiese vicine.
La seconda parte del primo libro raggruppa le chiese più importanti in sette sezioni corrispondenti a sette chiese romane dedicate alla Madonna; tuttavia essa non contiene informazioni particolarmente significative, con l’unica eccezione di S. Luigi dei Francesi (sez. I, cap. IV). A conclusione di questa seconda parte c’è un trattato sulle catacombe. Il secondo libro è dedicato a Rome Payenne.
page 180François Deseine (1690)
Cronologicamente la più vicina al lavoro appena descritto risulta la guida di François Deseine [sch. 152] pubblicata in quattro volumi nel 1690, ristampata nel 1699 senza modifiche e ampliata nella riedizione del 1713 fino a sei volumi⁑. Il suo proposito è quello di condensare in volumi maneggevoli tutte le cose che si devono vedere nella città di Roma e contiene perfino un volume sulla corte papale, le sue cerimonie e la sua amministrazione.
Per quanto riguarda le fonti l’Autore è molto onesto: nomina come garanti Nardini, Panciroli, Ugonio, Torrigio, Martinelli e Sebastiani. «Mais le livre qui a pour titre Studio di pittura... dell’abbate Filippo Titi est celui dont je me suis le plus servi... car je l’ai presque entièrement traduit».
E lo stesso avviene anche con le altre fonti, per cui il lavoro non appare originale in alcuna parte. Bisogna ancora notare che ai sei volumi della Rome moderne, nell’edizione del 1713 ne furono premessi quattro altri dell'Ancienne Rome [sch. 153]. Il lavoro del Deseine ebbe nel 1704 perfino una lussuosa impressione in olandese che si raccomanda per l’eccellente apparato illustrativo [sch. 154].
Qualche altro titolo straniero
Non privo di interesse è un libro edito nel 1671 a Parigi in formato tascabile con il titolo Rome ancien et moderne [sch. 155] che contiene un elenco di chiese con brevissime descrizioni. Risulta importante il cap. XV Des principaux palais de Rome; inoltre vi si trovano una bibliografia della letteratura su Roma e nell’ultimo capitolo un elenco degli artisti più significativi e dei migliori vini romani (cap. XVII Des peintres et sculpteurs, tant anciens que modernes; et des meilleurs vins qui se boivent à Rome).
I Nouveaux mémoires... sur Rome (1706) di François Nodot [sch. 156] non contengono notizie di particolare importanza.
L’Inghilterra in quel periodo non fornì un particolare contributo alla letteratura su Roma. Più per ragioni di curiosità citiamo l’elenco delle indulgenze delle sette chiese principali (e di altre chiese) che fu stampato a Londra nel 1617 e nel 1621, con il titolo Fiscus papalis. Dal punto di vista storico-artistico il quaderno non offre nulla di interessante.
Anche la descrizione di un pellegrinaggio nell’Anno santo 1700 (A pilgrimage to the great jubilee in the year 1700) [sch. 157] dà notizia esclusivamente delle feste religiose dell’anno giubilare.
In primis qui sarebbe da nominare il grande lavoro di Platner-Bunsen alla cui importanza già abbiamo cercato di rendere giustizia. Nel Donovan, poi, abbiamo visto un rielaboratore in certi punti originale del Nibby.
page 181Vere guide indipendenti dai modelli italiani difficilmente si trovano. Il Vasi pubblicò già dal 1773 edizioni in francese, l'Antiquario del Dalmazzoni uscì prima in inglese e francese. Anche le guide successive del Melchiorri e del Rufini furono tradotte in francese. Le uniche che uscirono prima in francese furono quelle già descritte del Magnan e del Manazzale.
A questo punto resta forse ancora da ricordare il notevole libro di William Gell The topography of Rome and its vicinity ( 1834 [sch. 158] e 1846). Gell tratta meno Roma che non la Campagna; malgrado parta dal punto di vista dell’archeologo, egli si occupa anche dello stato dei paesi della Campagna del tempo, fornendo molte notizie di grande valore. I luoghi vengono elencati in ordine alfabetico, sicché il lavoro è molto comodo da usare e rappresenta ancor oggi uno dei manuali più importanti per lo studio della Campagna romana.
page pageIV. A proposito di Roma antica
pageFrontespizio delle Antichità romane di Luigi Rossini (1823, particolare)
page 185I secoli XV e XVI
Nel presente lavoro non ci siamo prefissi di tracciare una storia della topografia di Roma antica. La questione fu trattata in modo eccellente nella Topographie der Stadt Rom (Topografia della città di Roma) di H. Jordan⁑. Dobbiamo qui esaminare soltanto se gli scritti su questa materia, deviando dal loro vero argomento, forniscano elementi anche per la storia dell’arte più recente.
Ancora sui Mirabilia
I Mirabilia urbis Romae risalgono nella loro forma più antica al XII secolo e cercano di condurre il viaggiatore del Medioevo per le rovine della città antica. Essi cominciano descrivendo le fortificazioni della città; seguono brevi passi sulle mura e il loro perimetro, sulle porte, gli archi di trionfo, i sette colli, le terme, i palazzi, i teatri e i ponti. La narrazione si riferisce più o meno alla Roma dell’ultima epoca imperiale; talora vi si trovano tuttavia due capitoli – De locis que inveniuntur in Sanctorum passionibus e De Cimiteriis [sch. 159] – nei quali gli autori di solito danno un elenco breve delle chiese e delle catacombe destinato in special modo al pellegrino. A conclusione si citano leggende che in modo confuso e fantastico descrivono la storia e i monumenti di Roma⁑.
Di tale versione dei Mirabilia, che si deve distinguere dalle già descritte Indulgentiae, possediamo esemplari datati 1475 [sch. 160], 1491 e 1504. Solitamente della dimensione di un foglio ripiegato, essi vengono anteposti alle Indulgentiae delle quali, pur senza datazione, in molti casi dovrebbero essere contemporanei. Oggettivamente hanno poco valore per il nostro assunto; tuttavia qui devono essere ricordati quale archetipo dell’elaborazione del Palladio che dal 1554 in poi viene regolarmente unita alle edizioni delle Cose Maravigliose e che appare quindi inseparabile dalla storia delle guide romane.
Uno strano opuscolo di questa serie si trova quale unicum al British Museum con il titolo La edifichation de molti palazzi & Tempii... de Roma. (Venezia 1480) [sch. 161]. Esso fu compilato secondo l’impostazione dei Mirabilia per il viaggio a Roma della principessa page 186 Antonia dei Benzoni di Ferrara, moglie di Giovanni Visconti da Ollegio. Questo testo non reca nulla di nuovo, però è del massimo interesse dal punto di vista storico-culturalè, per la dedica alla principessa dove si dichiara lo scopo dell’opuscolo, e inoltre per le molte leggende che affiorano nel corso della stesura, fornendo una chiara idea del modo in cui l’uomo medievale vedeva Roma. In questo senso esso fu utilizzato in appendice dai curatori della prima edizione a stampa (1911) del manoscritto lasciato dal viaggiatore inglese del Quattrocento John Capgrave⁑.
Le Antichità del Palladio e non solo
Le Antichità di Roma di Andrea Palladio furono pubblicate la prima volta nel 1554 a Venezia [sch. 162]. «...& massime per essermi venuto (non so come) alle mani un certo libreto intitolato: Le cose maravigliose di Roma, tutto pieno di strane bugie, & conoscendo quanto sia appresso ciascuno grande il desiderio d’intendere veramente l’antiquità, & altre cose degne di cosi famosa Città, mi sono ingegnato di raccore il presente libro, con quanta più breuità ho potuto, da molti fidelissimi autori, antichi & moderni, che di ciò hanno diffusamente scritto, come da Dionisio Alicarnaseo, Titto Liuio, Plinio, Plutarco, Appiano Alesandrino, Valerio Massimo, Eutropio, dal Biõdo, dal Fuluio, dal Fauno, dal Marliano, & da molti altri»: così spiega lo stesso Palladio i motivi che lo spinsero a redigere il suo scritto. Leggendo i titoli dei capitoli è ancora possibile cogliere in qualche modo la struttura dei Mirabilia. Nei particolari la descrizione è significativamente arricchita e fu compilata – come sottolinea il passo dell’introduzione che abbiamo appena riportato – utilizzando i testi degli antiquari da poco pubblicati nella Roma di allora.
Come appare da un semplice sguardo all’indice lo scritto, a somiglianza dei Mirabilia e di tutti i lavori degli antiquari, ha innanzitutto lo scopo di ricostruire la fisionomia dell’antica Roma secondo le rovine e per questo è relativamente di scarso rilievo per la storia dell’arte moderna. Soltanto i capitoli Del Palazzo Papale, & del Beluedere, De le Torri e Del Tenere (cc. 29r. e 29v.), ripresi in sostanza dalle guide del Fulvio, riescono ad attrarre il nostro interesse per alcune tuttavia non proprio importanti indicazioni.
Nelle successive numerose riedizioni il testo del Palladio rimane sostanzialmente invariato; nemmeno il rifacimento di Fra Santi del 1588 [sch. 163] è in grado di aggiungere alcunché di considerevole, salvo un’osservazione sulla collocazione degli obelischi (c. 12v.).
È decisiva la nuova redazione ad opera del Felini nel 1610 [sch. 164], in occasione della quale le Antichità vengono ampliate di nove capitoli. Questi ampliamenti danno al lavoro una nuova configurazione, facendogli acquistare valore anche per il nostro argomento: così ad esempio nei capitoli Delle Acque e Delle Librarie, dove viene illustrata la biblioteca di Sisto V.
Un arricchimento del testo di quindici ulteriori capitoli, portandoli al numero di 106, si registra nella Descrittione di Roma Antica e Moderna del 1643 [sch. 165]. Qui è stato operato page 187 l’inserimento di alcune nuove parti sulla Roma antica, e soprattutto del capitolo 106 Delle regioni cioè Rioni e sue insegne, di cui abbiamo già parlato.
La Roma Sacra antica e moderna del 1687 [sch. 166] assunse d’altro canto una diversa conformazione. Ora la parte riguardante la Roma antica si intitola Dell’origine e progresso dell’alma città di Roma, Et sue antichità. La descrizione risulta più scorrevole per lo spostamento di alcuni passi e le modifiche nel testo recano qualche novità come il capitolo sulle inondazioni del Tevere. Un particolare capoverso è dedicato alla collocazione dell’obelisco del Bernini a piazza della Minerva.
A questo punto ricordiamo per inciso che il Posterla e il Cecconi rinunciarono del tutto, nei loro lavori, a parlare delle antichità di Roma.
Abbiamo già visto come la Roma antica distinta per rioni, pubblicata nel 1741 [sch. 167], per certi versi sia ancora collegata rispettivamente con le guide del Franzini e del Cecconi. Il libro mostra alcune particolarità, cosicché merita una menzione più diretta. La descrizione della città antica avviene secondo le regioni augustee, ma è piuttosto carente e reca notizie di scarso valore sull’attività edilizia di Innocenzo X e Clemente XI. Nell’intenzione tuttavia di offrire un compendio maneggevole per la conoscenza della città antica il compilatore aggiunse una serie di rari scritti, come una ristampa del testo di Publius Victor, una traduzione italiana dei Mirabilia secondo la versione del Montfaucon e infine estratti dall’Aldrovandi, Flaminio Vacca e Ficoroni.
Pompilio Totti aveva pubblicato nel 1627 e in seconda edizione nel 1633, con il titolo Ritratto di Roma antica, una topografia della città antica. Qualche anno dopo, nel 1638, egli l’affiancò con il Ritratto di Roma moderna e altrettanto avvenne poi nel 1645 e nel 1688-89. Solamente nel 1697 il titolo mutò da Ritratto a Descrizione, ferma restando la suddivisione in due volumi. Così per le successive edizioni fino a quando, nel 1745, Gregorio Roisecco fece uscire per la prima volta la sua Roma antica e moderna in tre volumi [sch. 168].
Della parte moderna abbiamo già discusso; quanto all’antica osserviamo che le varie elaborazioni in generale si attengono strettamente all’argomento. Vedremo come l’archeologia a quell’epoca fosse già sviluppata quale scienza autonoma; solo i capitoli sugli obelischi, gli acquedotti, i ponti ecc. forniscono specifiche ma non molto esaurienti informazioni.
Facciamo notare a questo punto il supplemento della Descrizione di Roma antica del 1719⁑, nel quale vennero inserite aggiunte relative alla città moderna che poi, nell’edizione del 1724, furono più correttamente spostate al secondo volume Descrizione di Roma moderna.
Flavio Biondo e la generazione più antica
Passiamo ora a esaminare gli scritti degli antiquari che si occuparono in modo più propriamente scientifico delle rovine della Roma antica, e cerchiamo di rendere giustizia alla loro importanza per il nostro tema.
page 188Conviene cominciare con Flavio Biondo, sul quale un saggio di Bartolomeo Nogara rivelò diverse nuove notizie⁑. Delle sue opere possiamo considerare solo Roma instaurata, malgrado Roma trionfante contenga nel Libro IX un capitolo Delle ville e de gli edifizii de la antica città di Roma: ma le sue enunciazioni si riferiscono ai lavori tecnici in corso di realizzazione e per la topografia esse non hanno alcun valore.
La Roma instaurata, il cui testo dopo la prima edizione nel 1481 [sch. 169] non fu più sostanzialmente modificato (aggiunte nelle successive edizioni vennero sempre riportate in uno specifico supplemento), offre per lo storico dell’arte una serie di notizie utili giacché il Biondo, come poi frequentemente i suoi successori, si occupa del papa regnante: nel suo caso quindi di Eugenio IV, le cui imprese edilizie vengono così ampiamente illustrate.
Per evidenziare uno degli esempi più indicativi si dovrebbe forse osservare come vengono descritti i restauri disposti da Eugenio IV al Pantheon, a S. Marco e a S. Sebastiano fuori le Mura. Ma ancora più importanti di tali accenni occasionali a realizzazioni e avvenimenti dell’epoca (vengono persino citati i lavori nelle abitazioni dei maggiori cardinali) sono i nomi delle chiese che incontriamo e i fatti relativi alla loro fondazione e donazione che l’Autore sa riferire. Se, per esempio, nel corso della descrizione del Vaticano egli menziona la fondazione della Città Leonina ad opera di Leone IV, elencando successivamente le porte che vi erano state aperte, per passare poi alla fondazione dei Ss. Quattro Coronati da parte di Onorio I e al restauro della stessa chiesa ad opera di Pasquale II, questi sono fatti che compaiono qui la prima volta, per essere assunti da allora in poi da tutti gli autori successivi, dal Fulvio all’Ugonio.
Sulla base di questi elementi il Biondo diventa una fonte da non sottovalutare anche per lo storiografo dell’arte nuova. A questo livello i contemporanei difficilmente sono in grado di offrire analoghi contributi. Questo vale per le annotazioni di Poggio Bracciolini stampate la prima volta nel 1513; neppure le brevi notizie di Pomponio Leto del 1510 sono importanti per il nostro argomento.
Dell’Opusculum di Francesco Albertini [sch. 170] abbiamo già parlato ampiamente. I libri I. e II. del suo lavoro recano alcune notizie, ed è un particolare merito dello Schmarsow quello di averle pubblicate in appendice alla sua edizione della Nova Urbs ⁑.
La seconda generazione degli «antiquari»
Tra gli scritti della seconda generazione di antiquari dobbiamo in primo luogo ricordare l’opera in ogni senso fondamentale di Andrea Fulvio. Già il suo componimento poetico Antiquaria urbis del 1513 [sch. 171] preannunciava a quelle copiose notizie che sarebbero poi entrate nella prima grande edizione delle Antiquitates Urbis (1527) [sch. 172].
page 189Questo testo si segnala per il fatto che, nel trattare i singoli monumenti, esso fornisce sempre notizie sul loro stato di conservazione all’epoca. Così nel capitolo Della Porta che oggi si dice di S. Agnese si trovano ad esempio notevolissime informazioni su S. Agnese e S. Costanza, come avviene anche nei capitoli relativi a Porta S. Paolo, Porta Settimiana e Porta Vaticana.
Materiale ancora più interessante del primo libro sulle Porte si trova nel secondo che tratta i «Monti». Le notizie sul Gianicolo, il Campidoglio e l’Aventino passano in secondo piano di fronte a quelle assolutamente importanti su S. Giovanni in Laterano (c. 66v.), S. Maria Maggiore e il Laterano (cc.71v. sg. e cc.83v. sg.), delle quali parleremo ancora nel corso del presente lavoro.
Gli ultimi tre libri non offrono più molto di interessante per lo storico dell’arte. Più importante risulta sempre il terzo libro con notizie sulle inondazioni del Tevere e sui ponti che vengono trattati sistematicamente fino all’epoca dell’Autore. Lo stesso vale per la descrizione degli acquedotti che in parte si legge come una sorta di storia di alcune famose fontane romane.
Di massima importanza è infine il capitolo Delle basiliche e de templi edificati da i christiani nel quinto libro. Qui vengono elencate le chiese più significative con la storia della loro costruzione a partire dall’epoca di Costantino fino all’attuale. Proprio le ultime indicazioni hanno un immediato valore filologico: si ricordino le descrizioni di S. Giovanni dei Fiorentini, S. Lorenzo in Damaso e S. Giacomo degli Spagnoli a piazza Navona.
Il lavoro di Andrea Fulvio avrebbe trovato comprensibilmente una grande diffusione, con tutta una serie di riedizioni. Già in quella del 1527 il testo risulta interamente rielaborato; le edizioni del 1543 e del 1545 sono quasi senza modifiche, e finalmente nel 1588 esce un’edizione corretta e ampliata che contiene una serie di aggiunte di Girolamo Ferrucci riguardanti le nuove realizzazioni di Pio IV, Giulio III, Gregorio XIII e soprattutto di Sisto V che sono della massima rilevanza per la storia dell’arte di tutta quell’epoca. Le aggiunte sono sempre contraddistinte dall’intestazione «Additione».
Già lo Jordan osservò che la maggior parte dei successori di Andrea Fulvio, senza esclusione del Marliano, sono da lui dipendenti. Lo stesso Marliano (pubblicato la prima volta nel 1534 e poi in seconda edizione con ritocchi nel 1544 [sch. 173]) a questo punto passa in secondo piano. Egli si occupa in modo rigorosamente oggettivo solo della Roma antica; le aggiunte del Ferrucci alla sua edizione del 1588 sono identiche a quelle dell’edizione del Fulvio dello stesso anno.
Del tutto dipendente e insignificante è il lavoro di Lucio Fauno (1548 [sch. 174] e altre edizioni). Anche Palladio (prima edizione 1554 [sch. 175]), di cui già abbiamo parlato, Fabricius (1550 [sch. 176] e altre edizioni), Ligorio (1553) [sch. 177] e Mauro (1556 [sch. 178] e altre edizioni) o si attengono strettamente al loro argomento, senza trattare la Roma moderna, o non raggiungono nemmeno lontanamente il livello del Fulvio. Ciò vale anche per il primo libro dei Commentarii di Onofrio Panvinio (1558 [sch. 179] e altre edizioni).
Il supplemento di Ulisse Aldrovandi alla guida di Lucio Mauro del 1556, che tratta le collezioni di scultura della Roma del tempo, venne già commentato dall’Hübner per la page 190 sua importanza circa la storia dell’antichità nel Rinascimento⁑. Ricordiamo a questo proposito che tale supplemento contiene ancora parecchie notizie preziose su sculture moderne, soprattutto di Michelangelo a Roma.
L’unico tra gli antiquari, oltre al Fulvio, che rechi indicazioni originali è Bernardo Gamucci (edito la prima volta nel 1565 [sch. 180]). Basta leggere il capitolo sul Campidoglio; inoltre si troveranno descrizioni del tutto originali sulla villa di Papa Giulio, che furono forse ispirate dallo stesso architetto Ammannati, che pare fosse amico dell’Autore.
Tra i lavori degli antiquari successivi bisogna menzionare quello grande di Jean-Jacques Boissard (pubblicato negli anni 1597-1602) che tuttavia dovette subire nel tempo critiche anche severe. Comunque per lo storico dell’arte l’itinerario suddiviso in quattro giornate (tanto di solito durava la permanenza del pellegrino in albergo) non è del tutto privo di valore, anche se il Boissard risulta sotto molti aspetti debitore del suo predecessore Aldrovandi.
La Roma admiranda (1598) di Justus Lipsius [sch. 181] non è una vera e propria topografia o guida; non dovrebbe però essere trascurata per alcune sue occasionali indicazioni riguardanti la storia della fisionomia urbana di Roma contenute nel terzo libro.
Abbiamo dunque ricordato gli antiquari più importanti; ciò che venne pubblicato successivamente è elencato in bibliografia sotto i rispettivi anni con un breve commento. In sintesi, un autentico valore per la storia dell’arte più recente hanno, come abbiamo visto, soltanto Flavio Biondo, Andrea Fulvio e Bernardo Gamucci.
Per concludere, ecco alcuni altri scritti, in parte di minore ampiezza in parte solo raramente rilevanti per le antichità di Roma. Rientrano in questo gruppo i colloqui dei tre pellegrini di Matthäus Sylvagius del 1542 [sch. 182] che riferiscono alcune notizie sullo stato dei monumenti romani nel XVI secolo.
Senza particolare valore sono la Descriptio brevissima priscae urbis Romae (1544) e I nomi antichi e moderni dell’antica città di Roma (1552) che riassumono i dati principali per un rapido orientamento del viaggiatore. Il Gallus Romae hospes (1585) di Ludovicus Demontiosius (De Montjoseu), una raccolta di cinque saggi, offre a p. 10 del primo saggio un’incisione assai interessante dell’obelisco di S. Pietro. La descrizione del Pantheon e occasionali notizie sulle chiese nel capitolo finale De foro Romano non richiedono ulteriori commenti.
Lo Specchio delle Antichità di Roma (1625) di Gregorio Portio [sch. 183] intende fornire un maneggevole riepilogo dei risultati della ricerca antiquaria del tempo, ma è irrilevante per il nostro argomento. Johann Conrad Dietrich redasse nel 1643 con Antiquitates Romae un analogo compendio, pensato specialmente per il viaggiatore tedesco.
page 191Dal XVII al XIX Secolo
Analogamente all’evoluzione della letteratura delle guide che, come abbiamo visto, diventa sempre più oggettiva e si specializza sempre più nel trattare singoli argomenti, l’archeologia si va configurando come disciplina scientifica. Così, a partire dalla metà del XVII secolo, gli studi cominciano di conseguenza a orientarsi verso temi specifici, perdendo interesse per il contesto generale. Sicché una breve presentazione sommaria di tale periodo appare opportuna.
Il Donati (1638) e il Nardini (1665)
Tra le grandi opere che il XVII secolo produsse nel campo dell’archeologia, è la Roma vetus ac recens di Alessandro Donati [sch. 184] ad offrire il maggior interesse per lo storico dell’arte⁑. Nei primi tre libri, dedicati alla ricostruzione della Roma antica, l’Autore si attiene strettamente al tema e solo il XIX capitolo del primo libro dà qualche notizia sul restauro delle mura della città ad opera dei papi, mentre trattando del Pantheon vengono riportate le iscrizioni di Urbano VIII.
Più importante risulta invece il quarto libro. Qui l’Autore cerca di fornire una storia degli edifici cristiani di Roma partendo dai tempi più antichi e utilizzando le Vite dei Papi del cosiddetto Anastasius, del Platina e del Ciacconio allora recentemente pubblicato. La descrizione è breve e acquista nell’ultimo capitolo Sixti V. & aliorum deinceps aedificia un immediato valore filologico, specialmente per il pontificato di Urbano VIII. Le notizie su Paolo V derivavano direttamente dal Ciacconio: queste e altre del Donati furono poi tradotte in italiano e passarono nelle Vite del Baglione.
La seconda edizione del libro (1648) non reca varianti, nonostante le indicazioni in tal senso al frontespizio; solo la terza edizione – stampata la prima volta nel 1662 e poi, senza ulteriori modifiche, ancora nel 1665, nel 1694 e nel 1725 – ne offre alcune di originali ma non particolarmente interessanti.
Contrariamente al lavoro di Donati la nota Roma Antica (1665) [sch. 185] di Famiano Nardini non può venir presa in cosiderazione per la storia dell’arte moderna. L’Autore si attiene del tutto al tema; informazioni per l’arte moderna non vi si trovano.
page 192Il Ficoroni (1744) e il Venuti (1763)
Più importanti per il nostro argomento sono le Vestigia e rarità di Roma antica di Francesco de’ Ficoroni⁑, pubblicate nel 1744 [sch. 186], alle quali egli aggiunse un secondo libro sulle Singolarità di Roma moderna. Già il primo libro tratta, oltre gli antichi monumenti, anche quelli moderni esistenti nei rispettivi rioni. Così ad esempio le descrizioni di S. Maria in Cosmedin, Ss. Luca e Martina, S. Prisca e S. Maria degli Angeli sono piuttosto notevoli e alcune particolarmente importanti, in quanto segnalano singole opere d’arte «nate negli ultimi anni», fornendo quindi precisi punti di riferimento per la datazione.
L’intenzione del secondo libro è accostabile a quella del lavoro di Raguenet, dato che si tende a parlare solo dei capolavori; giustamente si osserva a p. 42, a proposito del Titi: «...dove troverà colle pitture riguardevoli anche le mediocri». Così tre capitoli si occupano di S. Pietro e del Vaticano, altri tre delle chiese, il capitolo settimo dei palazzi, l’ottavo delle ville entro Roma, il nono di Villa Borghese e il decimo di Villa Pamphili. Non si deve esagerare nella valutazione dell’opera ai fini della ricerca artistica, tuttavia essa è molto efficace nel dare un’immagine assai diretta dell’azione di Benedetto XIV per l’arte. In ogni caso risultano notevoli e interessanti le notizie sul restauro degli affreschi alla Farnesina e sulla chiusura con vetrate della sua loggia. Il libro ben scritto del Ficoroni offre ancor oggi una lettura stimolante e, come nel Raguenet, fornisce indicazioni su quali opere d’arte fossero le più stimate nel Settecento.
Conviene trattare brevemente in questo contesto anche l'Accurata e succinta descrizione delle antichità di Roma di Ridolfino Venuti [sch. 187]. L’Autore rimane strettamente entro i limiti del suo tema, anche perché avrebbe poi dedicato due appositi volumi in-4° alla Roma moderna. Tuttavia in certi momenti egli presenta un quadro vivace degli scavi e della fisionomia della città del suo tempo, tanto da completare con chiarezza le successive illustrazioni della Roma moderna di cui ci siamo già occupati.
Talvolta, per esempio nel caso di S. Teodoro e dell’Arco di Costantino, il Venuti riferisce sul restauro degli edifici antichi, nominando gli architetti responsabili dei lavori⁑. Lo stesso vale per le sue informazioni sulle Terme di Diocleziano⁑, come per diverse altre su S. Maria Maggiore ecc.
Alcuni scritti ottocenteschi
L’evoluzione dell’archeologia a vera e propria disciplina scientifica progredisce sempre di più a cavallo del XIX secolo. Per questo le opere prodotte in questo periodo diffi page 193 cilmente possono rientrare nel nostro tema. Ciò vale già per la Roma antica (1795 [sch. 188] e 1805) dell’abate Giuseppe Antonio Guattani⁑.
I testi di Andrew Lumisden, Remarks on the Antiquities of Rome... (1797 e 1812); di Carl Sachse, Versuch einer kurzgefaßten historisch-topographischen Beschreibung der Stadt Rom (Tentativo di una breve descrizione storico-topografica della città di Roma, 1810 e 1824-28); di Richard Burgess, Topography and antiquity of Rome 1831; infine di Luigi Canina, Indicazione topografica di Roma antica, (1831 [sch. 189] fino al 1850, con un compendio sulla storia della topografia romana) si propongono a tutti gli effetti come lavori prettamente archeologici. Anche il piccolo manuale di Friedrich Schoell, Description abrégée de Rome ancienne (1811), pensato per le esigenze del viaggiatore, si restringe con rigore al proprio argomento.
Analogamente esula dal nostro compito la recensione della Topographie der Stadt Rom (1843) di Wilhelm Adolph Becker come l’analisi del dibattito intorno all’opera di Platner-Bunsen-Urlichs. I numerosi scritti polemici in merito, quindi, sono stati lasciati fuori dalla nostra bibliografia.
Solo il lavoro dell’inglese Edward Burton, Description of the antiquities of Rome (1821 [sch. 190] e 1830-31, con un’edizione tedesca del 1823 in collaborazione con F. Ch. L. Sickler comprendente anche il Lazio), redatto in modo più divulgativo, propone una sezione approfondita sulla Roma moderna⁑. Le descrizioni non sono originali ma stese piuttosto didatticamente per informare il pubblico colto viaggiante; peraltro talora consentono uno sguardo interessante sulla vita romana del tempo.
Senza particolare valore per l’archeologia come per la storia dell’arte si presenta il lavoro di Georg Christian Adler Ausführliche Beschreibung der Stadt Rom (Descrizione dettagliata della città di Roma, 1781) [sch. 191] che contiene alcune notizie poco rilevanti sull’arte più recente.
Pubblicazioni minori e raccolte di testi
Ciò che comparve a lato di queste opere maggiori non ha un particolare valore né per lo storico dell’arte né per l’archeologo. La Roma avanti e dopo Romolo (1670) [sch. 192] di Pietro de’ Sebastiani è parzialmente a carattere storico, e per giunta nelle sue enunciazioni decisamente insignificante. Lo stesso si può dire per la Roma septicollis antiqua (1677) di Matthäus Mayer.
Il De antiqua Roma et aliarum quarumdam urbium magnitudine (1685) di Isaac Voss offre nei capitoli I-VII soltanto indicazioni sulla struttura e la decadenza della Roma antica. Olaus Borrichius fornisce nel suo saggio De antiquae urbis Romae facie (1687) una descrizione delle regioni della città antica, secondo il modello del Nardini, senza occuparsi delle opere dell’arte più recente. Lo stesso vale per la Romana antiquitas (1689) di page 194 Giulio Minutolo [sch. 193]; solo nella parte relativa alle mura si trovano alcune notizie di scarso valore sulla Roma moderna. Non senza importanza sono per contro le sue brevi indicazioni bibliografiche.
A questo punto va inserita cronologicamente la Romae antiquae notitia (1696) di Basil Kennett [sch. 194]. Quest’opera si occupa non solo della topografia di Roma ma anche delle antichità private romane. L’ampia sezione sulla topografia contiene alcune (poche) indicazioni che possiamo prendere in considerazione. Sembra proprio trattarsi del libro più diffuso presso i viaggiatori inglesi: non meno di sedici riedizioni – senza modifiche, malgrado quanto asserito ai frontespizi – testimoniano la popolarità e la diffusione di questo lavoro.
Un certo valore possiede invece il libro Degli avanzi dell’antica Roma (1739) di Bonaventura Overbeke [sch. 195] che venne pubblicato come manuale ricavato dalla grande opera illustrata, più volte riedita, dello stesso Autore. Esso è importante in quanto accompagna la descrizione dei monumenti dell’antichità fino al suo tempo e ha quindi un significato non irrilevante per la storia degli scavi e dei restauri.
L’esigenza di mettere insieme gli scritti fondamentali sull’argomento in volumi maneggevoli fu avvertita molto presto. In proposito il compendio più antico risulta una raccolta pubblicata nel 1520 a Bologna che contiene, tra l’altro, testi di Publius Victor e Pomponius Laetus. Particolarmente interessante è una pubblicazione del 1523, De Roma prisca et nova [sch. 196], che propone una ristampa dell’Opusculum di Francesco Albertini e di altri rari scritti tra cui ancora quelli di Publius Victor e Pomponius Laetus.
Nel 1552 e nel 1560 si stampò a Lione un piccolo volume tascabile nel quale si ritrova innanzitutto la topografia del Marliano. Incontriamo per la prima volta nel 1568, quindi nel 1573 e nel 1578 edizioni di Tito Livio che nel supplemento propongono, per illustrare il testo, ancora ristampe di Publius Victor, di Pomponius Laetus e del Marliano. Al 1659 risale una traduzione inglese, l’unica esistente, alla quale venne allegata la topografia del Marliano. La Roma admiranda di Justus Lipsius e la Roma di Georgius Fabricius furono stampate, per la prima volta insieme ad altri scritti, nel 1650 in un picco lo volume pubblicato per lo più sotto il nome di Antonius Thysius [sch. 197].
La pubblicazione più monumentale dell’intero gruppo è il Thesaurus antiquitatum Romanarum (1696) di Johannes Georgius Graevius [sch. 198] che contiene Rufus, Victor, Marliano, Panvinio, Fabricius, Donati, Nardini e molti altri autori; il suo continuatore Albert-Henrie de Sallengre (1716) avrebbe ancora aggiunto Fauno e Poggio. Questi grossi volumi in-folio splendidamente illustrati contengono la raccolta più importante di scritti topografici del Cinque- Seicento.
In tutte queste opere la parte riguardante la Roma moderna è relativamente molto ridotta. Solo nel primo periodo – prima cioè che la separazione delle singole discipline si radicasse più rigidamente – esse hanno una maggiore importanza per il nostro assunto. Il loro apporto principale è più di natura indiretta: contribuirono infatti decisamente, mediante la creazione di una metodologia comune, all’elaborazione più rigorosa e a una maggiore oggettività delle guide.
pageV. Monumenti di Roma: le monografie
pageParticolare della tavola sull’innalzamento dell’obelisco di S. Pietro incisa da Alessandro Specchi per l’opera di Carlo Fontana Il Tempio Vaticano e sua origine... (Roma, Buagni, 1694)
page 197Dal 1600 al 1750
Le chiese
Una storia delle guide romane che non si occupi delle descrizioni dei singoli monumenti potrebbe risultare troppo limitata. Inoltre occorrerebbe porsi la questione se tali descrizioni abbiano avuto o meno riflessi sulle guide, e quale sia stata la parte che ha dato impulso all’altra: queste considerazioni rendono necessario esaminare brevemente almeno gli scritti più importanti di tale gruppo di opere.
Incontriamo più frequentemente le monografie sulle chiese. Esse cominciano nel 1599 con una descrizione di S. Maria del Popolo di Jacopo Alberici [sch. 199]. Questi nuovi autori, e già lo stesso Alberici, avevano dunque in primo luogo interessi storici – giustificati d’altronde dalla natura della materia – cioè storia della fondazione della chiesa, donazioni, nomi dei donatori e in appendice un elenco dei cardinali titolari o dei chierici: questo lo schema consueto. Soltanto nel corso di ulteriori sviluppi conosceremo le vicende relative alla costruzione, le ristrutturazioni e i nomi degli artisti che avevano prestato la loro opera. Di solito tali scritti sono importanti per le numerose iscrizioni che riportano, come anche per i manoscritti e i documenti dei quali i diligenti autori spesso si servono.
In questo senso si distinguono, oltre al lavoro dell’Alberici, quello di Paolo de Angelis su S. Maria Maggiore (1621) [sch. 200] e altri. Con la menzione dei nomi di artisti viventi, le monografie su S. Bibiana di Domenico Fedini (1627) [sch. 201] e sui Ss. Quattro Coronati di Decio Memmolo (1628) [sch. 202] acquistano un particolare rilievo. A pari livello di qualità rimangono altri testi dei successivi decenni; tra gli autori sono da ricordare in primo luogo Francesco Torrigio⁑ e il già noto Fioravante Martinelli [sch. 203], che ci lasciarono utili monografie su chiese romane.
Verso il 1690 si registra un certo cambiamento. Significativi della nuova tendenza sono due piccoli scritti, una descrizione delle pitture di Filippo Gherardi in S. Pantaleo da parte di Francesco Zanoni (1690) [sch. 204] e la spiegazione che Andrea Pozzo dà del suo affresco sulla volta di S. Ignazio (1694) [sch. 205]. Accade per la prima volta che dipinti nelle chiese vengano descritti solo per le loro qualità intrinseche: l’attenzione sempre maggiore verso l’aspetto artistico dei monumenti è un indicativo segno dei tempi.
page 198Pionieristica in questo senso dobbiamo definire l’attività del canonico di S. Maria in Cosmedin, Giovanni Mario Crescimbeni⁑, il cui ritratto ci viene restituito in diverse caricature di Pier Leone Ghezzi. I suoi scritti su S. Maria in Cosmedin (1715 e 1719) [sch. 206], S. Giovanni a Porta Latina (1716), S. Salvatore in Lauro (1716) e S. Anastasia (1722) raggiungono un eccellente risultato scientifico, in quanto uniscono nell’analisi storia, restauri e condizioni attuali delle chiese descritte, fornendo così delle fonti formidabili per la storia dell’arte romana nel periodo dal 1700 al 1720.
Un contemporaneo del Crescimbeni era Filippo Rondinini al quale dobbiamo due buoni lavori su S. Clemente (1706) e sui Ss. Giovanni e Paolo (1707) [sch. 207]. Per quanto riguarda i successori, conviene ancora nominare le documentate opere di fra Casimiro da Roma sull’Araceli (1736) [sch. 208], di Antonio Fonseca su S. Lorenzo in Damaso (1745) [sch. 209] e di Raimondo Besozzi su S. Croce in Gerusalemme (1750) [sch. 210], per ricordare almeno alcuni dei più importanti; per i dettagli rimandiamo alla nostra bibliografia.
Solo intorno al 1750 questi testi cominciano ad essere concepiti piuttosto come guide. Tuttavia l’evoluzione procede molto più lentamente e in modo non così costante come nel caso delle guide vere e proprie: al loro fianco i lavori approfonditi degli scrittori appena esaminati rappresentano un filone parallelo.
Tra le chiese sono certamente i grandi complessi del Laterano e del Vaticano a disporre di una letteratura particolarmente ricca della quale quindi bisogna parlare a parte. Il testo più antico De Lateranensibus parietinis (1625) di Nicola Alemanni [sch. 211] è piuttosto una pubblicazione occasionale che tratta di un restauro del Triclinio Leoniano effettuato sotto Urbano VIII. Nel periodo successivo sarebbe da menzionare una serie di lavori di Benedetto Millino e Giuseppe Maria Soresino sul Sancta Sanctorum (1666 e rispettivamente 1672 e 1674), fino a che la basilica del Laterano ebbe il suo primo trattato approfondito, tuttora valido, ad opera di Alessandro Baldeschi e del già citato Crescimbeni (Stato della SS. Chiesa Papale Lateranense nell’anno MDCCXXIII) [sch. 212].
Tra tutte le monografie sulle chiese, è la letteratura su S. Pietro in Vaticano che per la prima volta si caratterizza in senso veramente topografico-descrittivo. Già le Sacre Grotte di Francesco Maria Torrigio (prima nel 1618 e poi in edizione fortemente ampliata nel 1638) [sch. 213] sembrano pensate proprio come guide dei sotterranei di S. Pietro. La descrizione della basilica, pubblicata circa un secolo dopo da Giovanni Battista Gizzi (1721), rappresenta il primo lavoro di questo genere che mira solo a far conoscere al visitatore i tesori artistici che vi sono conservati. Con le opere fondamentali di Agostino Taja (1750) [sch. 214] e Gio. Pietro Chattard (1762-67) [sch. 215] disponiamo di altri eccellenti lavori descrittivi della basilica e dei palazzi papali.
Accanto a questi esistono lavori illustrati che presentano i monumenti dal punto di vista architettonico. Il più antico, di Gio. Battista Costaguti con incisioni di Martino Ferrabosco, secondo il frontespizio della seconda edizione del 1684 [sch. 216] dovrebbe esser stato page 199 pubblicato in prima edizione nel 1620; tuttavia l’autore del presente lavoro non è mai riuscito a trovare un esemplare con questa data. Con la grande monografia di Carlo Fontana esce nel 1694 [sch. 217] la prima approfondita e dettagliata narrazione della costruzione della basilica vaticana, cui segue, allo stesso livello, l’eccellente lavoro di Filippo Bonanni che avendo come punto di partenza le medaglie che i papi fecero coniare per glorificare le proprie imprese edilizie, reca lo strano titolo di Numismata... (1696) [sch. 218]. Esso fu riedito quattro volte negli anni 1696, 1700, 1706 e 1715⁑.
Una particolare sorta di letteratura si formò intorno alla cupola di S. Pietro. I danni che essa subì nel corso del tempo implicarono una intera serie di perizie, per lo più negli anni 1742-43, in parte anche oggetto di pubblicazione. Tali perizie furono raccolte nel miglior modo in un volume miscellaneo della Biblioteca Cicognara (v. Catalogo, n. 3849), e vennero più tardi riprese nella grande opera in folio di Giovanni Poleni sulla cupola (1748) [sch. 219]. Accanto a questi lavori esistono altre minori descrizioni particolari, ad esempio sulla cappella del battistero sistemata da Carlo Fontana (1697) e sulla statua equestre di Carlo Magno del Cornacchini collocata sul lato sinistro dell'atrio della basilica (1725).
Oltre a questi volumi che si occupano della costruzione e del decoro delle chiese, sono ancora da menzionare quei minori opuscoli che hanno per argomento la storia delle immagini prodigiose in esse venerate. È possibile incontrarne fino a tutto il XIX secolo e sono a volte di qualche utilità, per i documenti di donazione e altri atti che talora riportano. I lavori sul Sancta Sanctorum sono già stati nominati. Un quadro ai Ss. Domenico e Sisto provocò dal 1635 in poi una serie di pamphlets e una polemica tra il Torrigio e il Martinelli. Anche le immagini della Madonna in S. Maria in Porticu, S. Maria Maggiore e S. Pietro in Montorio trovarono i loro illustratori.
Resta ancora da citare una serie di scritti occasionali. Il baldacchino in S. Pietro e il colonnato del Bernini, come l’obelisco davanti alla basilica ispirarono i poeti al tempo di Sisto V, Urbano VIII e Alessandro VII e li indussero ad alate composizioni, che potranno essere interessanti dal punto di vista della storia letteraria e della cultura, ma non hanno grande valore filologico per la storia dell’arte.
Palaci, ville e altri monumenti
Come nelle guide i palazzi vengono relativamente poco considerati rispetto alle chiese, così anche le monografie su di essi passano decisamente in secondo piano davanti alla ricca letteratura formatasi intorno agli edifici di culto. Pubblicazioni del genere escono solo occasionalmente; la prima importante – dopo il carme di Antonio Quarenghi sul Collegio Romano del 1582 [sch. 220], mentre se ne iniziava la costruzione per ordine di Gregorio XIII – è il lavoro di Hieronimus Tetius su palazzo Barberini (1642 [sch. 221], seconda edi page 200 zione 1647) che fornisce una descrizione molto dettagliata degli affreschi di Pietro da Cortona sulla volta del salone. Accanto a questo si possono ricordare ancora la monografia sulla Sapienza di Francesco Macedo (1661) [sch. 222] e lo scritto di Carlo Fontana sul palazzo di Montecitorio (1694 [sch. 223], ampliato nel 1708). Anche le incisioni del Borromini sulla Sapienza e Sull’Oratorio dei Filippini (1720 e 1725) [sch. 224] come le grandi opere incise sugli affreschi dell’Albani nel palazzo Verospi [sch. 225] e di Annibale Carracci a palazzo Farnese [sch. 226] si dovrebbero forse menzionare in questo contesto.
Quanto alle ville, ne furono trattate soltanto due in modo esauriente. Nel 1650 apparve il libro di Giacomo Manilli su Villa Borghese [sch. 227], la prima monografia su una villa romana che descrive molto dettagliatamente tutta la struttura insieme alle raccolte, e che risulta perciò di grande significato per l’accertamento della provenienza e del passaggio di proprietà delle opere d’arte. Esso fu seguito nel 1700 dal libro un po’ più particolareggiato di Domenico Montelatici [sch. 228]. Il poema di Andreas Brigentius (1716) [sch. 229] ha per contro qualche valore solo grazie alle sue incisioni. Da ultimo ricordiamo la notevole descrizione della bizzarra villa Benedetta a Porta S. Pancrazio, ad opera di Matthäus Mayer (1677).
Il trasporto e l’innalzamento dell’obelisco di S. Pietro sotto Sisto V significava per l’epoca un avvenimento del tutto eccezionale. Accanto alle sontuose incisioni di Domenico Fontana [sch. 230] che illustrano le singole fasi del lavoro, un numero insolitamente grande di scritti occasionali, parte scientifici, parte poetici, parte laudativi, documenta tale straordinaria impresa tecnica.
Una seconda iniziativa del papa, la costruzione dell’Acqua Felice, diede lo spunto al piccolo scritto occasionale di un certo Guilielmus Blancus. La costruzione e decorazione della Biblioteca Vaticana di Sisto V come le raccolte ivi esistenti vengono accuratamente descritte nel lavoro di Muzio Pansa (1590) [sch. 231]. L’erezione della fontana dei Quattro Fiumi a piazza Navona destò grande sensazione nel XVII secolo. I piccoli scritti apparsi in occasione dell’inaugurazione fanno quindi parte delle pubblicazioni più interessanti dell’intera epoca.
page 201Dal 1750 al 1840
Le chiese
L’ulteriore evoluzione della letteratura locale romana tra il XVIII e il XIX secolo non presenta un quadro sostanzialmente modificato. Solo per pochi monumenti si trovano vere e proprie guide che abbiamo indicato come di tendenza topografico-descrittiva. Occorre anzitutto prendere in esame il Vaticano. Degli scritti pensati come guide per l’ampia cerchia degli eruditi si deve ricordare per prima la molto utile Descrizione della Basilica Vaticana (1788) di Francesco Cancellieri che abbiamo già citato in bibliografia all’inizio. Anche Mariano Vasi redasse una breve guida di S. Pietro (1794) [sch. 232]. Tuttavia la più diffusa fu la Descrizione di Vincenzo Briccolani [sch. 233], pubblicata la prima volta nel 1791, riedita poi negli anni 1800, 1816 e 1828. Non uno di tali testi presenta particolare originalità.
Nello stesso tempo si affacciano alcuni lavori scientifici di grande pregio. Qui bisogna citare anzitutto, parallelamente alla loro importanza, i Sacrarum Vaticanae Basilicae cryptarum monumenta di Filippo Lorenzo Dionigi [sch. 234], pubblicati la prima volta nel 1773, ristampati nel 1828 e provvisti di un supplemento da parte di Sarti e Settele nel 1840: opera che conserva tuttora la sua validità.
Una particolare letteratura si sviluppò intorno alla sagrestia di S. Pietro costruita da Pio VI. Il Cancellieri lasciò, oltre a una breve descrizione del 1784, un lavoro in quattro volumi De secretariis Basilicae Vaticanae (1786) [sch. 235], che combina una grande quantità di notizie utili con altrettanta prolissità. Il problema della cupola stimolò diverse dissertazioni di Gaetano Chiaveri (1767), Gian Giacomo Dotti (1793) e Romolo Burri (1849).
Delle grandi opere lussuose in più tomi che descrivono l’intero complesso vaticano ricordiamo quelle di Erasmo Pistolesi (1829-38) [sch. 236] e di Agostino Valentini (1845-55) [sch. 237]. Da citare infine la terza ristampa dell’opera di Martino Ferrabosco (1812) e la quinta delle Grotte del Torrigio (1867) senza varianti rispetto alla prima edizione. Agostino Valentini, che abbiamo appena nominato, dedicò inoltre sia alla basilica del Laterano (1832-36) [sch. 238] che a S. Maria Maggiore (1839) [sch. 239] delle monografie riccamente illustrate con incisioni al tratto, rispettivamente in due volumi e in uno.
È vasta la letteratura su S. Paolo fuori le Mura. Pochi anni prima dell’incendio apparve l’eccellente e ampia monografia di Nicola Maria Nicolai (1815) [sch. 240] che possiede un grandissimo valore filologico, in quanto descrive molti monumenti oggi perduti. Sono numerosi gli scritti che danno suggerimenti per la ricostruzione dopo lo spaventoso ro page 202 go; alcune dissertazioni si occupano dei singoli monumenti, della pianta e dei prospetti dell’antica basilica.
Non vale la pena di trattare a questo punto in dettaglio di tutte le monografie sulle chiese romane pubblicate in quel periodo. Degli autori sono in primo luogo da ricordare Francesco Cancellieri e Stefano Piale. Con la fondazione dell’Accademia pontificia di archeologia si nota un grande progresso nell’elaborazione scientifica del materiale.
Questi lavori non rientrano più nel nostro argomento; essi non hanno niente a che vedere con le guide, trattano il loro tema seguendo il metodo scientifico moderno e per la maggior parte oggi non hanno ancora acquisito un valore storico. Accanto a questi esistono testi relativi a immagini sacre, crocifissi o altro che servivano all’edificazione dei fedeli ma che danno talvolta un’indicazione utile per la storia degli edifici di culto che li custodiscono.
Palazzi e ville; musei e cataloghi
Nel periodo che stiamo esaminando le monografie sui palazzi continuano ad essere infrequenti. In realtà sarebbero da considerare soltanto due libri di Francesco Cancellieri, uno su palazzo Pamphili (1811) [sch. 241] che rimane tuttora fondamentale e uno su palazzo Sforza-Cesarini (1821) [sch. 242].
Più ampia risulta la letteratura sulle ville romane: Luigi Canina diede ad esempio, con la descrizione dei lavori nella Villa Borghese da lui eseguiti [sch. 243], un interessante documento storico-culturale. L’opera monumentale di Giovanni Stern sulla villa suburbana di papa Giulio (1784) [sch. 244], l’importante monografia di Vittorio Massimo su villa Massimo alle Terme (1836) [sch. 245] come le incisioni di Jules Bouchet su villa Pia in Vaticano [sch. 246] sono tutte pubblicazioni meritevoli.
Infine bisogna dire una parola sui nuovi cataloghi delle raccolte d’arte che cominciano ad apparire in questo periodo. Il collezionismo di fine XVIII secolo e inizio del XIX continuava a privilegiare le opere d’arte antica. L’istituzione delle più recenti raccolte di antichità romane è il frutto di questo rinnovato interesse. La bibliografia di tali collezioni esula dalle nostre ricerche; essa comunque è reperibile in ampia misura negli schedari dell’istituto Archeologico germanico in Roma.
Qui ci limitiamo a ricordare i primi cataloghi di opere d’arte «moderna», cominciando da quelli per i Musei Capitolini i quali, nonostante fossero dedicati soprattutto alle antichità, contengono tuttavia anche elenchi di quadri della pinacoteca. Così avviene nella Descrizione del 1775 (già in terza edizione) [sch. 247], poi nel catalogo spesso ripubblicato di Agostino Tofanelli [sch. 248] e anche in quello monumentale di Pietro Righetti (1833-36) [sch. 249]. Ancora nel XVIII secolo, rispettivamente nel 1783 e nel 1794, le due più grandi collezioni private di Roma, la Galleria Colonna [sch. 250] e la Galleria Doria251, ebbero i loro primi cataloghi a stampa, che rappresentano quindi gli esemplari più antichi del genere a Roma.
Monografie e guide non hanno molti punti di contatto tra di loro. All’inizio del capitolo precedente abbiamo accennato alla diversità dei punti di partenza dei due generi. page 203 Abbiamo visto nel corso della trattazione che soltanto intorno al Vaticano si formò una vera letteratura di tipo topografico-descrittivo.
Non si può neanche presumere che siano state le guide a ispirare i primi autori di monografie di chiese, forse con l’eccezione di S. Pietro. Esse nacquero essenzialmente da interessi storiografici, e le opere di questi autori, parecchie delle quali molto approfondite, avrebbero trovato posto nella letteratura delle guide soltanto in misura limitata. Nel momento in cui in essa si allarga l’interesse per le opere d’arte, la grande guida del Titi era già apparsa: tanto il Crescimbeni come il Casimiro l’hanno utilizzata per i loro lavori. Le opere del Briccolani e del Vasi riguardanti S. Pietro, come quelle del Taja e dello Chattard, sono naturalmente sempre influenzate dalle guide. Così si può dire che le guide, per le notizie di storia dell’arte che le monografie ne traggono, abbiano molto spesso per queste un’importanza determinante. Talvolta autori scrupolosi ne corressero anche alcune errate informazioni.
La topografia scientifica si è occupata a fondo di tali lavori. Numerose sono le opere dei topografi le cui indicazioni sono state ampiamente utilizzate: segnaliamo tra tutti l’Albertini, il Panvinio, soprattutto il Panciroli e ancora Fioravante Martinelli (Roma ex ethnica Sacra). Spesso e volentieri si ricorreva alle molte notizie reperibili in questi fondamentali scritti. Un’influenza delle monografie sulle opere topografiche si osserva in parte già nello stesso Martinelli, poi ancora nell’Alveri come nei grandi lavori del XIX secolo, di Platner-Bunsen e del Nibby: tutti elaborarono criticamente il materiale ivi contenuto, in particolare quest’ultimo raggiungeva una padronanza della letteratura locale romana difficilmente comparabile.
page pageVI. Considerazioni conclusive
pageAlcuni storici dell'arte tedeschi sul terrazzo di palazzo Zuccari nel maggio 1931. Ludwig Schudt e il prog. Steinmann (seduto) sono gli ultimi a destra
page 207Il significato delle guide
La nostra introduzione è terminata; il nostro obiettivo raggiunto se siamo riusciti a dare un quadro chiaro di questa letteratura molto ramificata, a individuare le diverse suddivisioni delle guide e a dimostrare la loro dipendenza reciproca. Se questa trattazione apparisse troppo arida, ciò si deve non per ultimo al soggetto del nostro lavoro. Le guide sono manuali di viaggio, privi di ogni impronta personale che potrebbe emergere per esempio se contenessero giudizi di valore. Forse soltanto dal modo in cui i singoli monumenti vengono o meno menzionati si potrebbero trarre conclusioni sull’evolversi delle preferenze del pubblico viaggiante, al quale le guide erano destinate, e sul cambiamento di gusto che si andò verificando nel corso dei secoli⁑.
Sembra comunque che sia il caso, alla fine delle nostre osservazioni, di prendere in considerazione quale servizio tali libri in formato tascabile, ma spesso grossi e male stampati, offrissero veramente ai viaggiatori, se contenessero infatti quel materiale che i visitatori di Roma di solito facevano proprio. Ciò significa, in altre parole, stabilire di che genere fosse l’idea che i viaggiatori attraverso i secoli si fecero di Roma, e quale parte del ricco tesoro di monumenti romani rispondesse meglio ai loro interessi. Una questione che riguarda i più profondi aspetti della visione storiografica e che rimarrà forse del tutto irrisolvibile, in quanto richiederebbe una conoscenza della Weltanschauung e della visione artistica dell’uomo dei secoli passati, che dipenderà sempre dalla posizione personale e storico-spirituale del singolo studioso⁑.
Abbiamo visto che le guide più antiche avevano un contenuto nettamente religioso e — anche supponendo che i Mirabilia, che hanno per argomento la descrizione delle rovine dell’antica Roma, fossero nati ancor prima delle Indulgentiae ecclesiarum – questi due tipi di guide sembrano aver corrisposto alle esigenze dei visitatori di Roma fino al XVI secolo. Per i viaggiatori, che nel Quattrocento e Cinquecento ancora non potevano essere moltissimi, Roma rappresentava da una parte il centro della cristianità e dall’altra la capitale dell’antico impero.
Come per esempio vedesse Roma un tedesco del XV secolo lo mostrano le annotazioni di Nikolaus Muffel che vi soggiornò nel 1452 al seguito di Federico III che fu in page 208 coronato imperatore (com’è noto, si trattò dell’ultima incoronazione di un imperatore tedesco à Roma⁑). Sembra che egli fosse guidato soltanto da interessi religiosi: il pellegrinaggio alle Sette Chiese, le reliquie, le indulgenze, i giorni delle stazioni, queste sono le cose principali su cui egli riferisce. Visitò le chiese, alcune sue osservazioni sono piuttosto chiare, mai dettate però da interessi artistici nel senso nostro. Anche le rovine della Roma antica lo impressionarono ben poco, per quanto ne lasciò scritto.
Il predicatore della corte di Monaco Jakob Rabus intraprese nell’anno giubilare 1575 un pellegrinaggio a Roma⁑. Mentre ai tempi di Muffel circolavano al massimo elenchi manoscritti delle chiese e delle stazioni, nel 1575 la tipologia della guida romana era già consolidata da un decennio, ad opera del Palladio. Il Mosè di Michelangelo, la Flagellazione di Cristo di Sebastiano del Piombo e la Trasfigurazione (entrambi questi ultimi in S. Pietro in Montorio) vi erano presentati come capolavori di fama internazionale. La Guida romana dello Schakerlay privilegiava la visita alle rovine. Sembra implicito quindi che ci si interessasse piuttosto poco delle opere create nel passato più recente, e che si adorasse Roma sostanzialmente ancora come ai tempi del Muffel, come centro della chiesa e dell’antico impero.
Lo scritto di Jakob Rabus, come quelli stesi poco dopo da Michel de Montaigne nel suo viaggio a Roma del 1580-81 e da Fynes Moryson (1594), confermano tale impressione. Rabus concepì le sue descrizioni espressamente a fini di edificazione e solo occasionalmente menziona opere d’arte come la Cappella Sistina e il Mosè; il nome di Raffello non viene mai fatto, ma in compenso è ampia la parte dedicata alla Roma antica.
Le riflessioni del Montaigne, contenute nelle sue memorie di viaggio, vanno infinitamente più in là del Rabus: «Touts ces jours là, il ne s’amusa qu’à étudier Rome. Au commancement il avoit pris un guide françois; mais celui-là, par quelque humeur fantastique, s’estant rebuté, il se pica, par son propre estude, de venir à bout de cete sience, aidé de diverses cartes & livres qui'il se faisoit lire le soir, & le jour alloit sur les lieus mettre en pratique son apprentissage: si que en peu de jours il eût ayséement reguidé son guide»⁑.
Dunque, per la prima volta, uno studio dei monumenti. Quello che l’Autore vede prima di tutto sono le rovine della Roma antica⁑; le sue esposizioni in proposito sono famose. A ciò si aggiungono le statue del cortile del Belvedere e la Galleria delle carte geografiche di Gregorio XIII che esercita sul viaggiatore dell’epoca la stessa impressione delle Stanze di Raffaello; inoltre la Biblioteca Vaticana le cui curiosità saranno sempre ammirate anche nei secoli successivi. Anche le ville del cardinale d’Este sul Quirinale, i giar page 209 dini Farnese al Palatino, le ville Orsini, Sforza, Medici e Cesi — luoghi menzionati nella Guida romana — vengono visitati soprattutto a motivo delle loro antichità.
L’interesse per l’arte più recente è vistosamente scarso; sappiamo per esempio che lo scrittore — come faranno anche altri dopo di lui — guardò le pitture della Sala Regia principalmente per il loro contenuto letterario; tra le più importanti statue moderne egli ricorda il Mosè di Michelangelo, senza nominare l’artista, e la Justitia della tomba di Paolo III. Il Montaigne pone nelle sue memorie grande accento alla descrizione delle cerimonie ecclesiastiche. Come tutti i viaggiatori dell’epoca, neppure lui tralasciò l’occasione di essere presente a una esecuzione pubblica sulla piazza davanti a Castel S. Angelo; visitò il ghetto per assistere a una circoncisione; fece escursioni da Roma a Ostia e Tivoli.
Fynes Moryson, giurista inglese amante del viaggiare, si trattenne nel 1594 per quattro giorni a Roma e ci lasciò annotazioni piuttosto sbrigative⁑. Lo interessavano principalmente i monumenti antichi; per il resto il quadro che egli colse di Roma equivale nella sostanza a quello del Montaigne. Nella sua relazione sono menzionate più dettagliatamente le cappelle Sistina e Paolina, le cui pitture però vengono confuse tra di loro; inoltre le Logge di Raffaello, che secondo il suo parere sono «fairely painted and guilded»⁑. Tra i lavori del passato più recente egli nomina la cappella Gregoriana in S. Pietro, la costruzione del palazzo del Quirinale, la mostra dell’Acqua Felice e la cappella funebre di Sisto V in S. Maria Maggiore che, insieme al suo pendant eretto sotto Paolo V, sarà elencata per lungo tempo tra le maggiori curiosità della Città eterna. Queste indicazioni sono probabilmente tratte dalla guida del Franzini del 1588. È a questo punto da citare un passo su palazzo Farnese, in quanto particolarmente caratteristico: «The pallace of the Cardinal Farnese is seated in a plain, being one of the fairest in Rome, which for the dignity of such a city hath very few stately Pallaces»⁑.
I primi diari di viaggio
Le opere qui ricordate riportano le impressioni personali di viaggiatori che scrivevano per sè e non per l’istruzione di successivi visitatori di Roma. Sembra che il numero di tali visitatori nel XVI secolo non fosse molto alto. Soltanto gradualmente crebbe nel XVII secolo l’affluenza dei forestieri e da quel momento le descrizioni si devono distinguere in due tipi, le impressioni di viaggio e i vademecum pensati intenzionalmente come guide per il pubblico.
Il manuale geografico di Leandro Alberti del 1568 vede in Roma solo la capitale dell’antico impero e non si occupa quasi della città moderna⁑. Nel 1600, poi, uscì per la page 210 prima volta il manuale di viaggio più diffuso del XVII secolo, l’Itinerario di Andrea Scoto⁑. Esso contiene un passo sulle sette chiese principali e un indice alfabetico di tutte le chiese. Ma almeno fino all’edizione del 1659 le varianti in esso riscontrabili sarebbero state minime rispetto a quello che fino ad allora poteva esser considerato il corpus stabile delle cose da vedere a Roma. Bisognerà attendere Les Délices de l’Italie del Rogissart, pubblicate la prima volta nel 1700, per incontrare un radicale rinnovamento delle descrizioni di viaggio.
Completamente basato su queste descrizioni più antiche è il resoconto del principe vescovo Aschhausen del suo soggiorno a Roma⁑. Questi vide ben poco della città, il tabernacolo in S. Stefano Rotondo viene menzionato perché intagliato da un fornaio tedesco; dei dintorni vengono visitate Tivoli e Frascati, la villa d’Este suscita ammirazione a causa dei giochi d’acqua e non per le bellezze del paesaggio. Gli estratti dal manoscritto sul viaggio in Italia di Jean-Jacques Bouchard, pubblicati dal Marcheix, sono purtroppo talmente concisi che non è possibile trarre da queste annotazioni, che sarebbero notevoli per la loro data precoce, qualcosa di utile per il nostro argomento⁑. Possiamo aggiungere che Bouchard al suo arrivo a Roma era stato raccomandato a Cassiano dal Pozzo.
John Evelyn soggiornò a Roma dal novembre 1644 al carnevale 1645. Un passo relativamente ampio del suo diario, scritto tra il 1641 e il 1705, riporta le sue impressioni al riguardo⁑. Tali annotazioni sono di straordinario valore, in quanto rivelano per la prima volta un preciso crescente interesse per l’arte «moderna».
Questo scrittore visitò, come Montaigne, il cortile delle statue del Belvedere, il Campo Vaccino con il Palatino e gli obelischi, forse aggiungendo alcuni altri monumenti non espressamente nominati dal suo predecessore. Egli dimostrò viva curiosità per i sontuosi cortei, le cerimonie, le feste del carnevale e per la vita nel ghetto. Risulta originale e nuovo il modo in cui lo colpiva la vita artistica contemporanea, nell’epoca della più intensa attività edilizia che Roma abbia mai vissuto.
A conclusione egli annotava: «For sculptors and architects we found Bernini and Algardi were in the greatest esteeme; Fiammingo as a statuary, who made the Andrea in St. Peters, and is said to have died mad because it was placed in bad light. Among the painters Antonio de la Cornea, who has such an address of counterpainting the hands of the ancient masters so well as to make his copies for originals; Pietro da Cortona, Mons. Poussine a Frenchman and innumerable more. Fioravanti for armour plate, dead life, Tapistry, &c.». Per la prima volta leggiamo in un diario di viaggio un simile assortimento.
Moltissime le chiese che egli visitò: il Gesù, la Chiesa Nuova, S. Susanna, S. Maria della Vittoria, S. Maria Maggiore (dove tuttavia lo impressionarono solo le cappelle di Sisto V page 211 e Paolo V), S. Maria della Concezione, Trinità dei Monti, S. Giacomo degli Incurabili, S. Maria del Popolo, S. Andrea della Valle, S. Maria sopra Minerva, S. Marco, S. Pietro in Vincoli, la basilica del Laterano («a church of extraordinary devotion, though for outward form not comparable to St. Peters, being of gothique ordonance»⁑, peraltro facendo erroneamente il nome di Pietro Pisano per gli affreschi nella zona superiore della navata centrale), S. Croce in Gerusalemme, S. Lorenzo fuori le Mura e S. Paolo fuori le Mura; inoltre, in Trastevere, S. Maria e S. Cecilia, sull’Aventino S. Sabina e infine S. Nicola in Carcere.
Dei palazzi egli conobbe il Farnese, ove oltre alle antichità provava interesse per la galleria di Annibale Carracci, palazzo Barberini con i soffitti allora appena ultimati di Pietro da Cortona, il palazzo e la villa Borghese, palazzo Spada, il Quirinale e naturalmente il Vaticano nel quale, accanto alle Stanze di Raffaello, egli apprezzò principalmente le grandi storie della Sala Regia e della Cappella Sistina, parlando della quale si soffermò alquanto sugli affreschi della volta. Anche la biblioteca con i suoi manoscritti e le sue curiosità lo impressionò notevolmente.
Ricordate inoltre le raccolte private possedute da parecchi eruditi; a quell’epoca si trattava in particolare dei gabinetti del cavaliere dal Pozzo, del gesuita Athanasius Kircher e di un certo signor Angeloni. L’Evelyn raccontò di avere anche assistito a una riunione dell’Accademia degli Umoristi nella casa di tale signor Mancini. Indubbiamente queste collezioni custodivano opere d’arte anche importanti, ma destavano particolare curiosità altri oggetti come gemme e monete. Ma visite e riunioni erano in realtà occasioni d’incontro del mondo erudito, nel senso che più tardi avrebbero avuto i salotti letterari.
Nei dintorni lo scrittore visitò Frascati e Tivoli, oltre alle molto lodate ville suburbane come la Farnesina, le ville Borghese, Medici, Aldobrandini e Ludovisi, nella quale ammirò con stupore – come avrebbero fatto tutti i suoi successori – un sontuoso letto di fantastico valore. Gli artisti che egli conosce meglio e le cui opere menziona frequentemente sono, oltre a Raffaello e Michelangelo, soprattutto i contemporanei Guido Reni e Bernini, seguiti a distanza da Pietro da Cortona.
Dovevamo soffermarci un po’ a lungo sul diario di John Evelyn perché i successivi lavori di Philip Skippon (1663), Richard Lassels (1670), del Marquis de Seigneley (1671), Gilbert Burnet (1685-86) e di Maximilien Misson (1689) vanno appena oltre la visione in esso reperibile; resta da ricordare ancora Joseph Addison (1701-03) che si occupa comunque soltanto delle antichità⁑.
Vorrei riportare da tutti questi libri solo la frase con cui il Lassels conclude la sua descrizione: «For if those places be thought by all men, the best places to live in, where a page 212 man may learn, the most experimental knowledge, & how to manage great affairs; where can a man learn more knowledge than in Rome? where all languages are spoken, all sciences are taught, the ablest men of Europe meet, all the best records are found, all wits appear as upon their true theatre, all forraign ambassadors render themselves, all Nuncios at their return to Rome unload themselves of the observations they have made abroad; and where every stone almost is a book; every statue a master; every inscription a lesson, every antichamber an Academy?».⁑
Merita una particolare menzione il lavoro stranamente poco noto del Marquis de Seigneley dove i giudizi di gusto diventano per la prima volta più personali. Brani come quello del suo incontro col Bernini altrove in quell’epoca non si trovano.
L'immaginario del visitatore colto
Al viaggiatore colto del XVIII secolo libri come l’Itinerario dello Scoto non bastavano più come vademecum di viaggio. Così le Délices de l'Italie di Rogissart e Havard, apparse, come si è detto, nel 1700 ad Amsterdam, risultano considerevolmente ampliate rispetto agli itinerari del Seicento: le opere d’arte «moderna» vi si trovano molto più numerose e per la maggior parte dei monumenti vengono indicati i nomi degli artefici, prova del crescente interesse da parte del pubblico. Per queste informazioni vennero certamente consultate le guide. Nel 1740 fu pubblicato il manuale tedesco di Johann G. Keyssler, nel 1766 la Description dell’Abbé Richard; seguirono poi nel 1768 il noto Voyage d’Italie di Joseph Jérôme de Lalande e nel 1770 il manuale, ancora a lungo indispensabile per i tedeschi, di Joannes Jacob Volkmann⁑.
Per tutti questi manuali di viaggio risulta valido lo stesso vecchio corpus di monumenti del tempo di John Evelyn, con qualche modesto ampliamento. Ma per vedere quanto la Roma antica abbia conservato il suo posto nell'immaginario dei popoli, valgano queste parole dell’Abbé Richard: «Mais la Rome moderne, moins connue, presque toujours négligée par les voyageurs qui d’ordinaire vont chercher dans les mines antiques qui y restent, des objets de curiosité...»
Quello che nelle annotazioni di Anne-Claude-Philippe conte di Caylus, a Roma nel 1714, sembra dunque moderno, a paragone dei libri di viaggio precedenti, sono i suoi giudizi vivamente personali, il suo stile individuale molto avvincente; tuttavia, ad una os page 213 servazione più attenta, la sua visione ricavata dal quadro complessivo di Roma non si discosta da quella cui finora siamo stati abituati. Il suo giudizio su edifici medievali può essere chiarito con questo suo esempio che si riferisce a S. Paolo fuori le Mura: «Aux environs d'un mille, se trouve la basilique de Saint-Paul. L’église n’a nulle beauté; elle est grande et ancienne; après S. Pierre c’est la plus étendue de Rome. Sa structure est vilaine et sans aucun ornement... Des tableaux de Lanfranco sont tout ce que j’ai vu»⁑. Altrettanto pieno di temperamento e sicuro nei suoi giudizi si rivela Charles-Louis de Montesquieu, a Roma nel 1729⁑; ma vogliamo piuttosto soffermarci su Charles de Brosses, le cui impressioni possono essere considerate a ragione tra le più pregevoli del XVIII secolo, in quanto sono ugualmente approfondite nell’osservazione e affascinanti nella scrittura⁑.
Cerchiamo dunque di esaminare quello che il «presidente» de Brosses vide dettagliatamente a Roma (1739-40). Delle chiese certamente S. Pietro, poi la Trinità dei Monti con la Deposizione dalla Croce di Daniele da Volterra; inoltre S. Andrea delle Fratte, S. Maria della Concezione, S. Maria degli Angeli, S. Susanna e S. Maria della Vittoria, S. Romualdo, il Gesù, S. Maria sopra Minerva, S. Andrea della Valle, S. Luigi dei Francesi, S. Agnese a piazza Navona, S. Maria dell’Anima, S. Pietro in Montorio, S. Cecilia in Trastevere, S. Francesco a Ripa, S. Maria Araceli, S. Martina, S. Pietro in Vincoli, Ss. Giovanni e Paolo, San Gregorio, S. Stefano Rotondo, S. Paolo fuori le Mura, S. Andrea al Quirinale, S. Maria Maggiore, S. Bibiana, S. Croce in Gerusalemme e S. Giovanni in Laterano.
Dei palazzi egli visitò il Farnese per le antichità e la Galleria affrescata da Annibale Carracci, il Vaticano per i dipinti di Raffaello, il Campidoglio, i palazzi Borghese, Chigi, Barberini che loda più di tutti, palazzo Colonna, palazzo Pamphili al Corso, palazzo Venezia («un vieux vilain logement tout-à-fait indigne de recevoir un procureur général du roi»⁑), il Collegio Romano, i palazzi Altieri e Strozzi, Giustiniani, il Quirinale e la Consulta, palazzo Rospigliosi e palazzo del Laterano.
Delle ville egli nomina villa Medici con le sue raccolte di antichità, villa Borghese, villa Ludovisi, villa Mattei e villa Aldobrandini. Per quanto riguarda i dintorni di Roma, si trattenne per periodi più o meno lunghi ad Albano, Castel Gandolfo, Genzano, Grottaferrata, Frascati e Tivoli. Tra le antichità che egli elogia particolarmente in primo luogo è il Pantheon, seguono la Colonna Traiana e la Dogana (l’odierna Borsa). Visita con accuratezza i musei archeologici, soprattutto il Laterano e il Capitolino allora in fase di ristrutturazione.
page 214Confrontando retrospettivamente il panorama del de Brosses a Roma con quello dell’Evelyn, si deve constatare che l’orizzonte di massima non si è allargato, e non resta che lasciarsi prendere dallo stile brillante del «presidente».
Quella visione di Roma, che una persona colta del XVIII secolo poteva più o meno avere, è già contenuta nel lavoro del Raguenet che abbiamo a suo tempo esaminato. Questi si occupa anzitutto di un’ampia serie di antichità che a noi a questo punto non interessano, come per esempio la Colonna Traiana, la Colonna di Marc’Aurelio, le statue del Campidoglio e del Belvedere, e poi delle raccolte Giustiniani, Ludovisi, Medici e Mattei.
Vediamo ora di esaminare in ordine cronologico quanto delle opere d’arte più «moderne» sia stato via via segnalato nel corso del tempo. Nessun monumento dell’arte paleocristiana e medievale fu mai nominato, mancano le opere d’inizio Rinascimento: i primi artisti che incontriamo sono Raffaello e Michelangelo. Era d’obbligo vedere le Stanze, in particolare la Vittoria di Costantino su Massenzio, la Trasfigurazione e la Farnesina; inoltre il Giudizio Universale della Sistina – esclusa però la volta – e il Mosè. Dei due maestri si raccomandavano ancora alcune opere conservate in raccolte private, talora con attribuzioni che poi dovevano cadere di fronte alla critica moderna. Del Tiziano il Raguenet menziona una Ultima Cena a palazzo Borghese e un Ecce Homo a palazzo Giustiniani, del Correggio la Danae a palazzo Odescalchi, del Tintoretto una Maddalena: tutti capolavori che non lo impressionano come invece accade per la Deposizione dalla Croce di Daniele da Volterra a Trinità dei Monti. Degli scultori del Rinascimento viene nominato, accanto a Michelangelo, soltanto Guglielmo della Porta.
Il panorama si vivacizza veramente solo con il XVII secolo. Gli artisti che ora godono di maggiore fama sono il Domenichino e Guido Reni: gli affreschi in S. Andrea della Valle, le Allegorie in S. Carlo ai Catinari e i Tondi in S. Silvestro al Quirinale, l’Assunta in S. Maria in Trastevere vengono singolarmente apprezzati. Sembra che la stima maggiore andasse a Guido Reni: di lui si segnalano nelle collezioni una quantità di dipinti su tavola, oltre alla Crocifissione di Pietro alle Tre Fontane, oggi conservata alla Pinacoteca Vaticana. Del Reni si menziona ancora la pala della SS. Trinità alla Trinità dei Pellegrini e soprattutto il lodatissimo affresco dell’Aurora al casino Pallavicini. Seguono gli affreschi di Annibale Carracci alla Galleria Farnese e la Deposizione dalla Croce in S. Francesco a Ripa – oggi al Louvre di Parigi – mentre il Caravaggio e il Lanfranco sono tenuti in molto minor considerazione. Tra gli scultori il Bernini è il più celebrato: quasi tutti i suoi lavori, le sculture che si trovano oggi a villa Borghese, le grandi opere in S. Pietro e inoltre la Santa Teresa e la Beata Albertoni sono oggetto di grande ammirazione. Solo la Santa Cecilia di Stefano Maderno può rivaleggiare in rinomanza con esse.
Se confrontiamo per esempio questa rassegna, con l'Esame analitico dei più celebri quadri delle chiese di Roma nel già menzionato Saggio pittorico di Michelangelo Prunetti (1818), o con gli elenchi dei quadri che nel 1818 erano considerati i più celebri di Roma, non troveremo in pratica alcuna sostanziale variazione in questo panorama. Quanto a lungo tale canone sia rimasto codificato lo prova la circostanza che il manuale di viaggio del tedesco J. F. Neigebaur, apparso nel 1840 a Lipsia, lo modifica solo a causa del suo deciso page 215 rifiuto del Bernini⁑. Soltanto il Melchiorri avrebbe poi per la prima volta considerato nella sua guida 1834, eccellente ma concepita per una vasta cerchia di lettori, i monumenti più importanti dell’arte medievale e primo-rinascimentale; comunque egli non sarebbe stato seguito in ogni suo punto dal rifacimento del Nibby operato dal Valentini (1865), nè dal Rufini (1861).
Verso una nuova interpretazione di Roma
Riassumiamo: il grande afflusso di viaggiatori a Roma comincia verso l’inizio del XVII secolo. Forse tutti vedevano la città in primo luogo come capitale del mondo antico, i cattolici la veneravano come centro della Chiesa; erano quindi interessi religiosi e antiquari ad attirare inizialmente i visitatori di Roma. Solo verso la metà del Seicento si era stabilito un corpus di monumenti dell’arte moderna che la persona colta voleva conoscere. La visione della città eterna che questo viaggiatore-tipo in tal modo poteva avere, oggi ci sembra piuttosto ristretta e limitata: essa comprendeva innanzittutto le opere del XVII secolo, al centro dell’interesse erano il Bernini, Guido Reni e il Domenichino. L’arte paleocristiana e medievale risultava praticamente sconosciuta. I libri di un Bosio e di un Ciampini erano apprezzati sempre e soltanto in ambienti ben circoscritti e doveva passare molto tempo perché il lavoro del d’Agincourt fosse considerato da un pubblico più numeroso.
Erano del tutto trascurate anche le opere d’arte del primo Rinascimento, così per esempio non troviamo mai una menzione dei dipinti quattrocenteschi della Sistina; solo quelli del Pisanello nel Laterano e l’abside di S. Croce venivano talvolta nominati come delle curiosità, una certa popolarità godeva anche la navicella di Giotto in S. Pietro. Scarsa considerazione trovavano stranamente anche le opere dell’alto Rinascimento, a prescindere da Raffaello e Michelangelo. Al de Brosses la Cancelleria appare «triste tout en dehors qu’au dedans»⁑. Il vertice dell’arte è rappresentato da Raffaello: le Logge vaticane e gli affreschi della Farnesina erano indicati come i massimi capolavori di Roma, nemmeno una parola per contro sull’affresco delle Nozze di Alessandro con Rossana del Sodoma esistente nella stessa Farnesina. Poco dietro Raffaello veniva Annibaie Carracci, la cui Galleria Farnese doveva essere visitata, seguivano poi Guido Reni, il maestro dell’Aurora, e il Domenichino, il pittore della Comunione di San Girolamo, pala dipinta per la chiesa di S. Girolamo della Carità e oggi in Vaticano.
Ai tempi del de Brosses si era perfino stabilita una graduatoria dei quattro migliori quadri di Roma: la Trasfigurazione di Raffaello, la Deposizione dalla Croce di Daniele da Volterra, la Comunione di San Girolamo del Domenichino e il San Romualdo di Andrea Sacchi. Similmente erano indicate quattro statue: la Santa Bibiana del Bernini, la San page 216 t’Agnese dell’Algardi, la Santa Cecilia del Maderno e la Santa Martina del Menghini oppure la Santa Susanna di Duquesnoy⁑.
Ciò corrispondeva sostanzialmente al quadro che le guide più significative davano di Roma. Esse erano nate, come abbiamo visto, dall’osservazione delle opere artistiche del loro tempo e si ampliarono seguendo la crescita della città. L’esame delle descrizioni di viaggio dimostra come il materiale in esse contenuto avesse trasmesso ai visitatori l’idea che i loro autori avevano dell’alma città. E da questo punto di vista tali asciutte elencazioni dei monumenti ci danno un’immagine piuttosto viva di storia dello spirito europeo.
Dalle guide e dai libri di viaggio è possibile verificare con discreta sicurezza cosa in realtà i forestieri abbiano visto. Come però essi abbiano elaborato le loro impressioni e che cosa significasse per loro un soggiorno a Roma, possiamo solo ipotizzarlo. Il prototipo del conoscitore d’arte, comunque, si sviluppò soltanto gradualmente. I primi viaggiatori visitavano accanto alle vere opere d’arte anche molte cose strane che oggi passerebbero per curiosità; perciò abbiamo riscontrato, per tutto il Rinascimento e anche dopo, quanto interesse suscitassero i «Wunderkammern» o gabinetti delle meraviglie. Fino al pieno XVIII secolo il letto sontuoso di villa Ludovisi, che era costato una somma incredibile, riappare in quasi tutte le descrizioni di viaggio; il ritratto in mosaico di Paolo V, opera di Paolo Rossetti, all’epoca in palazzo e oggi a villa Borghese, sembra avere riempito di uguale entusiasmo i conservatori del XVII secolo come i loro colleghi del tempo nostro.
Sono molto laconiche e chiaramente in forma di catalogo le annotazioni di Evelyn e Skippon, giudizi di valore vi si rinvengono a malapena. Anche Montesquieu e de Brosses non vanno oltre una generica valutazione che rispecchia il gusto del tempo; entrambi esprimono le teorie estetiche della loro epoca e le applicano alle opere d’arte che incontrano. Il viaggio a Roma non significava per loro una vera esperienza, un’intima trasformazione. La città era visitata per farsi una cultura, per imparare, per ampliare il tesoro delle proprie conoscenze nel senso richiesto dalla poligrafia dei secoli XVII e XVIII. Tutto l’habitus interiore con cui il viaggiatore curioso di quell’epoca vedeva Roma, sembra essere riassunto nelle parole sopra riportate di Richard Lassels.
Il mutamento radicale avviene ad opera di Johann Joachim Winckelmann (1717-1768). L’idea che egli ha della Roma moderna corrisponde in tutto alla visione che abbiamo definito tipica, fermo restando il deciso rifiuto per il Bernini⁑. Sono nuove però le parole colorite e del tutto singolari che egli scrive all’amico Berendis: «Credo di esser venuto a Roma per aprire un po’ gli occhi a quelli che vedranno Roma dopo di me»; e ancora «...perché tutto ciò che è stato scritto delle opere d’arte a Roma è estremamente insufficiente e ci serve un po’ più di attenzione per fornire qualcosa di meglio».
Così col Winckelmann si apre un altro modo di vedere e descrivere Roma, le sue osservazioni non sono pure e semplici applicazioni ai monumenti di regole estetiche fisse, page 217 bensì «trasformazioni dell’impressione, che lo spirito riceve in un momento di solenne contemplazione, da una serie di quadri e concetti, proprio come l’artista trasforma a poco a poco la sua visione creativa in verità plastica»⁑. Questo metodo di penetrare nello spirito dei monumenti implicava un diverso rapporto nei riguardi della città e del territorio romano, cosicché il soggiorno fu per lui una grande esperienza e portò a una trasformazione di tutta la sua personalità. Questa visione era nuova e il Winckelmann ne era consapevole, anche se egli l’applicava in primo luogo all’antichità.
Anche la visione di Johann Wolfgang Goethe (a Roma con qualche intervallo dal 1786 al 1788) rimane entro tali limiti. I maestri da lui più stimati sono Raffaello e il Domenichino; è nuovo il suo giudizio su Michelangelo perché, con la percezione del genio, egli vede più lontano della maggior parte dei suoi contemporanei. L’aspetto che sente di più della complessità di Roma è la città del Barocco e dell’Antichità. È nuovo anche il modo con cui il Viaggio in Italia diventa parte integrante della sua biografia, rappresentandovi un punto di svolta. È l’esperienza soggettiva globale quella che il Goethe restituisce, non l’annotazione di semplici cognizioni: l’Italia gli suggerisce la rinascita dell’uomo attraverso l’arte; natura e luce del sud lo mettono in grado di portare qui a maturazione l'Egmont, l'Iphigenie e il Tasso. Così il Viaggio assume l’aspetto di una confessione personale ad altissimo livello che indica una nuova epoca nell’interpretazione dell’Italia.
page page pageCatalogo ragionato & Note
Antiporta in rame della rara guida
Les cvriositez de l’vne et de l'avtre
Rome... di Nicolas de Bralion (Parigi, 1655-1659)
page 221Premessa
Il catalogo, se si eccettuano alcune note di carattere testuale, contiene le schede di quasi tutte le opere citate nel saggio introduttivo di Ludwig Schudt, solitamente di prima edizione, o che l’A. riteneva tali. I relativi rimandi sono contrassegnati nel suo testo dall’esponenziale in corsivo neretto; altrettanto è per le opere citate nel mio saggio critico che precede. Per facilitare la consultazione l’elenco è stato suddiviso secondo i titoli (talvolta tradotti con qualche modifica) dei vari capitoli e dei paragrafi di ciascuno di essi. Le schede non sono state desunte dalla bibliografia dello Schudt, ma redatte ex novo; esse risultano compilate come segue.
1. Dopo la data e l’autore (o, in mancanza di questo, l’editore) stampati in neretto, il titolo dell'opera è riportato in corsivo generalmente per intero, con la trascrizione dei frontespizio nella forma originale, rispettandone cioè la punteggiatura, l’uso di maiuscole e minuscole, i modi antichi, le contrazioni, la data espressa in numeri romani o arabi. Si sono tralasciati invece gli eventuali titoli nobiliari o accademici degli autori, le dediche, i privilegi, ecc. I puntini sostituiscono quelle parti del titolo già riportate, p. es. nel caso di edizioni posteriori, o per ovviare a eccessive lungaggini; i nomi degli autori a inizio scheda sono indicati per brevità con la sola iniziale puntata quando nel. corpo del titolo essi siano citati per intero. Sono posti tra parentesi quegli autori o editori la cui opera, pur priva dei loro nomi, è ad essi comunemente attribuita. In mancanza di attribuzioni il titolo dell’opera è riportato con le prime parole in neretto.
2. Segue in carattere tondo la descrizione dell’opera, a cominciare dal formato che è dato - per quanto possibile e almeno fino all’introduzione della carta meccanica secondo il sistema antico legato all’osservazione delle filigrane; la quantità delle carte o pagine non numerate è messa tra parentesi. Speciale cura è stata posta per la parte illustrativa, purtroppo assai trascurata dallo Schudt. La segnalazione di alcune grandi tavole fuori testo è spesso accompagnata dalle relative misure espresse in centimetri, prima l’altezza poi la larghezza; per tavola incisa, senza diversa specifica, si deve intendere in rame. L’elenco delle abbreviazioni è alla fine della presente nota. Essendo questo catalogo un semplice sussidio e non una vera e propria bibliografia, non ho riportato il luogo o i luoghi dove gli esemplari schedati sono conservati, né le citazioni di essi nei repertori specifici. page 222 Ho indicato invece, al termine di ogni descrizione, il numero con cui l’opera figura nella bibliografia tedesca.
3. In parecchie schede, infine, al numero del catalogo Schudt di riferimento ho fatto seguire alcuni miei chiarimenti, aggiunte od osservazioni; note sulle edizioni e/o sugli autori; rettifiche a inesattezze, omissioni o contraddizioni; ragguagli su varianti e ristampe; segnalazioni di particolarità interessanti o curiose, specialmente per la parte iconografica. Pur limitato, come si è detto, alle opere citate nel testo dello Schudt, confido che questo catalogo ragionato sia di qualche utilità per il lettore. (A. C.)
page 223Abbreviazioni
A. = Autore
alc. = alcuni/e
ant. = antico/a
antip. = antiporta
archit. = architettura, architettonico
b., bb. = bianca, bianche
bibl. = biblioteca
c., cc. = carta/e
c. s. = come sopra
ca. = circa
cap. = capitolo
car. = carattere
cat. = catalogo
cfr. = confronta
col., coll. = colonna/e
comp. = computato/a
compr. = compreso/a
cop., copp. = coperta/e
d. = del, dello/a
didasc. = didascalia
doppia p. = doppia pagina
ed., edd. = edizione/i
edit. = editore, editoriale
es. = esemplare
f.t. = fuori testo
fig. = figura, figurato
front. = frontespizio
gen. = generale
got. = gotico
ill. = illustrazione/i, illustrativo
inc. = inciso/a, incisione (in rame)
iniz. = iniziale/i
it. = italiano
lat. = latino
marg. = margine/i
mod. = moderno/a
ms. = manoscritto
n. = numero/i
n.d.c. = nota del curatore
n.t. = nel testo
nn. = non numerato/a
num. = numerato, numeroso
obl. = oblungo
orig. = originale
ornam. = ornamenti
P. = parte
p., pp. = pagina/e
picc. = piccolo/a
piena p. = piena pagina
post. = posteriore
pp. edit. = pagine di pubblicità
editoriale
prelim. = preliminari
pubbl. = pubblicità
q. = questo/i, questi/e
qc. = qualche, qualcuno/a
r. = recto
ried. = riedizione
rip. = ripiegato/a
riq. = riquadrato
rom. = romano
s. = senza
s. edit. = senza nome di editore
o stampatore
s.d. = senza data
s.l. = senza luogo di stampa
s.l.n.d. = senza luogo né data
s.n.t. = senza note tipografiche
sch. = scheda
segn. = segnatura
sg., sgg. = seguente/i
silogr. = silografia, silografico
T. = tomo/i
tav., tavv. = tavola/e
ted. = tedesco
tip., tipogr. = tipografia, tipografico/a
tit. = titolo/i
trad. = traduzione, traduttore
ult. = ultimo/a
V. = vedi
v. = verso
vol., voll. = volume/i
Proemio
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Dal 1931 i libri della raccolta Ashby sono alla biblioteca della British School at Rome. Invece la sua famosa raccolta di disegni e vedute di Roma si trova attualmente alla Biblioteca Apostolica Vaticana.
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In italiano nell’originale.
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Le citazioni contenute in questo paragrafo bibliografico sono state lasciate così come inserite dallo Schudt a piè di pagina, senza correzioni né integrazioni, salvo la traduzione di alcuni titoli tedeschi e l’adeguamento alle moderne norme bibliografiche.
I. Le Guide
Dalle Indulgenze al Felini
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1475. (Pannartz A.) Sanctus Siluester scribit in Coronica sua Rome fuerũt Mille quingente quin ecclesie que nunc pro maiori parte sunt distructe... A c. (8v.): Finis indulgentiarum Rome. Anno. M.CCCC.LXXV. Prima februarii. Deo gratias. (s. l. né edit., ma Roma, Arnold Pannartz?) In- 8°, cc. (8), s. segn., 20 linee; car. got. Schudt 1. Nella trascrizione dell’ «incipit» di questa edizione (V. nella p. seguente) lo Schudt ha aggiunto la parola «Papa» e ha ridotto l’originale «» in «qu(od)».
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1489. Plannck S. In isto opuscolo dicit̃ quomodo Romu & Remus nati sunt et educati... A c. (3r.): (R)oma ciuitas sãcta caput mundi... De indulgẽtiis oĩum ecclesir̃ reliquiis... A c. (52r.): Finis. Impressum Rome per magistrũ Stephanũ plannck de Patauia. Anno. M.CCCC.LXXXIX. die VII. mẽsis Nouẽbris... In-8°, cc. (52), 23 linee; car. got. Silogr. alle cc. (2v.), (3r.), (16v.), e (25v.). Schudt 2.
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1481. Awrl H. Item in dem püchlein stet geschriben wie Rom gepaut ward und von dem ersten künig auch von yeglichem künig zu rome wie si ge regieret haben... A c. (2r.): (R)oma ciuitas sancta caput mundi et. Von anbegine der welt... A c. (50v.): Also hat das püchlein ain end Jhesus uñ Maria uns allen unsern kumer wend. Anno dñ i. M.CCCC.LXXXJ. an sant Michels abent. Hanns Awrl. S. l., in-8°, cc. (50), 22 linee; car. got. Schudt 121.
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1480 ca. (Mirabilia silogr.). Item in dem puechlein stet geschrieben wie Rome gepauet wurd und võ dem erstẽ kunig und võ yclichen kunig zu Rome wie sie geregiret haben... In fine: Also hat das puch ayn end/ih̃ s uns allen kumer wend... (s.n.t., ma databile al 1480 ca.) In-8°, cc. (92) senza segn.; car. got. Libro silografico («block-book»), con le 184 pagine stampate da matrici interamente intagliate a mano. Ill. alle cc. (1v.), (2v.), (3r.) e (27v.). Edizione eccezionale ed estremamente rara che rappresenta un problema sul quale si sono cimentati per due secoli i bibliografi di mezza Europa; peraltro non registrata dallo Schudt che ne cita l’ed. critica di R. Ehwald, Berlino 1904.
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1492 ca. (Plannck S.) In questa opereta si cõtiene come Romulo e Remo nacquono & allevati furono... A c. (3r.): (R)oma cita santa: capo del mondo: edificata fu dopo la distructione di Troia anni CCCC V. A c. (20r.): Indulgentie dele. vii chiesie principali di Roma. A c. (60v.): La dñica ch̃ si canta Esto mihi a santo Pietro. Finis. (S.n.t. ma Roma, Stephan Plannck?, 1492 ca.). In-8°, cc. (60, la prima b.), 22-24 linee, car. got. Una silogr. al front. e altre otto n.t. Schudt 50 estendeva la possibile datazione a tutto l’arco del pontificato di Alessandro VI (1492-1503). L’apparato illustrativo di questa ed. è particolarmente importante perché quasi tutte le silogr. relative alle sette chiese principali sono del Maestro dell’ Esopo di Napoli.
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1522-1523. Blado A. Le Indulgentie & Reliquie de le chiesie de Roma. A c. (2r.): In questa operetta si contiene come Romolo e Remo... In fine: La dominica che se canta Esto mihi & c. a sancto Pietro:: Finis. (S.n.t. ma Roma, Antonio Blado, 1522-1523 ca.) In 8°, cc. (60), 22 linee. Una silogr. al front. e altre nove n.t. Schudt 52.
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1541. Le Cose Maravigliose della citta di Roma, con le Indulgentie de di en di, che sono in tutte le Chiese di essa tradotte de Latino in Volgare. In fine: In Vinegia, per Gulielmo da Fontaneto, MDXXXXI. adi. XXIIII. Marzo. In 8°, cc. (36, l’ult. b.); car. got. Grande silogr. al front. e otto vignette n.t. Schudt 53.
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1499. Les merueilles de romme, pelerinages eglises corps saincts & lieux dignes, que visitent les pelerins et pelerines qui y uõt avecques les indulgẽces et remissiõs quilz acquierent. Paris, Geoffroy de Marnef, MCCCCIC. In-12°, cc. (72), ill. silogr. Schudt 141 schedò questa guida limitandosi a riprendere da Reichling 259 e da un catalogo librario tedesco di vendita. Repertori più recenti descrivono un es. conservato a New York, Pierpont Morgan Library.
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1519. Les maravilles de Rõme: pelerinages, esglises, corps saincts & lieux dignes avecques les indulgẽces e remissiõs qlz. acquirẽt. In fine: Pelegrins & pelegrines sont nouvellement imprimees a Romme pars Maistre Eisteine Guillery de Lorẽgne. L’an de nostre Seigneur Jesus crist. MDXIX. Et fuit acheve ledict livre le XVIJ. Jour du moyes doguste. In-8°, cc. (72). Schudt 142.
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1536. Les merveilles de Rome, pelerinages eglises corps saincts & lieulx dignes... Nouvellement imprimées a Rome par Maistre Valerio Dorico de Gheto. MDXXXVI. à XXII Jour du moys de Aprilis. In-8°, cc. 64, ill. silogr. Schudt 143.
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1519. Blado A.. Las yglesias y indulgentias de Roma en vulgar Castellano. Stampato in Roma per mastro Antonio de Bladi de Asula. Adi IIJ. d. Agosto MDXIX. In-8°, cc. (64), 24 linee. Una silogr. al front. e altre nove n.t. Schudt 159.
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1521. Coelen R. van. Van die seven Kercken vã Romen en vandẽ aflaten die mẽ daer in dienen mach unt die Staciẽ vã den heyligen door dat gansse iaer... In fine: Gheprint in dye stadt van Antwerpẽ buyten dye Camer poorte. In den guldẽ Eenhoorẽ Gimi Willem Vorstermã. Int iaer ons heeren M. u. D. ende XXI. Den XX. dach vã februarius. In-8°, cc. (108), 21 linee. Ill. silogr. Schudt 172.
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L’«albero» è il fico Ruminale sotto il quale, secondo la leggenda delle origini di Roma, la lupa allattava Romolo e Remo. Quanto ai frontespizi con Rea Silvia, il personaggio è raffigurato rivolto a destra o a sinistra a seconda che la silogr. sia nel verso originale o in controparte. Le silogr. di queste edd. si ripetevano ma — a parte il frequente scambio di legni in uso tra gli editori antichi — non erano naturalmente della stessa mano, né della stessa qualità.
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1524. Ponto A. Mirabilia Vrbis Rome noua recognita, & emendata, atq in uerum sensum reducta per Antoninum Pontum Virum diligentiss. sicut alias nunq fuerunt... In fine: Explicit Liber mirabiliu Vrbis q utilissimus foelicem ad finem perductus Romeq per Antoniu Bladum de Asula non minus fauste impraessus: Anno salutis. M.D.XXIIII. Die uero. XVI. Mensis Septembris. In-8°, cc. (2), CXX (in realtà 129), 23-24 linee. Il vol. contiene alle cc. i-x il Mirabilia, da xi a Lx le Indulgenze e da lxi a lxiii le Stazioni, più varie appendici. Una silogr. al front. e altre 12 nei primi due opuscoli. Schudt 45.
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1554. Palladio A. Descritione de le Chiese, Stationi, Indulgenze & Reliquie de Corpi Santi, che sonno in la Citta de Roma. Brevemente raccolta da M. Andrea Palladio & nouamente posta in Luce... In Roma Appresso Vincentio Lucrino. 1554. In-8°, cc. (50, bianche le cc. 1v., 3v., 34v. e le ult. due). Marca tip. al front., ripetuta a c. (35r.) all’inizio della seconda parte (Stationi) che ha una propria segnatura. Schudt 57. Edizione unica e rarissima, mancante a tutte le bibliogra page 226 fie anteriori allo Schudt. Da notare che i quaderni C (di 8 cc.) e D (di 10 cc.), alla fine della prima parte, risultano composti in carattere tipografico leggermente più piccolo rispetto al resto dell’opera (29 linee anziché 27-28).
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1557. Le Cose Maravigliose dell'alma citta di Roma. Doue si tratta delle Chiese, Stationi, Indulgenze, & Reliquie de i Corpi Santi, che sonno in essa. Con un breue Trattato delle Antichità, chiamato la Guida Romana... In fine: Stampate in Roma per Valerio Dorico l’Anno del M.D.LVII. Alla Chiauica di S. Lucia. In-8°, cc. (68, l’ult. bianca al v.). Una sola ill. silogr. al front. Schudt 58 registra questa guida come «successiva» al Palladio 1554. In realtà nel frattempo ne apparvero, a Roma e fuori, almeno altre due, senza contare tre edizioni delle Antichità del Palladio, più una quarta di Lucio Mauro.
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1561. De Salazar, Hernando (trad.) Las yglesias, Indulgencias, y staciões De Roma, cõ los nõbres delas reli uas... Añadidas de nuevo algunas yglesias, las staciones de todo el año, y la Guia Romana, y otras cosas... Imprimido en Roma, a costa de Francisco, y Faustino Hermanos libreros, Junto a sãctiago de los spañoles. In fine: Finis. En Roma por Valerio Dorico l’Añ o MDLXI. In-8°, cc. (4), 76 (12). Una ill. silogr. al front. Schudt 161. I fratelli Francesco e Faustino erano librai bresciani. Trad. delle Cose Maravigliose 1557 ancora con la sottoscrizione di «Schakerlay Ingles».
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1563. Le Cose Maravigliose dell'alma Città di Roma, dove si tratta delle chiese... Con un breve trattato delle antichità e cose moderne di essa chiamato la Guida Romana... Stampata in Roma per Valerio Dorico, l’anno del MDLXLIII. alla Chiavica di Santa Lucia. In-8°, cc. 72 (malnumerate fino a 69). Vignetta al front. e altre sette silogr. n.t. Schudt 61.
1563. Le Cose Maravigliose dell’alma città di Roma. Dove si tratta delle Chiese... Con la Guida Romana... Aggiontovi ultimamente un Trattato delle antichità di Roma di M. Andrea Palladio. In Roma Per Antonio Blado Stampatore della Camera Apostolica. L’anno del Signore 1563. In-8°, cc. 57 (1b.) e (19, 1b.) per l’Antichità. Vignetta al front. e altre sette silogr. n.t. del primo opuscolo. Schudt 62. Per la prima volta figura legato alle Cose Maravigliose il trattato del Palladio con la citaz. dell’Autore.
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La Lettera pastorale del 10 settembre 1574 scritta dal card. Carlo Borromeo «al suo popolo, nella quale diffusamente si dichiara che cosa sia l’Anno Santo del Giubileo, la Indulgentia, che si acquista...» fu pubblicata la prima volta a Roma dagli eredi di Antonio Biado nel 1574 e successivamente inserita in appendice a varie guide giubilari degli Anni santi 1575, 1600 e 1625 (in qualche caso anche fuori da queste date canoniche).
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Nel 1587 uscirono almeno quattro edizioni delle Cose Maravigliose: due con lievi varianti in Roma nella stamperia di Tito & Paolo Diani, una terza sempre a Roma per gli eredi di Giovanni Osmarino Gigliotto e la quarta a Venezia presso i fratelli Fabio & Agostino Zoppini, tutte con l'Antichità di Roma del Palladio. Schudt 78, 79, 80, 81. Lo Schudt non precisa a quale di queste edd. si riferisce; sta di fatto comunque che il secondo degli obelischi qui citati non fu fatto erigere da Sisto V nella sua villa Peretti a Termini, ma in piazza dell’Esquilino dietro S. Maria Maggiore.
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1588. Santi Solinori (o di S. Agostino), Fra. Le Cose Maravigliose dell’alma Città di Roma, dove si veggono il movimento delle Guglie, & gli Acquedutti per condurre l’Acqua Felice, Le ampie, & commode strade... Et si tratta delle Chiese... Et vn Trattato del modo d’acquistare l’Indulgenze. La Guida romana... A c. 105 altro front.: L’Antichità di Roma di M. Andrea Palladio... In Venetia, per Girolamo Francino, Libraro in Roma, al segno della Fonte. MDLXXXVIII. In-8°, cc. (8), 127 (1). Due vignette silogr. ai front. delle Cose e dell’Antichità e 93 ill. in legno n.t., tutte di chiese, opera dello stesso editore-libraio Francino o Franzini. Schudt 82.
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1595. Flaminio Primo da Colle. Le cose maravigliose dell’alma città di Roma, dove si tratta delle chiese... Con la Guida romana... Et di nuovo corretto et ampliato con le cose notabili fatte page 227 da Papa Sisto V. Per Flaminio Primo da Colle. In Roma, presso a Guglielmo Facciotto, 1595. In-8°, pp. 94 (2 bb). Vignette silogr. Schudt 87 non registra l'Antichità del Palladio che invece risulta legato nell’es. di Vienna. L’ed. 1594 cui accenna lo Schudt è la seconda di Fra Santi, che non è nominato a questa data per la prima volta, ma già figura come autore dell’ed. 1588 (V. sch. 24).
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1600. (Fra Santi)-Parisio P. Le Cose Maravigliose dell’alma città di Roma, anfiteatro del mondo, con le chiese, et antichità rappresentate in disegno... In Roma, ad instanza di Gio. Antonio Franzini, & herede di Girolamo Franzini. MDC. A p. 177 altro front.: Aggiunta di Prospero Parisio Romano V.I.D. all'Antichità dell'Alma Città di Roma... In Roma, Appresso Andrea Fei, & Antonio Faccheti. MDC. In-8°, pp. (16), 364 (1). Al front. vignetta allegorica e marca tip. ripetuta al front. dell’Aggiunta; n.t. 191 silogr. di chiese, monumenti e statue. Schudt 94.
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1610. Felini P.M. Trattato Nvovo delle cose maravigliose dell’alma Citta di Roma, ornato de molte figure, nel quale si discorre de 300. & più Chiese. Composto da F. Pietro Martire Felini da Cremona... A p. 243 altro front.: L’Antichita figvrate dell’alma Citta di Roma, Già da Prospero Parisio aumentate, & hora... corrette & molto ampliate. In Roma per Bartolomeo Zannetti. MDCX. Ad instãza di Gio. Antonio Frãzini, & Heredi di Girolamo Frãzini. In-8°, pp. (16), 436, (4). Vignetta silogr. al front. ripetuta alle Antichità; con 119 piccole ill. in legno più una a piena p. nel testo. Seguono le Stationi e la Guida Romana; infine le Antichità con altre 113 silogr. n.t., 23 delle quali raffigurano statue. Schudt 174.
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Le Antichità inserite in questa guida non si possono ormai più considerare del Palladio perché «corrette e molto ampliate» dal Felini sulla base del testo di Prospero Parisio che già aveva rimaneggiato e aumentato nel 1600 l’originale palladiano. Infatti quando nelle edizioni del Felini si trovano le Antichità, il nome del Palladio non figura.
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1610. Felini P.M. Tratado nvevo de las cosas maravillosas de la Alma Civdad de Roma, adornado de muchas figuras, y en el se va discurriendo de trezientas, y mas Iglesias. Compuesto por F. Pedro Martyr Felini de Cremona... Traduzido en lengva espanola por el muy Reuerendo P.F. Alonso Muñoz... Tratase tambien de todas las Antigvedades figuradas... En Roma, por Bartholome Zanette, MDCX, A istancia de Ioan Anton Franzini, y... In 8°, pp. (16), 461, (3); vignetta al front. e 235 silogr. n.t. Schudt 178. Prima ediz. spagnola, contemporanea all’originale italiana (V. scheda 27).
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1609. Cherubini G.B. Le Cose Meravigliose dell’alma citta di Roma: Doue si tratta delle Chiese... Con la Guida Romana... Di nuouo corrette & ampliate. Con un’aggiunta... Et ristaurazione... I nomi de’ pittori, & altre cose notabili. Raccolte per Gio: Battista Cherubini. Ad instanza di Pietro Paolo Giuliani, all’insegna del Griffo. In Roma, Appresso Giacomo Mascardi. M.DC.IX. Legato con: L’Antichità dell’alma Citta di Roma: di M. Andrea Pallaio (sic)... In 8°, pp. 88 (non num. dopo la 79) e 40 per l’Antichità. Marca silogr. al front. e sette piccoli legni n.t. Schudt 95.
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1616. Facciotto G. Le nuove et antiche meraviglie dell’alma città di Roma, dove si tratta de le chiese... Con la Guida Romana... Con le poste d Italia... Di nuovo corrette & ampliate. Con un aggiunta... Con li nomi de pittori... Per Guglielmo Facciotto. In Roma Appresso Guglielmo Facciotto, ad instanza di Gio: Senese. MDCXVI. In-8°, pp. 88; ill. silogr. n.t. Schudt 101.
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1616. Palmerio da Scandriglia, fra. Le Cose Maravigliose dell’alma città di Roma, dove si tratta delle chiese... Et i maritaggi di povere zitelle, che in diversi luoghi si fanno. Con la guida Romana... Di nuovo corrette & ampliate di molte cose... & adornate di bellissime figure... I nomi di pittori & altre cose notabili. Raccolte per Francesco Palmerio da Scandriglia. In Roma, per Giacomo Mascardi MDCXVI. Ad instanza di Mauritio Bona. In-8°, pp. 88; ill. silogr. n.t. Schudt 102.
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1619. Torrigio, F. Maria. Le Cose Maravigliose dell’alma città di Roma, dove si tratta delle chiese... Et i maritaggi... Con la guida romana... Di nuovo corrette & ampliate dal R. D. Francesco Torriggio Romano... & adornate di bellissime figure. Con un’aggiunta... I nomi de' pittori, & altre cose notabili. In Roma per Giacomo Mascardi MDCXIX. Ad instanza di Mauritio Bona, in Piazza Navona. In-8°, pp. 96; con 25 silogr. n.t. di cui una su doppia p. Schudt 103.
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1750. Le Cose Maravigliose dell’alma città di Roma con gran studio ricercate... Con la guida romana... Arricchite delle memorie sacre... E della notizia delle sette meraviglie del mondo... In Roma, MDCCL. Nella Stamperia di Giovanni Zempel presso Monte Giordano. A p. 106 altra intestaz.: Le Antichità della Città di Roma di M. Andrea Palladio... In-8°, pp. 160; con 44 silogr. alla prima parte, più altre sei alle Antichità. Schudt 120. Con questa ediz. le Cose Maravigliose e le Antichità del Palladio sono giunte parallelamente alla fine.
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1589. Las Cosas Maravillosas de la S. Civdad de Roma, adonde se veen el movimiento de las Agujas... Las anchas y acomodadas calle (sic)... Tambien se trata de las yglesias... La Guia Romana... Las virtudes de los Agnusdei... A p. 201 altro front.: Las Antigvidades de Roma... Por Andres Paladio... En Roma por Hieronymo Francino librero a la ensegna de la Fuente. M.D.LXXXIX. Al colophon: En Roma, Por Alexandro Gardano, y Francisco Coattini Compãneros. M.D.LXXXIX. In-8°, pp. (16), 260; vignetta silogr. al front, e 103 ill. in legno n.t. Alle Antigvidades solo una vignetta al front. Schudt 163.
1600. Cabrera F. Las Iglesias de Roma con todas las Reliqvias y Estaciones... La Significacion de los Agnusdeies... Tambien se pone la Guia de los Peregrinos... Corregida, y augmentada con varias Adiciones por el Doctor Francisco de Cabrera Morales... En Roma, Por Luis Zannetti, a instancia de Gio. Antonio Franzini, librero ala enseña de la Fuente, I heredero de Jeronymo Franzini: año 1600. A p. 191 altro front.: La Guia delos forasteros para ver las cosas mas notables de Roma, y sus antiguidades... In-8°, pp. (16), 306 (5); vignetta allegorica al front. e altre 181 silogr. n.t. Schudt 165.
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1608. Launay P. de (trad.) Les merveilles de la ville de Rome, où il est traicté des Eglises, Stations & Reliques des corps saincts... Auec le guide... Nouvellement corrigé & amplifié... Auec les noms des peintres et aultres choses remarquables. Le tout traduict d’Italien en François par Pompée de Launay. Roma, Giacomo Mascardi, 1608. Ad instanza di Pietro Paolo Giuliani all’insegna del Griffo. Legato con: Les antiquitez de la ville de Rome... par M. Andrea Palladio... In-8°, pp. 95 (1) e 47 (1) per le Antichità; complessivam. 78 silogr. n.t. Schudt 144.
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1618. Lupardi G. Mirabilia Vrbis Romae vbi agitvr de Ecclesiis, Stationibvs, Reliquijs, & Corporibvs Sanctis. Cvm dvce Romano... Opvs recens correctvm & ampliatvm hoc anno M.DC.XVIII. & egregijs delineationibvs adornatvm. Adivnctis... à Ioanne Lupardo Romano... Romae Ex Typographia Camerae Apostolicae. 1618. Sumptibus Hieronymi Bonae. In-8°, pp. 104, 40 linee; vignetta ovale in legno al front. e ill. silogr. n.t. per le Sette Chiese (S. Pietro è su doppia p.) Schudt 49. Questo Mirabilia «in ritardo" è talora legato con le Antichità del Palladio, pure in latino. L’uso del latino e certi particolari tipografici (come la «v» in luogo della «u» ormai consueta) denunciano nel Lupardi un’operazione tipicamente culturale e anche «rétro»; mentre la sua guida non è che la trad. di un qualche contemporaneo originale in italiano, che lo Schudt ipotizza essere il Cherubini 1609 (V. sch. 30).
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1569. Contarini L. L’Antiquità, sito, Chiese, Corpi Santi, Reliquie et Statue di Roma. Con l’origine e nobiltà di Napoli. Composta per il Reuerendo padre F. Luigi Contarino dell’ordine delli Crociferi, in Dialogo. In Napoli MDLXIX. Appresso Giuseppe Cacchij. In-16°, cc. 176 (4); silogr. al front. Schudt 403. L’opera è stesa in forma di dialogo tra l’A. e un amico; le prime 74 cc. trattano della storia di Roma antica.
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1625. Mari G.-Marcucci G. Grandezze della Citta di Roma Antiche e Moderne come al presente si ritrouano adomate con Bellissime figure di Rame disegniate et intagliate da Jacomo Crul page 229 li de Marcucci et dallistesso dato in luce l’an. 1625... In Roma Appresso Giacomo Mascardi... In-8°, cc. (3), 57. Front. inc. e ritratto in rame f.t.; ad ogni carta una veduta inc. di Roma con didasc. in latino e a fronte (cioè al v. della tav. preced.) un fitto testo in ital. Schudt 406. Vari difetti di numeraz. e di stampa, ma guida originale e importante malgrado il giudizio negativo d. Schudt. Giulio Mari, autore dei testi, non è menzionato da Schudt.
Guide con finalità scientifica
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1638. Celio G. Memoria fatta Dal Signor Gaspare Celio dell’habito di Cristo. Delli nomi dell’Artefici delle Pitture, che sono in alcune Chiese, Facciate, e Palazzi di Roma. In Napoli, Per Scipione Bonino. 1638. In-12°, pp. 152 (6, per un ultimo sonetto, l’imprimatur e l’Errata-corrige). Schudt 180.
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1639. Baglione G. Le nove Chiese di Roma di Giovanni Caualier Baglione Romano Dell’habito di Christo. Nelle quali si contengono le Historie, Pitture, Scolture, & Architetture di esse. In Roma, per Andrea Fei. 1639. In-12°, pp. 204; al front. fregio silogr. a forma di croce. Schudt 213.
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1637. Totti P. Ristretto delle Grandezze di Roma Raccolto da Pompilio Totti. In Roma per Vital Mascardi MDCXXXVII. In-12°, pp. (24), 288; front. in rame. Alla descrizione dei Rioni, accompagnata dai 14 tondi silogr., seguono la Guida Romana, un catal. delle reliquie e uno delle feste e indulgenze, infine le grandezze dell’Impero romano con 5 medaglioni silogr. n.t. Schudt 183.
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1638. Totti P. Ritratto di Roma Moderna... In Roma per il Mascardi. Ad Instanza di Pompilio Totti... L’Anno MDCXXXVIII. (Front. inc. senza altre indicazioni; ma a p. 5 nn.:)... in sei giornate dove si contengono. Chiese, Monasterj, Hospedali... Collegij, Seminarij, Palazzi, Architetture, Librerie, Musei, Pitture, Scolture... In-8°, pp. (26), 531 (1). Front. non computato nella numeraz., 81 ill. in rame n.t. e in silogr. i tondi dei Rioni, medaglioni e vignette, sempre n.t.; al colophon bella marca tipogr. Schudt 184. Prima ed. della Roma moderna, preceduta nel 1627 e 1633 da due edd. di Roma antica pure del Totti.
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1652. Ritratto di Roma Moderna, nel quale sono effigiati Chiese, Corpi Santi, Reliquie, Indulgenze, Monasterij, Hospedali, Oratorij... Distinto in sei giornate da diversi Autori, con le Dichiarationi Historiche di quanto in'esso si contiene in questa nuova Editione accresciuto, e migliorato in molti luoghi. In Roma, Appresso Filippo de’Rossi, MDCLII. In-8°, pp. (30), 560; antip. allegorica inc. (non computata nella numeraz.) e 82 ill. in rame n.t., tondi e medaglioni silogr. pure n.t. Schudt 187. Nelle numerose edd. de’ Rossi, benché di chiara derivazione dal Totti, il suo nome non è mai citato.
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1662. Abgebildetes Neues Romm/ Darinnen Die heute verhandene Kirchen/H. Leiber/Reliquien/Ablass/Klöster/Hospitäle/... mit 82. zierlichen/wolgetroffenen und recht lebendigen Kupferstücken... Auss dem Italiennischen ins Hochteudsche mit fleiss übergesetzet von Alberto Reimaro Lubecense. Gedruckt zu Aernhem/In verlegung Iohann Friederich Haagen, Buchhändlers/An. 1662. In-16°, pp. (36), 791 (1b.); car. got. Antip. inc. e 85 tavv. f.t. in rame, più una picc. inc. e 22 medaglioni silogr. n.t. di cui uno a piena p. Schudt 212. In altri es. sono state contate 83 e fino a 90 tavv. f.t. Guida derivata dal Totti in operazione edit. collegata con l’ed. olandese 1661.
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1661. Afbeeldinge van’t Nieu Romen. Waer in vertoont zijn De Kerken, H. Lichamen, Reliquien, Indulgentien, Kloosters, Hospitalien... Den Schilderen, Beeldhouweren, Bouwmeesteren, en andere Liefhebberen ten dienste, verrijkt met 82 kopere platen. t’Amsterdam, By Jacob van Meurs, Plaetsnijder en Boeckhandelaer, op de Zingel, over de Appelmerkt, in de Stadt Meurs, 1661. In-16°, pp. (36), 792; antip. inc., 82 ill. f.t. in rame e numerosi medaglioni silogr. o inc. Schudt 210. Come quella in tedesco del 1662, questa guida deriva dal Totti.
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1643. Descrittione di Roma Antica e Moderna. Nella quale si contengono Chiese, Monasterij, Hospedali... Fori, Curie, Palazzi, e Statue, Librerie, Musei, Pitture, Sculture, & i nomi de gli Artefici... A p. 425 altro front.: L'Antichita figvrate dell'alma citta di Roma. Nella quale si tratta de’ principali Tempij, Teatri, Anfiteatri, Cerchi... In Roma, Per Andrea Fei. MDCXLIII. Ad instanza di Gio. Domenico Franzini. In-8°, pp. (16), 787, (9). Al front. vignetta silogr. e marca tip. alle. Antichità; inoltre moltiss. silogr. del Franzini n.t. con monum. moderni e antichi, statue e i più importanti palazzi della città. Schudt 214.
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1653. Roma Antica e MODERNA nella qvale si contengono Chiese, Monasterij, Hospedali... Palazzi, e Statue, Librerie, Musei, Pitture, Scolture, & i nomi de gli Artefici... in Roma Nella Stamperia di Giacomo Fei. MDCLIII. Ad instanza di Gio. Domenico Franzini all’Insegna della Fontana à Pasquino. A p. 449 altro front.: Roma Antica figvrata. Nella quale si tratta de’ principali Tempij, Teatri, Anfiteatri, Cerchi... In-8°, pp. (28, 2bb., antip. compresa), 806 (malnum. 896). Marca tipogr. della Fontana ai due front. e 332 silogr. del Franzini n.t., di cui due a piena p. Schudt 215. Oltre al nuovo titolo, da rilevare la bella antip. in rame con Roma vittoriosa e la scritta «Roma Antiqva et Moderna», che sarà riproposta in successive edd.
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1668. Roma Antica e Moderna nella qvale si contengono... In Roma, Per il success. al Mascar. MDCLXVIII. A spese di Federico Franzini all’insegna della Fontana à Pasquino. A p. 503 altro front.: Roma Antica figvrata. Nella quale si tratta... In-8°, pp. (30, antip. compresa), 832. Marca tipogr. della Fontana ai due front. e 255 silogr. n.t., di cui alc. ripetute, una a doppia e una a piena p. Schudt 218. L’antip. in rame è la stessa dell’ed. 1653; al front. della Roma Antica la data è M. DC. LXVII.
1677. Roma Antica e Moderna nella qvale si contengono... In Roma, per il Mascardi, MDCLXXVII. A spese di Federico Franzini all’insegna della Fontana à Pasquino. A p. 509 altro front.: Roma Antica figvrata... In-8°, pp. (30, antip. compresa), 838 (1, 1b.); le pp. 1 e 2 sono ripetute. Marca tip. della Fontana e le 255 silogr. di G. Franzini, meno una rip. f.t. tra le pp. 8 e 9. Schudt 219. L’antip. in rame è sempre la stessa, ormai stanca; al front. della Roma Antica è diversam. indicato «Per il successore al Mascardi».
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1674. Titi F. Stvdio di Pittura, Scoltura, et Architettura, Nelle Chiese di Roma. Dell’Abbate Filippo Titi... Nel quale si hà notitia di tutti gl’Artefici, che hanno ivi operato; con una breue introdvttione delle Fondationi, e ristori delle medesime Chiese, e strada facile per ritrouarle. In Roma, Per il Mancini. 1674. In-16°, pp. (24), 477 (1b.). Schudt 280. In questa prima ed. il Titi descrive 269 chiese. L’anno seguente uscì a Macerata, per i tipi di Giuseppe Piccini, un’edizione non autorizzata che il Titi sconfessò nella prefazione all’impressione del 1686 lamentando che fosse stata pubblicata «senza correttione di stampa, e con mancanza di periodi interi». In un esemplare appartenuto alla nobile famiglia maceratese degli Amici sono state contate 16 pagine preliminari anziché le 12 registrate nei repertori. Le quattro pagine in più, prive di segnatura, contenevano la dedica a Francesco Amici e fuono poi eliminate quando la guida entrò in commercio. Probabilmente erano state stampate per motivi di prestigio o di avallo per la contraffazione.
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1686. Titi F. Ammaestramento Vtile e curioso di Pittura, Scoltura et Architettura Nelle Chiese di Roma, Palazzi... Dell’Abbate Filippo Titi... Overo nvovo studio Per sapere l’Opere de’ Professori delle Virtù sudette... Con l’indice delle Chiese, e de’ Virtuosi, che si nominano... In Roma, Per Giuseppe Vannacci. 1686. In-16°, pp. (24), 456, (36). Antip. allegorica e, a fronte di p. 1, ritratto dell’A., entrambi in rame f.t. Schudt 282. Il Titi descrive le opere d’arte esistenti in 302 chiese di Roma, più alcuni palazzi e altro.
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1763. Titi F. Descrizione delle Pitture, Sculture e Architetture esposte al pubblico in Roma. Opera cominciata dall’Abate Filippo Titi da Città di Castello... In Roma MDCCLXIII. Nella Stamperia di Marco Pagliarini. Legato con: Indice delle Antichità che si custodiscano nel Palazzo di Campidoglio... In-8°, pp. XII, 487 (1b.), 108. Marca silogr. al front. Schudt 285. È l’ed. più completa del Titi, pubblicata a sessant'anni dalla sua morte a cura di mons. Giovanni Bottari.
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1689. Ritratto di Roma Moderna: nel quale sono descritte, Le Sagre Basiliche, le Chiese... Palazzi, Pitture, Scolture, e Statue più famose... Con la Narratione dell’Opere Pie, dell’Indulgenze, e Reliquie de' Santi... Abbellito con Figure di Rame, e raccolto dall'Auttori... In Roma. Nella Libreria di Michel'Angelo Rossi à Pasquino, All’Insegna della Salamandra. 1689. In-8°, pp. 565 (1, 24). Antip. allegorica e una pianta rip. della città; veduta rip. f.t. di piazza S. Pietro e 84 piccole inc. n.t., il tutto in rame. Inoltre 20 medaglioni silogr. Schudt 191. Ristampa identica dell’ed. 1688 non registrata dallo Schudt.
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1697. Descrizione di Roma Moderna formata nvovamente Con le Autorità del Cardinal Baronio... Nella quale si discorre delle Sagre Basiliche, Chiese, Collegij... Palazzi, Pitture, Sculture, e Statue più famose... come ancora dell’Opere Pie... In Roma: M.DC.XCVII. Nella Libreria di Michel'Angelo e Pier Vincenzo Rossi à Pasquino, all’insegna della Salamandra. In-8°, pp. (8), 698, (37, 1b.); al front. marca silogr. Antip. allegorica inc. e cinque tavv. in rame rip. f.t. Nel testo 81 piccole inc. e 22 tondi silogr. Schudt 193.
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Questi due giardini sono citati in italiano nell’originale.
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1707. Descrizione di Roma Moderna formata nvovamente... Nella quale si discorre... Distinta in Quattordici Rioni, abbellita con Figure nuoue di Rame, & accresciuta di molte Notizie Istoriche... Tomo II. In Roma: MDCCVII. Nella Libraria di Michel'Angelo, e Pier Vincenzo Rossi, alla Salamandra, presso al Banco di S. Spirito. In-8°, pp. (4), 792 (2bb.); marca silogr. al front. Antip. inc. f.t.; 12 tavv. in rame rip. f.t. e numerose inc. e silogr. n.t. La pianta di Roma non fu inserita all’origine. Schudt 197 (ma 195). Per la prima volta nelle edd. de’ Rossi viene specificato che si tratta del tomo II di un’opera comprendente anche la Roma antica. La data del 1708 citata da Schudt è quella della seconda tiratura. L’ed. è dunque del 1707, che d’altronde Schudt schedava in catalogo al n. 195 malgrado ritenesse che questa data fosse frutto di un errore tipografico (V. nota 53 del suo testo introduttivo).
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1727. Descrizione di Roma Moderna... Tomo II. In Roma. M.DCC.XXVII. Nella Libraria, de' Fratelli dè Rossi, all’Insegna della Salamandra. In-8°, pp. (4), 780 (4bb.); marca silogr. al front. Antip. inc. f.t. col tit. abbreviato e 13 tavv. in rame rip. f.t. compresa la pianta di Roma, più numerose inc. e silogr. n.t. Schudt 201.
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1745. Roma Antica, e Moderna o sia nuova descrizione Della Moderna Città di Roma, e di tutti gli Edifizj notabili, che sono in essa, e delle cose più celebri, che erano nella Antica Roma. Con le autorità del Cardinal Baronio... Abbellita con duecento e più Figure in Rame... Accresciuta in questa nuova Edizione di un Tomo Terzo... In Roma, nella Stamperia di Giovanni Zempel 1745. Ad istanza di Gregorio Roisecco Mercante de' Libri in Piazza Navona. In-8°, tre voll. T. I.: pp. (16, antip. compr.), 510; antip. inc. e 20 tavv. in rame rip. f.t., le prime due con le piante di Roma antica e moderna. T. II.: pp. (2), 654; antip. inc. e 14 tavv. in rame rip. f.t. T. III.: pp. (4), 524, (4); antip. inc., una tav. in rame f.t. e un’altra rip. in silogr. con rubrica a stampa. Numerosiss. ill. in rame e medaglioni silogr. n.t. Schudt 206. Una delle più belle e ricercate guide di Roma del ’700.
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1750. Roma Antica, e Moderna o sia nuova descrizione Di tutti gl’Edificj Antichi, e Moderni, tanto Sagri, quanto Profani della Città di Roma. Formata... Abbellita... Distinta in 14. Rioni secondo l’ultimo ripartimento... Divisa in tre tomi... In Roma MDCCL. Appresso Gregorio Roisecco... Nella Stamperia Puccinelli. In-8°, tre voll. T. I.: pp. (2), XVI, 654; antip. inc. e 20 tavv. in rame rip. f.t. tra cui le due piante. T. II.: pp. (2), 694; antip. inc. e 12 tavv. in rame f.t. T. III.: pp. (2), 523 (1b.); antip. inc. e le due tavv. f.t. come all’ed. preced. Ill. in rame e medaglioni silogr. n.t. Schudt 207.
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1765. Roma Antica e Moderna o sia nuova descrizione... Co' nomi degl’Autori di tutte le Opere di Architettura, Scultura, e Pittura. Colla notizia degl’Acquedotti, Strade... Una Relazione del page 232 la presente Corte di Roma... Il tutto cavato dal Baronio... Roma MDCCLXV. A spese di Niccola Roisecco Mercante Libraro, e Stampatore in Piazza Navona. In-8°, tre voll. T. I.: pp. XVI, 678; rozza antip. compr. nella numeraz. e 19 tavv. in rame rip. f.t. (la prima è la pianta di Roma moderna; non inserita la Roma antica). T. II.: pp. (2), 670 e 20 tavv. in rame rip. f.t. Salto di numeraz. da p. 176 a 179 senza perdite. T. III.: pp. (2), 581 (1, 2bb.), fuori testo solo la tav. silogr. rip. Ill. in rame e medaglioni in legno n.t. Schudt 208. In questa ed. i voll. II e III non hanno antiporta. Nella prefaz. l’edit. Nicola Roisecco si dichiara senza modestia autore della guida.
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1687. Roma Sacra antica, e moderna figvrata, e divisa in tre parti, Nella Prima delle quali si contengono tutte le Chiese, Reliquie, Stationi... Nella Seconda si contiene la Genealogia di Romolo... Teatri, Anfiteatri, Naumachie... Nella Terza... Strade, Piazze, Fontane, Palazzi, Gallerie, Musei, Librarie... In Roma MDCLXXXVII. Per Giouanni Battista Molo. A spese di Vincenzo de Romanis Libraro à Pasquino... In-8°, pp. (24), 456, 256, 142 (2bb.); antip. inc. compresa nella numeraz. Una tav. in rame rip. e complessive 567 ill. silogr. n.t. tra cui 249 medaglioni di pontefici da S. Pietro a Innocenzo XI. Schudt 221.
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1707. Posteria F. Roma Sacra, e Moderna abellita di nuove Figure di Rame, e di nuovo ampliata... Nella quale si dà esatta notizia delle Sacre Basiliche, Chiese, Ospedali... Librerie, Accademie, Palazzi... Pitture, Sculture, Architetture, e Statue più famose... senza che resti più cosa da desiderarvi sino al giorno presente. Con diligenza, e studio di Francesco Posteria Romano... In Roma, per Francesco Gonzaga in Via Lata, 1707. In-8°, pp. (16), 692, (12); antip. inc., otto tavv. in rame rip. f.t., 236 picc. silogr. n.t. delle quali 95 raffiguranti sculture. Schudt 223.
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1725. Cecconi G. F. Roma Sacra, e Moderna... Con una esatta notizia delle Basiliche... Abbellita con nuove Figure di Rame... E di nuovo con somma diligenza, e studio riordinata. Da Gio: Francesco Cecconi... In Roma l'Anno del Giubileo 1725. Nella Stamperia del Mainardi nella Piazza di Monte Citorio. Si vendono in detta Stamperia, e da Gio. Lorenzo Barbiellini Libraro à Piè di Marmo, e da Muzio Bona à Pasquino. In-8°, pp. (8), 775 (1b.); con 16 tavv. in rame rip. f.t. e 180 ill. silogr. n.t. Schudt 224. Le silogr. sono modeste copie di quelle simili del Franzini.
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1741. Roma Moderna distinta per Rioni... Ornata di varj Rami diligentemente intagliati... Il tutto con nuovo metodo, e diligenza in questa nuova impressione descritto. Tomo secondo. In Roma, MDCCXLI. A spese di Gio: Lorenzo Barbiellini Libraro a Pasquino. Appresso il Bernabò, e Lazzarini. In-8°, pp. 396 (e talvolta 16 pp. di pubbl. edit.); al front. medaglione e f.t. 19 tavv. rip. tra cui la pianta di Roma moderna, il tutto in rame. Schudt 226. L’opera si completa con il vol. su Roma antica (V. la sch. 167). Esistono esempl. di questo secondo tomo con 5 tavv. firmate Piranesi. L’anno stesso questa ed. fu ristampata da Fausto Amidei senza alcuna modifica salvo il suo nome al front. al posto di quello del Barbiellini.
Guide di divulgazione
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1644. Martinelli, Fioravante. Roma Ricercata nel suo sito, e nella scuola di tutti gli Antiquarij dal Signor F. Martinelli E descritta con breue e facil modo... In Roma, appresso Bernardino Tani, M.DC.XXXXIV. In-24°, pp. (2), (12), 228. A p. 153 piccola curiosa tav. in rame bianca al v. Schudt 229. Le guide del Martinelli si caratterizzano talvolta per le loro minime dimensioni: questa misura cm. 10,5x5,2.
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Nel 1650 le edd. del Martinelli furono due: una a Roma presso Alberto Tani in occasione dell’ Anno santo (Schudt 230) l’altra con meno pagine a Padova presso Paolo Frambotto, per la prima volta legata con la Relatione della Corte di Roma del Lunadoro e Il maestro di Camera di F. Sestini (Schudt 231): combinazione che in seguito si ripeterà più volte. L’ed. Frambotto 1650 si può tuttavia trovare anche a sé stante.
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1658. Martinelli, Fioravante. Roma ricercata Nel svo sito... Terza impressione Reuista, corretta, & aggiunta dall’Autore in molti luoghi con figure, e con antiche e moderne eruditioni. A spese di Biagio Deuersin libraro al segno della Regina. Al colophon: In Roma Per il Mascardi. MDCLVIII. In-16°, pp. (16), 487 con difetti di numeraz., (34, 2bb.); antip. allegorica e otto tavv. in rame (di cui sei rip.) computate nella numeraz., tutte tranne una firmate da D. Barrière. Schudt 232.
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Questa affermazione — in mancanza ancora della data certa di morte dell’Autore, emersa quarant'anni più tardi si basa senza dubbio sulla conoscenza, da parte dello Schudt, della voce bibliografica sul Martinelli compilata da Prospero Mandosio (V. nota 82 dell’introduzione critica).
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1660. Martinelli, Fioravante. Roma ricercata nel suo sito... Quarta impressione. Reuista, corretta & accresciuta dall’Autore in molti luoghi... In Venetia, M.DC.LX. Per Gio: Pietro Brigonci. In-12°, pp. 178 (14); medaglione silogr. al front. Schudt 233 scheda in catalogo questa ed. a sé stante, ma qui la cita come legata al Lunadoro. Effettivam. la guida fu dal Brigonci pubblicata identica in entrambe le versioni; e altrettanto avvenne per le edd. 1662 e 1664 sempre presso il Brigonci. Nel 1671 il Martinelli fu stampato a Venezia da Francesco Valvasense con il Lunadoro, e da Zaccaria Conzato a sé stante; nel 1677 ancora due edd. a Venezia presso il Miloco e il Valvasense, entrambe con il Lunadoro e a sé stanti; nel 1689 a Roma da Antonio Tivanni col Lunadoro e da solo; infine nel 1702 per l’ult. volta a Venezia col Lunadoro da Antonio Bortoli. Questo per il gruppo di edizioni che lo Schudt giudica non divergenti tra di loro (salvo lievi differenze, ma tutte senza ill.)
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1702. Martinelli F. Roma Di Nuouo esattamente ricercata nel svo sito Con tutto ciò di Curioso in esso si ritroua sì antico, come moderno... di Fioravante Martinelli, Di nuouo con ogni diligenza corretta, & accresciuta, con belle figure. In Roma, per gl'Eredi del Corb (elletti). 1702. A spese di Giuseppe San-Germano Conio Libraro à Pasquino. In-12°, pp. (12), 216 (12); con 13 tavv. rip. f.t. e 25 semplici ciascuna con due figure sovrapposte, tutte inc. in rame a bulino. Schudt 246. È la variante in formato minore e con le belle ill. in rame che lo Schudt grandemente loda. Ebbe una ristampa identica l’anno seguente sempre per gli eredi Corbelletti con l’aggiunta di un’antiporta inc., e un’altra in occasione dell’Anno santo 1725 con in meno l’antip. e sei delle tavv. rip.
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1687. Martinelli F.-Flentin M. Roma ricercata nel suo sito... Del Signor Fioravanti Martinelli Romano. Di nuouo corretta, & accresciuta dal Signor Matteo Flentin Lieggese... In Roma, Per Francesco Tizzoni. 1687. A spese di Francesco Leone Libraro in Piazza Madama. In-8°, pp. (8), 180, (2). Silogr. al front. e molte ill. in legno n.t. tra cui una a doppia p. con piazza S. Pietro. Schudt 241 segnala questa guida come la prima della variante in-8°, più modesta e con silogr. di gusto popolare che uscirà più volte a Roma fino al 1725.
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1750. Martinelli F. Roma Ricercata nel suo sito Con tutte le curiosità, che in essa si ritrovano... Di Fioravante Martinelli Romano. In questa Nuova Impressione ampliata, e rinovata Colla Descrizzione delle Fabbriche, che fino al presente si veggono... Dedicata alla Divina Provvidenza. In Roma nella Stamperia di Francesco Ansillioni 1750. Si vendono da Giuseppe Agazzi in Piazza Navona all’Insegna della Carità (variante: all'Insegna di S. Tomasso d'Aquino). In-8°, pp. (4, con l’antip.), 228; vignetta in legno al front. Antip. allegorica e 40 ill. silogr. di buona qualità: parecchie sono nuove. Schudt 253. Lo stesso anno, sempre da Ansillioni, uscì un’ed. perfettam. identica, ma senza dedica e con: «Si vendono da Nicola Brondi Libraro a Pasquino all'Insegna di S. Gio: di Dio». Nessuna modifica alle edd. 1761 e 1769, mentre l’ed. Venezia 1771 è controversa.
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1725. Roma ampliata, e rinovata, o sia nuova descrizione della moderna Città di Roma, e di tutti gli edifizj notabili, che sono in essa... Colla Notizia delle Sacre Reliquie... degli Architetti, page 234 Pittori, Scultori... e delle cose più celebri dell’antica Roma... In Roma, MDCCXXV. Nella Stamperia di Pietro Ferri, dietro alla Minerva. Si vendono da Gregorio Roisecco Libraro in Piazza Navona, All’Insegna di S. Gio: Battista. In-8°, pp. (4), 208. Antip. inc. f.t., una tav. in rame rip. f.t. con piazza S. Pietro e 53 figg. silogr. n.t. Schudt 269. Questa guida ebbe lo stesso anno una variante con uguali front., antip. e la tav. f.t., ma con sole 45 silogr. n.t. Le pp. erano 191 (1b): Schudt registra questa variante. Invece un'ed. citata da Lozzi (n. 4205) al 1723 è un errore poiché entrambe le varianti hanno l’Imprimatur datato 13 novembre 1724. Dopo le edd. 1739 e 1750, la guida fu ristampata ancora nel 1762 da Nicola Roisecco; lo Schudt registrò quest’ultima al n. 1174 tra le edizioni incerte.
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1739. Herrlich erweitert- und verneuertes Rom... (Roma splendidamente ampliata e rinnovata...) von dem Italienischen Exemplar in das Teutsche übersetzt Durch J. A. HK. Augspurg, Druckts und verlegts Johann Michael Labhart 1739. In-8°, pp. (4), 311 (1). Schudt 272.
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1775. Nuova descrizione di Roma Antica e Moderna e di tutti li più nobili Monumenti sagri e profani Che sono in essa... In Roma MDCCLXXV. Nella Stamperia di Giovanni Zempel. A spese di Giuseppe Monti Mercante Libraro in Piazza Navona sotto l’Orologio di S. Agnese. In-8°, pp. VII (1), 294 (2bb.). In antip. un’inc. rip. con piazza San Pietro e numerose silogr. n.t. di gusto popolare. Schudt 256.
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1664 (1665). (Bellori, Giovan Pietro). Nota delli Mvsei, Librerie, Galerie, et ornamenti di statve e pittvre Ne' Palazzi, nelle Case, e ne' Giardini di Roma. In Roma, Appresso Biagio Deuersin, e Felice Cesaretti. Nella Stamperia del Falco. 1664. In-12°, pp. 66 (5, 1b.). Al colophon (p. 66) è ripetuta la stamperia, ma con la data del 1665. Schudt 279. Il testo è citato al front. del Lunadoro Relatione della Corte di Roma (Roma, Fabio de Falco, 1664) con cui appare solitamente legato; tuttavia si può trovare anche a sé stante. Schudt registrava l’importante operina come di autore anonimo segnalando nel testo 55 pp. (con esclusione cioè dell’ultimo capitolo sulle pitture romane antiche che peraltro citava), ma in catalogo riportava correttamente pp. 66 più cinque non num. Esistono esemplari che recano, in luogo dello stampatore de Falco, il nome di Bartolomeo Lupardi.
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Così nell’originale, ma vedi alla scheda precedente.
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1683. Sebastiani P. de’. Viaggio curioso de' Palazzi e Ville Più notabili di Roma. Di Pietro De' Sebastiani... In Roma, Per Paolo Moneta. 1683. In-12°, pp. (4), 64; marca tip. al front. Schudt parla diffusamente di quest’opera, che peraltro poi non si ritrova schedata nel suo catalogo ai numeri 411-413. Si potrebbero far rilevare qui e altrove i discrepanti giudizi che lo Schudt esprime nei confronti di uno stesso autore. Ad esempio, nel caso del de’ Sebastiani, ora lo elogia per le sue descrizioni di palazzi e ville di Roma: più avanti però (vedi alla nota 192) lo stronca a proposito di un’altra opera, piuttosto di carattere storico, per «le sue enunciazioni decisamente insignificante.»
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1693. Rossini P. Il Mercvrio Errante Delle Grandezze di Roma, tanto antiche che moderne; cioè de’ Palazzi, Ville, Giardini, & altre rarità della medesima. Diuiso in tre parti... Descritte da Pietro Rossini da Pesaro Antiquario... In Roma, per Gio: Molo. 1693. Nuovo front. per la terza parte: Il Mercvrio Errante Delle Antichità di Roma... In-12°, pp. (8), 129, (3); per la terza parte pp. (4), 159, (8, 1b. e 2 di aggiunta). Schudt 286. Due libri in un vol.; il primo libro è in due parti.
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1739. Rossini P. Il Mercurio Errante Delle Grandezze di Roma... In questa sesta Edizione migliorato, ed accresciuto... In Roma, 1739. Per Giovanni Zempel, presso Monte Giordano. A spese di Gaetano Capranica all’Insegna dell’Ercole tra le due Catene della Sapienza. In-12°, pp. (12 compr. l’occhiello), 355 (1). Antip. allegorica in rame e apparato ill. tratto maldestram. da un’ed. 700esca del Martinelli: complessivam. da 67 a 70 tavv. inc. f.t. di cui 21 rip. Schudt page 235 292. L’indicaz. della sesta edizione rimarrà anche nella ristampa identica 1741, firmata come editore da Fausto Amidei, con nuove tavole.
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1750. Rossini P. Il Mercurio Errante... di Pietro Rossini Antiquario, In questa settima Edizione migliorato, ed accresciuto... Diviso in due Parti La Prima contiene Palazzi, e Chiese, La Seconda Ville, Giardini... A spese di Fausto Amidei Libraro al Corso... In Roma, 1750. Per Generoso Salomone. In-12°, un vol. in due parti di pp. (10, 2bb.), 192 e (2), 146, (8, 2bb.). Le tavv. in rame f.t. sono compless. 20 di cui 9 nella prima parte; la seconda parte ha un front. proprio. Schudt 294. Delle tavv. f.t. otto recano la firma di G. B. Piranesi (in due alterata in "Piranese»): operazione editoriale dell’Amidei ripetuta nel Mercurio del 1760 sostituendo con sei di queste stesse incisioni altre già inserite in prima tiratura.
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1776. Rossini P. Il Mercurio Errante... di Pietro Rossini Antiquario, diviso in due parti... Edizione decima migliorata, ed accresciuta. Parte prima (seconda). In Roma MDCCLXXVI. Si vende da Gaetano Quojani Librajo alle Convertite, e dagli Eredi Amidei al Corso. In-12°, due voll. P. prima: pp. (4), XLIII (1b.), 439 (1b.), salto di numeraz. da 286 a 289 senza perdite. Pianta rip. di Roma mod., 6 tavv. in rame rip. f.t. e 9 piccole inc. n.t. P. seconda: pp. (2), 526, 18, con raddoppio delle 253 e 254 e otto pp. 1-8 tra 360 e 361. 11 tavv. inc. rip. f.t., di cui due firmate Piranesi e 10 picc. rami n.t. Schudt 297. I Musei capitolini sono descritti nella prima «giornata» alle pp. 1-167.
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1700. Pinaroli G. Trattato delle Cose più memorabili di Roma, tanto antiche, come moderne, con l’eruditioni di alcune statue, e bassi rilievi Palazzi Chiese... Diviso In due Tomi. Parte prima (seconda). Descritta da Giacomo Pinarolo Milanese... In Roma, l'Anno del Giubileo, MDCC. Per Antonio de Rossi alla Piazza di Ceri. In-12°, due parti in un vol. P. prima: pp. (24), 396, una tav. inc. rip. f.t. con piazza del Popolo. P. seconda: pp. (24), 331 (3, 2bb.). Schudt 302.
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1696. Eschinardi F. Espositione della Carta topografica Cingo lana dell'Agro Romano, Con la Eruditione antica, e moderna. Dedicata... Dal P. Francesco Eschinardi della Compagnia di Giesù. In Roma, MDCXCVI. Per Domenico Ant. Ercole, in Parione. In-12°, pp. XXIV (le prime 2bb.), 527 (1b.). Schudt 300. L’opera è divisa in due parti: la prima è una descriz. di Roma antica; la seconda, da p. 265, è la descriz. della Carta.
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1736. Gaddi G. B. Roma nobilitata nelle sue fabbriche dalla Santità di Nostro Signore Clemente XII. Descritta da Monsignor Giambattista Gaddi patrizio di Forlì. In Roma, 1736. Per Antonio de' Rossi nella strada del Seminario Romano. In-4°, pp. (9), 209 (1). Ritratto inc. f.t. di Clemente XII e begli ornamenti in rame. Schudt 414. Da p. 129, con proprio front., Il Campidoglio illustrato..., prima descrizione dei Musei capitolini.
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1744. Bernardini B. Descrizione del nuovo Ripartimento de' Rioni di Roma... Con la Notizia di quanto in essi si contiene. Opera del Conte Bernardino Bernardini patrizio romano. In Roma MDCCXLIV. Per Generoso Salomoni, presso S. Eustachio. In-8°, pp. (8), 256; stemma pontif. in legno al front. e all’inizio di ogni capitolo tabella in rame dei Rioni con relativi stemmi. In fine Pianta Del nuovo Ripartimento... rip. f.t., incisa da Carlo Nolli. Schudt 415.
L’ultimo Settecento e l’Ottocento
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1763. Vasi G. Itinerario istruttivo diviso in otto Stazioni o Giornate per ritrovare con facilità tutte le antiche e moderne Magnificenze di Roma. Dedicato... da Giuseppe Vasi Conte Palatino... In Roma MDCCLXIII. Nella Stamperia di Marco Pagliarini. In-16°, pp. (8), 339 (1). Vignetta inc. al front. e 33 piccoli rami n.t. che il Vasi, celebre incisore, ridusse dalla sua grande opera sulle Magnificenze di Roma. Schudt 307. Le edd. di Roma 1765 e di Napoli 1770 citate dallo Schudt in realtà erano intitolate Indice istorico del Gran Prospetto di Roma, ovvero Itinerario...
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L’errore è alla stessa pagina della prima ed. 1763, mentre risulta corretto nell’ed. napoletana 1770.
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1777. Vasi G. Itinerario istruttivo diviso in otto Giornate per ritrovare... Cioè tutte le Opere di Pittura, Scultura, e Architettura con nuovo metodo compilate dal Cavalier Giuseppe Vasi. Terza Edizione corretta, ed accresciuta di molte Notizie e di Rami dal medesimo Autore... In Roma MDCCLXXVII. nella Stamperia di Arcangelo Casaletti. In-16°, pp. (8), 584. Vignetta inc. al front., due piante rip. f.t. di Roma antica e moderna e 14 tavv. in rame f.t. ciascuna con due piccole ill. sovrapposte. Inoltre 47 vedutine inc. n.t. come alle preced. edd., in parte nuove. Schudt 310.
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L’ed. 1786 è una trad. francese della guida, due voll. legati in uno a numeraz. continua; nel front. accanto al nome di Giuseppe Vasi, morto quattro anni prima, appare per la prima volta quello del figlio Mariano.
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1812. Vasi M. Itinerario istruttivo di Roma antica e moderna ovvero descrizione generale dei Monumenti antichi e moderni, e delle opere le più insigni di pittura, scultura ed architettura... di Mariano Vasi Romano... Tomo primo (secondo). In Roma. Si trova presso l'Autore, nella Via del Babuino verso la piazza di Spagna, num.° 122... MDCCCXII. Al colophon: Roma, dai torchj di Luigi Perego Salvioni l’anno 1812. In-12°, due voll. di solito legati in uno. T. primo: pp. XXIV, 220; trenta tavv. in rame f.t., le prime due rip. (piante di Roma antica e moderna). T. secondo: pp. da 221 a 479 (1) e sedici tavv. f.t. Schudt 315.
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La soppressione delle opportunistiche aggiunte fu operata in coincidenza con la fine dell’occupazione francese di Roma.
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1818. Vasi, Mariano-Nibby, Antonio. Intinerario istruttivo di Roma Antica e Moderna, ovvero descrizione... del Cavalier M. Vasi Antiquario Romano. Riveduta, corretta ed accresciuta da A. Nibby. Tomo primo (secondo). In Roma nella Stamperia de Romanis MDCCCXVIII... In-12°, due voll. T. primo: pp. XXIV, 280; due piante di Roma e 32 tavv. in rame f.t.. T. secondo: pp. (2) e da 281 a 588 (ma ripetute le pp. 281-282), 16 tavv. I rami si possono trovare anche diversam. impaginati. Schudt 318.
1824. Nibby, Antonio. Itinerario istruttivo di Roma e delle sue Vicinanze compilato già da Mariano Vasi ora riveduto, corretto, ed accresciuto secondo lo stato attuale dei monumenti dal Professore A. Nibby. Tomo primo (secondo). Roma MDCCCXXIV. Presso Luigi Nicoletti all’antica Calcografia Vasi, via del Babuino n. 122. In-12°, due voll. T. primo: pp. XXIV, 324; due piante rip. di Roma e 25 tavv. in rame f.t. T. secondo: pp. da (325) a 679(1) e 23 tavv. Schudt 320. Prima ed. del solo Nibby, già uscita in francese lo stesso anno.
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La data 1844 è forse un errore di stampa perché l’ultima ed. del Nibby prima del binomio col Valentini è quella francese del 1834. Schudt registra in catal. come prima ed. Nibby-Valentini quella del 1844 ignorando l’italiana del 1838, di cui si dà qui la scheda. Riporta tuttavia le due francesi del 1838/39 e del 1842 pure di proprietà di Agostino Valentini. Comunque il nome del Nibby rimarrà sempre nei frontespizi fino al 1894; la collaborazione editoriale di Filippo Porena ebbe inizio con le edd. ital. e franc. del 1877.
1838. Nibby, Antonio. Itinerario di Roma e delle sue Vicinanze compilato secondo il metodo di M. Vasi da A. Nibby... Quarta Edizione. Tomo primo (secondo). Roma 1838. Dai tipi di Pietro Aurelj. Proprietà di A. Valentini e G. Antonelli. In-12°, due voll. T. primo: pp. 353 (1); due piante rip. di Roma antica e moderna e 24 tavv. in rame f.t. T. secondo: pp. da 355 a 728 (1) e 16 tavv. f.t. (ma salto di numeraz. da p. 700 a 711 senza perdite). Manca a Schudt. Importante l’Avvertimento al Lettore (pp. 5-8) con la storia delle sue edizioni, già inserito dal Nibby nella guida del 1830.
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1835-1838. Cipriani G. B. Itinerario Figurato degli Edifizi più rimarchevoli di Roma compilato da Gio. Batt. Cipriani secondo il metodo del fu Vasi. Legato con: Descrizione itineraria di Ro page 237 ma fatta da Gio. Batt. Cipriani. Roma presso M. Perego Salvioni, 1838. In-4°, due voll. in uno, ma talora anche separati. I.: Front. inc., pp. XI (1) di testo e cento belle tavv. in rame del Cipriani. II.: Pp. (8), 188. Schudt 426-427. Il testo è diviso in otto giornate (come le tavole) secondo l' Itinéraire del Nibby 1834.
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1841. Pistolesi E. Descrizione di Roma e suoi contorni con nuovo e breve metodo per vedere la Città in otto giorni. Adorna d' Incisioni de' primi bulini di Erasmo Pistoiesi. Roma, per l'Editore Giovanni Gallarmi Librajo... 1841. In-12°, pp. 682 (2); front. inc. e bella pianta di Roma rip. Sette tavv. inc. f.t. di cui una in antip. Schudt 389. La guida uscì in prima tiratura l'anno stesso con front. leggerm. diverso e solo cinque tavv. più la pianta. Alle ristampe segnalate dallo Schudt occorre aggiungere quelle degli anni 1844, 1856 e una s.d. che peraltro dovrebbe precedere quella del ’56. Quest’ultima ha, oltre alla solita pianta, 11 tavv. in rame tutte nuove meno la prima.
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1855. Mercuri F. Nuovelle description de Rome et des Environs d’après les ouvrages de Nibby, Vasi et d’autres Auteurs augmentée d'une description des fouilles les plus récentes... par le professeur Philippe Mercurj. Tome Ier. (IIe.). Rome, 1855. Proprieté de L. Piale. In-8°, due voll. talora legati in uno, pp. LXX, (2), 410 (2) e 387 (1); 14 tavv. in acciaio al primo vol. e altrettante al secondo. Schudt 401. In fine, all'Imprimatur, è scritto: Roma 1854. Tipografìa Forense, ed. di cui questa è la ristampa identica. Lo Schudt ignora le edd. 1853, 1854, 1857, 1862 e 1868, tutte in francese: l’editore-libraio Luigi Piale era bene introdotto nei mercati francese e inglese.
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1820. Fea C. Nuova descrizione di Roma Antica e Moderna e de’ suoi Contorni, sue rarità specialmente dopo le nuove scoperte cogli scavi... compilata per uso de' colti viaggiatori Dal Sig. Avvocato D. Carlo Fea... e pubblicata da Angiolo Bonelli. Tomo I. (... III.) Roma MDCCCXX. Dai Torchi di Crispino Puccinelli. Nel Negozio Piale... e da Gio. Scudellari... In-12°, tre voll. a numeraz. continua; pp. 264; da 265 a 502, VI; da 503 a 726, VI. 32 tavv. in rame f.t. complessive. Schudt 376. A partire dall’ed. francese 1821 nelle num. guide del Fea fu inserita una bella pianta inc. di Roma (cm. 33,5x45) dedicata dall’edit. alla duchessa di Devonshire.
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1834. Melchiorri G. Guida Metodica di Roma e suoi contorni. Divisa in quattro parti... Opera arricchita di 4 tavole grandi e di 40 tavole incise in rame, rappresentanti i principali monumenti della città, e compilata con nuovo metodo dal Marchese Giuseppe Melchiorri Romano... Volume unico diviso in tre parti. Roma 1834. Al v. del front.: Tipografìa di Crispino Puccinelli. In-12°, pp. (8), 887 (1); di solito il vol. è unico, ma ci sono es. divisi in due e anche tre voll. Le 4 piante sono rip. f.t. (una è acquerellata a mano); le piccole tavv. f.t. sono in realtà 20, contengono per lo più due figg. ciascuna e non sono inserite in ordine: la prima è num. 4. Schudt 383. Le indicazioni relative alla materia di questa guida riportate nel testo dello Schudt sono tratte dal front. della prima edizione. L’ed. 1856 uscì un anno dopo la morte dell’A. a cura di Filippo Mercuri, accresciuta di quasi 200 pp.
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1851. Rufini A. Itinerario ossia metodo facile e sicuro di visitare senza altra guida le Chiese della città di Roma compilato da Alessandro Rufini. Roma, Tipografia Chiassi, 1851. In-12°, pp. 205 (2). Schudt 394. Sono interessanti le fitte e dotte citaz. bibliografiche a corredo di ogni descrizione.
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1857. Rufini A. Guida di Roma e suoi dintorni ornata di parecchie vedute della città e corredata di tutte quelle notizie che possono importare al viaggiatore. Per il Cav. Alessandro Rufini. Roma 1857. Dalla Tipografia Forense Presso Fontana di Trevi N. 4. In-16°, pp. (14), 422 (1, 1b.); con una pianta di Roma inc. rip. all’inizio e 10 vedutine in rame f.t. per la maggior parte di D. Pronti, con date di fine '700 e molte firme abrase. Schudt 395. La prima ed. di questa guida uscì in francese nel 1849, sconosciuta allo Schudt.
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Occorre rettificare lo Schudt: nel 1779 uscì l’ed. italiana dell’opera maggiore in quattro voll. in-fol. come la prima francese. Il compendio fu pubblicato in franc. nel 1778 (e nel ’79 in ital.).
page 2381778. (Magnan, Dominique). La Ville de Rome ou Description abregée de cette superbe Ville, Avec deuxplans généraux & ceux de ses XIV. Quartiers... Premiere (Seconde) Partie. A Rome Chez Charles Losi. Rue de Condotti... MDCCLXXVIII. In-12°, due voll. in uno a numeraz. continua e con propri front.; pp. IV, 264 e IV, da 265 a 448 (4 pp. edit.). Le tavv. in rame rip. f.t. provengono dall’opera maggiore e sono 11 nella prima parte e 5 nella seconda. Schudt 363 (nel catalogo data correttamente al 1778).
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Schudt (ai n. 423-424 e qui) attribuisce erroneam. le edd. 1826 a Stefano Piale, che invece si limitò alla revisione e all’aggiornamento del vecchio testo ridotto del Magnan: questi non ha mai firmato al front. le sue edd., neppure le maggiori.
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1782. Chiusole A. Le pitture, sculture ed architetture più rare di Roma osservate e indicate dal Cav. Adamo Chiusole Roveretano fra gli Arcadi Vergisio Sipiliano. In Vicenza 1782. Nella Stamperia Turra. In-8°, pp. 66. Estratto, con propri front. e paginaz., dall’ed. maggiore riguardante «molte città d’Italia». Schudt 418.
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1794. Manazzale A. Rome et ses Environs. Avec une description générale très-exacte de tous ses Monuments anciens, & un abrégé de ses beautés les plus remarquables en moderne... par l’abbé André Manazzale, antiquaire à Rome. Il l’a ornée d’une nouvelle collection de vües les plus intéressantes... Tome Premier (Seconde). Florence MDCCXCIV. Chez Cajetan Cambiagi Imp. Granducal. In-12°, due voll. a numeraz. continua, pp. (8), 206 e (2), da 207 a 468; complessivam. 30 tavv. f.t., ciascuna con due graziose stampine in rame sovrapposte, molte firmate D. Pronti e alc. datate 1779. Schudt 367.
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1817. Manazzale A. Itinerario di Roma e suoi contorni o sia descrizione de' monumenti antichi, e moderni Coll’indicazione delle più belle Pitture, Sculture, ed Architetture. Opera dell'antiquario Andrea Manazzale Tradotta dalla terza Edizione Francese ed aumentata da Stefano Piale... Ornata delle vedute più interessanti di Roma. Tomo I. (II.) Roma MDCCCXVII. Dai Torchj del Mordacchini. Presso Giovanni Scudellari e Pietro Piale. In-12°, due voll. talora legati in uno. Tomo I.: pp. X, 252 e 17 tavv. in rame f.t. Tomo II.: pp. (4) e da 253 a 587 (1b.) e 12 tavv. Le tavole sono come alla sch. 105. Schudt 372. L’ed. francese citata era uscita l’anno prima a Roma da Bourlié col nuovo titolo, qui tradotto. Della versione italiana è segnalata una prima edizione del 1816, non registrata da Schudt.
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1830. Roma compiutamente descritta in sette giornate per comodo de' forastieri con un’appendice de contorni... Con tavole in rame. Roma nella Stamperia Poggioli, 1830. Si vende alle Librerie de-Romanis... In-16°, pp. XLIV, 364 (2); 21 tavv. inc. f.t. (come reca l’indice, ma le bibliogr. riportano 26 tavv. o anche due piante rip. e 21 tavv.). Schudt 425. Oltre all’ed. 1842 registrata da Schudt esistono le edd. 1837, [1845] e 1857.
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1864. Finardi, Adone. Roma antica e Roma moderna ovvero nuovissimo itinerario storico-popolare-economico... Diviso in otto giornate e redatto sulle opere del Vasi del Nibby del Canina ed altri distinti archeologi per A. Finardi. Roma Tipografia Tiberina Piazza Poli N. 11. 1864. In-16°, pp. 286 (1); con 12 ill. silogr. n.t. di cui una a piena p. Schudt 429. Altre edd. 1867 e 1869. Citando questa guida al paragrafo riguardante Filippo Mercuri, Schudt l’aveva giudicata «senza valore».
II. Topografia scientifica
Dall’Opusculum di un fiorentino alle Sette Chiese romane
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1510. Albertini F. Opvscvlvm de Mirabilibus Nouae ueteris Vrbis Romae editum a Frãcisco de Albertinis Clerico Florẽtino dedicatum Iulio secundo Pon. Max.... Al colophon: Impressum Romae per Iacobum Mazochium Romanae Academiae Bibliopolam... ãno Salutis. M.D.X. Die iiii Febr. In-4°, cc. (103, 1b.); tit. in car. got. con versi di Andrea Fulvio al front. entro elegante cornice silogr. Schudt 430.
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1570 Panvinio O. Onvphrii Panvinii Veronensis... De praecipuis Vrbis Romae sanctioribusq basilicis, quas Septem ecclesias uulgo uocant, Liber. Romae Apud Haeredes Antonii Bladii Impressores Camerales. 1570. In-8°, pp. (7, 1b.), 271 (1b.); marca tip. al front. e a p. 190 due ovali silogr. con S. Pietro e S. Paolo. Errori di numeraz. tra le pp. 112 e 125 senza perdite. Schudt 435.
1570. Panvinio O. Le Sette Chiese Romane del R.P.F. Onofrio Panvinio Veronese. Tradotte da Marco Antonio Lanfranchi. In Roma per gli heredi di Antonio Biado 1570. In-8°, pp. (6, 2bb.), 346 (2, 4bb.).; stemma silogr. al front. e a p. 241 vignette in legno con i Ss. Pietro e Paolo. Errori di numeraz. ma segn. regolare. Schudt 436.
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1588. Ugonio P. Historia delle Stationi di Roma Che si celebrano la Quadragesima di Pompeo Vgonio... dove... si tratta delle Origini, Fondationi, Siti, Restaurationi, Ornamenti, Reliquie, & memorie di esse Chiese, antiche & moderne. In Roma, Appresso Bartholomeo Bonfadino. 1588. In-8°, cc. (20, la 8 è b.), 318, (10); salti di numeraz. senza perdite di testo. Piccoliss. silogr. di santi n.t. Stemma di Sisto V al front. e ritratto in rame f.t. di questo pontefice. Schudt 438.
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1600. Panciroli O. I tesori nascosti nell'Alma Città di Roma, e posti in luce per opera d'Ottauio Panciroli Teologo da Reggio. In Roma, Appresso Luigi Zannetti, M.DC. In-8°, pp.954, (12, 2bb.); vignetta silogr. e stemma di Clemente VIII al front., altri piccoli legni n.t. Schudt 439.
1625. Panciroli O. Tesori nascosti dell’alma Città di Roma con nuouo ordine ristampati, & in molti luoghi arricchiti da Ottavio Panciroli... Quest’opera oltre alcuni Trattati, dell'Anno Santo, e modo ai visitar le quattro Chiese... contiene tutte le Chiese di Roma distinte per Rioni... In Roma, Appresso gli Heredi d’Alessandro Zannetti. MDCXXV. In-8°, pp. (8), 847, (65). Qualche ornamento silogr. Schudt 440. In questa ed. il numero delle chiese è salito a 349. La guida ebbe una ristampa lo stesso anno «ad istanza di Fabritio Dauid in Parione all'Insegna del Popolo Rom.».
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1630. Severano G. Memorie sacre delle Sette Chiese di Roma e di altri luoghi, che si trouano per le strade di esse. Parte prima. In cui si tratta Dell’antichità di dette Chiese... Parte seconda. In cui si tratta Del modo di visitar le dette Chiese. Composte da Giovanni Severano da S. Seuerino... In Roma, Per Giacomo Mascardi M.DC.XXX. In-8°, due voll. talora legati in uno, pp. (16), 740 e 304, (80); piccola silogr. ai front. Piante in rame di S. Pietro, del Laterano e altre quattro minori di cui una n.t., tutte nel primo vol. Schudt 441.
Tre autori fra Seicento e Settecento
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1653. Martinelli F. Roma ex ethnica Sacra Sanctorvm Petri et Pavli apostolica praedicatione profvso sangvine. A Floravante Martinello Romano Publicae venerationi exposita. Typis Romanis Ignatij de Lazaris. M.DC.LIII. In-8°, pp. (12), 452, (60). Grande vignetta al front., due medaglioni a p. 114 e un’inc. a p. 453, tutto in rame. Schudt 442 ha già citato alla nota 4 del suo testo il cap. XIII di quest’opera che è una delle prime bibliografie su Roma.
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1664. Alveri G. Roma in ogni stato... di Gasparo Alveri. Parte prima. Doue si tratta... In somma ciò che di segnalato, e di grande si legge sparso della Romana Potenza in diuersi Auttori... Si vende all’insegna di Genoua appresso Giacomo Antonio Celsi Libraro al Collegio Romano. In Roma, Nella Stamperia di Vitale Mascardi, MDCLXIV Parte seconda. Nella quale distinta in venti Giornate si tratta del sito di essa più moderno... Si vende... In Roma, Nella Stamparia di Fabio di Falco M.DC.LXIV. In-fol., due voll. di pp. (10), 579, (7) e (9, 1b.), 405 (1b.), (97, 1b.). Difetti di numeraz. al primo vol. che si fregia di una bella antip. allegorica in rame. Schudt 444. Antiche bibliogr. citano due edd. della prima parte datate 1654 e 1662.
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1766. Venuti R. Accurata, e succinta descrizione topografica e istorica di Roma moderna. Opera postuma dell’Abate Ridolfino Venuti Cortonese... Ridotta in miglior forma, accresciuta, e ornata di molte Figure in Rame. Tomo primo (secondo). In Roma MDCCLXVI. Presso Carlo Barbiellini. In-4°, due tomi solitamente legati in un vol.; pp. VIII, 288 e (4), 289-548. Ovale inc. ai due front. e 54 tavv. in rame f.t., per lo più nel primo tomo. Schudt 446. Delle 54 inc., 28 vengono indicate come «piranesiane» ma solo 20 sono firmate (due con «Piranese»!); le altre 8, ritoccate in forma più o meno pesante, presentano la firma alterata. In maggioranza provengono ancora dall’album di vedutine pubblicato nel 1745 da Fausto Amidei (V. sch. 187).
Le grandi opere dell’Ottocento
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1838-1841. Nibby A. Roma nell’anno MDCCCXXXVIII., descritta da Antonio Nibby... Parte I e II Antica (1838-1839); parte prima e seconda Moderna (1839-1841). Roma, Tipografìa delle Belle Arti. 1838-1841. In-8°, quattro voll. di pp. VIII, 667 (1); (4), 856; XIV, 783 (1); 1016 (2); con 13 tavv. inc. f.t. nel primo vol. (la prima, acquerellata a mano, è rip. al front.), 20 nel secondo, 4 nel terzo e 26 nel quarto; la tav. XXII è sdoppiata in A e B. Bel ritratto inc. del Nibby al quarto vol. (uscito dopo la sua morte), ma talora al primo vol. Schudt 450.
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1842-1844. Donovan J. Rome Ancient and Modem and its Environs by very Rev. Jeremiah Donovan D. D. Volume I. (... IV). Rome, printed for the Author by Crispino Puccinelli MDCCCXLII-MDCCCXLIV. In-8°, quattro voll. Vol. I. (1842): pp. (6), XXVI, 652 e 6 tavv. f.t. Vol. II. (1844): pp. 508 e 4 tavv. Vol. III. (1843): pp. (4), da 507 a 1074 e 21 tavv. Vol. IV. (1844): pp. 993 (1) e 30 tavv. Schudt 451. Malgrado la diversa disposizione della materia, l’opera ricalca la Roma nel 1838 del Nibby, da cui riprende nella quasi totalità le incisioni del Cottafavi e l'impianto grafico.
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1829-1842. Platner-Bunsen-Gerhard-Roestell. Beschreibung der Stadt Rom von Ernst Platner, Carl Bunsen, Eduard Gerhard und Wilhelm Roestell... Erster Band... Stuttgart und Tübingen, in der J.G. Cotta’schen Buchhandlung. 1829: in-8°, pp. LXXX, 705 (1b., 2). Zweiter Band... Erste (zweite) Abtheilung, 1832 e 1834: in-8°, pp. VIII, 411 (3) e XIV, (2), 440. Dritter Band... Erste (zweite, dritte) Abtheilung, 1837, 1838 e 1842: in-8°, pp. X (6), 686 (2); XIV (2), 604; XVI, 694 (1). Seguono due album in-folio: Bilder-Heft zur Beschreibung der Stadt Rom... Stuttgart und Tübingen, Verlag der J. G. Cotta’schen Buchhandlung. 1833 (con 12 tavv. in rame e litogr.); Bilderheft zur Beschreibung... (c. s.), 1837 (con altre 12 tavv.). Schudt 448. Opera monumentale in tre voll. su sei tomi, più due album contenenti le relative tavole, meno una che sta in fondo all’ult. tomo.
III. Libri devoti, in versi e in lingua straniera
Manuali per i pellegrini
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1588. Santi Solinori (o di S. Agostino) fra. Stationi delle Chiese di Roma... con vna breue narratione della fondatione, & Consecratione di dette Chiese... Raccolte dal Reuerendo Padre Fra Santi, dell'Ordine di Santo Agostino... In Venetia, Per Girolamo Francino, Libraro in Roma, al segno della Fonte. MDLXXXVIII. In-8°, cc. (8), 110 (1, 1b.). Vignetta devozionale al front. e 47 silogr. del Francino o Franzini n.t. Schudt 452. Le silogr. di questa guida sono tratte in parte dalle Cose Maravigliose pubblicate lo stesso anno dal libraio-editore, con cui talora si trova legata.
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1629. Gallonio S. Guida angelica perpetua per visitar le Chiese, che sono dentro, e fuori di Roma tutto l'Anno, e ne’giorni delle Feste... Aggiuntoui in questa nuoua impressione le Stazioni, che corrono tutto l’Anno. Dedicata... da Stefano Gallonio Romano, Sottosagrestano di quella Basilica. In Roma, per il Grignani, 1629. In-12°, pp. 96. Schudt 454: «Prima edizione della Guida angelica in forma di libro».
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1675. Piazza C. B. Santuario, overo Menologio Romano perpetuo per la Visita delle Chiese, Feste, Indulgenze, Stazioni, Reliquie de Santi, e cose Sacre Memorabili di Roma. Dell'Abate Carlo Bartolomeo Piazza... Parte prima (seconda). In Roma, à spese di Felice Cesaretti, e del Tinassi. M.DC.LXXV. In-12°, due voll. di solito legati in uno; pp. (22), 503 (1) e 240. Schudt 464. Prima opera di questo prolifico scrittore, arciprete di S. Maria in Cosmedin di Roma.
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1694. Piazza C. B. Hieroxenia, Ouero sagra pellegrinazione alle Sette Chiese di Roma. Con le Due d’antichissima Diuozione, che fanno le Nove Chiese. Dell’abbate Carlo Bartolomeo Piazza... In Roma, Per gli Eredi del Corbelletti 1694. In-16°, pp. (24), 288, 144; bella antip. in rame con allegoria di Roma sacra. Tra questa e il front., due pp. di citazioni da antichi testi. Schudt 468.
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1702. Piazza C. B. Eorterologio ovvero le Sacre Stazioni Romane, e Feste mobili Loro origine, Rito e Venerazione nella Chiesa Romana... Dell’Abbate Carlo Bartolomeo Piazza... In Roma M.DCC.II. Nella Stampa, e Gettaria di Gaetano Zenobj, presso la Gran Curia Innocenziana. In-8°, pp. (20), 544, (8). Alla fine, con propri front. e numeraz., le Preci..., pp. 146 (4, 2bb.). Schudt 471.
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1679. Piazza C. B. Opere pie di Roma, descritte secondo lo stato presente, e dedicate... dall'Abbate Carlo Bartolomeo Piazza. In Roma, Per Gio: Battista Bussotti, 1679. In-4°, pp. (24), 788. Schudt 465.
1698. Piazza C. B. Evsevologio Romano, overo delle Opere Pie di Roma, Accresciuto, & ampliato secondo lo stato presente. Con due Trattati delle Accademie, e Librerie celebri di Roma. Dell'Abbate Carlo Bartolomeo Piazza... Seconda impressione... In Roma, MDCXCVIII. A spese di Felice Cesaretti, e Paribeni Librari à Pasquino all’Insegna della Regina. Per Domenico Antonio Ercole alla Strada di Parione. In-4°, pp. XXXII, 518 (2bb.) per la prima parte, e 300 per la seconda; più CCVI (2) per i trattati. Schudt 469.
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1805-1808. Partenio G. M. (pseud. di Giuseppe Maria Mazzolari). Diario Sacro. Trimestre I (... IV). Del chiarissimo Giuseppe Mariano Partenio... Seconda edizione riveduta, ed accresciuta dall'Avv.° Leonardo Adami... Tomo primo (... quarto). Roma MDCCCV-MDCCCVI. Nella Stamperia di Luigi Perego Salvioni. In-12°, quattro voll.: pp. VIII, 435 (1); VIII, 448; VIII, 447; VIII, 423 (1). A questi voll. vanno aggiunti i seguenti altri, tutti di seconda ed.: Vie Sacre del chiarissimo Giuseppe Mariano Partenio... Tomo I. (II.). Roma MDCCCVI-MDCCCVII. Nella Stamperia di Luigi Perego Salvioni. In-12°, due voll.: pp. XVII (1), 255 (1b.) e XVI, 240, XLIII (1b.). Una tav. inc rip. Le Sacre Basiliche del chiarissimo... Roma MDCCCVIII. Nella page 242 Stamperia di Luigi Perego Salvioni. In-12°, pp. XIV (2), 291 (3, 2bb.). Schudt 476. Della prima ed. di quest’opera, uscita a Roma negli anni 1779-1783 in cinque tomi, non esiste nelle biblioteche pubbliche romane alcun esemplare completo. Nel suo saggio introduttivo lo Schudt parla anche di un vol. VIII di seconda ed. (?), che poi non è registrato nella scheda in catalogo. Si tratta di un testo a sé di Leonardo Adami, Del culto dovuto a’Ss. Mm. cemeteriali e dell’antichità di due antiche lapidi cristiane..., Roma MDCCCXV. Nella Stamperia di Luigi Perego Salvioni. In-12°, pp. 147 (1).
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1771. Vasi G. Tesoro Sagro e Venerabile cioè le Basiliche, le Chiese, i Cimiterj, e i Santuarj di Roma... raccolti e con brevità descritti da Giuseppe Vasi... Parte prima (seconda). In Roma MDCCLXXI. Nella Stamperia di Marco Pagliarini. In-16°, due voll. talora legati in uno. P. prima: pp. XII, 396; vignetta in rame al front. stampato in rosso e nero e 28 picc. inc. n.t. P. seconda: pp. XII, 370 (2bb.); vignetta al front. e 18 ill. in rame. Schudt 473. Le vedutine sono incise dallo stesso Vasi.
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1550. Poiano, Giovanni Battista. De Iobileo et Indulgentiis Libri tres, recolecti ex repetitione D. Io.Bap. Pauliani in C. cum ex eo extra de Poenit. & Remiss. Romae, apud Valerium, & Aloisium Doricos fratres. Anno M.D.L. In-8°, pp. (6, 2bb.), 255 (1b.). Stemma silogr. di Giulio III al front. Schudt 478. Diversamente da quanto asserito dallo Schudt, che cioè questa sarebbe la più antica pubblicazione giubilare, ne esistono alcune anche per l’Anno santo 1500: cfr. Perali, Prontuario bibliografico..., Roma 1928, pp. 1069-1070.
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1575. Zino P. F. L’Anno Santo MDLXXV, nel Pontificato di N. S. Papa Gregorio XIII. Auertimenti per riceuere con frutto il Giubileo nell’Anno Santo... Raccolti dal Reverendo M. Pier Francesco Zino... Venezia, per Francesco & X. Rampazetto, 1575. In-12°, cc. (12), 404 (in realtà 408). Il vol. contiene, nella numeraz., Le Sette Chiese del Panvinio 1575 e Le Cose Maravigliose pure del 1575, entrambe edite dal Rampazzetto. Schudt 479.
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1577. Pientini A. Le Pie Narrationi dell’opere piv memorabili fatte in Roma l’anno del Givbileo 1575. Composte dal M.R.P.F. Angelo Pientini... In Viterbo, per Agostino Colaldo, M.D.LXXVII. In-4°, pp. (16), 374 (2), (8); difetti di numeraz. Vignetta in rame al front. e ornamenti silogr. Shudt 481. L’opera è divisa in quattro libri e stesa in forma di dialogo tra due personaggi che si raccontano i fatti di Roma nel 1575. Il Pientini aveva in precedenza scritto altre due opere sull’argomento, De Sacro Jubileo libri quatour (Roma 1575) e Il Sacro Giubileo (Napoli 1576), sconosciute allo Schudt.
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1575. Serrano, Marco A. M. Attilii Serrani De septem Vrbis Ecclesiis Vna cum earum Reliquijs, Stationibus, & Indulgentijs... Romae, Apud Haeredes Antonij Bladij Impressores Camerales. Anno Iubilaei. M.D.LXXV. In-8°, pp. (8), 139 (20, 1b.). Al front. stemma silogr. di Gregorio XIII e ornamenti in legno; marca tipogr. alla penult. pagina. Schudt 480.
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1625. Torrigio, Francesco Maria. Sacro Pellegrinaggio cioè Instruttione per i Pellegrini e Forastieri che visiteranno le quattro Chiese deputate in Roma il presente Anno del Santissimo Giubileo 1625... In Roma, per l’Erede di Bartolomeo Zannetti, 1625. In-12°, pp. 23 (1). Schudt 484.
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1649. Onorati M. Tesori dell’Anno Santo. Ceremonie in aprire la Porta santa, e significato di esse. Magnificenza delle quattro Basiliche, che si visitano... Di Marsilio Honorati da Viterbo... In Roma, Appresso Francesco Caualli. 1649. In-12°, pp. (16), 318 (2). Vignetta in legno al front., ornam. silogr. Schudt 485.
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1700. Vaccondio G. B. Notizie istoriche delle quattro Basiliche di Roma, Raccolte sotto brevità di Gio. Battista Vaccondio... E con nuouo ordine descritte nella forma, ch’à tempi nostri si ritrouano... In Roma, Per gl’Er. del Corb. 1700. In-12°, pp.(12), 189 (2); capilett. e tre medaglioni silogr. n.t. Schudt 494. «Corb.» sta per Corbelletti.
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1725. Gentili, Francesco Maria. Guida Fedele per il Pellegrino Divoto, che giunge nell’Alma Città di Roma, per acquistare il Giubileo nel Presente Anno Santo MDCCXXV... Con una descrizione delle quattro Chiese Patriarcali... In Roma, per Antonio de Rossi, 1725. Si vendono da Gaetano Capranica... In-12°, pp. (12), 405 (1). Schudt 496.
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1749. Marangoni G. Il divoto pellegrino Guidato, ed Istruito nella Visita delle quattro Basiliche di Roma, per il Giubileo dell'Anno Santo MDCCL. Colle Memorie Sagre più singolari... Raccolte dal Canonico Giovanni Marangoni... In Roma MDCCXLIX. Nella Stamperia del Chracas, presso S. Marco al Corso. In-12°, pp. XXIV, 408. Piccole ill. silogr. n.t. delle basiliche più Castel S. Angelo e un Crocifìsso a piena p. Schudt 501. L'A. si diffonde in particolare sulla descriz. delle basiliche e delle chiese che si incontrano lungo l’itinerario tra l’una e l’altra di esse.
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1774. Gambogi, Giovanni. Notizie storiche Per l'Anno del Giubileo Universale e delle quattro Basiliche Che in tal tempo si visitano... Raccolte da Gio: Gambogi Romano... In Roma MDCCLXXIV. Nella Stamperia Cracas. In-8°, pp. VIII, 224 (1, 1b.). Front. entro cornice silogr. Ill. in legno come alla scheda 136. Schudt 502. Dal secondo al quinto libro descriz. delle basiliche maggiori.
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1601. Fanucci C. Trattato di tvtte l’Opere pie dell’alma Città di Roma. Composto dal Sig. Camillo Fanucci Senese. Nel quale si descriuono tutti gli Spedali, Confraternite, & altri luoghi pij... In Roma, per Lepido Facij & Stefano Paolini, 1601. In-8°, pp. 421 (5), in realtà 431 (5) per un salto di numeraz. Marca tip. al front. e ornam. silogr. Schudt 505. Il colophon reca la data del 1602.
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1698. Bona, Renato. Le Quattro, Sette e Nove Chiese di Roma, illustrate nella loro Antichità, con la Notitia dell'Istorie, ed arricchite con li preggi della Pittura, Scoltura, et Architettura... In Roma, per Gaetano Zenobi, e Giorgio Placho vicino la Colonna Traiana. 1698. Si vendono in Piazza Nauona all’Insegna del Morion d'oro da Mutio, Mauritio, e Gio. Battista Bona. In-12°, pp. 132; nella c. che precede il front., al recto tit. abbrev. e silogr. con un motto, al verso altra silogr. a piena p. Schudt 510.
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1763. Fioravanti G. A. Visita priuilegiata delle Sette Chiese descritta dal P. Giuseppe Antonio Fioravanti... Propria e non meno vtile che diletteuole a' Parrochi, Confessori, Sacerdoti, e ad ogni Cristiano. Fermo, MDCCLXIII. Per Filippo, e Fabio-Maria Lazzarini Stamp. In-4°, pp. 32, 612, (4); qualche ornam. silogr. In fine grande pianta antica di Gerusalemme in rame rip. f.t. (cm. 43 x 52,5 ai marg.) che evidenzia le sette stazioni o luoghi della Passione di Cristo da cui trasse origine la tradizione delle Sette Chiese. Schudt 512. Più che una guida, è un trattato storico-ascetico-devozionale sul pio esercizio della visita.
Descrizioni in forma di poesia
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1625. Mariani, Andrea. Rvinarvm Romae Epigrammata extantivm vel in sacra loca transformatarvm Anno Ivbilei MDCXXV... Al colophon: Venetiis, MDCXXV. Apud Antonium Pinellum. In-8°, pp. (16), 142 (2, 2bb.); front. in rame con tit. inciso su un drappo sorretto da putti. Schudt 516. L’opera descrive Roma in tre libri per un totale di 228 epigrammi.
1659. Mariani, Andrea. Statvarvm Romae Epigrammatvm libri tres... Venetiis. Typis Francisci Valuasensis, MDCLIX. In-16°, pp. (8), 112. Marca tipogr. al front. Schudt 518. L’opera è divisa in tre libri: i primi due con epigrammi, il terzo con distici.
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1673. Silos, G. M.. Pinacotheca sive Romana Pictvra et Scvlptvra, libri dvo In quibus excellente quaedam, quà profanae, quà sacrae, quae Romae extant, Picturae, ac Statuae, Epigrammatis exornantur... Avctore Ioanne Michaele Silos Bituntino. Romae, Ex Officina Philippi Mariae Man page 244 cini, 1673. In-8°, pp. (16), 354, (28, 2bb.); antip. allegorica in rame con tit. abbrev. Schudt 519.
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1700. Raguenet, François (pseud. di Robert Samber). Les Monumens de Rome ou Descriptions des plus beaux ouvrages de Peinture, de Sculpture, et d’Architecture Qui se voyent à Rome... A Paris, Chez la veuve de Claude Barbin... et la veuve de Daniel de Horthemels... MDCC. In-12°, pp. (24), 354. Schudt 520.
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Nell’originale «Ekphrasen» (ecfrasi).
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1786. Prunetti, Michelangelo. Saggio Pittorico... Esame analitico dei più celebri quadri delle Chiese, e delle più rinomate Pitture a fresco de’ Palagi di Roma... In Roma 1786. per Gio: Zempel. Si vendono da Bouchard e Gravier al Corso. In-12°, pp. 192. Schudt 256. Opera prima di questo singolare Autore il cui nome si ricava dalla dedica.
1808-1811. Prunetti, Michelangelo. L’Osservatore delle Belle Arti in Roma ossia esame analitico de’ Monumenti antichi, e moderni spettanti alla pittura, scultura, e architettura tuttora esistenti... Tomo I. (II.). In Roma MDCCCVIII-MDCCCXI. Dalli Torchj di Gioacchino Puccinelli a S. Andrea della Valle. In-12°, due voll., pp. VIII, 327 (1) e VIII, 336. Schudt 528. Il nome dell’Autore si ricava dalla dedica.
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1787. (Milizia, Francesco). Roma delle Belle Arti del disegno. Parte prima. Dell’Architettura civile. Bassano MDCCLXXXVII. All'Imprimatur:... Dita Giuseppe Remondini, e Fi. Stampatori... In-8°, pp. 210; front. con tit. entro cornice e fregio silogr. Schudt 529. Parte prima unica pubblicata. Il punto interrogativo posto dallo Schudt nella scheda in catalogo dopo il nome dello stampatore non ha motivo d’essere in quanto il Remondini è esplicitamente citato nell’imprimatur alla fine del libro.
Forestieri a Roma e guide europee
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1521. Coelen, Robertus van. Van die seven Kercken vã Romen eñ vandẽ aflaten die mẽ daer in dienen mach unt die Staciẽ vã den heyligen door dat gansse iaer... In fine: Gheprint in dye stadt van Antwerpẽ... Gimi Willem Vorstermã. Int iaer ons heeren M. u. D. ende XXI. Den XX. dach vã februarius. In-8°, cc. (108), 21 linee; ill. silogr. n.t. Schudt 172. A p. 126 dell’originale Schudt la data è erroneam. riferita al 1524, mentre nel catalogo è riportata correttamente. Lo Schudt non registra il nome dell’A., che è invece citato in altri repertori.
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1600. Custos (Custodis) D. Deliciae Vrbis Romae. Divinae et hvmanae. Anno Sacro Iubilaei. MDC. Al colophon: Ex Typographeio Iohan Praetorii, Avgvstae Vindelicorum Sumtibus Dominici Custodis Anno à nato, Deo Homine, MDC. In-4° obl., cc. (37, 1b.). Piccolo belliss. album devozionale composto da un front. inc. con tit. entro ricca cornice e 28 vedute di Roma, due firmate da Giovanni Maggi cui sono attribuibili le dieci chiese delle indulgenze. Schudt 531. Ogni veduta è accompagnata da un testo descrittivo; all’inizio e alla fine pp. preliminari e indici.
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1620. Bavinck, Hermann. Vnderricht vnd Wegweiser, wie ein Tevtscher in vnd ausserhalb Rom, die siben auss dreihundert vnd mehr kircken... Hermannus Bavinck Methelen... Fùr die Teutsche pilger. Rom, In der Truckerei Wilhelmi Faccioni. 1620. In-8°, pp. 143 (1). Vignetta silogr. al front. e altre due alle pp. 12 e 50. Schudt 534. In catalogo, a questo numero, il Bavinck è erroneam. nominato «Hieronymus».
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1660. Sprenger, Iohann Th.. Joh. Theodori Sprengeri Roma nova: ex facie anni hujus millesimi sexcentesimi sexagesimi delineata, ancillante oculari testimonio... vindicata. Francofurti, Imp. page 245 Sebast. Rohneri, MDCLX. In-12°, pp. (104), 298 (4). Antip. in rame. Schudt 541. Tit. di questa guida tedesca non è dunque Roma Regina Mundi, che si incontrerà solo dal 1686.
1686. Roma Regina Mundi, Die höchstberühmtste/nunmehro 2400. Jahr alte/unfern dem Mittelländisch=oder Tyrrenischen Meer/in Welschland ligende/Grosse/der Welt und Christenheit Hauptstadt und Königin Rom... Augspurg/Druckts Thomas Astaler/in Verlag Jacob Enderlins Buchhandlers... 1686. In-12°, pp. 208, (7, 1b.); car. got. Pianta di Roma a volo d’uccello e altre 16 tavv. rip. f.t. con vedute di Roma e di altre città e isole; inoltre 23 tavv. a piena p. f.t., talune con due vedute sovrapposte. Schudt 543 (sbaglia a p. 179: Sprenger aveva stampato la sua guida a Francoforte).
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1655-1659. Bralion N. De. Les cvriositez de l’vne et de l’avtre Rome, ov traité des plvs avgvstes temples et avtres principavx Lieux Saints de Rome Chrestienne: et des plus notables Monuments & vestiges d'Antiquité & magnificence de Rome Payenne... Par le Pere Nicolas de Bralion, Parisien... A Paris, Chez Edme Covterot... M.DC.LV-M.DC.LIX. In-8°, due voll. in tre parti, raram. legate in uno. Vol. 1°, P. I.: pp. (16), 448 (malnum. 428); antip. in rame, una pianta rip. f.t. e otto inc. n.t. P. II.: pp. 350 (14) e tre ill. in rame n.t. Vol. 2°: pp. (16), 319 (7, 2 bb), con antip. ripetuta, una pianta rip. f.t. e sette inc. n.t. Schudt 550. Opera rara a trovarsi completa.
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1690. Deseine, François. Description de la ville de Rome, en faveur des étrangers, divisée en trois parties. La première... Par F.D.P. Tome premier (... troisième). A Lyon, chez Jean Thioly... M.DC.LXXXX. In-12°, tre voll. T. I.: pp. (20), 230, (20). T. II.: pp. (2), 786 complessive, vignetta silogr. al front. T. III.: pp. (2), 448, (10), vignetta al front. Schudt 553. L’es. registrato dallo Schudt è una variante con tre parti in quattro tomi che al front. reca: «Et se vendent à Rome chez Jean Crozier, en Place d'Espagne à l’image S. Louis».
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1713. Deseine F. L'Ancienne Rome, La principale des Villes de l'Europe, Avec toutes ses Magnificences et ses delices; Nouvellement & très-exactement décrite, & illustrée par des tailles douces qui réprésentent au naturel toutes ses Antiquitez... divisée en quatre Tomes; Par le Sr. Francois Deseine. Tome premier (... quatrième). A Leide, Chez Pierre vander Aa, March. Libr. MDCCXIII. In-12°, quattro tomi a numeraz. continua, tutti con belle antip. allegoriche su doppia p. col tit. abbrev.; con ricco apparato ill. in rame e ornamenti silogr. T. I.: pp. (28), 284, con 51 tavv. a piena p. e 4 a doppia p. o rip. f.t.; grande pianta rip. f.t. di Roma antica derivata da Pirro Ligorio (cm. 33x46, 5 ca.). T. II.: pp. 285-580, con 64 tavv. a piena p. T. III.: pp. 581-988, con 8 tavv. a piena p. e una f.t. a doppia p. T. IV.: pp. 989-1148 (le ult. 8 di pubbl. edit.); il vol. è quasi interamente occupato dagli indici. Le tavv. a piena p., tranne qualcuna, sono tutte computate nella numeraz. Schudt 556.
1713. Deseine F. Rome Moderne, Premiére Ville de l'Europe, Avec toutes ses Magnificences et ses delices... le tout divisé en six Tomes, Par le Sr. Francois Deseine. Tome premier (... sixiéme). A Leide... (c. s.) MDCCXIII. In-12°, sei tomi tutti con proprio front. ma solo il primo con antip. allegorica su doppia p. con tit. abbrev.; ill. in rame e ornamenti silogr. T. I.: pp. (2), (26), 298, con 21 tavv. a piena p. (una rip.) e 9 a doppia p. f.t.; grande pianta rip. f.t. di Roma moderna derivante dal Falda (cm. 50x60 ca.). T. II.: pp. (4), 299-549 (2bb.), con 14 tavv. a piena p. e cinque f.t. a doppia p. T. III.: pp. (4), 551-806, con 19 tavv. a piena p. e due f.t. a doppia p. T. IV.: pp. (4), 807-1098 e 1098/1-48, con 23 tavv. a piena p., 5 a doppia p. e la pianta rip. f.t. di Tivoli (cm. 36x43 ca.). T. V: pp. (4), 1099-1426, con una tav. a piena p. e tre f.t. a doppia p. T. VI.: pp. (4), 1427-1738, (20 di pubbl. edit.), con tre tavv. f.t. a doppia p. Gli indici sono da p. 1635. Per le tavv. a piena p. vedi la scheda preced. Schudt 557. È questa senza dubbio, nelle sue due parti, una delle più ricche e complete guide di Roma.
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L’edizione olandese uscì ad Amsterdam in tre parti in-fol., la prima per Roma antica, le altre per la moderna; il sontuoso apparato illustrativo, f.t. e n.t., era tratto pressochè per intero dal Thesaurus Antiquitatum Romanarum congestus a J. G. Graevio pubblicato in più voll. alcuni anni prima a Utrecht e Leida.
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1671. Rome ancien (sic) et moderne... A Paris, Chez Guillaume de Luyne Libraire juré au Palais, en la Salle des Merciers, sous la Montée de la Cour des Aydes, à la Justice. MDCLXXI. In-12°, pp. 281 (1). Schudt 558.
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1706. Nodot, François. Nouveaux Mémoires de Mr. Nodot; ou observations Qu’ila faites pendant son Voyage d’Italie, sur les Monumens de l'Ancienne & et de la Nouvelle Rome... Tome premier (second). A Amsterdam, Chez François l’Honoré, vis-à-vis de la Bourse. MDCCVI. In-8°, due voll. talora legati in uno. T. I.: pp. (8), 270, (6); antip. allegorica, grande pianta rip. di Roma moderna in prospettiva e 9 tavv. rip. f.t. più due a piena p. T. II.: pp. (2), 239, (11); altra antip. allegorica, pianta rip. di Roma antica e carta pure rip. dell’Italia storica; inoltre 14 tavv. rip. f.t. per lo più con piante delle Regioni di Roma. Schudt 559. Interessante e riccam. illustrata guida scritta da un viaggiatore letterato in occasione del suo soggiorno a Roma. L’opera fu ristampata lo stesso anno sempre ad Amsterdam da Zacharie Chastelain le Fils, in ed. sconosciuta allo Schudt.
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Il titolo esatto di questa guida giubilare è A Pilgrimage to the Grand Jubilee at Rome in the Year 1700. Schudt 562.
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1834. Gell W. The Topography of Rome and its Vicinity. By Sir William Gell, M.A. F.R.S. F.S.A. ... In two volumes. Vol. I. (II.) London: Saunders and Otley, Conduit Street. MDCCCXXXIV. In-8°, due voll. e una carta topogr. a parte (che non deve mancare); pp. (2), VII (1b.), 456 e (4), 414, (2). Tre tavv. litogr. f.t. (di cui una rip.) al 1° vol.; altre quattro, di cui una rip., al 2°. Schudt 784. La carta, in litogr. su tela a stacchi entro custodia, misura al riq. cm. 71,5x97,5 e in alcune zone è acquerellata a mano; è una riediz. ingrandita di quella che il Gell, con la collaborazione di A. Nibby, aveva realizzato nel 1827. La citata ed. 1846 uscì postuma: era un compendio di questa e non aveva la carta topogr.
IV. A proposito di Roma antica
I secoli XV e XVI
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Di questi due capitoli lo Schudt indicava nell’originale anche le pagine. Ma non avendo specificato l'ed. da cui riprendeva, il riferimento alle pagine è stato qui omesso.
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1475. Leye G. van der.: Mirabilia Rome:: (m)Vrus ciuitatis habet trecentas sexagĩta et unã turres... A c. IXr.:... ut trucident rectos corde. gladius intret in cor ipsorum. Amen:: Finis:: Laus Deo:: M:: CCCC:: LXXV:: XII Aprilis:: G:: Tarvisii:: F:: (Gerardus de Lisa de Flandria = Treviso, Geraert van der Leye). In-4°, cc. 10 (la prima b.) num. I-IX; 25 linee, car. got. per il testo minuscolo e rom. per le lettere maiuscole. Inizialm. spazi bianchi con lettere-guida. Manca la segnatura. Schudt 563.
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1480. (A. di Alessandria della Paglia) La edifichation de molti pallazi & tempii & altri grãdissimi edificii de Roma: Come staueno nel tẽpo de romani... & quane (sic) giexie sono ĩ roma & come sono appellate Et te strade & ponti de piera principal e ĩ roma & come sono chiamate & quãte porte a roma... A c. 12v.:... & per tanto qui fassi fine per auer narato tutto per ordene. alaude del omnipotento dio. FINIS. M:CCCC.LXXX. In Venezia. (s. edit. ma Antonio di Alessandria della Paglia?). In-4°, cc. (12), 34-36 linee. Schudt 564. Rarissima ed. tratta da un testo ms. compilato nel 1363 da un familiare di Antonia de’ Benzoni, moglie di G. Visconti da Ollegio marchese di Fermo. L’ed. di Londra non è un «unicum»: si trova anche a Roma alla Bibl. Romana presso l’Archivio Capitolino.
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1554. Palladio A. Lantichita di Roma di M. Andrea Palladio. Racolta brevemente da gli Auttori Antichi, & Moderni. Nouamente posta in Luce... In Roma Appresso Vincenzo Lucrino. 1554. In-8°, cc. (4), 32. Bella marca silogr. al front. Schudt 639. Malgrado l’uscita dell’opera a Venezia l’anno stesso presso Mattia Pagan, questa è concordemente considerata la prima ed., anche per la contemporanea presenza del Palladio a Roma. Lo Schudt propende invece per Venezia, tuttavia nel catalogo pone anch’egli al primo posto l’ed. romana.
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V. sch. 24.
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V. sch. 27.
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V. sch. 47. Da rilevare che lo Schudt citava questa guida come «uno dei prodotti più insignificanti e raffazzonati dell’intera letteratura delle guide romane. ».
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V. sch. 61. Il titolo della parte antica segnalato dallo Schudt come una novità si trova invece anche in altre guide, dove di solito segue il front. della seconda parte che recita: Roma antica figurata... Questo frontespizio non è stato qui inserito all origine.
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1741. Roma Antica distinta per Regioni... Ornata di Rami delle più celebri Fabbriche antiche diligentemente intagliate; Coll’aggiunta dello stato di Roma nel secolo XII., e delle memorie di varie Antichità trovate in diversi luoghi della Città di Roma... Tomo primo. In Roma, MDCCXLI. A spese di Gio: Lorenzo Barbiellini Libraro a Pasquino. Appresso il Bernabò, e Lazzarini. In-8°, pp. XVI, 378 (salto di numeraz. da p. 319 a 330); al front. medaglione e f.t. 19 tavv. tra cui la pianta di Roma antica, il tutto in rame. Schudt 225. L’opera si completa con il vol. su Roma moderna: V. sch. 64. A p. 177 la Descrizione di Roma fatta da un’Anonimo del Secolo XII è a cura del Montfaucon; le altre memorie iniziano a p. 193.
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V. sch. 58.
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1481. Biondo, Flavio. Biondi Flauii Forliuensis. in Roman instauratam... De Gestis Venetorum... Italia Illustrata... Impressum Veronae per Boninum de Boniniis de Ragusia. ãno salutis page 248 M.CCCC.LXXXI. In vigilia sancti Thomae apostoli. Laus deo. In-fol., 46 linee; car. got.; due parti in un vol. P. prima: cc. (58, compr. De Gestis Venetorum); P. seconda: da c.(59r.) a (151v.), la (152) è bianca. Ad entrambe le parti spazi bianchi per lettere iniz. Roma Instaurata inizia a c. (5r.); la seconda parte è datata 7 Feb. 1482. Schudt 567. Non si tratta però della prima ed. del Biondo che uscì a Roma nel 1471, limitatamente alla prima parte (Schudt 1216 la segnalava tra le edd. incerte).
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V. sch. 109.
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1513. Fulvio A. Antiqvaria Vrbis per Andream Fvlvivm, Ad Lectorem... (seguono 4 versi). Ad Libellum... (altri 4 versi). Al colophon: Impressum Romae per magistrum Iacobum Mazochiũ Romanae Achademiẽ Bibliopo. Anno. M.D.XIII. Triumphante diuo Leone. X. Pontifice Maximo: Anno eius. I. In-4°, cc. (66); al front. due stemmi silogr., capilett. in legno. Schudt 597. Descrizione in esametri delle antichità di Roma divisa in due libri.
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1527. Fulvio A. Antiquitates Vrbis per Andream Fvlvivm Antiquarivm. Ro. Nvperrime aeditae. (Seguono 7 endecasillabi Ad lectorem). A c. 1v.:... Datum Romae apud sanctum Petrum, sub anulo Piscatoris. Die XV. Februarii. M.D.XXVII.... Ia. Sadoletus. [S. edit. ma Marcellus Silber]. In-4°, cc. (9, 1b.), 102, (5, 1b.). Errori di numeraz.; l’ult. c. num. è segnata XCVI. Front. entro bella cornice silogr. a blocchi. Schudt 598. La prefaz. del Fulvio a Clemente VII è la famosa, dolente lettera sulle rovine di Roma. Ultima ed. nota di Marcellus Silber.
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1544. Marliano, Bartolomeo. Vrbis Romae Topographia B. Marliani ad Franciscvm Regem Gallorvm... Vrbis, atque insignium in ea aedificiorum descriptiones, compluràque alia memoratu digna... Al colophon: Romae in aedibus Valerij, dorici, & Aloisij fratris, Academiae Romanae impressorum, Mense Setembris. M.D.XLIIII. In-fol., cc. (6), pp. 122 (1, 1b.); 24 figg. silogr. n.t. tra cui la pianta di Roma primitiva su doppia p. («Io. Bap. Palatinus haec scripsit»). Grande marca tip. dei Dorico in fine. Schudt 605. Terza ed. della topografìa del Marliano, suddivisa ora in cinque libri: opera giustamente famosa e uno dei più bei libri del Cinquecento romano.
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1548. Fauno L. (pseud. di Giovanni Tarcagnota). Delle Antichità della Citta di Roma, Raccolte e scritte da M. Lucio Fauno con somma breuità, & ordine, con quanto gli Antichi ò Moderni scritto ne hanno, Libri V. Al colophon: In Venetia per Michele Tramezzino. MDXLVIII. In-8°, cc. (11, 1b.), 157, (23); al front. bella marca tip., capilett. silogr. tra i quali sei grandi e figurati. Schudt 618.
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V. sch. 162.
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1550. Fabricius G. Georgii Fabricii Chemnicensis Roma. Eiusdem Itinerum liber unus. Antiquitatis monumenta insignia per eundem collecta & magna accessione jam auctiora edita... Basileae, per Joannem Oporinum MDL. In-8°, due parti in un vol. (talora in due), pp. 187 (1), (24), 90 e 13 (1), 120. Schudt 625. Probabilmente la prima delle due edd. Oporino 1550, ma ne sono segnalate altre precedenti.
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1553. Ligorio P. Libro di M. Pyrrho Ligori Napolitano, delle Antichità di Roma, nel qvale si tratta de’ Circi, Theatri, & Anfitheatri. Con le paradosse del medesimo auttore... In fine: In Venetia per Michele Tramezino, MDLIII. In-12°, cc. (4), 51 (1 b.); la c. (24) è bianca. Grande marca tip. al front., ripetuta in fine; due belle iniz. silogr. Schudt 638.
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1556. Mauro L. Le Antichita de la Città di Roma. Breuissimamente raccolte da chiunque ne ha scritto, ò antico ò moderno; per Lvcio Mavro, che ha uoluto particularmente tutti questi luoghi uedere... Et insieme ancho Di tutte le statue antiche... raccolte e descritte, per M. Vlisse Aldroandi, opera non fatta più mai da scrittore alcuno. In Venetia MDLVI. Appresso Giordano Ziletti all’in page 249 segna della Stella. In-8°, pp. (24), 316 (4bb.); marca tip. al front. L’importante testo dell’Aldrovandi inizia a p. 115. Schudt 703.
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1558. Panvinio O. Onuphrii Panvinii. Veronensis Fratris. Eremitae Augustiniani Reipublicae. Romanae commentariorum libri. tres et alia quaedam quorum seriem sequens pagella indicabit. Venetiis Ex Officina Erasmiana apud Vincentium Valgrisium, MDLVIII. In-8°, pp. (16), 947, (11, 2bb.); al front. marca silogr., ripetuta in fine. Schudt 706. La descriz. della città antica, del suo ordinamento e dell’esercito arriva a p. 656; il resto, con proprio front., tratta dell’Impero romano.
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1565. Gamucci B. Libri qvattro dell'Antichita della citta di Roma, raccolte sotto brevita da diversi antichi et moderni Scrittori, per M. Bernardo Gamucci da San Gimignano: Con nvovo ordine fedelmente descritte, & rappresentate con bellissime figure... In Venetia, per Gio. Varisco, e Compagni. M.D.LXV. In-4°, pp. (8), 201 (1, 2bb.) Al front. marca tip., ripetuta più grande al colophon; pianta silogr. di Roma antica su doppia p. e 38 ill. in legno n.t. Schudt 711. Le silogr. documentano Roma prima degli interventi di Sisto V: uno dei motivi d’interesse di questa importante guida.
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1598. Lips, Joest. Iusti Lipsi Admiranda, siue, De Magnitvdine Romana libri qvattvor... Antverpiae, ex Officina Plantiniana, Apud Ioannem Moretum. M.D.XCVIII. In-4°, pp. (12), 255 (1), 11 (1b.). Bella marca tip. inc. al front. e alla fine ripetuta in silogr.; capilett. e ornam. in legno. Schudt 719. In realtà la prima ed. di quest’opera era uscita nel 1590 sempre ad Anversa e per lo stesso stampatore.
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1542. Sylvagius M. Opus pulchrum ac studiosis viris satis jucundum de tribus peregrinis seu de colloquiis trium peregrinorum... & de eccellentiis Rome & Hierusale ibiqu; multa notatu dignissima editũ & rite ordinatũ per venerandũ Patrẽ Fratrem Mattheum Sylvagium Siculum Cathanensem... Venetiis, in Aedibus Francisci Bindoni & Maphaei Pasinei Mense Novembri, Anno Virginis partu MDXLII. In-8°, cc. 352, (31, 1b.); marca tip. al front. e compless. sei ill. silogr. n.t. Schudt 787 segnala come di particolare interesse le cc. 299-329.
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1625. Portio G. (pseud. di Cesare Alucci). Specchio overo Compendio dell'Antichità di Roma. Diuiso in due Parti. Nella prima si tratta delle Antichità Sacre: e nella seconda delle Profane... Raccolto dall’Opera d’vn Padre Sacerdote da Giorgio Portio... In Roma, Per l’Erede del Zannetti. 1625. In-16°, pp. (12), 176. Qualche ornam. silogr. Schudt 791. Ed. unica, pubblicata in occasione dell’Anno santo 1625. L’A., sacerdote gesuita, è altrimenti chiamato Aiacci o Allacci; nel testo Schud lo nomina Gregorio.
Dal XVII al XIX secolo
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1638. Donati A. Roma Vetus ac Recens vtrivsque aedificiis ad ervditam cognitionem expositis Auctore Alexandro Donato Senensi e Societate Iesv. Romae, Ex Typographia Manelphi Manelphij. M.DC.XXXVIII. In-4°, pp. (12), 404 (14, 2bb.). Bella antip. allegorica in rame compr. nella numeraz. e otto inc. n.t. anche a piena p. Inoltre, f.t., una pianta di Roma antica e due tavv. in rame rip. Ornam. silogr. Schudt 736. Questa è comunemente ritenuta la prima ed. del Donati, ma alcuni repertori ne registrano di precedenti. Il testo fu ristampato più volte, l’ultima nel 1738.
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1665. Nardini F. Roma Antica di Famiano Nardini... In Roma, Per il Falco. M.DC.LXV. A spese di Biagio Diuersino, e Felice Cesaretti. All’Insegna della Regina. Segue: Discorso d’Ottavio Falconieri Intorno alla Piramide di C. Cestio... Segue: Lettera d’Ottavio Falconieri al Sig. Carlo Dati sopra l’Iscrizione... In-4°, pp. (20), 546 (1, 1b.), più 32 per il Discorso e 12 per la Lettera. 11 tavv. in rame f.t., qlc. medaglione e figg. silogr. n.t.; cinque tavv. inc. (le prime due del Falda) page 250 nel Discorso. Schudt 747. Le vecchie fonti bibliogr. concordano erroneam. nel ritenere prima ed. la ristampa identica del 1666.
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1744. Ficoroni F. de.' Le Vestigia e rarità di Roma Antica ricercate, e spiegate da Francesco de’ Ficoroni... Libro primo. In Roma MDCCXLIV. Nella Stamperia di Girolamo Mainardi. Segue come Libro secondo: Le singolarità di Roma Moderna ricercate, e spiegate da Francesco de’ Ficoroni... In-4°, due Libri di norma legati in un vol. Libro I.: pp. (12), 195 (1b.); antip. allegorica e 39 tavv. f.t. di cui alc. rip., più altre 26 ill. inc. n.t. Libro II.: pp. (8), 77, (3bb.), due tavv. in rame f.t. di cui una rip. e due ill. n.t. Schudt 768.
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1763. Venuti R. Accurata, e succinta descrizione topografica delle Antichità di Roma dell’Abate Ridolfino Venuti Cortonese... Parte prima (seconda). In Roma MDCCLXIII. Presso Gio: Battista Bernabò, e Giuseppe Lazzarini. In-4°, due parti solitam. legate in un vol.; pp. XXXVI (2 per il «privilegium»), 143 (1b.) e (8), 143 (1). Allegoria di Roma inc. ai due front., grande carta topogr. della città antica e complessivam. 96 tavv. in rame f.t. di cui 19 firmate Piranesi. Schudt 769. Questo magnifico vol. uscì l’anno stesso della morte del Venuti. La sua descriz. di Roma moderna sarebbe apparsa tre anni più tardi (V. sch. 116 anche per alc. osservaz. sulle inc. piranesiane, valide pure per questa prima parte dell’opera).
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1795. Guattani G. A. Roma Antica dell’abbate Giuseppe Antonio Guattani Romano... Volume primo (secondo). In Bologna MDCCXCV. Nella Stamperia di S. Tommaso d'Aquino. In-4°, due voll. legati in uno, pp. (6), 112 e (4), 130 (2). Antip. allegorica in rame e pianta rip. di Roma antica; 24 tavv. inc. f.t. al primo vol. e 28 al secondo, alcune rip. Schudt 772. Le tavv. provengono in gran parte da un’opera di tipo annalistico d. stesso A, Monumenti antichi inediti ossia notizie sulle Antichità e Belle Arti di Roma, in sei voll. (1784-1789) cui poi se ne aggiunse un settimo.
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831. Canina L. Indicazione topografica di Roma Antica dell’architetto Luigi Canina. Roma, Dai tipi dello stesso Canina, 1831. In-8°, pp. VIII, 264; silogr. con la lupa al front. e otto tavv. in rame f.t. Schudt 780. Di questa prima ed. si conoscono es. con 20 e anche 32 tavv., probabilm. inserite in successive ristampe con la stessa data. Per quasi vent’anni il Canina avrebbe continuato a ripubblicare quest’opera, rivedendola e accrescendola di testo e di tavole.
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1821. Burton E. A Description of the Antiquities and other Curiosities of Rome. By the Rev. Edward Burton M. A. Student of Christ Church... Oxford, for Joseph Parker; and John Murray, London. 1821. In-8°, pp. VIII, 581 (1). Sette modeste tavv. in rame. Da p. 367 breve descriz. di Roma moderna. Schudt 776. Alle edd. registrate dallo Schudt al 1823 e 1830-31 se ne deve aggiungere un’altra al 1828.
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1781. Adler, Georg Christian. Ausführliche Beschreibung der Stadt Rom. Mit Kupfern. (Descrizione dettagliata della città di Roma. Con rami). In Commission bey Carl Ernst Bohn. Altona, gedruckt von Johann David Adam Eckhardt. 1781. In-4°, pp. (12), 356, (16) e 28 (4) per Sextus Rufus und Publius Victor von den Regionen der Stadt Rom, con proprio front.; car. got. Piccole silogr. al front. e alla fine 15 belle tavv. in rame rip. f.t. tra cui le piante di Roma moderna e antica. Schudt 801. Le tavv., contenenti spesso più soggetti, si possono trovare anche nel corpo del vol., sempre f.t.
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Lo Schudt data qui l’opera al 1670, ma in catalogo al n. 411 scheda invece la più comune ed. 1679 annotando: «La data dell’esemplare alla V. E. (oggi Biblioteca Naz. Centrale, n.d.c.) è illeggibile, sarebbe probabile anche «1670»». Per il Sebastiani V. anche sch. 78.
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1689. Minutolo G. Romana Antiquitas Dissertationibus Historico-Criticis illustrata. Quibus Prisci Scriptores emendati, dilucidatique... a D. Julio Minutolo Caelestinorum Abbate... Romae, Typis Iacobi Komarek. 1689. In-8°, pp. (16), 447 (1b.). Schudt 799. La parte centrale dell’opera è costituita dalle dissertazioni sulla topografia di Roma antica.
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1696. Kennett, Basil. Romae Antiquae notitia: or the Antiquities of Rome. In two parts. I. A short History... II. A Description of the City... London, A. Swall & T. Child, 1696. In-8°, pp. (40), 368, (22); ritratto inc. a lato del front. e pianta rip. di Roma antica, sei tavv. rip. e altre sei a piena p. tutte in rame e f.t. Schudt 754. Le successive edd. di questa guida si protrassero fin dopo il 1820.
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1739. Overbeke B. (a cura di P. Rolli). Degli avanzi dell'Antica Roma opra postuma di Bonaventura Overbeke. Pittore e cittadino d'Amsterdam. Tradotta e di varie osservazioni critiche e riflessive accresciuta da Paolo Rolli Patrizio Tudertino... In Londra presso Tommaso Edlin M.DCC.XXXIX. In-8°, pp. (6), 401 (1b., 2): ma pp. 389 per due salti di numeraz. Fregio silogr. al front. e a lato ovale con ritratto inc. dell’A.; 33 tavv. in rame f.t. con riprod. di medaglie. Schudt 800 accenna appena alla grande opera dell’Overbeke in tre voll. in-fol. reale, pieni di tavole, apparsa ad Amsterdam nel 1708 e 1709, prima in latino poi in francese. E ignora la curiosa raccolta di 150 tavv., copia di quelle dell’Overbeke ad opera di Giacomo Amiconi, uscita anch’essa nel 1739 a Londra.
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1523. De Roma prisca et Nova varii Auctores prout in sequenti pagella cernere est. Al colophon: Romae ex Aedibus Jacobi Mozochii (sic) Ro. Achademiae bibliopolae Ano Domini. M.D.xxiii. Decimo Kal'. Februarias. Pontificatus Sanctissimi Dñi Nostri Dñi Adriani Anno Secondo. In-4°, cc. (4), lxxxix più 3 malnum. più 72 nn. (carta z⁶ b.). Bel front. silogr. con tit. entro ricca cornice; grandi capilett. in legno. Schudt 806. Il testo più importante è la ried. dell'Albertini (cc. I-LXXX); seguono Vibius equest., P. Victor, P. Letus, F. Varranus, R. Volaterranus, F. Biondo, L. Vallatus, R. Mapheus. Molte bibliogr., Schudt compreso, non hanno rilevato il salto di numeraz. da c. lxxxix a CX assegnando al vol. una ventina di cc. in più.
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1650. Thysius A. (a cura). Roma Illustrata, sive Antiquitatum Romanarum Breviarium. Accessit Georgii Fabricii Chemincensis... Ex nova Recensione, Antonii Thysii JC. Lugduni Batavorum, Ex Officina Adriani Wyngaerden, M DC L. In-16°, pp. (6), 546, (22). Antip. allegorica con tit. abbrev., marca tip. al front. e alc. piccole ill. silogr. n.t. Da p. 249 a 402 Admiranda, sive de Magnitudine Romana e altra opera minore del Lipsio (Lips, Joest), e da p. 403 alla fine, con proprio front., l’addizione Roma, Liber ad optimorum Autorum lectionem apprimè utilis ac necessarius di G. Fabricius (G. Goldschmied). Schudt 813.
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1694-1699. Graevius J. G. Thesavrvs Antiqvitatvm Romanarvm, Congestus a Joanne Georgio Graevio. Accesserunt Variae & accuratae tabubze aeneae... Traject. ad Rhen./Lugd. Batavor. Apud Franciscvm Halmam, Petrvm vander AA, Bibliop. MDCXCIV-MDCXCIX. Di questa celebre opera in 12 voll. interessano questa parte del presente lavoro soltanto i tomi III. e IV. Schudt 817. La collazione dei due tomi è la seguente:
Tomus tertius. MDCXCVI. In-fol., pp. (16), coll. (1)-(64) e 1-874 (2), più (74) per l’Indice. Autori di testi di carattere topografico su Roma antica sono: S. Rufus, P. Victor, B. Marliano, O. Panvinio, G. Fabricius, A. Donati.
Tomus quartus. MDCXCVII. In-fol., pp. (39), coll. 877-1954, pp. (4), 24 (2) e (42). Testi di L. Cruyl, F. Nardini, O. Falconieri, I. Voss, O. Borch, S. I. Frontinus, R. Fabretti, P. Bargaeus, G. Castiglione, G. P. Bellori. I voll. sono riccamente illustrati in rame.
V. Monumenti di Roma: le monografie
Dal 1600 al 1750
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1599. Alberici J. de. Historiarum Sanctissimae et Gloriosiss. Virginis Deiparae de Popolo Almae Urbis Compendium aucto. R. P. F. Jacobo de Albericis a Sarnico Bergomensi... Romae, Ex Typographia Nicolai Mutij. M.D.XCIX. In-4°, pp. (12), 138 (2); testo riquadrato. Le 15 inc. in rame sono tutte n.t.: uno stemma e tre vedute della chiesa a piena p., più i ritratti di 11 papi devoti della Madonna del Popolo; i ritratti provengono dalla terza ed. (1595) dell’opera di G. B. Cavalieri Pontificum Romanorum effigies. Schudt 931. L’ed. italiana comparve l’anno seguente col tit. Compendio delle grandezze dell’illustre et devotissima chiesa di Santa Maria del Popolo di Roma.
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1621. De Angelis P. Basilicae S. Mariae Maioris de Vrbe a Liberio Papa I. vsqve ad Pavlvm V. Pont. Max. descriptio et delineatio Avctore Abbate Pavlo De Angelis L ib. XII. Romae. Ex Typographia Bartholomaei Zannetti. MDCXXI. In-fol., pp. (24), 252, (14, l’ult. b.). Magnifico front. con tit. inc. entro cornice con scene storico-devoz.; 39 belliss. tavv. in rame di cui 22 a piena p. n.t. e le altre a doppia p. o rip. f.t. anche molto grandi (fino a cm. 60x47). Schudt 907. La prima ed., non registrata dallo Schudt, era uscita nel 1617 con lo stesso apparato ill.
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1627. Fedini, Domenico. La vita di S. Bibiana Vergine, e Martire Romana... In Roma, appresso Francesco Corbelletti. MDCXXVII. In-4°, pp. 82, (4); antip. in rame con l’altare della santa computata nella numeraz. e stemma papale alle armi Barberini. Il nome dell’A. si ricava dalla dedica. Schudt 842.
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1628. Memmolo, Decio. Della Vita, Chiesa e Reliquie de' Santi Quattro Coronati. In Roma, per Lodovico Grignani, 1628. In-8°, p. 88; ornam. silogr. Schudt 1060. Alc. fonti citano l’A. con il cognome Memmoli.
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Per il Torrigio V. sch. 33 e 132; per il Martinelli sch. 114 e le num. citaz. nelle guide.
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1690. Zanoni, Francesco. La nuova Pittura, opera del Signor Filippo Gherardi da Lucca sù la volta e tribuna della Chiesa di S. Pantaleo de’ Chierici Regolari Poveri... Scoperto l’anno MDCXC. Roma, Per Domenico Antonio Ercole (1690). In-8°, pp. 30. Schudt 957.
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1694. Pozzo A. Copia d'una lettera scritta da Andrea Pozzo della Compagnia di Giesù, pittore, all’illustrissimo, ed eccellentissimo prencipe Antonio Floriano di Liechtenstein... circa alli significati della volta da lui dipinta nel tempio di Sant’Ignazio in Roma. Roma, per Gio: Giacomo Komarek Boëmo a Fontana di Trevi, MDCXCIV. In-8°, pp. 4. Schudt 880.
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1715. Crescimbeni G. M. L’Istoria della Basilica Diaconale Collegiata, e Parrocchiale di S. Maria in Cosmedin di Roma scritta da Gio. Mario Crescimbeni... e pubblicata d’ordine della Generale adunanza degli Arcadi. In Roma, Per Antonio de' Rossi alla Piazza di Ceri. 1715. In-4°, pp. (28), 418, (18). Medaglione in rame al front., sette inc. f.t., alc. rip., e altre 17 n.t. Schudt 899. Una delle migliori monografìe sulle chiese di Roma.
1719. Crescimbeni G. M. Stato della Basilica... di S. Maria in Cosmedin di Roma Nel presente Anno MDCCXIX. Descritto da Gio. Mario Crescimbeni... Con varie giunte, e correzioni dell’istoria di essa Basilica... e con un’Appendice all’altra sua Istoria di S. Giovanni avanti Porta Latina. In Roma MDCCXIX. Per Antonio de' Rossi nella strada del Seminario Romano, vicino alla Rotonda. In-4°, pp. (16), 255 (1b.), (12). Al front. stemma di Clemente XI; in antip. bella immagine d. Vergine titolare della basilica, tre tavv. f.t. e una dozzina di vignette n.t., il tutto in rame. Schudt 900. Un cap. dell’opera è dedicato all’Arcadia con 33 insegne di tutt’Italia iscritte in tondi silogr.
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1706. Rondinini F. De S. Clemente Papa et Martyre ejusque Basilica In urbe Roma Libri duo. Auctore Philippo Rondinino Faventino. Romae Excudebat Franciscus Gonzaga in via Lata. MDCCVI. In-4°, pp. XXXII, 428 (2). Grande stemma al front e quattro tavv. rip. f.t. Bei capilett. in silogr. Schudt 848.
1707. Rondinini F. De Sanctis Martyribus Johanne et Paulo, eorumque Basilica In urbe Roma Vetera Monimenta Studio & opera Philippi Rondinini Faventini Collecta, & concinnata. Romae MDCCVII. Excudebat Franciscus Gonzaga in via Lata. In-4°, pp. XXIV, 263 (1). Vignetta inc. al front. e due tavv. in rame f.t. Schudt 877. L’opera si presenta spesso legata con altra del medesimo A. e anno sul monastero di Casamari, con 4 tavv. inc. f.t.
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1736. Casimiro da Roma F. Memorie istoriche della Chiesa e Convento di S. Maria in Araceli di Roma. Raccolte dal P.F. Casimiro Romano... In Roma, Nella Stamperia, e a spese di Rocco Bernabò. MDCCXXXVI. In-4°, pp. XX, 512. Marca tip. al front. e cinque tavv. in rame f.t. di cui una rip. Ornam. silogr. Schudt 889. Secondo il Gregorovius questa è, per i suoi tempi, la migliore monografia tra tutte quelle che trattano delle chiese di Roma.
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1745. Fonseca A. De Basilica S. Laurentii in Damaso libri tres. Quorum primus Acta S. Damasi complectitur, alter ea, quae ad Basilicam pertinent... Auctore Antonio Fonseca Episcopo Aesino... Fani; MDCCXLV. Ex Typographia Cajetani Fanelli. In-fol., pp. XX, 428; qc. ornam. silogr. Schudt 885.
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1750. Besozzi R. La storia della Basilica di Santa Croce in Gerusalemme dedicata... da Don Raimondo Besozzi Abate del Monistero di Santa Croce. In Roma per Generoso Salomoni alla Piazza di S. Ignazio l’anno del Giubileo MDCCL. In-4°, pp. (6), XII, 222 (2). Vignetta in rame al front. e una tav. inc. rip. f.t. col prospetto della chiesa; marca silogr. al termine dell’introd., ripetuta in fine. Errori di numeraz. all’inizio del vol. senza perdite. Schudt 852.
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1625. Alemanni N. De Lateranensibvs parietinis ab Illustriss. & Reuerendiss. Domino D. Francisco Card. Barberino restitvtis dissertatio historica Nicolai Alemanni. Romae, Apud Haeredem Bartholomaei Zannetti. Anno Iubilei M.DC.XXV. In-4°, pp. (8), 172, (11, 1 b.). Tre grandi tavv. inc. f.t. con pianta e prospetti, sei rami n.t. e altri sei più piccoli con medaglioni e varie immagini. Schudt 866.
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1723. Baldeschi A. - Crescimbeni G. M. Stato della SS. Chiesa Papale Lateranense Nell’Anno MDCCXXIII. In Roma, MDCCXXIII. Nella Stamperia di S. Michele a Ripa Grande. (Parte I.:) Relazione Della Nave Principale della Sacrosanta Chiesa Papale Lateranense dell’Abate Alessandro Baldeschi... (Parte II.:) Ristretto Delle cose più notabili, Che oggi si veggono ne' Portici, nelle Navi Minori, e Traversa, e nella Tribuna... di Gio: Mario Crescimbeni... In-4°, pp. (8); (6) e da 1 a 43 (1b.) per la prima parte; da 45 a 181 per la seconda parte; (8, 1b.) per l’Indice e una giunta. Bella antip. inc., vignetta in rame al front., tre tavv. inc. f.t. di cui una rip. e due figg. in rame n.t. Schudt 868.
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1618. Torrigio F. M. Le Sacre Grotte Vaticane, Cioè narratione delle cose più notabili, che sono sotto il pauimento della Basilica di S. Pietro in Vaticano in Roma... Per il R. D. Francesco Maria Torriggio Romano... In Viterbo, Appresso i Discepoli. 1618. In-8° picc., pp. 96 (malnum. 112, errori di numeraz. da p. 80); al front. immagini silogr. dei Ss. Pietro e Paolo. Schudt 1044.
1635. Torrigio F. M. Le Sacre Grotte Vaticane... di Franc. Maria Torrigio Romano. Prima e seconda parte. In Roma, Appresso Jacomo Facciotto, MDCXXXV. In-8° picc., pp. (16), 613 (1b., 2); vignetta silogr. al front. come all’ed. precedente e a p. 605 riprod. in legno di un sigillo entro ovale a mandorla. Schudt 1045 (in catad. riporta correttamente «1635»). Opera importante, di molto accresciuta rispetto all’ed. 1618, tanto che l’A. considerò questa come una prima impressione.
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1750. Taja A. Descrizione del Palazzo Apostolico Vaticano, opera postuma d’Agostino Taja Senese... In Roma MDCCL. Appresso Niccolò, e Marco Pagliarini Mercanti di Libri a Pasquino. In page 254 12°, pp. (8), 30 (2), 525 (1b.); fregio e bella marca silogr. al termine della prefaz. Schudt 1042. L’A. era morto nel 1712 lasciando il manoscritto che fu ripreso nel 1748 dal celebre mons. Bottari per darlo alle stampe - rivisto e accresciuto - in occasione dell’Anno santo.
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1762-1767. Chattard G. P. Nuova descrizione del Vaticano o sia della Sacrosanta Basilica di S. Pietro data in luce da Gio: Pietro Chattard Accademico Rozzo Della Città di Siena. Tomo primo (... terzo). In Roma MDCCLXII. Per gli Eredi Barbiellini. In-12°, tre voll. T. primo: pp. (12, le prime 2bb.), XXXVIII, 428 (4bb.), stemma silogr. al front. e sei grandi tavv. in rame rip. alla fine. T. secondo (con tit. variato e In Roma MDCCLXVI. Dalle stampe del Mainardi): pp. XLIV, 555 (1b.). T. terzo (In Roma MDCCLXVII): pp. LII, 468; l’indice riguarda i tomi II. e III. Schudt 1006.
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1684. Ferrabosco M. Architettvra della Basilica di S. Pietro in Vaticano... Da Monsignore Gio. Battista Costagvti seniore... fatta esprimere, e intagliare in più tauole da Martino Ferrabosco, e posta in luce l’Anno MDCXX. Di nuouo data alle Stampe da Monsignore Gio. Battista Costagvti ivniore... Nell'Anno M.DC.LXXXIV. In Roma, nella Stamperia della Reuerenda Camera Apostolica. M.DC.LXXXIV. Gr. in-fol., pp. (8), XXXV (1b.). Magnifica antip. con tit. abbrev.; 30 tavv. num. quasi tutte a doppio foglio, più un’altra nn. in fine. Le prime due doppie formano, riunite, la pianta del Vaticano (firmata dal Ferrabosco). Schudt 1015. L’ed. 1620 citata al tit. era stata preparata con le tavole del Ferrabosco, ma rimase inedita per la morte nel 1623 dell’architetto-incisore e fu ripresa e pubblicata solo nel 1684 da mos. Costaguti junior, nipote omonimo del primo committente.
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1694. Fontana C. Il Tempio Vaticano e sua origine Con gl'Edifitii più cospicui antichi, e moderni fatti dentro, e fuori di Esso; descritto dal Cav. Carlo Fontana... Opera divisa in sette Libri, Tradotta in lingua Latina da Gio: Gius: Bonnervë de S. Romain.... In Roma, nella Stamparia di Gio: Francesco Buagni. MDCXCIV. Gr. in-fol., pp. (32), 489 (1b., in realtà 508, 1b.), (28). Testo su due coll. riq., trad. latina a fronte; due vignette in legno ai front. ital. e lat. e ornam. silogr. 79 tavv. in rame intercalate al testo e computate nella numeraz.: una è doppia, sette triple e due quadruple. Schudt 1017. Opera fondamentale. Da segnalare il gruppo di 14 tavv. inserite nel Libro III. Del trasporto dell’Obelisco Vaticano, e sua Erezione con la spettacolare veduta dell’obelisco in fase di innalzamento (n. 169).
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1696. Bonanni F. Numismata Summorum Pontificum Templi Vaticani fabricam indicantia, Chronologica eiusdem Fabricae narratione... a Patre Philippo Bonanni Societatis Jesu. Romae, MDCXCVI. Sumptibus Felicis Caesaretti, & Paribeni, sub signo Reginae. Typis Dominici Antonii Herculis. In-fol., pp. XV (1 b.), 240. L’occhiello dice più direttamente Templi Vaticani historia. Bella vignetta inc. al front. e 88 tavv. in rame di cui parecchie rip. (le tavv. sono numerate 1-86: la 37 e la 38 non furono inserite, ma la 33 ha un bis e la 57 ha in più i n. 2, 3 e 4). Schudt 990. Le tavv. 37 e 38 sarebbero state poi inserite in edd. successive.
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1748. Poleni, Giovanni. Memorie Istoriche della gran Cupola del Tempio Vaticano, e de' danni di essa, e de' ristoramenti loro, divise in Libri cinque... In Padova, MDCCXLVIII. Nella Stamperia del Seminario. Gr. in-fol., pp. (8), coll. 470, (1 p.); testo su due coll. Vignetta inc. al front., 28 tavv. in rame num. con lettere dell’alfabeto da A a K, meno un gruppo da I a XIX, alc. rip., tra le lettere G e H. Schudt 1033. Testata e capolett. inc. alla dedica, dalla quale si ricava il nome dell’A. Gli Indici sono su tre coll. e l’ult. pagina nn. è interamente occupata dal nullaosta per la stampa, con bella marca silogr. dell’edit. veneziano Giovanni Manfrè.
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1582. Quarenghi, Antonio. De novo Societatis Jesu collegio, quod Gregorii XIII. Pont. Max. liberalitate extrui coeptum est Romae, Anno MDLXXXII. Ant. Quaerengi Carmen. Romae, Apud Franciscum Zanettum, MDLXXXII. In-8°, cc. (4). Schudt 1088.
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1642. Teti G. Aedes Barberinae ad Quirinalem à Comite Hieronymo Tetio Perusino descriptae. Romae, excudebat Mascardus, MDCXLII. In-fol., pp. (6, antip. e front. compr.), 195, (30); oltre all’antip. raffigurante palazzo Barberini, sono 25 tavv. in rame, le prime 11 rip. anche più page 255 volte con gli affreschi di Pietro da Cortona incisi dal Bloemaert, le altre raggruppate in fine. Num. inc. n.t. tra cui una tav. a piena p. del Greuter con il ritratto di Urbano VIII Barberini. Schudt 1085. Splendida ed. figurata; le ult. (30) pp. contengono un’intestazione, 14 pp. di epigrafi, 12 di indici e una vignetta su p. bianca al v.
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1661. Macedo, Franciscus. Archigymnasii Romanae Sapientiae ab Alexandro VII. Pont. Max. perfecti, lustrati, consecrati postridie Idus Novembris, descriptio. Romae Typis Jacobi Dragondelli MDCLXI. In-8°, pp. 104. Schudt 1095.
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1694. Fontana C. Alla Santità di Nostro Signore Innocenzo XII. Discorso del Cavalier Carlo Fontana sopra il Monte Citatorio situato nel Campo Martio, ed altre cose ad Esso appartenenti... In Roma, nella Stamparia di Gio: Francesco Buagni, MDCXCIV. In-fol., pp. (4), 12. Stemma del pontefice al front., ornam. silogr. e cinque grandi tavv. in rame rip. firmate, oltre che dal Fontana, da Alessandro Specchi. Schudt 1092.
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1720. Borromini F. Opera del Caval. Francesco Boromino Cavata da suoi Originali cioè La Chiesa, e Fabrica della Sapienza di Roma con le Vedute in Prospettiua & con lo Studio delle Proporz.ni Geometriche, Piante, Alzate Profili e Spaccati... In Roma, M.DCC.XX. Data in Luce da Sebastiano Giannini all’insegna dell’Ancora In Piazza Navona. Gr. in-fol. Opera interamente in rame, composta da un bel front. inc., dedica, prefaz. e indice anch’essi inc. per compless. 4 cc. Inoltre 46 splendide tavv. architettoniche (la prima è un ritratto del Borromini), alc. giuntate. Schudt 882. L’edit. aveva acquisito l’intero archivio borrominiano e ne pubblicò tutti i disegni relativi alla Sapienza 53 anni dopo la morte dell’artista.
1725. Borromini F. - Spada V. Opera del Cav. Francesco Boromino Cavata... cioè L’Oratorio, e Fabrica per l’Abitazio.ne de PP. dell’Oratorio di S. Filippo Neri di Roma. Con le Vedute in Prospettiva... Data in Luce da Sebastiano Giannini... In Roma... MDCCXXV. Gr. in-fol., pp. (6), 31 (1b.); front. inc. entro bella struttura archit. Nelle (6) pp. prelim. front. e dedica in latino, quindi in ital. con stemma e iniziale in rame. Il testo è su due coll. in ital. e latino e riproduce la relazione del Borromini con l’aiuto forse dello Spada, ritrovata manoscritta dall'edit. nell’archivio dell’architetto. Seguono 67 magnifiche tavv. in rame (la prima è il ritratto del Borromini), alc. giuntate. L’ult. è formata da tre tavv. giuntate (cm. 54x99). Schudt 940 registra con il tit. latino tratto dal secondo front. inciso.
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1704. Frezza, Giovanni Girolamo. Pictvrae Francisci Albani in aede Verospia. (S.n.t. ma Roma 1704). Gr. in-fol. Vol. interam. inciso in rame («Io. Hieronymus Frezza incid. Romae... 1704») costituito da: front. inc. entro bella allegoria con ritratto di Francesco Albani e 16 tavv. di cui cinque su doppia p., tratte dagli affreschi dell’Albani nella loggia di palazzo Verospi su via del Corso. Schudt 1098.
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1753. Cesio C. - Philarchaeus L. Aedium Farnesiarum tabulae ab Annibaie Carraccio depictae a Carolo Caesio aeri insculptae atque a Lucio Philarchaeo explicationibus illustratae. Romae, MDCCLIII. Sumptibus Venantii Monaldini bibliopolae in Via Cursus. In-fol. oblungo, pp. (12), LXXIV; front. inciso, ritratto e 33 tavv. all’acquaforte. Schudt 1089 ha registrato una tarda ed. del Cesio (la prima era stata pubblicata nel 1657), con le lastre ormai stanche e l’aggiunta di alc. stampe di altri incisori. «Lucius Philarchaeus» era il nome arcadico di Michelangelo Mosagrati, dotto teologo bolognese.
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1650. Manilli J. Villa Borghese Fuori di Porta Pinciana descritta da Jacomo Manilli Romano Guardarobba di detta Villa. In Roma, Per Lodouico Grignani, M.DC.L. In-8°, pp. (8, le prime 2bb.), 175 (1b.); antip. allegorica in rame compr. nella numeraz. e una tav. inc. rip. f.t. Schudt 1104.
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1700. Montelatici, Domenico. Villa Borghese fvori di Porta Pinciana Con l’ornamenti, che si osseruano nel di lei Palazzo, E con le figure delle Statue più singolari... In Roma, Per Gio: page 256 Francesco Buagni, 1700. In-8, pp. (16), 321 (1b.), (6); antip. inc. e 26 tavv. in rame f.t. di cui otto rip. (alc. sono firmate T. Verkruys). Schudt 1105. Anche il Montelatici era «guardarobba" a Villa Borghese, che corrisponde all’incirca a un odierno conservatore o soprintendente.
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1716. Brighenti A. Villa Burghesia vulgo Pinciana poeticè descripta ab Andrea Brigentio Patavino. Romae, apud Franciscum Gonzagam, MDCCXVI. In-8°, pp. (16), 96. Le tavv. in rame sono le stesse che ornavano l’opera del Montelatici (V. sch. preced.) Schudt 1102.
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1590. Fontana D. Della trasportatione dell'Obelisco Vaticano et delle fabriche di Nostro Signore Papa Sisto. V. Fatte dal Cavallier Domenico Fontana architetto di Sua Santita. Libro Primo... In Roma Appresso Domenico Basa. M. .XC. Intagliato da Natal Bonifatio da Sibenicco. In-fol., cc. 108 malnum. (la prima è il front. inc.), in realtà 113 (4) valendo le tavv. doppie due cc. ciascuna. La tav. f.t. dopo il front. è il ritratto del Fontana entro ricca cornice rinascimentale; seguono 38 tavv. intercalate al testo e computate nella numeraz., comprese le tre doppie. Il tutto naturalm. in rame. Nel testo ornam. silogr. e tre diagrammi. Schudt 1116. La tav. più spettacolare (n. 75²) non si riferisce all’obelisco Vaticano, ma a quello di piazza del Popolo. Nel 1604 l’opera fu ristampata a Napoli, con diversa paginaz., per accompagnare la rara prima ed. del secondo Libro, come segue.
1604. Libro Secondo in cui si ragiona di alcune Fabriche fatte in Roma, et in Napoli, dal Cavalier Domenico Fontana... (S.n.t. ma Napoli, Appresso Costantino Vitale. 1604.) In-fol., cc. 30 malnum., più due tavv. nn. in fine: in realtà le cc. sono compless. 36, comprese 19 tavv. di cui quattro doppie (le ult. due non sono num. e raffigurano il mausoleo di Sisto V. in S. Maria Maggiore e il progetto per la fontana del Mosè in Roma). L’incisore non è più Natale Bonifacio e l’impressione è meno bella che nel primo Libro. Schudt 1116 registra con la data 1603 che invece è quella della dedica, e fa dei due Libri un’unica scheda.
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1590. Pansa M. Della Libraria Vaticana Ragionamenti di Mvtio Pansa divisi in quattro parti. Ne’quali non solamente si discorre dell’origine, e rinnouatione di essa: mà anco con l’occasione delle Pitture, che vi sono nouamente fatte si ragiona.... Con tre Tavole... In Roma, Appresso Giouanni Martinelli. MDXC. In-4°, pp. (8), 331 (1), (27, 1b.); bella marca silogr. al front. ripetuta al colophon (che reca: «In Roma, Appresso Giacomo Ruffinello. Ad istanza di Gio. Martinelli. M.D.XC.»). Vignetta silogr. a p. 126. Schudt 1155. Le tre tavole citate al tit. sono gli indici. L'A. era medico e fu bibliotecario di Sisto V.
Dal 1750 al 1840
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1794. Vasi M. Descrizione della Basilica di S. Pietro e del Palazzo Vaticano cioè delle Logge e Camere di Raffaello e del Museo Pio-Clementino data in luce da Mariano Vasi Romano, accademico etrusco. In Roma, MDCCXCIV. Per Luigi Perego Salvioni Stampator Vaticano. Si trova dall’Autore... In-12°, pp. 154; con quattro vignette in rame n.t. provenienti dalle guide di Giuseppe Vasi. Schudt 1052. L’opera era stata preceduta nel 1792 da una Description de la Basilique de St. Pierre... e du Musée Pie-Clementin..., testo ripreso da una guida in francese di M. Vasi, pp. (2) 34 e 62 (2), con tre vignette inc.
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1791. Briccolani, Vincenzo. Descrizione della Sacrosanta Basilica Vaticana sue piazze, portici, grotte, sagristie, parti superiori, interne ed esterne. Roma MDCCXCI. Per Luigi Perego Salvioni Stampator Vaticano. In-12°, tre parti in un vol. di complessive pp. VIII, 104. Schudt 995. Altre edizioni: 1800, 1816 e 1828.
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1773. Dionigi F.L. Sacrarum Vaticanae Basilicae Cryptarum Monumenta aereis tabulis incisa et a Philippo Laurentio Dionysio... commentariis illustrata, curante Angelo De Gabriellis Principe Proxaendi... Romae MDCCLXXIII. Typis et sumptibus Archangeli Casaletti... In-fol., pp. (2) per il front., XXVIII (comprendenti la Ichnographicae Cryptarum tabulae explicatio), 224 (testo descrittivo delle tavv.). Al front. vignetta inc.; antip. in rame con stemma di Clemente XIV e vedutina d. bas. di S. Pietro; 83 tavv. al tratto e pianta rip. delle Cripte vaticane. Schudt 1009.
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1786. Cancellieri F. Francisci Cancellieri De Secretariis Basilicae Vaticanae Veteris, ac Novae Libri II. Praemittitur Syntagma... Romae anno MDCCLXXXVI ex Officina Salvioniana ad Lyceum Sapientiae. In-4°, opera in quattro voll. a numeraz. continua. I cinque front., non computati nella numeraz., sono interam. incisi e recano belle vignette. Il front. generale precede le pp. preliminari XXII (1, 1b.). Vol. I.: De Secretariis ethnicorum... Syntagma... Pp. 1626 (2bb.), ripetuta la numeraz. d. pp. 173-176; 2 vignette inc. n.t., una grande tav. rip. f.t. con la statua di Pio VI. Vol. II.: De Secretariis Veteris Basilicae... Liber I. Accedvnt disqvisitiones... Pp. 627-1100, 2 pp. nn. tra 924 e 925; vignette inc. a p. 658 e 914. Vol. III.: De Secretariis Novae Basilicae... Liber II. Seqvitvr diatriba... Pp. 1101-1616, 2 pp. nn. tra (1482) e (1483); due tavv. f.t. alle pp. 1319 e 1442 (rip.), più 12 tavv. architettoniche rip. in fine; vignetta inc. a p. 1616. Vol. IV.: Sylloge Vetervm monvmentorvm... Pp. 1617-2132 (2); una tav. rip. a p. 1991 e tre rip. con iscriz. tra le pp. 2030 e 2031; due tavv. n.t. alle pp. 2092 e 2108; due finalini e alc. iscriz. silogr. n.t. Schudt 1001. Da segnalare in alcuni esemplari una paginaz. irregolare alle iscriz. dei Fratelli Arvali (IV vol., pp. 2060-2111), anche con fogli variamente num., talora sciolti e rip., bianchi al v. e fuori segnatura. Marco Carloni incise le tavv. maggiori. L’indice (parziale) dei rami e la descriz. delle XII tavole sono alle pp. 1826-1844.
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1828-1838. Pistolesi E. Il Vaticano Descritto ed Illustrato da Erasmo Pistoiesi Con Disegni a contorni diretti dal Pittore Camillo Guerra. Vol. I. (... VIII.). Roma, Tipografia della Società editrice... (per i primi 7 voll.). Gr. in-fol., otto voll., tutti con il front. interam. inciso, con vignetta. Vol: I. (1828): pp. (4), 304 (2), con 86 tavv. in rame f.t. Vol. II. (1829): pp. 294 (1, 1 b.) e 68 tavv. f.t. Vol. III. (1829): pp. 280 (1, 1b.) e 113 tavv. f.t. Vol. IV. (1829): pp. 279 (2, 1b.) e 115 tavv. f.t. Vol. V. (1829): pp. 229 (1) e 118 tavv. f.t. Vol. VI. (1829): pp. 188 (1, 1b.) e 106 tavv. f.t. Vol. VII. (1829): pp. 128 (1, 1b.) e 91 tavv. f.t. Vol. VIII. (1838... Con Disegni a contorni diretti dal Pittore Cavr. Tommaso De Vivo. Roma, Calcografia del nuovo Acquirente in via di Ripetta N°. 226): pp. 170 e 153 tavv. f.t. Schudt 1032. Opera imponente che descrive, oltre alla basilica di S. Pietro, le Grotte vaticane, i Palazzi apostolici, i musei, le Logge, le Stanze, le cappelle vaticane. Il Pistoiesi si definisce «Inventore e Scrittore dell’Opera»; le tavv. intercalate nel testo, molte a doppia p., sono dei migliori disegnatori e incisori operanti in quel tempo a Roma.
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1845-1855. Valentini A. La Patriarcale Basilica Vaticana Illustrata per cura di Agostino Valentini. Volume I. (II.). Roma, a spese di Agostino Valentini... In-fol., due voll. entrambi con front. interamente incisi, con medaglioni, e non computati nella numeraz. Vol. I. (Anno 1845): pp. (V, 1b.), 147 (1), con 111 tavv. in rame a contorno, alc. doppie anche in senso verticale. Vol. II. (Anno 1855), prima parte: pp. 86 e 79 tavv. f.t.; seconda parte (riguardante la decoraz. a fresco delle Logge vaticane): pp. (2), 44 e 41 tavv. f.t. Schudt 1050. Al termine del testo si legge: «Fine dell’opera illustrata da Filippo Maria Gerardi». Parecchi dei disegnatori e incisori sono gli stessi che avevano lavorato per Il Vaticano del Pistoiesi.
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1832-1834. Valentini A. La Patriarcale Basilica Laterananse Illustrata per cura di Agostino Valentini Descritta da Filippo Gerardi. Vol. I. (II). Roma, A spese di Agostino Valentini... Anno 1832-1834... In-fol., due voll. solitamente legati in uno, pp. (6), 80 (2) e (2), 90. Frontespizi incisi e 56 tavv. al tratto f.t. nel primo vol., 80 nel secondo. Schudt 875. L’opera ebbe nel 18341835 una seconda ed. identica alla prima.
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1839. Valentini A. La Patriarcale Basilica Liberiana Illustrata per cura di Agostino Valentini. Roma, a spese di Agostino Valentini... Anno 1839... In-fol., pp. (6), 118. Front. inc. non computato nella numeraz. e 103 tavv. in rame al tratto f.t., l’ult. a doppia p. Schudt 915 segnalava un es. con tit. leggerm. diverso. Anche di quest’opera autore dei testi fu Filippo M. Gerardi.
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1815. Nicolai N. M. Della Basilica di S. Paolo opera di Niccola Maria Nicolai Romano... Con piante, e disegni incisi. Roma nella Stamperia de Romanis MDCCCXV. Gr. in-fol., pp. XII, 311 (1b.), VIII. Vignetta in rame al front. e due belle vedute nelle pp. preliminari. Raggruppate alla fine 18 grandi tavv. in rame rip. f.t. con piante, prospetti, sezioni e opere d’arte. Schudt 973. Opera importante che tramanda l’aspetto e le antiche memorie della primitiva basilica in gran parte irrimediabilmente perdute nel tragico incendio del luglio 1823.
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1811. Cancellieri F. Il mercato, il lago Dell'Acqua Vergine ed il Palazzo Panfiliano Nel Circo Agonale Detto volgarmente Piazza Navona Descritti da Francesco Cancellieri Con un’Appendice di XXXII. Documenti ed un Trattato sopra gli Obelischi. In Roma Per Francesco Bourlié nel MDCCCXI. In-fol. picc., pp. XV (1), 296. Front. interam. inciso con vignetta, tre tavv. f.t. e quindici belle vedutine n.t., il tutto in rame. Schudt 1094. L’incisore delle tavv. è G. B. Cipriani, meno tre firmate da C. Antonini.
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1821. Cancellieri F. Notizie del Palazzo della Cancelleria Vecchia presso S. Lucia della Chiavica, eretto dal Card. Roderigo Lenzuoli Borgia, poi Alessandro VI, ora in dominio della Ecca Casa Sforza Cesarmi... Roma, dicembre 1821. Estratto stampato a sé, in-8°, pp. 12. Schudt 1097.
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1828. Canina L. Le nuove fabbriche della Villa Borghese denominata Pinciana. Dichiarazione dell'architetto Luigi Canina. Roma, dalla Società Tipografica, MDCCCXXVIII. Gr. in-fol., pp. 14; piccola silogr. al front. e veduta in rame n.t. dei nuovi propilei della Villa. Con XIV tavv. f.t. - di cui tre all’acquaforte acquatinta color seppia - con piante, prospetti e dettagli. Schudt 1103. Fu questa l’unica opera di architettura realizzata dal Canina in Roma.
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1784. Stern G. Piante elevazioni profili e spaccati degli edifici della Villa suburbana di Giulio III.... Fuori la Porta Flaminia misurati e delineati da Giovanni Stern Architetto Romano. In Roma per Antonio Fulgoni M.DCC.LXXXIIII. In-fol. max. (cm. 80x55 ca.), pp. 111 (1b.), con testo e tavole intercalate a numeraz. continua. Le tavv. in rame sono XXX (Francesco Barbazza incise). Schudt 1107. Sontuosa descriz. della rinascimentale Villa di Papa Giulio che dal 1899 ospita il Museo nazionale etrusco. Alle tavv. XXVIII e XXIX rilievi del vicino tempietto del Vignola su via Flaminia.
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1836. Massimo, Vittorio. Notizie istoriche della Villa Massimo alle Terme Diocleziane con un Appendice di documenti. Roma dalla Tipografia Salviucci, 1836. In-4°, pp. (4), 276. Al front. page 259 stemma silogr. dei Massimo; sei belle tavv. in rame f.t. e qc. fig. n.t. Schudt 1106. Villa Massimo, eretta alla fine del ’500 da Domenico Fontana per il card. Peretti Montalto poi Sisto V, fu distrutta meno di cinquant'anni dopo la pubblicazione di questo libro per far posto all’area attorno alla prima stazione Termini.
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1837. Bouchet J. La Villa Pia des jardins du Vatican, architecture de Pirro Ligorio; publiée dans tous ses détails par Jules Bouchet, architecte, Avec une Notice Historique sur l’auteur de ce monument, et avec un texte descriptif, par Raoul-Rochette, antiquaire. A Paris, à la Librairie Encyclographie de H. Cousin. Chez M. Firmin Didot, Carillion Goeury. MDCCCXXXVII. Gr. in-fol., pp. 36; antip. litogr. al front., tit. inc. entro ricca cornice e 22 tavv. in acciaio («par Hibon»). Ornam. inc. Schudt 1108.
- 247
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1775. (Lucatelli, Giampietro). Descrizione delle Statue, Bassirilievi, Busti, Altri antichi Monumenti, e Quadri de più celebri pennelli, che si custodiscono ne Palazzi di Campidoglio. Edizione terza Emendata, ed accresciuta. In Roma MDCCLXXV. A spese di Gaetano Quojani Libraro alle Convertite al Corso. In-12°, pp. (2bb.) e da III a 11 (1), 165 (3bb.); vignetta inc. al front. e a lato di p. 1 bella veduta in rame rip. del Campidoglio. Le Gallerie de Quadri iniziano a p. 141. Schudt 1137 ha registrato anonima questa terza ed., ma l’opera era già uscita nel 1750 e nel 1771 e attribuita all’«erudito marchese Locatelli» in una bibliografia italiana del 1803.
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1819. Tofanelli A. Descrizione delle Sculture, e Pitture che si trovano al Campidoglio descritte da Agostino Tofanelli Direttore del Museo, e Galleria Capitolina... Roma 1819. Presso Carlo Mordacchini. Si vende nell’istesso Museo... In-12°, pp. 140 (1, 1b.). La Galleria dei quadri inizia a p. 107. Schudt 1139. Dopo il completo riordino delle collez. capitoline, terminato nel 1818, l’A. considera questa quasi come una prima ed. che rende inutili le precedenti descrizioni.
- 249
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1833-1836. Righetti P. Descrizione del Campidoglio di Pietro Righetti. Tomo primo (secondo). Roma, Tipografia di Crispino Puccinelli (a spese di Pietro Righetti) MDCCCXXXIII-1836. In-fol., pp. (4), 202 e 198 tavv. in rame f.t. nel primo tomo; pp. 196 (2) e tavv. da 199 a 390 nel secondo. Schudt 1138. Le tavole sono a contorno, dieci sono su doppio foglio.
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1783. Catalogo dei Quadri, e Pitture esistenti nel Palazzo dell’eccellentissima Casa Colonna in Roma Coll’indicazione dei loro Autori diviso in sei parti Secondo i rispettivi Appartamenti. In Roma MDCCLXXXIII. Presso Arcangelo Casaletti. In-4°, pp. 175 (1b.); stemma silogr. dei Colonna al front. Schudt 1151. Il catalogo registra 1361 numeri, ma alcuni di questi descrivono più opere.
- 251
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1794. Tonci S. Descrizione ragionata della Galleria Doria preceduta da un breve saggio di pittura... da Salvatore Tonci... Roma Presso Luigi Perego Salvioni. MDCCXCIV. In-12°, pp. XVIII, 235 (1); una tav. inc. rip. f.t. Schudt 1152. Di questo catalogo esistono esemplari in carta celestina.
Indice dei nomi
I numeri in tondo rimandano alle pagine, quelli in corsivo neretto alle schede e note in fondo al volume; «n.» rinvia alle note a pie di pagina e «ill.» alle didascalie delle illustrazioni. I nomi contenuti nelle citazioni in lingua originale elo nei titoli delle opere non sono registrati. Gli artisti più famosi sono indicati con i soprannomi con cui vengono normalmente citati nei testi. Quanto ai titoli, l’Indice riporta soltanto quelli delle guide prive del nome dell’autore.
A
Abgebildetes Neues Romm, 124, 45.
Aceti T., 76.
Acidini Luchinat C., 18 n., 21 n.
Addison J., 211 e n.
Adinolfi P., 42 n.
Adriano VI, 109.
Afbeeldinge van’t Nieu Romen, 124, 46.
Agazzi G., 72.
Agincourt G. B. L. D. Seroux d', 215.
Albani A., 76.
Alberti L., 209 e n.
Albertini F. 154 ill., 155 e n., 158, 188, 194, 203, 109, 196.
Aldrovandi U., 187, 189, 190, 178.
Alessandria della Paglia A. di, 185, 161.
Alessandro VIII, 174.
Allatius L., 134 n., 159 n., 191 n., 197 n.
Altemps (collez.) 176.
Aiucci C.: V. Portio.
Alveri G., 33, 121, 128, 162, 203, 115.
Ameyden Th., 175.
Amici D., 14 ill., 91, 92 ill., 93.
Amiconi G., 195.
Amidei F., 71 73 ill., 74 e n., 75, 78, 129 e n.
Ammannati B., 190.
Anastasius Bibliothecarius, 157, 158, 191.
Andreae B., 28 n.
Angeloni (collez.), 211.
Ansillioni F., 72.
Antonia dei Benzoni, 186, 161.
Antonini C., 241.
Aquila F. F., 64.
Aringhi P., 161 n.
Armellini M., 42 n., 68 n., 165.
Aru C., 114 n.
Aschhausen J. G. von, 210 e n.
Ashby Th., 36, 99, 113 e n., 114 n., 115 n., 117 n., 224.
Audifreddi G.B., 109 n.
Aureli (& C.), 91.
Aureli P, 94².
Awrl H., 6.
B
Baciccia (Gaulli G. B., detto), 125.
page 262Baglione G., 31 e n., 32, 33, 35, 53-55 e n., 60, 65, 69, 120, 121 e n., 122, 126, 128, 162, 165, 191, 40.
Baracconi G., 42 n.
Barbazza F., 244.
Barberini F., 54.
Barbiellini C., 116.
Barbiellini G. L., 72, 73 ill., 133 e n., 63, 64, 167.
Barbiellini, eredi, 215.
Barbiellini M., 84.
Barbier de Montault X., 42 n.
Barbin Cl., vedova, 143.
Bargaeus P. A., 198.
Baronio C., 129.
Barroero L., 55 n.
Bartholdy L. S., 21 n.
Bartolomicchi G., 137.
Basa D., 230.
Bavinck H., 33, 119, 178, 149.
Becker W. A., 193.
Belle Arti, tipogr., 117.
Bellori G. P., 35, 55 n., 67, 138, 76, 198.
Beltrami G., 199 n.
Benedetto XIII, 174.
Benedetto XIV, 78, 131 e n., 140 (Lambertini), 142, 150, 174, 192.
Berendis, 216.
Bernabò G. B., 187.
Bernardini B., 55 n., 131 n., 142 e n., 150, 86.
Bernini G. L., 41 n., 69, 123, 125, 136, 187, 211, 212, 214-216.
Berrettini P. (da Cortona), 30, 34, 41 n., 123 125, 136, 200, 211, 221.
Bethmann-Hollweg Th. von, 23.
Bettagno A., 72 n., 74 n., 75 n.
Bianchi V. E., 42 n.
Biblioteca storica italiana, 102 n.
Bindoni F., 182.
Biondo Fl., 186, 188, 190, 169, 196.
Bismarck O. von, 22.
Blado A., 39, 49, 110, 114, 9, 14, 17, 21², 22.
Blado A., eredi, 110¹, 110², 131.
Blancus G., 200.
Bleser E., 42 n.
Blewitt O., 42 n.
Bocca fratelli, 102 e n.
Bohn C. E., 191.
Boissier G., 42 n.
Bona fratelli, 139.
Bona G., 37.
Bona M., 33.
Bona, tipogr., 91.
Bonelli A., 98.
Bonfadino B., 111.
Bonghi R., 42 n.
Bonifacio da Sebenico N., 230¹, 230².
Boninis B. de, 169.
Bonino S., 53 e n., 54 ill., 121, 40.
Bonnervé de S. Romain G. G., 217.
Borch (Borrichius) O., 193, 198.
Borghese (bibl.), 102 e n.
Borghese (famiglia e collez.), 117, 176.
Borghini R., 31.
Borromini F., 34, 41 n., 68, 69, 121, 125, 135, 136, 174, 200, 224¹, 224².
Borsari L., 42 n.
Bortoli A., 69.
Bosio A., 129, 161 e n., 165, 215.
Bottari G., 55 n., 62, 63 e ill., 64, 74, 81, 121 e n., 127 e n., 128, 131, 52, 214.
Bouchard G., 74 n.
Bouchard J. J., 210 e n.
Brambilla A., 78.
Bray W., 210 n.
Briganti G., 41 n.
page 263Brill P., 139.
Brondi N., 72.
Brosses Ch. de, 192 n., 213 e n., 214, 215 e n., 216.
Bruhns L., 27 n.
Brun G., 87.
Buagni G. E, 196 ill., 217, 223, 228.
Bunsen Ch. C., 102 e n., 103 e n., 164, 167, 168, 180, 193, 203, 119.
Burgess R., 193.
Burn R., 42 n.
Burnet G., 211 e n.
Burri R., 201.
Bussotti G. B., 125¹.
C
Cacchij G., 38.
Caetani Lovatelli E., 42 n.
Calcografia del nuovo acquirente, 236.
Calvi E., 39, 65 n., 100, 101 e n., 102.
Calvino G., 111.
Cambiagi C., 105.
Camera Apostolica, Stamperia della, 37, 216.
Cancellieri F., 100 e n., 201, 202, 235, 241, 242.
Canina L., 102 e n., 193, 202, 189, 243.
Canova A., 145.
Capgrave J., 186.
Capranica G., 70, 71, 80, 135.
Caravaggio (Merisi M. da), 118, 123, 214.
Cardilli L., 72 n.
Carlo III di Borbone, 82 e n., 83 ill.
Carloni M., 235.
Carracci A., 123, 200, 211, 213-215.
Casaletti A., 137, 89, 234, 250.
Casimiro da Roma P. F., 142 n., 198, 203, 208.
Castiglione G., 198.
Catalogo dei Quadri... (Gall. Colonna), 250.
Cavalier d’Arpino (Cesari G., detto), 123.
Cavalieri G. B., 199.
Caylus A. C. Ph. de, 212, 213 n.
Cecchelli C., 68 n.
Cecconi G. F., 50 n., 133, 187, 63.
Celio G., 32, 33, 53, 54 e ill., 55, 59, 65, 69, 120, 121, 123, 124, 126, 128, 152, 162, 171, 40.
Celsi G. A., 115.
Cesaretti F., 67, 76, 122, 125², 185.
Cesi (collez.), 176.
Chastelain Z. le Fils, 156.
Cherubini G. B., 50 n., 118, 119, 30, 37.
Chiassi, tipogr., 100.
Chiaveri G., 201.
Child T., 194.
Ciamberlano L., 57.
Ciampini G., 161 e n., 165, 215.
Cicognara L., 39, 40, 44-46 n., 50 e n., 100 e n., 121 n., 199.
Cipriani G. B., 89 n., 94 n., 146 e n., 147, 95, 241.
Clarke W. B., 89 n.
Clement P., 211 n.
Clemente VII, 172.
Clemente IX, 65 n.
Clemente X, 59.
Clemente XI, 62, 127, 129, 133, 187, 206².
Clemente XII, 129, 131, 137, 140, 142, 85.
Clemente XIV, 234.
Coattini F., 35¹.
Cola di Rienzo, 56.
Colaldo A., 130.
Coleti fratelli, 100 e n., 101.
Contardi B., 30 n.
Conzato Z., 69.
Copinger W.A., 102 e n., 107 n.
Corbelletti F., 201.
page 264Corbelletti, eredi, 67, 136, 70, 123, 134.
Cornacchini A., 199.
Correggio, 214.
Corvisieri C., 39, 70 e n., 102 e n.
Coryciana, 176.
Cosas Maravillosas, Las, 119, 35.
Cose Maravigliose, Le, 110, 10, 113, 114, 21, 118, 34.
Costantino imp., 109.
Cotta J. G., 119.
Cottafavi G., 91, 92 ill., 93, 118.
Cousin H., 246.
Couterot E., 151.
Crescimbeni G. M., 198 e n., 203, 206¹, 206², 212.
Cristina di Svezia, 138, 139, 174.
Crozier J., 152.
Grulli Marcucci G., 56, 119, 39.
Cruyl L., 198.
Czeike F., 36 n.
D
Daniele da Volterra, 214, 215.
Daru M., 145.
Dati C., 185.
Davanzati B., 170 ill.
David E, 112¹.
David J.-L., 21 n.
Del Piombo S., 113, 116, 176, 208.
Del Sarto A., 15.
Del Tuppo F., 48.
De Montjoseu L. (Demontiosus), 56, 190.
Dennie J., 42 n.
De Romanis, 93¹.
De Roma prisca et nova, 194, 196.
De Rossi G. B., 42 n.
De Rossi G. V., 53.
De Salazar H., 20.
Descriptio brevissima..., 190.
Descrittione di Roma antica e moderna, 124, 187, 47, 165.
Descrizione di Roma moderna, 76, 128, 129 e n., 54, 56.
Descrizione delle statue... nei palazzi di Campidoglio, 202.
Deseine F., 180 e n., 152, 153¹, 153².
De Socio G., 213 n.
Deversin B., 67, 76. (V. anche Diversino B.)
De Vivo T., 236.
Dezobry Ch., 42 n.
Diani T. & P., 23.
Didot Firmin, 246.
Dietrich J. C., 190.
Discepoli I, stamperia, 213¹.
Domenichino (Zampieri D.), 123, 214, 215, 217.
Donati A., 191 e n., 194, 184, 198.
Donati L., 48 e n.
D’Onofrio C., 55 n., 56 n., 65 e n., 69 e n.
Donovan J., 166, 167, 180, 118.
Dorico V., 110, 113, 114, 13, 114, 20, 21¹.
Dorico V. & L. fratelli, 33, 128, 173.
Dorigny L., 64.
Dotti G. G., 201.
Dragondelli G., 222.
Dughet G., 139.
Du Pays A. J., 42 n.
Duquesnoy F., 216.
Dvořák M. 34, 35 n., 36-38 ill.
Dyer Th., 42 n.
E
Eaton Ch. A., 42 n.
Eckhardt J. D. A., 191.
edifichation de molti pallazi, La..., 185, 161.
Edlin T., 195.
Ehwald R., 46, 109 e n., 11 e n., 7.
Ercole D. A., 84, 125², 204, 218.
Este I. d’, 208.
page 265Eugenio IV, 188.
F
Fabretti R., 198.
Fabricius G., 189, 194, 176, 197, 198.
Fabricius V., 194.
Fabrizi A., 156 n.
Facciotto G., 33, 56, 118, 161 n., 25, 31, 149, 213².
Facij L., 138.
Falco F. de, 67, 76, 115, 184.
Falda G. B., 69 n., 153², 185.
Fanelli G., 209.
Farjat B., 64.
Fanucci C., 165, 172, 175, 138.
Farnese (famiglia), 82 n.
Federico III d’Asburgo, 207.
Fei A., 51 n., 56, 124, 26, 41, 47.
Fei G., 124.
Felini P. M., 33, 51 e n., 52 e ill., 53, 112, 115-117 e n., 118 e n., 123, 124, 132, 152, 159, 175, 186, 27-29.
Ferdinando I di Napoli, 48.
Ferrante C., 160.
Ficoroni F. de’, 187, 192 e n., 186.
Flentin M., 71.
Foggini N., 63 n.
Fontana C., 123, 199 e n., 200, 217, 223.
Fontana D., 200, 230¹, 230², 245.
Fontana G., 42 n.
Forbes S. R., 42 n.
Forcella V., 162.
Fossati Bellani L. V., 36, 75 n.
Francesco Giuseppe I, 35.
Franzini G., 33, 50 e n., 51 ill. e n., 61, 115 e n., 116, 119, 133, 171, 187, 209, 24, 35, 47, 49, 63, 120.
Franzini G. A., 51 n., 115, 116, 26, 27, 29, 35².
Fra Santi: V. Solinori.
Frey J., 64.
Freyhan R., 26 n.
Frontinus S. I., 198.
Fulgoni A., 244.
Fulvio A., 50, 186, 188-190, 171, 172.
Fumagalli G., 39.
G
Gabrielli de, 234.
Galassi Paluzzi C., 102.
Gallarmi G., 96.
Galletti P. L., 162.
Gardano A., 35.
Gerardus de Flandria: V. Leye G.
Gerhard E., 102 n., 167, 168, 119.
Gerstfeldt O. von, 24.
Gherardi F., 197.
Ghezzi G., 138.
Gigliotto G. O., 23.
Gilbert O., 42 n.
Giotto, 215.
Giovanna, papessa, 65.
Giraud J. B., 74.
page 266Giulio II, 156.
Giulio III, 189, 190, 202, 244.
Giustiniani (collez.), 176, 214.
Giustiniani O., 65.
Gizzi G. B., 198.
Gnoli D., 42 n.
Goeury C., 246.
Goltzius H., 121.
Gonzaga F., 96 ill., 62, 207¹, 207², 229.
Goritz J., 176.
Gourdault J., 42 n.
Goyau G., 42 n.
Graesse J. G. Th., 40, 102 e n., 107 n.
Gregorio XIII, 189, 199, 208, 131.
Greuter J. F., 221.
Grignani L., 161 n., 121, 202, 227.
Grimming R., 175.
Gsell Fels Th., 42 n.
Guattani G. A., 151, 193 e n., 188.
Guerra C., 236.
Guglielmo II di Hohenzollern, 23.
Guldan E., 30 e n.
H
Haagen (Hagius) J. F., 161 n., 45.
Hain L., 102 e n., 107 n., 108 e n., 110.
Hall S., 89 n.
Halma F., 198.
Hare A. J. C., 42 n.
Häutle Ch., 210 n.
Havard, 212 e n.
Haym N. F., 102 e n.
Hempels E., 34.
Herrlich erweitertund verneuertes Rom..., 137, 74.
Hertz H., 21-23 e n., 24, 26, 27 n., 28.
Heuss Th., 31 n.
Hibon A., 246.
Hitler A., 28.
Honorato M.: V. Onorati M.
Honoré F., 156.
Horthemels D., vedova, 143.
Hülsen Ch., 36, 40, 42 n., 68 n., 99 n., 103 e n., 107 n., 118 n., 119 n., 134 n., 138, 155 n.-159 n., 161 n., 162 n., 164 n., 171 n., 173 n., 185 n., 197 n.
Hüttinger E., 18 n.
I-J
Innocenzo X, 34, 68 ill., 123, 162, 187.
Jordan H., 42 n., 97 n., 103 e n., 185 e n., 189.
Jurascheck F., 35 n.
Justi C., 217 n.
K
L
Labacco A., 56.
Labhart J. M., 74.
La Gournerie E., 42 n.
Lalande J. J. de, 212 e n.
Lambergh G. F. card. di, 69, 139.
Lanciani R., 42 n.
Lanfranchi M. A., 110².
Lanfranco G., 214.
Lassels R., 211 e n., 212 n., 216.
Lauro G., 56.
Lazzari ni F. & Fabio M., 140.
Le Geay J.-L., 72, 73 ill., 74.
Lehmann-Brockhaus O., 28 e ill.
Leigh S., 89 n.
page 267Léonard F., 161 n.
Leone IV, 188.
Leye G. van der, 44, 185, 160.
Lichtenthal P., 100 e n.
Ligorio P., 106 ill., 189, 153¹, 177, 246.
Lips (Lipsius) J., 190, 194, 181, 197.
Livio T., 194.
Loescher E., 91 e n., 93, 146.
Losi C., 102.
Löwenthal F., 22.
Lozzi C., 39, 40, 54 e n., 100 e n., 73.
Lucchesini G. L., 175.
Ludovisi (collez.), 214.
Lugari G. B., 42 n.
Lumisden A., 193.
Lunadoro G., 66, 67, 80, 135, 136, 138, 148, 66, 69, 76.
Lupardi B., 76.
Luyne G. de, 155.
M
Mabillon J., 165.
Maestro dell'Esopo, 48, 49 ill., 8.
Maggi G., 148.
Magnan D., 150 e n., 181, 102, 103.
Maini G. B., 72.
Mamet H., 213 n.
Manazzale A., 148, 150, 151, 181, 105, 106.
Mancini (collez.), 211.
Mancini G., 25, 31 e n., 32 ill., 35, 36, 39 e n., 53 e n., 103 e n., 121 e n., 122, 126.
Mandosio P., 65 n., 100 e n., 101, 134 n., 68.
Manelfi M., 184.
Manfrè G., 219.
Manilli G., 129, 139, 200, 227.
Mantovani T., 213 n.
Mapheus R., 196.
Maravilles de Rome, Les, 110, 12.
Marcheix L., 210 e n.
Marchese F., 173.
Marcucci: V. Crulli Marcucci.
Mari G., 39.
Maria Casimira di Polonia, 21 n.
Mariani A. (Marianus), 56, 176, 141¹, 141².
Mariette P. J., 127 e n.
Marini A., 98 n.
Marini (e C.), 91.
Mariotti V., 61.
Marliano B., 50, 56, 186, 189, 194, 173, 198.
Marnef G. de, 11.
Martinelli F., 32, 33, 55 n., 56 n., 64, 65 e n., 66 e ill., 67 e n., 68 e ill., 69, 71, 74, 75 e n., 77, 99 e n., 122, 130, 134 e n.-138, 152, 161, 162, 180, 197, 199, 203, 65-72, 114.
Martinelli G., 231.
Martinus de Amsterdam, 47 ill., 48.
Marucchi O., 42 n.
Mascardi G., 56, 30, 32, 34, 36, 39, 49, 113.
Mascardi, successori, 49.
Mascardi V., 56, 161 n., 42, 43, 115.
Massari F., 174.
Mattei (collez.), 214.
Mau A., 101 n.
Mayr S., 48.
Mazzolari G. M. (Partenio G. M.), 172, 126.
Medda V. da, 33.
Medici (collez.), 214.
Melchiorri G., 103 e n., 148-150, 166, 181, 215, 99.
Menghini N., 216.
Mengs R., 132.
Mercati G., 67.
Mercklin E. von, 101 n.
Mercuri F., 103, 147, 149, 97, 99, 108.
page 268Merueilles de Romme, Les, 110, 11, 13.
Meurs J. van, 46.
Metternich: V. Wolff Metternich.
Michelangelo, 52, 113, 116-118, 139, 176, 189, 208, 209, 211, 214, 215, 217.
S. Michele a Ripa, tipogr., 212.
Middleton J. H., 42 n.
Miedema N. R., 33 n., 43 n., 45.
Millino B., 198.
Miloco B., 69.
Ministero dell’Agricoltura..., 101 e n., 102 n.
Mirabilia silografico, 45, 46 e ill., 47 ill., 109, 7.
Misson M., 211 e n.
Mochetti A., 87 n.
Mogalli N., 74.
Monaldini V., 226.
Mond L., 22.
Moneta P., 78.
Montelatici D., 200, 228, 229.
Montesquieu Ch.-L. de, 213 e n., 216.
Monti G., 75.
Moretus I., 181.
Mosagrati M.: V. Philarchaeus L.
Muller B., 18 n.
Muñoz A., 29.
Müntz E., 42 n.
Muzi N., 199.
Muziano G., 116.
N
Nardini F., 180, 191, 193, 194, 185, 198.
Narducci E., 69 e n., 70, 75, 100 e n., 162 n.
Natali G., 198 n.
Nazareni, pittori, 21 n., 167.
Nibby A., 42, 88 e ill., 89, 90 e n., 91 e n., 92 ill., 93 ill. e n., 94 ill., 103 e n., 145-150, 163 e n.-l68, 180, 203, 215, 93¹, 93²-95, 117, 118, 158.
Nichols F. M., 42 n.
Nicole C. F., 74.
Nicoletti L., 89, 90 e n., 91 e n., 93².
Nicolò IV, 110.
Nogara B., 188 e n.
Nolli C., 86.
Nolli G. B., 142 n.
Nomi antichi e moderni (I)..., 190.
O
Olschki L. S., 9, 10, 33 e n., 37, 45 n., 72, 76 n., 80 n., 109 n., 146 n.
Onorio I, 188.
Oporinus J., 176.
P
Padredio C., 142.
Pagan M., 162.
Pagliarini M., 62, 63, 81, 83, 121 n., 127, 143, 52, 87, 127, 214 (con Niccolò).
Pagliarini N., 127.
Palatino G. B., 173.
Palladio A., 33, 39, 41, 49 e n.-51 n., 56, 112, 114-117, 185, 186, 189, 208, 18, 21², 28, 34, 37, 162.
Pallottino M., 29 n.
Palmerio da Scandriglia, 118, 32.
Palombi, editori, 146 n.
Panciroli O., 33, 116, 123, 128, 129, 133, 155, 158 e n., 159, 180, 203, 112¹, 112².
Panvinio O., 128, 155, 156 e n.-158 e n., 159, 173, 189, 194, 203, 110¹, 110², 179, 198.
page 269Paolini S., 138.
Paolo III, 209.
Paolo V, 60, 117, 159, 160, 191, 209, 211, 216.
Parboni P., 89 e n.
Paribeni, 125².
Parisio P., 51 n., 116, 26, 28.
Parker J. H., 42 n.
Parker Jos., 190.
Partenio G. M.: V. Mazzolari G. M.
Parthey G., 97 n.
Pascoli L., 165.
Pasini M., 182.
Pasquale II, 188.
Passionei D., 76.
Pastor L. von, 34-38 ill., 56 e n., 134 n.
Paulianus I. B.: V. Poiano G. B.
Peliti R., 88 n.
Perali P., 39, 101 e n., 173 n., 128.
Perego Salvioni L., 91, 95, 126, 232, 233, 251.
Perini D. A., 156 n.
Perino E., 42 n.
Pernié inc., 94 ill. e n.
Peruzzi B., 116.
Pescarzoli A., 75 n.
Petreius, 111.
Petrucci A., 81 n.
Piale L., 94 ill. e n., 151 n., 97, 98.
Piale P., 106.
Piale S., 148, 150, 202, 103, 106.
Piazza C. B., 149, 165, 172 e n., 175, 122 125¹, 125².
Pilgrimage to the Grand Jubilee..., 180, 157.
Pineider F. e G., 42 n.
Pinelli A., 141¹.
Pio IV, 189.
Pio VI, 15, 87 e n., 140, 201, 235.
Pio IX, 150.
Piranesi G. B., 72, 73 ill., 74, 81 e n., 133, 64, 81, 82, 116, 187.
Pisanello, 215.
Pisano P., 211.
Pistolesi E., 146, 147, 201, 96, 236, 237.
Placho G., 139.
Plannck S., 45 e n., 46, 48, 49 ill., 107 n.-109 n., 5, 8.
Platner E., 42 n., 102 e n., 164, 167, 168, 180, 193, 203, 119.
Platner F. von, 101 n.
Poggio: V. Bracciolini.
Poggioli V., 107.
Poiano (Paulianus) G. B., 173 e n., 128.
Pollajuolo A. del, 158.
Pollak H., 36.
Pollak O., 34, 35 e n., 36, 37 e n., 38 ill., 39 n., 40 n., 158.
Pomponius Laetus: V. Leto P.
Porena F., 42, 91 e n., 93 e ill., 146, 94¹.
Portio G. (pseud. di C. Aiucci), 190, 183.
Posta Tora A. di, 33 n.
Posteria F., 61, 62, 96 ill., 127, 133, 187, 62.
Praetorius J., 148.
Proctor R., 102 e n.
Prunetti M., 177, 214, 145¹, 145².
Publius Victor, 187, 194, 191, 196, 198.
Puccinelli Gioa., 59.
Puccinelli C., 91.
Puccinelli Crisp., 98, 99, 118, 249.
Puccinelli Gioa, 145².
Puccinelli O., 75 e n.
Pulini P., 74.
Puppi L. 49 n.
Q
R
Rabus J., 208 e n.
Raffaello, 113, 114, 116, 138, 208, 209, 211, 213-215, 217.
page 270Raguenet F. (pseud. di R. Samber), 177, 192, 214, 143.
Rampazzetto F. & X., 129.
Ramsay W., 42 n.
Ranghiasci S., 39, 40, 70 e n., 100 e n., 101.
Raoul-Rochette, 246.
Rappaport C. E., 36.
Re L., 151.
Reber E, 42 n.
Reichling D., 102 e n., 107 n., 109 n., 110.
Reimaro A., 45.
Remondini G. e Fi, 146.
Richard, Abbé, 212 e n.
Richter O. L., 42 n., 103 e n., 185 n.
Rieffenstein, 21 n.
Ritratto di Roma moderna, 123, 44, 128, 53.
Rocchi E., 78 e n.
Rohner S., 150¹.
Roisecco G., 75 e n.-77 e ill.-79 ill., 81 e n., 128, 129 e n.-131, 133, 137, 142, 143, 148, 163 e n., 187, 58, 59, 73.
Roisecco N., 78, 80 ill. e n., 81 e n., 130, 132, 60, 73.
Rolli P. 195.
Roma ampliata, e rinovata, 75, 137, 73.
Roma antica distinta per regioni, 187, 167.
Roma antica e moderna, 124, 48, 125, 49. Roma antica e moderna (Roisecco), 76, 130, 187, 58; 78, 131, 59; 78, 132, 60.
Roma compiutamente descritta, 107.
Roma moderna distinta per rioni, 72, 133, 64.
Roma sacra antica, e moderna, 132, 187, 61, 166.
Romanis V. de, 132, 151, 107, 240.
Romanis N. de, 89.
Romanis V. de, 61.
Romano S., 30 n.
Rome ancien et moderne, 180, 155.
Rondinini F., 198, 207¹, 207².
Rosa P. 42 n.
Rossetti P., 216.
Rossetti S., 42 e n., 43 n., 70 e n., 76 n., 87 n.
Rossi A. de’, 170 ill. 83, 85, 135, 206¹, 206².
Rossi F., 103 n.
Rossi F. de’, 33, 57-58, 123, 125, 44.
Rossi, fratelli de’, 75-78, 129 e n., 57.
Rossi G. G. de’, 69 n.
Rossi M. de’, 58, 74, 76 e n., 77, 79 ill., 128, 129, 53.
Rossi M. e P. V. de’, 71, 76, 77, 128, 161 n., 54, 56.
Rossini P., 64, 69 e n.-71 e ill., 72, 74, 78 n., 129, 131, 134 e n., 137-140 n., 141, 152, 165, 79-82.
Röstell W., 102 n.
Rot A., 108 n.
Ruffinelli G., 231.
Rufini A., 42, 149 e n., 150, 181, 214, 100, 101.
Ruga P., 89.
Rycquius J., 56.
S
Sacchi A., 215.
Sachse C., 193.
Sallengre A. H. de, 194.
Salviati (Rossi F. detto), 116.
Salvioni: V. Perego Salvioni.
Salviucci, tipogr., 245.
Saraceni C., 123.
Sarti E., 201.
Saunders and Otley, 158.
Scaccia Scarafoni C., 78 n., 84 n.
Scalabroni L., 81 n.
Scamozzi V., 56.
Scattone G., 30 n.
Schakerlay Inglese, 49, 113, 114 e n., 208, 20.
Schenckbecher Th., 108 n.
Schlosser J., 36, 44 e n., 64 e n., 103 e n., 107 n., 156 n., 176 e n.
Schmarsow A., 156 n., 188 e n.
Schneider A., 42 n.
Schoell F., 193.
page 271Schottenloher K., 208 n.
Schwartzkopff W., 213 n.
Sciomer V., 151 n.
Scoto A., 210 e n.
Sebastiani P. de', 138, 139, 142, 180, 193, 78, 192.
Seminario di Padova, stamperia, 219.
Senese G., 31.
Sermoneta (Sicciolante G. detto), 116.
Settele G., 201.
Severano G., 159 e n.-161, 113.
Sickler F. Ch. L., 193.
Siekeleers P. van, 68.
Silber M. 172.
Silvestro, santo, 109.
Sinimberghi E., 91.
Sisto IV, 156.
Sisto V, 15, 50, 52, 60, 115, 117, 157, 160, 186, 189, 199, 200, 209, 210, 23, 111, 180, 230², 231, 245.
Società Editrice..., 236.
Società Tipografica, 243.
Sodoma (G. A. Bazzi detto), 215.
Solino C. G., 44.
Solinori S. (fra Santi), 50 e n., 51 n., 116, 171 e n., 186, 24, 26, 120.
Soresino G. M., 198.
Soria G. B., 123.
Spada V., 224².
Spinola G. B., 75 n.
Sprenger J. Th., 178, 179, 150¹.
Steinmann E., 22 e ill., 23-25 e ill., 26 e n., 27 e n., 30, 34, 36, 38, 206 ill.
Stendhal (H. Beyle dit), 42 n.
Stern R., 145.
Story W., 42 n.
Strong E., 36.
Swall A., 194.
T
Taja A., 64, 127, 198, 203, 214.
Tarcagnota G.: V. Fauno L.
Terribilini G., 142 n.
Thédenat H., 42 n.
Thiolly J., 152.
Tiberina, tipogr., 108.
Tinassi, 122.
Tintoretto, 214.
Titi F., 30, 32, 33, 55 e n., 58 e n., 59 e ill.-61 e ill., 62-65, 74, 76, 78, 81, 120, 122, 125 e n., 126, 128, 129, 131-133, 137, 140, 141, 143, 144, 148, 152, 162, 165, 180, 192, 203, 50, 51, 52.
Tivanni A., 69.
Tiziano, 214.
Tizzoni F., 71.
Tomassetti G., 42 n.
Tommaso d’Aquino, tipogr., 188.
Torlonia M., 94 n.
Torrigio F. M., 56, 65, 118, 161 n., 174, 180, 197 e n.-199, 201, 33, 132, 213¹, 213².
Totti L., 57.
Totti P., 32, 33, 55 e n., 56-58, 69, 76, 77, 122125, 128, 132, 135, 152, 171, 187, 43, 44.
Tramezzino M., 106 ill., 174, 177.
Trenkler E., 35 n.
Treves fratelli, 42 n.
Tronsarelli O., 55 n., 56 n., 122.
Turra, tipogr., 104.
U
Ugonio P., 56, 128, 155-157 e n.-159, 165, 172, 180, 188, 111.
page 272V
Vacca Fl., 187.
Valadier G., 145.
Valentini A., 90, 91 e n., 94 n., 146, 201, 215, 94, 237-239.
Valentini R.-Zucchetti G., 44 e n.
Valesio F., 136.
Valgrisio V., 179.
Vallatus L., 196.
Vailette G., 207 n.
Vannacci G., 51.
Varisco G. e/o figlio, 50, 180.
Varranus F., 196.
Vasi G., 74, 81 e n., 82 ill. e n., 83 e ill., 84 e n., 85 ill., 87 e n., 89, 143 e n.-145, 152, 173, 181, 87, 89, 90, 127, 232.
Vasi M., 84 e n.-86 ill. e n.-88 e ill., 89 e n., 91 n., 93 n., 145-148, 150, 151, 177, 201, 203, 90, 91, 93¹, 232.
Venuti R., 74 n., 143, 148, 163 e n., 192, 116, 187.
Venuti T., 163 n.
Verkruys T., 228.
Vian P., 23 n.
Vibius equester, 196.
Vignola (Barozzi J. detto), 244.
Visconti C. L., 42 n.
Visconti G. da Ollegio, 186, 161.
Visconti P. E., 42 n.
Vitale C., 230².
Vogel J., 144 e n.
Vogt W., 208 n.
Volaterranus R., 196.
Volkmann J. J., 212 e n.
Vorsterman W., 147.
Vouet S., 163.
W
Waal A., 42 n.
Wätzold W., 207 n.
Wey F. A., 42 n.
Wittkover R., 26 n.
Wilpert J., 157 n.
Winckelmann J. J., 21 n., 216 e n., 217 e n.
Wolff Metternich F., 23 n., 26 n., 29 e n., 30 e n.
Wyngaerden A., 197.
Z
Zaccaria F. A., 66.
Zamboni S., 72 n.
Zannetti, eredi di A., 112².
Zannetti, erede di B., 132, 183, 211.
Zannetti F., 220.
Zempel G., 118, 34, 58, 75, 80, 145¹.
Ziletti G., 178.
Zoppini F. & A., 23.
Zuccari F., 15 e n., 16 e n., 17 ill.-19 e n.-21 e n., 22, 24, 116.
Zucchetti F. (e non Zuccheri), 144.
Zucchetti G., 44 n.
A più di settant'anni dalla pubblicazione, l’opera di Ludwig Schudt sulle guide di Roma ha mantenuto inalterata la sua validità ed è tuttora citata come il più autorevole repertorio bibliografico sulla topografìa romana. L’introduzione che l’Autore ne scrisse, e che per la prima volta viene ora presentata in italiano, è una vera e propria storia di questi manuali che per secoli dalla fine del Quattrocento ai giorni nostri condussero romani, pellegrini e viaggiatori d’ogni parte del mondo alla scoperta della Città eterna.
Alberto Caldana, bibliofilo ed esperto della materia, accompagna il lavoro preliminare dello Schudt con un ampio saggio introduttivo e con apparati critici e filologici volti a illustrarne gli aspetti positivi ma talora anche a evidenziarne limiti e carenze. In questa analisi, particolare cura è stata posta all’aspetto iconografico delle guide, non solo come elemento decorativo, ma come complemento essenziale che restituisce con l’andar del tempo l’immagine di una città in costante divenire come Roma.
20, 00
ISBN 88-7621-427-5